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Economia

Briciole di pane

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La miseria esplode

Le informazioni pubblicate questi ultimi mesi nel sito Internet dell’Observatoire des inégalités (Osservatorio delle diseguaglianze) mostrano quale realtà terribile e quale sofferenza si nasconde dietro le parole “crisi economica”:

“Un terzo della popolazione dei paesi poveri vive in bidonville o tuguri, cosa che rappresenta in totale più di 800 milioni di persone (…) Si tratta della popolazione urbana che vive nelle condizioni più disastrose, dalle bidonville alle capanne insalubri, in particolare senza acqua corrente”.

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Vertice del G20 a Londra: un nuovo mondo capitalista non è possibile

La prima crisi globale dell'umanità" (OMC, aprile 2009) (1). La recessione "più profonda e la più sincrona a memoria d’uomo" (OCSE, marzo 2009) (2)! Dalla stesse ammissioni delle grandi istituzioni internazionali, la crisi economica attuale è di una gravità senza precedente. Per farvi fronte, tutte le forze della borghesia sono mobilitate da mesi.

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Le cause della prosperità seguita alla Seconda Guerra mondiale (dibattito interno alla CCI)

Nella primavera del 2005 la CCI ha aperto un dibattito interno riguardo all’analisi economica del periodo di forte crescita seguito alla Seconda Guerra mondiale (ancora oggi chiamato “I Trenta gloriosi”). Periodo che costituisce una eccezione all’interno della fase di decadenza del capitalismo dal punto di vista delle performance economiche poiché presenta il tasso di crescita più alto di tutta la storia del capitalismo[1]. Questo dibattito è scaturito dalla messa in evidenza, già precedente, di una contraddizione tra differenti testi della CCI a proposito del ruolo giocato dalla guerra rispetto alla questione cruciale dell’insufficienza di sbocchi solvibili per l’economia capitalista. Si poneva quindi una prima questione alla nostra organizzazione: le distruzioni provocate dalla guerra permettono la creazione di nuovi sbocchi? Ma questa prima questione, una volta data una risposta negativa, ne pone automaticamente un’altra: quale spiegazione coerente può essere data ai Trenta gloriosi basandosi su fattori diversi dalle distruzioni provocate dalla Seconda guerra mondiale?

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La più grave crisi economica della storia del capitalismo

La borghesia si è molto spaventata. Da agosto ad ottobre, un vero vento di panico ha soffiato sull'economia mondiale. A confermarlo ci sono le clamorose dichiarazioni di politici ed economisti: “Sull’orlo del baratro”, “Una Pearl Harbor economica”, “Uno tsunami che si avvicina”, “Un 11 Settembre della finanza”[1]... all’appello manca solo il riferimento al Titanic!

Bisogna dire che le più grandi banche del pianeta stavano per fallire l’una dopo l’altra e che le Borse affondavano perdendo 32.000 miliardi di dollari dall’inizio di gennaio 2008, vale a dire l’equivalente di due anni della produzione totale degli Stati Uniti. La Borsa islandese è crollata del 94 % e quella di Mosca del 71%!

Alla fine la borghesia, passando da un piano di “salvataggio” ad un piano di “rilancio”, è riuscita ad evitare la paralisi totale dell’economia. Questo significa forse che il peggio è dietro di noi? Certamente no! La recessione nella quale siamo appena entrati si presenta come la più devastante dalla Grande Depressione del 1929.

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1929-2008 Il capitalismo è un sistema in fallimento. Ma un altro mondo è possibile: il comunismo!

Politici ed economisti non sanno più come esprimere la gravità della situazione: “Sull’orlo del baratro”, “Una Pearl Harbor economica”, “Uno tzunami che si avvicina”, “Un 11 settembre della finanza”[1]…

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Crisi del neoliberismo o crisi del capitalismo?

“Bisogna rifondare il capitalismo su basi etiche” proclama oggi Sarkozy. La signora Merkel insulta gli speculatori. Zapatero punta il dito accusatorio contro i “fondamentalisti del mercato” che pretendono che quest’ultimo sia in grado di auto controllarsi senza intervento dello Stato. Tutti ci dicono che questa crisi dimostra l’insuccesso del capitalismo “neoliberale” e che la speranza dovrebbe essere posta oggi in

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Esiste una soluzione alla crisi? (II parte) (*)

Nella prima parte di questo articolo, abbiamo tentato di capire che cosa ha scatenato l’attuale crisi economica. Abbiamo visto che essa ha rappresentato solo un nuovo episodio, anche se particolarmente grave, della lenta agonia del capitalismo decadente. In particolare, abbiamo dimostrato che il capitalismo per sopravvivere ha fatto ricorso ad una sorte di droga: l’indebitamento. “L’indebitamento è per il capitalismo quello che l’eroina è per il tossicodipendente. La droga del debito fa si che il capitalismo si

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La borghesia non può evitare il fallimento del capitalismo

Poco più di un anno fa, la crisi immobiliare che si apriva negli Stati Uniti (la ormai celebre “crisi dei subprimes” – crediti a basso interesse ed ad alto rischio) ha dato l’avvio ad una brutale accelerazione della crisi economica mondiale. Da allora l’umanità è stata colpita in pieno da una vera e propria ondata di povertà. Subendo il peso angosciante dell’inflazione gli strati più indigenti della popolazione hanno dovuto far fronte all’orrore della fame (in numerose regioni del mondo, in

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Andiamo verso un nuovo crollo economico come nel 1929?

Il 24 settembre scorso il presidente degli Stati Uniti George W. Bush, di fronte a commentatori e giornalisti del mondo intero, ha fatto un discorso “inusuale”. Nel suo intervento televisivo ha annunciato senza mezzi termini quali tormente stavano per abbattersi sul “popolo americano”:

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Il capitalismo non può sfamare il mondo

L’inflazione crescente rende i bisogni basilari sempre più fuori dalla portata di una grossa parte dell’umanità. Il segretario dell’ONU Ban Ki-moon afferma che, “il drammatico aumento dei prezzi del cibo nel mondo è diventato una sfida di proporzioni globali”. Con il prezzo del riso aumentato del 74% in un anno (217% in due anni), il grano del 130% (136%), il mais del 31% (125%) e la soia dell’87%

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