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Italia

Briciole di pane

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Gli scontri di Rosarno sono il prodotto della disperazione

Il 7 gennaio a Rosarno dei giovani sparano con un fucile ad aria compressa su degli immigrati africani. Due di questi vengono feriti gravemente.

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Non cessa l’attacco del capitale alla classe operaia

Il 2009 si è chiuso con la dichiarazione di Marchionne, amministratore delegato della Fiat, di voler chiudere Termini Imerese buttando sul lastrico 1400 operai e con la protesta dei lavoratori siciliani soffocata dai sindacati e mistificata dai politici.
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L’Autunno caldo 1969 in Italia, un momento della ripresa storica della lotta di classe (I)

Quello che viene comunemente ricordato come l’Autunno caldo italiano è un insieme di lotte che scuotono l’Italia dal Piemonte alla Sicilia giusto 40 anni fa e che cambieranno in maniera durevole il quadro sociale e politico del paese. Ma queste lotte non sono una peculiarità italiana. Infatti, alla fine degli anni ’60, si può assistere, particolarmente in Europa ma non solo, allo sviluppo di una serie di lotte e di momenti di presa di coscienza da parte del proletariato che mostrano, nel loro insieme, che qualcosa è cambiato: la classe operaia era tornata finalmente sulla scena sociale.

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E in Italia, a che sta la lotta di classe?

Nell’articolo “Perché tanti attacchi e così poche lotte?”, pubblicato in questo stesso numero del giornale, affermiamo che “la violenza con cui colpisce oggi la crisi economica ha, per il momento, un effetto allarmante e dunque paralizzante” sulla classe operaia. Ma questo non significa che non ci siano lotte.

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A che serve il "No Berlusconi day"?

"Il 5 dicembre sarà un giorno speciale per l'Italia, si terrà probabilmente la più grande manifestazione della storia italiana nata completamente dal basso tramite internet.” Così scriveva qualcuno sul proprio blog su internet a proposito del “No Berlusconi Day”.

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A proposito degli appelli di Saviano. Se “la malavita avvelena la società”, la risposta non è più democrazia!

Con la pubblicazione di Gomorra e la sua diffusione a livello internazionale, Roberto Saviano è divenuto il simbolo della lotta alla Camorra ed alla mafia più in generale, riscuotendo calorosi consensi non solo da parte di un’importante fetta dei media nostrani ed internazionali, ma anche di tanta gente che, già disgustata da una classe politica sempre più palesemente imbrogliona ed ipocrita, ha trovato in Saviano chi fa una denuncia della criminalità organizzata e, soprattutto, dei suoi molteplici legami con il mondo politico ed imprenditoriale.
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Autunno caldo 1969: tappa della ripresa storica della lotta di classe. Estratti presentazione alla Riunione Pubblica di novembre

Quello che viene comunemente ricordato come l’Autunno caldo italiano è un insieme di lotte che scuotono l’Italia dal Piemonte alla Sicilia e che cambieranno permanentemente il quadro sociale e politico del paese. Ma queste lotte non sono una peculiarità italiana. Infatti alla fine degli anni ’60 si può assistere, particolarmente in Europa ma non solo, allo sviluppo di una serie di lotte e di momenti di presa di coscienza da parte del proletariato che mostrano, nel loro insieme, che qualcosa è cambiato: la classe operaia, risvegliatasi dal lungo torpore degli anni della controrivoluzione in cui l’avevano cacciata la sconfitta degli anni ’20, la guerra e l’azione nefasta dello stalinismo, torna finalmente sulla scena sociale per riprendere la sua lotta storica contro la borghesia. Il maggio francese del 1968, gli scioperi in Polonia del 1970 e le lotte in Argentina del 69-73, assieme all’Autunno caldo in Italia sono soltanto gli eventi maggiori di questa dinamica nuova che investe tutti i paesi del mondo e che aprirà la nuova epoca di scontri sociali che, tra alti e bassi, è arrivata fino a noi oggi.
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Solidarietà con la lotta dei precari della scuola

Se da mesi e mesi si sviluppa una lotta tra i precari della scuola che viene completamente oscurata rispetto ad altre avvenute nello stesso periodo è perché questa, per le condizioni in cui si è prodotta, può destare maggiori preoccupazioni alla borghesia in quanto meno facilmente governabile. Innanzitutto le decine di migliaia di lavoratori coinvolti sono decisamente superiori a quelli che hanno scioperato, ad esempio, alla INNSE di Milano o in altre piccole fabbriche. Inoltre si tratta, nel caso dei precari della scuola, di un settore che tradizionalmente ha avuto un rapporto difficile con il sindacato e che ha espresso nella sua storia diversi episodi di lotte organizzate dal basso e di collegamento anche a livello nazionale.

E i precari hanno oggi ben motivo per mobilitarsi in massa e per lungo tempo. Ben 18.000 di loro infatti, dopo anni di incarico, perderanno il lavoro a causa dei più di 45.000 posti tagliati nella scuola dal governo, in parte assorbiti dai pensionamenti. E qui non c’entra niente il mercato, ma solo la volontà del governo di fare cassa per far fronte alla crisi del capitalismo. Un tale attacco, uno dei più importanti tra quelli portati avanti contro un settore di lavoratori negli ultimi tempi, non poteva rimanere senza risposta, visto che quello che è in gioco è la stessa sopravvivenza. Ed infatti, fin dal mese di agosto, i precari si sono mobilitati in varie città d’Italia, dal nord al sud.

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Solo una lotta unita e solidale consente di resistere agli attacchi

Ormai non è più soltanto Berlusconi a ripeterci fino alla nausea che la ripresa è già cominciata, ma la maggior parte dei mezzi di informazione e dei vari organismi internazionali, dall’OCSE al FMI, che ci dicono che la recessione è ormai finita, che gli strumenti messi in atto dai vari Stati hanno consentito di frenare ed anche di cominciare a superare la crisi.

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Perché il governo Berlusconi ce l’ha a morte con gli immigrati?

“La crisi potrebbe innescare una guerra nei Paesi più poveri”! A sostenerlo è il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale Dominique Strauss-Kahn, in un discorso tenuto a New York. La posta in gioco sul tavolo della crisi, ha detto Strauss-Kahn, “è molto alta nei paesi a basso reddito dove la popolazione è particolarmente vulnerabile” e per i quali “le conseguenze potrebbero essere disastrose”… “In molte aree del mondo - ha affermato - la posta in gioco non è solo un’elevata disoccupazione o un ridotto potere d’acquisto, ma la vita o la morte”.
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