Vertice del G20 a Londra: un nuovo mondo capitalista non è possibile

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La prima crisi globale dell'umanità" (OMC, aprile 2009) (1). La recessione "più profonda e la più sincrona a memoria d’uomo" (OCSE, marzo 2009) (2)! Dalla stesse ammissioni delle grandi istituzioni internazionali, la crisi economica attuale è di una gravità senza precedente. Per farvi fronte, tutte le forze della borghesia sono mobilitate da mesi.

Il G20 è indubbiamente il più forte simbolo di questa reazione internazionale. Ad inizio aprile, tutte le speranze capitaliste sono state dunque rivolte verso Londra, città dove si è tenuto il vertice salvatore che doveva "rilanciare l'economia e moralizzare il capitalismo". E a credere nelle dichiarazioni dei differenti dirigenti del pianeta, questo G20 è stato un vero successo. "È il giorno in cui il mondo si è riunito per combattere la recessione" ha esclamato il Primo ministro britannico, Gordon Brown. "È stato al di là di ogni aspettativa immaginata", ha dichiarato commosso il presidente francese Nicolas Sarkozy. "Si tratta di un compromesso storico", così lo ha commentato la cancelliera tedesca Angela Merkel. Per Barack Obama, questo vertice ha rappresentato una "svolta".

La verità invece è tutt’altra.

L’unica cosa riuscita del G20: è che si è fatto!

In questi ultimi mesi, la crisi economica ha molto acuito le tensioni internazionali. Innanzitutto, si è sviluppata la tentazione del protezionismo. Ogni Stato tenta sempre più di salvare una parte della sua economia sovvenzionandola e concedendole dei privilegi nazionali contro la concorrenza straniera. Come è capitato col piano di sostegno all'industria automobilistica deciso da Nicolas Sarkozy, piano, per esempio, aspramente criticato dai suoi "amici" europei. Poi, si tende in maniera crescente a promuovere piani di rilancio in ordine sparso, in particolare quelli riguardanti il salvataggio del settore finanziario. Infine, numerosi concorrenti, approfittando del fatto che gli Stati Uniti, epicentro del sisma finanziario, sono stati colpiti in pieno dalla forte burrasca economica, tentano di indebolire ancora più la leadership economica americana. Ed è questo il senso degli appelli al "multilateralismo" della Francia, della Germania, della Cina, dei paesi latino-americani…

Questo G20 di Londra si annunciava dunque teso e, nei retroscena, i dibattiti effettivamente saranno stati burrascosi. Importante è che le apparenze siano salve. Per la borghesia la catastrofe di un G20 caotico è stata evitata. La borghesia non ha dimenticato come l'assenza di coordinamento internazionale contribuì al disastro nel 1929. All'epoca, il capitalismo si dovette scontrare con la prima grande crisi del suo periodo di decadenza e la classe dominante non sapeva ancora affrontarla. In un primo tempo, gli Stati rimasero inermi. Dal 1929 al 1933, quasi nessuna misura fu presa, mentre le banche fallivano a migliaia, una dopo l’altra. Il commercio mondiale crollò letteralmente. Nel 1933, si cominciò a vedere una prima reazione: si trattava del primo New Deal (3) di Roosevelt. Questo piano di rilancio si basava su una politica di grandi lavori e di indebitamento statale ma anche su una legge protezionistica, il Buy American Act ("Comprate americano"). Da allora, tutti i paesi si lanciarono nella corsa al protezionismo; e ciò, alla fine, non fece che aggravare di più la crisi mondiale. Infatti, oggi, tutte le borghesie vogliono evitare la ripetizione di un tale circolo vizioso crisi-protezionismo-crisi… devono fare del tutto per non ripetere gli errori del passato. Occorreva dunque imperativamente che questo G20 sancisse l'unità delle grandi potenze contro la crisi, in particolare per sostenere il sistema finanziario internazionale. Nel concreto, i paesi si sono impegnati a non alzare barriere, compresi i flussi finanziari, e hanno incaricato l'OMC di effettuare scrupolose verifiche affinché un tale impegno venga rispettato.

Ed è questo il solo successo del G20. Ma un successo certamente temporaneo fintanto che il pungolo della crisi continuerà a fomentare inesorabilmente la disunione internazionale.

L’indebitamento di oggi prepara le crisi di domani

Dall'estate 2007 e dalla famosa crisi dei subprimes, i piani di rilancio si succedono ad un ritmo sfrenato. Ai primi annunci di iniezioni massicce di miliardi di dollari, un vento di ottimismo momentaneo soffiò. Ma oggi, continuando la crisi ad aggravarsi inesorabilmente, ogni nuovo piano è accolto con sempre maggiore scetticismo. Paul Jorion, sociologo specializzato in economia, e che è stato uno dei primi ad avere annunciato la catastrofe economica, schernisce con tali parole il ripetersi di questi insuccessi: "Siamo passati insensibilmente dai piccoli aiuti del 2007 ad un importo di miliardi di euro o di dollari per i grossi aiuti dell'inizio 2008, poi agli enormi aiuti della fine dell'anno oramai in centinaia di miliardi. In quanto al 2009, è l'anno dei "kolossal" aiuti, i cui montanti questa volta si esprimono in "trilioni" di euro o di dollari. E malgrado l'ambizione sempre più faraonica, non si riesce a vedere un minimo chiarore d’uscita dalla galleria!" (4).

E che propone il G20? Un nuovo rilancio del tutto inefficace! 5000 miliardi di dollari stanno per essere iniettati nell'economia mondiale da ora alla fine 2010 (5). La borghesia non ha nessuna altra "soluzione" da proporre e rivela attraverso ciò la sua impotenza (6). La stampa internazionale non si è del resto sbagliata: "La crisi è lungi, in realtà, dall’essere finita e bisognerebbe essere ingenui per credere che le decisioni del G20 possano cambiare tutto" (la Libre Belgique) "Hanno fallito nel momento in cui  l'economia mondiale sta implodendo" (New York Time) "Il rilancio li ha lasciati di marmo al vertice del G20" (Los Angeles Time).

Del resto, le stime dell'OCSE per il 2009, abitualmente ottimiste, non lasciano molti dubbi a proposito di ciò che colpirà l'umanità nei mesi a venire, con o senza G20. Secondo questa, gli Stati Uniti dovrebbero essere interessati da una recessione del 4 %, la Zona euro del 4,1 % ed il Giappone del 6,6 %! Dunque la situazione sicuramente si aggraverà ancora nei mesi a venire mentre la crisi attuale è già peggio di quella del 1929. Gli economisti Barry Eichengreen e Kevin O'Rourke hanno calcolato che la caduta della produzione industriale mondiale è stata, per nove mesi, violenta come quella del 1929, che la caduta della Borsa è stata due volte più veloce, così come la recessione del commercio mondiale (7).

Tutte queste cifre, in concreto, per i milioni di operai di ogni parte del mondo significano una realtà molto drammatica. Negli Stati Uniti, prima potenza mondiale, altri 663.000 posti di lavoro sono andati distrutti nel mese di marzo, e ciò porta il totale di posti di lavoro distrutti in 2 anni a 5,1 milioni. Tutti i paesi sono colpiti duramente. Nel 2009, in Spagna, la disoccupazione dovrebbe superare il 17 %!

Ma questa politica non solo è inefficace oggi, ma prepara anche per l'avvenire delle crisi più violente. Infatti, tutti questi miliardi sono stati creati ricorrendo massicciamente all'indebitamento. Ora, questi debiti, un giorno, e non tanto lontano, occorrerà rimborsarli. Infatti, accumulando i debiti, è sull'avvenire economico che il capitalismo alla fine mette l’ipoteca.

E che dire di tutti questi giornalisti che si sono felicitati della ritrovata importanza del FMI? I suoi mezzi finanziari sono stati triplicati dal G20, essendo stati portati a 750 miliardi di dollari con, in più, l'autorizzazione di emissione di Diritti di titoli speciali (DTS) (8) per 250 miliardi di dollari. Gli è stata affidata il compito "di aiutare i più deboli", in particolare quei paesi dell'Est sull’orlo del fallimento. Ma il FMI è una strana ancora di salvezza. La reputazione – giustificata - di questa organizzazione è imporre un'austerità draconiana in cambio del suo "aiuto". Ristrutturazioni, licenziamenti, disoccupazione, soppressione dei sussidi per la salute, per la pensione… tale è "l'effetto FMI". Questa organizzazione è stata, per esempio, al capezzale dell'Argentina negli anni 1990 fino a… al crollo di questa economia nel 2001!

In conclusione, questo G20 non solo, non ha schiarito il cielo capitalista ma ha addirittura lasciato intravedere indomani ancora più scuri!

Il grande bluff della moralizzazione del capitalismo

Tra gli operai esiste un profondo disgusto per questo capitalismo agonizzante ed una riflessione crescente sull'avvenire. Infatti, durante questo G20, la classe dominante si è affrettata a rispondere, a modo suo, a questa questione. Con trombe e tamburi, questo vertice ha promesso un nuovo capitalismo, meglio regolato, più morale, più ecologico…

La manovra è così enorme quanto ridicola. Per la moralizzazione del capitalismo, il G20 ha preso di mira alcuni "paradisi fiscali". In particolare, sono stati additati quattro territori che costituiscono l’oramai celebre "elenco nero": il Costa Rica, la Malaysia, le Filippine e l'Uruguay. Altre nazioni sono state richiamate e classificate in un "elenco grigio". Per esempio, il Cile, il Lussemburgo, Singapore e la Svizzera.

In altre parole, mancano all’appello i principali "paradisi fiscali"! Le isole Caiman ed i suoi hedge funds, i territori dipendenti della corona britannica (Guernesey, Jersey, isola di Man), la City di Londra, Stati federati americani come il Delaware, il Nevada o il Wyoming… tutti questi sono ufficialmente bianchi come la neve, e vanno di conseguenza a costituire l'elenco bianco. Con questa classifica di paradisi fiscali da parte del G20, è un poco come se l'ospedale se ne infischiasse della carità.

Colmo dell'ipocrisia, solamente alcuni giorni dopo il vertice di Londra, l'OCSE -responsabile di questa classificazione - ha annunciato il ritiro di quattro paesi dall'elenco nero, in cambio di promesse di sforzo di trasparenza!

Tutto ciò chiaramente non ci sorprende. In che modo tutti questi grandi responsabili capitalisti, veri gangster senza fede né legge, "potrebbero moralizzare" chi? E in che modo un sistema basato sullo sfruttamento e la ricerca del profitto per il profitto potrebbe essere "più morale"? In verità, nessuno si aspettava vedere venir fuori da questo G20 un "capitalismo più umano". Questo non può esistere ed i dirigenti politici ne parlano come i genitori parlano di Babbo Natale ai loro bambini. Questi tempi di crisi rivelano al contrario, ancora più crudamente, il viso disumano di questo sistema. Quando la crisi economica colpisce, i lavoratori sono licenziati e gettati in mezzo ad una strada come gli oggetti diventati inutili. Il capitalismo è e sarà sempre un sistema di sfruttamento brutale e barbaro. Le probabilità di vedere nascere un "capitalismo ecologico" o "un capitalismo morale" sono le stesse di vedere l’alchimista trasformare il piombo in oro.

Proprio questo G20 mostra l’impossibilità di un altro mondo capitalista. È probabile che la crisi potrà ancora conoscere alti e bassi, con, in alcuni momenti un "ritorno alla crescita". Fondamentalmente, però, il capitalismo continuerà ad affondare economicamente, seminando miseria e generando guerre.

Non c’è niente da aspettarsi da questo sistema. La borghesia, con i suoi vertici internazionali ed i suoi piani di rilancio, non costituisce la soluzione ma il problema. A poter cambiare il mondo è solo la classe operaia, ma, per farlo, questa deve riprendere fiducia nella società che essa può fare nascere: il comunismo!

Mehdi (16 aprile 2009)

1) Dichiarazione di Pascal Lamy, direttore generale dell'Organizzazione mondiale del commercio.

2) Rapporto intermediario dell'Organizzazione di Cooperazione e di Sviluppo economico.

3) Un mito largamente diffuso oggi è quello secondo cui il New Deal del 1933 avrebbe permesso all'economia mondiale di uscire del marasma economico. E, la conclusione logica, sarebbe quella di fare oggi un New New Deal. In realtà, l'economia americana, dal 1933 a 1938, rimase particolarmente debole; fu il secondo New Deal, quello del 1938, che permise veramente di rilanciare la macchina. Ora, questo secondo New Deal non fu niente altro che l'inizio di quella economia di guerra che preparò la Seconda Guerra mondiale. Si comprende perché questo fatto sia passato largamente sotto silenzio!

4) L'era dei "Kolossal" aiuti, pubblicati il 7 aprile.

5) In realtà, per 4000 miliardi, si tratta dei dollari dei piani di rilancio già annunciati in questi ultimi mesi.

6) In Giappone, un nuovo piano di rilancio di 15.400 miliardi di yen (116 miliardi di euro) è stato appena deciso. È il quarto programma di rilancio elaborato da Tokio nello spazio di un anno!

7) Fonte: voxeu.org.

8) I DTS formano un paniere monetario costituito da dollari, euro, yen e sterlina.

È la Cina che, in particolare, ha insistito per costituire questi DTS. Queste ultime settimane, l'impero del male ha moltiplicato con dichiarazioni ufficiali appelli alla creazione di una moneta internazionale che possa sostituire il dollaro. E numerosi economisti sparsi nel mondo hanno rilanciato quest’appello, avvertendo della caduta inesorabile della moneta americana e delle scosse economiche che ne seguiranno.

Realmente l'indebolimento del dollaro, nella misura in cui l'economia americana affonda nella recessione, rappresenta un vero pericolo per l'economia mondiale. In quanto riferimento internazionale, è uno dei pilastri della stabilità capitalista dal dopoguerra. Tuttavia, la creazione di una nuova moneta di riferimento che sia l'Euro, lo Yen, la sterlina o i DTS del FMI, è totalmente illusoria. Nessuno potenza potrà  sostituire gli Stati Uniti, nessuna potrà sostenere il suo ruolo di stabilizzatore economico internazionale. L'indebolimento dell'economia americana e della sua moneta significano, dunque, un disordine monetario crescente.

Questioni teoriche: