L’anti-berlusconismo: una doppia arma contro la classe operaia

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L'era Berlusconi sembra volgere al termine. Il perché lo abbiamo più volte analizzato nella nostra stampa[1] dove abbiamo messo in evidenza la necessità per la borghesia di cambiare assetto governativo, di liberarsi di Berlusconi o quanto meno ridimensionarne il ruolo. Una maggioranza di governo profondamente divisa al suo interno da interessi e preoccupazioni contrapposte, il cui leader mette avanti i propri “affari” e continua a ricorrere ad una politica populista che perde efficacia al confronto con la realtà di peggioramento crescente delle condizioni di vita e di lavoro, il cui degrado morale ed etico getta fango e discredito sul mondo politico ed istituzionale sia al proprio interno che sulla scena internazionale, non può essere in grado di far fronte ad una crisi internazionale incessante. Una crisi che richiede misure drastiche e dolorose, la capacità di farle accettare mantenendo un controllo sul piano sociale, una credibilità sia all’interno che rispetto alle altre potenze. Come andrà a finire? Difficile dirlo perché, come abbiamo sottolineato nei precedenti articoli, un’alternativa solida, omogenea e credibile in effetti non esiste né a destra, né al centro né tantomeno a sinistra.

Una cosa è certa, quale che sia la soluzione che troverà la borghesia italiana, per i proletari saranno sempre e comunque batoste. Licenziamenti, perdita di posti di lavoro, riduzione del salario reale, precarietà, mancanza di prospettive, degrado ambientale e manganellate non sono frutto del solo governo Berlusconi ma della crisi del sistema che non finirà, anche cambiando governo.

Che Berlusconi e tutto il suo mondo di personaggi al suo soldo, dai fidati ministri ai vari deputati e avvocati, faccendieri e puttanieri, suscitino in larga parte della popolazione un senso di nausea e di repulsione è qualcosa di istintivo e salutare. La loro arroganza, l’esplicito disprezzo per le difficoltà della “gente comune”, la spudoratezza delle loro menzogne, è qualcosa che si scontra sempre di più con le crescenti difficoltà in cui versa la popolazione. Ma su questo naturale disgusto la sinistra del capitale, in mancanza di una reale alternativa da proporre, va via via alimentando una vera e propria campagna anti Berlusconi. Stampa, programmi televisivi, cinema, teatro, quasi tutto è impregnato di anti berlusconismo a tal punto che ormai la cosa più frequente che si sente dire in giro è: “qualsiasi altra cosa è meglio di Berlusconi”.

Noi pensiamo che questa campagna sia un’arma contro la classe operaia per due diversi motivi: anzitutto perché tutto questo can-can ostacola la comprensione delle cause di fondo dello sfascio della società attribuendole esclusivamente alla politica di Berlusconi; in secondo luogo perché è uno strumento per compattare la classe operaia e la sua nuova generazione dietro la difesa dello Stato e della democrazia.

L’antiberlusconismo: un ostacolo alla presa di coscienza

  • I tagli all’istruzione? E’ il ministro Gelmini di questo governo Berlusconi a non capire che il futuro dell’Italia sta nella formazione dei giovani, nella loro crescita come forza produttiva del paese.
  • I tagli alla cultura? I crolli a Pompei? E’ questo governo che non capisce l’enorme potenzialità di sviluppo economico che costituiscono per l’Italia la sua tradizione culturale ed il suo patrimonio artistico.
  • I licenziamenti, il dilagare del precariato? Colpa di una politica economica poco lungimirante del governo Berlusconi che sa fare solo demagogia ma nessuna politica economica di lungo respiro, di risanamento e rilancio della produttività italiana.
  • L’incapacità a far fronte alle cosiddette “calamità naturali” (terremoti, frane, allagamenti…)? Il film Draquila di Sabina Guzzanti ci dice che la colpa è di Berlusconi, di Bertolaso e dei loro compari di malaffare che speculano sulle disgrazie altrui per arricchirsi.
  • La spazzatura in Campania? Ancora colpa di Berlusconi che aveva promesso di risolvere tutto e subito, mentre invece la spazzatura sta sempre lì; tanto più che, pur sapendo come all’origine dei problemi ci sia l’infiltrazione della camorra, non fa niente per risolvere i problemi a monte.

E la lista potrebbe continuare a lungo (alla maniera di “Vieni via con me”).

Ora, queste cose sono senz’altro vere. Ma l’idea di fondo che viene trasmessa in tutti i dibattiti televisivi, da Annozero a Ballarò, o dalle “liste” di Vieni via con me, è che la colpa di questo disastro è esclusivamente di Berlusconi & Co. Individuare un responsabile risulta molto utile alla borghesia perché serve a distrarre l’attenzione dei proletari dal fatto che la crisi economica è profonda ed internazionale e che i tagli alle condizioni di vita, al mondo dell’istruzione, alle pensioni li stanno facendo dappertutto. Serve a far dimenticare che in Francia l’aumento dei suicidi a causa del lavoro è dovuto agli stessi problemi di aumento dei ritmi e minacce di licenziamento che viviamo qui da noi. Serve a far dimenticare che la precarizzazione del lavoro è stata introdotta non da Berlusconi, ma da un governo di sinistra con il sostegno dei sindacati che all’epoca dicevano che la dinamicità della moderna economia non era conciliabile con la “vecchia fissazione del posto fisso”. Serve a far dimenticare che ad Haiti, a nove mesi dal terremoto, la gente sta morendo di colera perché completamente abbandonata a se stessa[2] o che in Irpinia interi paesi distrutti dal terremoto di trent’anni fa sono ormai morti completamente. Serve ad evitare che si faccia un legame tra il problema spazzatura in Campania e in Sicilia e la distruzione di interi territori in Africa avvelenati da rifiuti tossici scaricati dai democratici paesi industrializzati e l’isola di plastica grande quanto un continente che galleggia nell’oceano Pacifico[3].

La borghesia deve impedirci il più possibile di pensare con la nostra testa, di arrivare a farci una visione d’insieme dei problemi che viviamo come lavoratori e come essere umani: potremmo arrivare a capire che abbiamo tutto da perdere a mantenere in piedi questa società ed allora sarebbe messo in discussione il suo predominio.

L’antiberlusconismo baluardo della difesa della democrazia e dello Stato italiano

E’ proprio questo il problema, la voglia di reagire a tutto questo, l’insofferenza crescente verso un mondo che non solo non ci dà niente, nessun futuro, ma che ci costringe anche a subire il suo marciume; la tendenza sempre più forte a vedere che destra e sinistra nella sostanza non sono poi tanto diverse e che quindi il voto non serve a niente. Come fare dunque per bloccare questa riflessione? Attirando tutta l’attenzione sul falso obiettivo dell’antiberlusconismo, che non è solo l’essere contro la persona Berlusconi come uomo politico e di governo, ma vuole esprimere anche un rigetto per quello che lui rappresenta: l’illecito, il malaffare, la corruzione, la mancanza di etica che domina la società. La trasmissione di Fazio e Saviano, Vieni via con me ha parlato di tutto questo riscuotendo un successo enorme. Basta vedere i commenti su facebook, forum o altri siti internet per rendersi conto di quanti, soprattutto tra i giovani, hanno fatto salti di gioia nel vedere finalmente emergere, tra lo squallore di trasmissioni quali il Grandefratello o Amici una trasmissione dove si parla di cose serie, della difficoltà di chi cerca lavoro, di chi vive con cumuli putrescenti di spazzatura sotto il naso. Senza tanto clamore, senza il politichese incomprensibile dei dibattiti dove ci si urla addosso, senza inutili commenti. Solo fatti raccontati, storie, come le chiama Saviano, che parlano del malessere che ognuno di noi avverte quotidianamente. Ma, al di là dell’indubbia qualità del programma, qual è il messaggio che viene trasmesso, qual è la risposta che viene data alla voglia di reagire a tutto questo? Il monologo di Saviano sulla Costituzione italiana ed il voto di scambio, nell’ultima puntata di “Vieni via con me”[4], è chiaro: è facile criticare e tirarsi fuori dalla politica sporca. Bisogna invece “partecipare”. Non partecipare significa lasciare il paese ai potenti per i loro tornaconto. E partecipare significa difendere la Costituzione italiana, “farla vivere come una propria responsabilità”. Perché, come ci spiega altrove, la Costituzione non è né di destra né di sinistra, ma una base per garantire una convivenza equa a tutti i cittadini, per conservare lo stato di diritto che è una condizione indispensabile anche per la lotta alle mafie. E credo pure che il suo richiamo all’unità di questo Paese sia qualcosa d’importante. Personalmente, terrei che continuasse a esistere un paese di nome Italia”[5].

“Dobbiamo semplicemente pretendere, come fanno migliaia di cittadini (forse quelli che vanno a votare? ndr), che la legge sia uguale per tutti, un diritto costituzionale, che è anche un dovere per chi ha le più alte responsabilità.(…) si può persino difendere la libertà, la giustizia, la legalità[6].

Il messaggio è chiarissimo, puoi anche scendere in piazza a protestare per far sentire la tua voce quando i tuoi “diritti” vengono calpestati (come fanno a Terzigno o gli studenti), ma hai il “dovere” di assumerti le tue responsabilità che sono difendere la democrazia e la Costituzione che ne è il “pilastro”. Se non lo fai, se non rigetti il voto di scambio, se non combatti la mafia, chi specula, chi si arricchisce illegalmente, sei anche tu corresponsabile di tutto quello che a parole critichi e contribuisci a disgregare la tua patria!

Ma è proprio vero che questa Costituzione, o una qualsiasi altra, possa liberarci dallo stato di schiavitù salariare, dallo sfruttamento incessante, dalla necessità di sottomettere la maggior parte della nostra vita al bisogno della sopravvivenza? Che possa veramente riconoscere e garantire “i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”, come è scritto nell’articolo 3? Nel capitalismo no! Perché il suo sistema economico si basa proprio sull’assoggettamento della stragrande maggioranza dell’umanità agli interessi di una ristretta classe dominante. La necessità per questa stragrande maggioranza non è sconfiggere questo o quel governo, mandare in galera tutti i mafiosi o i corrotti, ma distruggere il sistema stesso e con lui tutto il suo marciume.

Eva, 12-12-2010

 

[5] Intervista esclusiva all’altro Saviano: “La lotta alla mafia non ha colore”, www.robertosaviano.it

[6]La macchina della paura”, di R. Saviano, La Repubblica del 29/9/2010

https://www.repubblica.it/politica/2010/09/29/news/saviano_macchina_paura-7530177/index.html?ref=search

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