Dietro lo scandalo di escort, festini e cocaina, gli scontri nella maggioranza governativa

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Dopo mesi di prime pagine de la Repubblica e dei quotidiani esteri su escort e festini, l’attenzione è adesso puntata sullo scontro Berlusconi-Fini, arrivando persino ad ipotizzare da più parti la fine del governo Berlusconi come conseguenza della reazione della parte più responsabile e sobria (come dice il vaticano) delle forze politiche di fronte alle ultime vicende berlusconiane.

In realtà, impostazioni differenti ed attriti ci sono sempre stati nel Pdl e ancor prima nella coalizione di centro-destra. E allora a cosa è dovuta la cattiva sorte in cui è caduto in questo momento Berlusconi? E’ solo una serie di coincidenze che hanno portato alla ribalta le porcherie che tutto il mondo ormai conosce, oppure c’è dietro qualcuno che ha alimentato questa dinamica? E se c’è qualcuno, chi è? La sinistra che complotta contro il premier e vuole fare un colpo di Stato, come dicono Berlusconi e Brunetta? O Fini che aspira al posto di Berlusconi come lascia intendere La Repubblica?

Berlusconi: un serio problema per la borghesia

Più volte abbiamo analizzato nella nostra stampa le grosse difficoltà che, in seguito alla distruzione dei vecchi e consolidati partiti storici prodottasi con l’operazione Tangentopoli dopo il 1989, la borghesia italiana trova nel creare nuove forze politiche credibili. Forze che siano capaci di far fronte agli interessi globali dello Stato italiano sul piano interno ed internazionale[1].

La creazione del Pd a sinistra e del Pdl a destra, pur rappresentando un tentativo in questo senso, non hanno mutato in niente la situazione. Al contrario, acquista un peso sempre maggiore la tendenza allo sfilacciamento dell’apparato politico, come hanno mostrato le prese di distanza, i distinguo e le spaccature avutesi tra le varie componenti politiche sia a sinistra che a destra nell’ultimo periodo. Un fenomeno questo che non è una particolarità nostrana[2], ma l’espressione del declino storico del sistema capitalistico ed in particolare della sua fase di decomposizone[3], nella quale l’affermazione immediata di se stessi prende il sopravvento trasformandosi in lotta di tutti contri tutti anche a scapito di quella coesione necessaria a gestire gli inevitabili conflitti all’interno della borghesia per poter assicurare gli interessi globali della borghesia come classe dominante.

A proposito dei precedenti governi Berlusconi abbiamo anche sottolineato come questi fossero tenuti “sotto osservazione” dalla borghesia proprio perché costituiti non da politici di professione, provenienti da collaudate scuole di partito, ma da un imprenditore ricco e potente a capo di una coalizione in buona parte coincidente con una struttura di affari economici e finanziari i cui interessi, quindi, e le cui preoccupazioni tendono a prevalere rispetto alla salvaguardia degli interessi più generali del capitale italiano.

Questo quadro di fondo ci fa comprendere perché Berlusconi sia diventato man mano un problema sempre maggiore per la borghesia.

Tutta la politica di Berlusconi si è caratterizzata sempre più per tre aspetti essenziali:

  • una forte demagogia anche di fronte alle questioni più importanti tesa a minimizzarne la gravità e le implicazioni ed a magnificare al contempo il proprio operato: rispetto alla crisi economica, ad esempio, dove a fronte di previsioni catastrofiche per l’occupazione per i prossimi anni Berlusconi afferma “il peggio è alle nostre spalle”, o rispetto al terremoto in Abruzzo dove, a fronte di 39 mila sfollati, Berlusconi monta su un vero e proprio show per la consegna di 500 alloggi, o ancora rispetto all’emergenza rifiuti il cui problema resta sostanzialmente irrisolto sia in Campania che altrove;
  • una crescente preoccupazione a salvaguardare innanzitutto i propri interessi personali (vedi Lodo Alfano, condoni o scudi fiscali, nomine a Rai3 e Tg3, rimessa in discussione della par condicio e tentativo di controllo del palinsesto Rai per zittire chi può danneggiare la sua immagine);
  • un crescente peso della Lega sul Pdl e sul governo, cosa che, da una parte, rafforza la politica populista del governo che mal si concilia con la necessità di responsabilità, rigore e coesione necessarie per poter operare efficacemente mentre, dall’altra, alimenta gli attriti nel Pdl nei confronti del quale Bossi mercanteggia il proprio appoggio in cambio delle presidenze delle regioni Veneto, Piemonte e Lombardia, cosa che Fini mal sopporta.

A questo non ha corrisposto alcuna capacità del governo Berlusconi di operare delle scelte di fondo credibili sul piano della gestione della crisi economica, limitando la sua azione essenzialmente alla politica dei tagli.

E’ significativo a questo proposito che su un giornale come il Sole24ore, espressione della borghesia produttiva e non certo di sinistra si arrivi a dire: “l’uscita del ministro Brunetta (a proposito delle élite di merda, ndr) rivela l’incapacità di questo governo di governare. Perché non c’è solo il conflitto d’interessi, gli affari privati al posto di quelli pubblici, gli scandali più o meno sessuali più o meno politici, ma c’è pure, in questi anni d’Italia, una drammatica inadeguatezza dei potenti alla loro responsabilità.(…) Il primo obiettivo del potere berlusconiano è la conservazione fine a se stessa di questa Italia. Una nazione liberale solo a parole in cui i centri della finanza, dei media e della politica sono controllati sempre più da una sola persona, che a 73 anni non ha ancora deciso di regalare al suo paese più futuro che a se stesso” (francescorigatelli.nova100.ilsole24ore.com).

Questi elementi esprimono tutta la debolezza del governo sia sul piano interno che nelle relazioni sul piano internazionale dove, contrariamente a quanto Berlusconi vorrebbe farci credere, il capitalismo italiano accusa dei cedimenti nella valutazione da parte degli organismi internazionali sulla sua capacità di gestire la crisi e le sue conseguenze.

In questo contesto la questione morale assume un’importanza tutta particolare per la borghesia. Un governo che deve far fronte ad aziende che chiudono, ad un aumento enorme della disoccupazione, ad un numero crescente di famiglie che non riescono più a sopravvivere, ad una massa enorme di giovani senza alcuna prospettiva ed al pericolo che tutto questo comporta sul piano sociale, deve essere un governo che abbia un minimo di credibilità. Non può presentarsi come una banda di faccendieri e uomini di malaffare, impegnati in faide continue per conservare il potere, di personaggi senza alcuna etica e morale. Ed è infatti da qualche tempo che Fini, da uomo politico di vecchia guardia, parla del pericolo di “disaffezione alla politica” soprattutto tra i giovani.

Verso un cambio della guardia?

C’è quindi una reale preoccupazione nella parte più lucida della borghesia italiana che cerca di apportare delle modifiche sostanziali a questo governo, quanto meno per ridimensionare il peso di Berlusconi e della Lega.

Del resto, che non si tratti solo di condanna dell’immoralità nella vita privata di Berlusconi o della volontà di qualcuno di farlo fuori per prenderne il posto (anche se naturalmente un Fini ha tutto l’interesse a farlo), lo mostra la dinamica con cui si è sviluppato lo scandalo sui festini e le escort.

Verso la fine di aprile “Farefuturo”, (la Fondazione animata da Fini), è così intervenuta rispetto alle candidature di veline e di altre donne “di bella presenza” alle europee:

“(…) Qui assistiamo ad una dirigenza di partito che fa uso dei bei volti e dei bei corpi di persone che con la politica non hanno molto a che fare, allo scopo di proiettare una (falsa) immagine di freschezza e rinnovamento. (…) Questo uso strumentale del corpo femminile,(…) denota uno scarso rispetto da un lato per quanti, uomini e donne, hanno conquistato uno spazio con le proprie capacità e il proprio lavoro, dall'altro per le istituzioni e per la sovranità popolare che le legittima”. (Sofia Ventura, Farefuturo, riportato su Repubblica del 27 aprile 2009).

Poco dopo scoppia la prima vera bomba contro il capo del governo: Veronica Lario accusa il marito di “andare con minorenni” (affare Noemi Letizia) e di usare in maniera strumentale le donne in politica.

Da qui inizia l’offensiva di Repubblica con le foto scattate nelle ville di Berlusconi in occasione dei vari festini e la pubblicizzazione delle situazioni più incredibili e imbarazzanti per il capo del governo, tra cui l’uso privato di aerei riservati a voli di Stato, prostitute e droga in casa propria.

Ma gli elementi più significativi di questa offensiva sono:

  • le prese di distanza del mondo cattolico, su cui il capo del governo aveva fatto sempre affidamento: “A tutto c’è un limite. Questo limite di decenza è stato superato. Qualcuno ne tragga le debite conseguenze.” (don Antonio Sciortino, Famiglia Cristiana, 24 giugno), “Occorre che chiunque accetta di assumere un mandato politico sia consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell’onore che esso comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda” (Angelo Bagnasco, nella prolusione al Consiglio Episcopale Permanente, citato da La Repubblica, 21 settembre). Intanto L’Avvenire si fa sostenitore della manifestazione per la libertà di informazione del 3 ottobre a Roma;
  • l’attacco portato dalla stampa internazionale che, andando ben oltre la pubblicazione di foto e notizie ancor prima che circolassero in Italia, esprime apertamente l’idea che ci vuole un cambio della guardia. Giusto qualche esempio: “Al di fuori dell’Italia sarebbe inconcepibile che un leader si comporti come un imperatore di Roma antica senza pagare gravi conseguenze politiche” (The Independent di Londra, giugno), Il potere di Berlusconi cade in pezzi, si assiste ad un triste spettacolo”, Chi si presenta di persona come un Superman non lo è più, chi celebra da solo i suoi atti eroici è diventato un monumento di se stesso che si sgretola” (Die Welt giornale conservatore vicino alla Merkel, settembre). Inoltre, il rappresentante dell’Ocse per la libertà di stampa, Miklos Haraszti, chiede ufficialmente a Berlusconi di ritirare le querele contro la Repubblica e L’Unità. E’ evidente che se le varie testate internazionali si spingono ad emettere giudizi così pesanti su Berlusconi è perché i rispettivi governi lasciano fare loro quello che non possono fare in prima persona;
  • le continue tirate d’orecchie del presidente della Repubblica Napolitano, finanche nel discorso di inaugurazione dell’anno scolastico davanti ai ragazzini delle medie, dove ha ribadito il “richiamo all’impegno, al dovere, ai valori ideali e morali” sottolineando “Un richiamo che rivolgo a tutti, e in particolare a ciascuno di noi che rappresenta le istituzioni della Repubblica. E’ da noi che deve venire il buon esempio”;
  • la politica di Fini di esplicita contrapposizione su tutta una serie di questioni: testamento biologico, immigrazione, gabbie salariali, riapertura delle indagini sulle stragi di mafia a Palermo, Milano e Firenze. In contrapposizione all’atteggiamento da padrone assoluto di Berlusconi ed alle mire di maggiore potenza di Bossi, Fini si fa difensore di una politica di rispetto dei principi democratici e di confronto all’interno del Pdl, ma anche di uomo politico attento alle necessità del paese al di fuori di vecchi schemi ideologici non più adeguati (vedi sul testamento biologico o sulle coppie di fatto), tanto da guadagnarsi l’appellativo negli ambienti del PD di “compagno Fini”. Il tutto portato avanti con determinazione, ma moderazione e serietà senza scadere nella litigiosità e nel battibecco da bettola tipica dell’entourage berlusconiano, proponendosi dunque come polo di aggregazione per una nuova compagine governativa.

Un cambiamento è quindi una necessità per la borghesia, ma in che misura e in che tempi sia possibile attuarlo è un altro conto. Il che spiega perché per mesi ha prevalso un imbarazzato silenzio nel mondo politico di fronte a tutti i fatti denunciati da la Repubblica.

Anche se esistono degli interventi che sembrerebbero portare di tanto in tanto serenità e pacificazione nel centro-destra, come gli atteggiamenti da moderatori e soprattutto di apertura al dialogo sulle questioni poste da Fini da parte di personaggi come La Russa e Tremonti, così come il fatto che la proposta di legge sulla cittadinanza agli immigrati fatta da Granata (vicino a Fini) sia stata sottoscritta da 50 parlamentari di tutti i gruppi (tranne la Lega), bisogna tener presente che mentre in un partito come la vecchia Democrazia Cristiana scontri anche durissimi tra correnti differenti venivano sempre ricomposti quando era in gioco la vita del partito, nel Pdl, che è essenzialmente l’unione contingente di forze con tradizioni politiche e un modo di fare politica abbastanza diversi, la lotta intestina tra queste rischia di mettere in gioco il partito stesso e di conseguenza la capacità della destra di governare in questo momento.

In ogni caso la cosa sicura è che, da buon imperatore romano, Berlusconi non cederà mai il suo regno spontaneamente, anche se adesso lui ed i suoi fedelissimi sembrano più dei leoni in gabbia che, ormai con le spalle al muro, colpiscono alla cieca verso il domatore che avanza.

Eva, 27 settembre 2009

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Piccolo aggiornamento in seguito alla bocciatura del Lodo Alfano da parte della Consulta. La rimozione di quella che sembrava, al capo del governo, la più sicura difesa da attacchi nemici veicolati tramite la magistratura, lo espone come un verme ai processi nei quali sa di non potersi difendere. I numerosi e variegati capi di imputazione che lo chiamano a rispondere di delitti di corruzione e collusione con la mafia sono un macigno da cui è difficile liberarsi in un momento in cui la borghesia che conta mostra di non avere più bisogno di lui, almeno come prima. Tutto ciò suggerisce che il futuro nel nostro paese possa essere caratterizzato da importanti scontri all’interno della borghesia.


[1] Vedi in particolare “La perdita di coerenza della borghesia italiana di fronte alle difficoltà del periodo”, Rivoluzione Internazionale n.151, giugno 2007.

[2] La borghesia francese, ad esempio, è anch’essa confrontata con un problema di protagonismo del premier Sarkosy ed con lo sfilacciamento dell’apparato politico che impedisce un ricambio al governo.

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