Inviato da RivoluzioneInte... il
Nonostante i discorsi incessanti sulla “fine della recessione”, tutti gli indici economici ci dicono che il capitalismo è nella sua crisi più profonda e che non c’è in vista nessuna via d’uscita dal tunnel. Dinanzi a profitti in ribasso e ad una concorrenza selvaggia nei mercati, la classe dominante ha una sola risposta: far pagare questa crisi agli sfruttati, ai reali produttori di ricchezza, con licenziamenti, congelamento dei salari, condizioni di lavoro “modernizzate” (cioè farci lavorare di più per guadagnare di meno) e delle riduzioni massicce del salario sociale con tagli nei servizi pubblici. Conservatori, laburisti, liberal-democratici e gli altri sono tutti d’accordo sulla necessità di fare tagli nel settore pubblico - la loro sola preoccupazione riguarda come farli e come farli passare.
Per la stragrande maggioranza di noi ci può essere una sola risposta: resistere a questi attacchi alle nostre condizioni di vita che non ci portano verso un prospero futuro, ma ancora più impoverimento e miseria. E il segnale è che gli operai iniziano a resistere in tutto il mondo, dagli scioperi in massa in Egitto, a Dubaï e nel Bangladesh, alle lotte degli operai, dei disoccupati e degli studenti che si organizzando in assemblee generali in Francia, in Spagna ed in Grecia, passando per lo spiegamento di scioperi e sommosse degli agricoltori in Sudafrica. E anche in Gran Bretagna ci sono gli stessi segnali: con gli scioperi selvaggi nelle raffinerie di petrolio dello scorso inverno, dove gli operai hanno esteso la lotta sfidando le leggi anti-sciopero ed hanno iniziato a librarsi delle idee nazionalistiche che all’inizio avevano distorto il senso dello sciopero; con le occupazioni a Visteon e Vestas, che hanno avuto un ampio sostegno all’interno della classe operaia. E proprio adesso ci sono lotte che covano o che scoppiano in numerosi settori. Gli spazzini di Leeds, gli autisti d’autobus dell’Essex del Yorkshire e del Nord-est, tutti confrontati a riduzioni dei salari, i vigili del fuoco che manifestano contro le nuove turnazioni, gli operai della metropolitana e della British Airways che votano per lo sciopero, e naturalmente, gli operai delle poste.
L’attacco agli operai delle poste
Fra tutti gli scioperi recenti, la lotta alla Royal Mail ha polarizzato l’attenzione di politici e mass media. Al governo, il segretario all’economia, Peter Mandelson, ha espresso la sua “grande rabbia” verso questi scioperi, mentre Cameron, capo del partito conservatore, accusava il governo di Brown di essere troppo tenero con gli impiegati della posta. Il padronato della Royal Mail ha fatto la provocazione di assumere migliaia di lavoratori occasionali durante gli scioperi. La stampa e la televisione hanno organizzato tutta una campagna intorno alla presunta natura suicida degli scioperi ed ai danni che questi causavano all’economia nazionale, arrivando a dire che questi scioperi mettevano in pericolo delle vite umane nella misura in cui i vaccini contro l’influenza A dovevano essere spediti per posta.
Questa focalizzazione non è un caso. La borghesia è perfettamente cosciente che esiste un’enorme spinta di malcontento nella classe operaia. Sa che, quando inizierà ad accelerare la nuova serie di tagli netti imposti dalla crisi economica, questo malcontento potrà soltanto crescere, soprattutto nel settore pubblico che è il più grande datore di lavoro del paese. E sa che gli operai delle poste hanno una reputazione di combattività ed auto-organizzazione. In particolare sono fedeli alla consolidata tradizione di ignorare le leggi anti-sciopero e di decidere di fare sciopero in assemblee generali, senza aspettare che i sindacati organizzino le votazioni. E’ per questo che adesso lo Stato ed i padroni prendono gli impiegati delle poste come capri-espiatori. Vogliono indebolirli prima di doversi occupare di altri settori - isolarli, schiacciarli, ed poi sottometterli, per tentare di dimostrare al resto della classe operaia che battersi per la difesa delle proprie condizioni di vita può portare solo alla sconfitta.
I sindacati rafforzano l’isolamento
Ora c’è il pericolo che i lavoratori delle poste siano isolati – specialmente perché i sindacati stanno rafforzano quest’isolamento. Quando il capo del sindacato CWU, Bill Hayes, ha detto che lui si trovava in una posizione migliore rispetto a Scargill1 nel 1984, ha rafforzato di fatto un’illusione che portò direttamente alla sconfitta dei minatori all’epoca: l’idea secondo la quale se ci si batte abbastanza a lungo e duramente in un solo settore, si può respingere un attacco concertato contro l’insieme della classe operaia.
E’ vero esattamente il contrario: più si lotta nel proprio angolo, più si è votati ad essere sconfitti e demoliti. Più i nostri dirigenti sentono il pericolo di lotte che si estendono all’interno della classe operaia, più sono pronti ad arretrare e fare concessioni.
In ogni settore, i sindacati fanno come se ogni lotta fosse confrontata ad un problema diverso, i cui interessi sarebbero separati del resto, riservati solo a chi ne fa parte. Nelle poste, la CWU - che si era dichiarata d’accordo con l’essenziale del progetto di “modernizzazione” dei servizi postali alla fine dello sciopero del 2007 - presenta le cose come se il problema fosse quello della “consultazione” e dei piani particolarmente “diabolici” della direzione della Royal Mail. In realtà, la direzione della Royal Mail, come tutte le direzioni, fa soltanto il suo lavoro per la classe capitalista e lo Stato che la protegge. Altrove, i sindacati dei trasporti, dei vigili del fuoco ed altri fanno votare i loro membri sulle proprie dispute particolari con la direzione e preparano scioperi da tenere strettamente inquadrati nella cornice sindacale e che non abbiano legami con le altre lotte, anche quando queste hanno luogo nello stesso momento.
Come superare l’isolamento sindacale?
Il problema non è scegliere tra lottare o non lottare. Il problema è come lottare. Abbiamo bisogno della massima unità di fronte all’attacco unito della classe dominante. Ma proprio per questo, non possiamo metterci nelle mani dei sindacati che sono i poliziotti incaricati di far rispettare le leggi dei padroni e che dividono la classe operaia in mille settori e categorie.
Al contrario, abbiamo bisogno di seguire l’esempio degli operai delle poste e delle loro lotte passate, di quelle degli operai delle raffinerie di petrolio dello scorso inverno, ignorando le leggi anti-sciopero e facendo delle assemblee generali dei luoghi dove vengono prese le reali decisioni (come continuare lo sciopero o tornare al lavoro), e dove le delegazioni o i comitati sono eletti e responsabili dinanzi all’assemblea generale. Abbiamo bisogno di assemblee generali come centri di dibattito e discussioni, dove operai di altri settori possano venire, non soltanto per portare il loro sostegno, ma anche per discutere di come estendere lo sciopero.
Lo stesso è per i picchetti e le manifestazioni: devono essere aperti a tutti i lavoratori – occupati, disoccupati, a tempo pieno o ad orario ridotto, ed indipendentemente dal fatto se sono iscritti o no ad un sindacato - e provare ad attirare molti settori diversi verso un fronte comune.
Anche se all’inizio sono soltanto piccoli gruppi di lavoratori che vedono questa necessità di auto-organizzazione e di unità di classe, questi gruppi possono fare il legame gli uni con gli altri e provare a diffondere le loro idee quanto più estesamente possibile.
Il futuro è nelle nostre mani!
World Revolution, sezione in Gran Bretagna della CCI (26 ottobre 2009)
1. Scargill era il capo del sindacato dei minatori che, insieme a Margareth Thatcher, fu l’artefice della sconfitta di questo settore molto combattivo. Sconfitta che servì “da esempio” per tutta la classe operaia in Gran Bretagna ma anche a livello internazionale (vedi i vari articoli che trattano quest’argomento nel nostro sito Internet in inglese ed altre lingue).