Morti di Stato a Genova, ostaggi di Stato sulla nave Diciotti. Il cinismo e l’ipocrisia senza ritegno della borghesia

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Ci sono degli avvenimenti che, sgrossati di tutte le retoriche, le false lacrime, le frasi altisonanti propinate da politici, opinionisti e mass media, mostrano con chiarezza la vera essenza ipocrita e cinica della borghesia verso le sofferenze e le sorti degli essere umani; quanto poco valore ha, ed ha sempre avuto, per la classe dominante la vita dell’uomo se non come elemento indispensabile nell’ingranaggio produttivo del capitale. Attraverso l’attacco del Giappone a Pearl Harbor, il bombardamento di Dresda[1], l’attacco alle Torri Gemelle, le bombe di Stato in Italia, la storia ci dimostra che la borghesia di qualsiasi Stato e colore, di fronte ai propri interessi, non ha mai avuto alcuno scrupolo morale a far morire degli esseri umani. Così come i terremoti, le tempeste, i disastri ambientali che ogni anno mietono centinaia di vittime ci mostrano come la messa in sicurezza delle popolazioni non sia la sua preoccupazione prioritaria, nonostante la conoscenza scientifica e tecnologica di cui dispone che permetterebbe un’azione preventiva di salvaguardia di strutture e vite umane.

Il nostro sdegno per tutto questo non può che accrescersi di fronte agli avvenimenti di Genova e Catania dove, in maniera sfacciata, la sofferenza e la vita di esseri umani sono usati per la competizione e lo scontro tra le forze politiche all’interno del governo italiano e sul piano della politica internazionale per imporsi sulla scena.

Il Crollo del Ponte Morandi: una tragedia annunciata

Un numero significativo di parenti di vittime del Ponte Morandi hanno rifiutato i funerali di Stato dichiarando che i loro cari erano delle “vittime di Stato”, e molte altre persone lo pensano a ragione. A un mese dal crollo le notizie sulle indagini in corso dicono che già da anni (e più volte) sono stati presentati dagli enti competenti rapporti dove si evidenziava uno stato di non sicurezza del ponte Morandi che mostrava cenni di cedimento. Tanto è vero che già prima del 2014 c’era il progetto “Gronda”, una variante autostradale per diminuire il carico di transito di mezzi pesanti sul ponte. Nel 2016, l'ingegnere Antonio Brencich, professore associato di Costruzioni in cemento armato all'Università di Genova, aveva denunciato la criticità del ponte dovuta a problemi di corrosione legati alla tecnologia usata da Morandi ma solo adesso, a tragedia avvenuta, si indaga su eventuali falli nella costruzione del ponte.

Solo adesso “si scopre” che non solo il ponte Morandi aveva problemi, ma che in Italia si valuta che almeno un centinaio di ponti andrebbero revisionati se non ricostruiti perché la tecnologia usata negli anni ‘50-‘60 garantiva la sopravvivenza di queste strutture per non più di una cinquantina di anni.

Del resto, in un territorio ad alto rischio sismico e alluvionale, come quello italiano, o nella Florida, nelle Filippine, dove gli uragani si susseguono sempre più devastanti, quali sono le politiche di prevenzione e messa in sicurezza? In Italia, dato lo stato di degrado e assoluta insicurezza delle scuole, bisogna solo augurarsi che la terra tremi in un giorno festivo per evitare la morte di centinaia di bambini e ragazzi (come poteva succedere a Ischia lo scorso anno nella scuola di Casamicciola “restaurata” appena un anno prima).

I morti di Genova, così come quelli del ponte crollato sulla A14 a Camerano nel marzo dello scorso anno, quelli delle alluvioni del 2014 a Genova, Savona, Chiavari, nella zona di Orbetello e in quella di Treviso, l’alluvione di Livorno un anno fa, o quella in Sardegna nel 2013; i morti dei terremoti all’Aquila, in Umbria, in Irpinia; le migliaia di persone che in questi disastri hanno perso tutto (affetti, casa, lavoro) non sono le vittime di calamità naturali incontrollabili, né del progresso industriale, né di questo o quel governo di turno, questo o quell’ente o personaggio particolare. Certamente ci possono essere delle responsabilità precise e puntuali, ma la vera causa della loro morte e della loro sofferenza è il sistema capitalista che avendo come principio motore la legge del profitto non solo non riesce a prevenire le catastrofi, ma non riesce neanche a proteggere l’umanità dai loro effetti:

“Il capitalismo non è innocente neppure nelle catastrofi dette “naturali” […]. Che piova senza sosta (o non piova affatto) per intere settimane è certamente un fatto naturale; ma che ne segua un’inondazione (o una siccità) è un fatto sociale. Analogamente, le scosse sismiche delle Ande sfuggono all’uomo; ma il fatto che distruggano le città del Perù, mentre Macchu Picchu vi resiste da secoli, ha cause sociali […]. Non solo la civiltà borghese può essere causa diretta di queste catastrofi per la sua sete di profitto e per l’influenza predominante dell’affarismo sulla macchina amministrativa (si veda il ruolo del disboscamento nelle inondazioni o […] la costruzione di case in zone di valanghe e d’inondazioni), ma si rivela impotente ad organizzare una protezione efficace nella misura in cui la prevenzione non è un’attività redditizia”. (Prefazione a Drammi gialli e sinistri della moderna decadenza sociale, raccolta di scritti di A. Bordiga degli anni 1951-53 sui disastri nel capitalismo moderno, pag. 8-9. Edizioni Iskra).

Per questo risulta ancora più rivoltante la falsa solidarietà di tutti gli esponenti governativi e di tutti i partiti ai familiari delle 43 vittime di Genova, con i funerali di Stato, le bandiere a mezz’asta, i minuti di silenzio in parlamento, le loro visite nel quartiere del ponte Morandi per rassicurare la gente che “lo Stato è con voi”, “il vostro dolore è il nostro”.

Ma ancora più rivoltante è la “caccia al colpevole” scatenata da Salvini, Di Maio e il ministro dei Trasporti pentastellato Toninelli immediatamente dopo il crollo del ponte. Prima ancora di sapere i come e i perché del crollo, ecco trovati i carnefici: “I responsabili… hanno un nome e un cognome e sono Autostrade per l’Italia”, “Ritirare la concessione e far pagare multe fino a 150 milioni di euro. Autostrade non ha fatto la manutenzione”, “Incassano miliardi, versando in tasse pochi milioni e non fanno neanche la manutenzione … I vertici di Autostrade per l’Italia devono dimettersi prima di tutto”. Salvini in un post su facebook tuona: “Atlantia (Autostrade) riesce ancora, con faccia di bronzo incredibile e con morti ancora da riconoscere, a parlare di soldi e di affari, chiedendo altri milioni agli Italiani in caso di revoca della concessione da parte del Governo dopo la strage di Genova. Dall’alto dei loro portafogli pieni (e dei loro cuori vuoti) chiedessero scusa e ci dessero i nomi dei colpevoli del disastro, che devono pagare. Il resto non ci interessa”. Di Maio, dal canto suo, glissa opportunisticamente sul comizio di Grillo del 2014 al Circolo Massimo di Roma contro il governo Renzi che voleva sperperare 3-4 miliardi di euro degli italiani per la Gronda mentre il ponte Morandi di sicuro avrebbe retto per almeno altri 100 anni e incitava il pubblico gridando “Dobbiamo fermarli con l’esercito!”. All’epoca si urlava per accaparrarsi consensi sfruttando la rabbia e la sofferenza dopo l’alluvione di Genova, oggi si tace per lo stesso motivo sfruttando la nuova tragedia.

Se lo “scaricabarile” è proprio dell’intera classe borghese, la “caccia alle streghe”, il dare in pasto al popolo “il diavolo”, origine di tutti i mali e su cui sfogare tutto il proprio rancore e la propria rabbia, è un fattore distintivo del populismo e la politica della Lega e del M5S ne sono oggi le maggiori espressioni.[2]

Caso nave Diciotti: scontri fra frazioni della borghesia sulla pelle dei rifugiati

Questa caccia alle streghe e l’utilizzo di essere umani per il proprio tornaconto sono stati ancora più chiari e osceni nella vicenda della nave “U. Diciotti” (pattugliatore della Guardia Costiera italiana). 177 persone sfuggite a condizioni disumane nelle loro terre, che hanno subito ricatti, violenze fisiche e morali, che hanno rischiato la vita alla ricerca di un rifugio più sicuro, vengono trattenute per giorni e giorni sulla nave in condizioni igienico-sanitarie pericolose, al solo fine di far prevalere le proprie mire politiche. E vengono messe all’indice come LA CAUSA dei problemi degli italiani, come IL NEMICO dal quale difendersi. Vengono scherniti chiamandoli “palestrati” e con affermazioni tipo: “…la storia degli 'scheletrini che scappano dalla guerra' è una farsa. …. Sono clandestini in fuga dalle leggi. Mentre è pura fantasia l'ipotesi che io li abbia sequestrati: gli unici sequestrati sono gli italiani, vittime dell'immigrazione clandestina[3].

Una volta diventato vicepremier e ministro dell’Interno, Salvini non ha esitato ad usare questi 177 profughi, e prima ancora quelli della nave Aquarius, come testa d’ariete della propria politica antieuropeista e per accrescere il proprio credito tra gli elettori, presentandosi come quello che agisce, che non ha paura di scontrarsi con “i poteri forti” e che mantiene quello che promette: difendere gli italiani contro tutti (l’orda dei delinquenti clandestini e le potenze europee che vogliono dare ordini agli italiani). A questo scopo Salvini non ha esitato a zittire e insultare il Presidente della Camera e suo alleato di governo, Fico, che era per lo sbarco dei profughi; a sviluppare attriti al vertice EU dei Ministri degli interni a Vienna; ma soprattutto a infischiarsene delle stesse leggi nazionali e internazionali riguardanti il soccorso in mare (impedendo agli stessi marinai di una nave italiana di sbarcare sul suolo italiano). E, di fronte al fatto di essere indagato per sequestro di persona aggravato e abuso di ufficio, ha sfoderato tutta la sua arroganza di “eletto dal popolo” rispetto ai giudici non eletti da nessuno.

Non ha esitato neanche a falsificare la realtà. Trovandosi incastrato tra il rifiuto dell’UE di accettare i suoi ricatti (“se non vi prendete gli immigrati, noi non paghiamo la nostra quota all’UE”), le critiche dirette e indirette di buona parte della classe politica italiana, compreso il suo alleato Forza Italia, di Papa Francesco, e di buona parte dell’opinione pubblica internazionale e non potendo mantenere in eterno i restanti 140 profughi in ostaggio, Salvini ha cercato aiuto alla chiesa attraverso Don Buonaiuto[4] per trovare una soluzione. La CEI ne prende 100, l’Irlanda 20 (dopo la visita del Papa), l’Albania 20. In tal modo la stragrande maggioranza dei famigerati “clandestini” della Diciotti comunque sbarca in Italia, ma senza perderci la faccia completamente come ministro degli Interni.

Se Salvini è l’espressione più chiara di cosa è il populismo, il resto della classe politica non è da meno in quanto ad ipocrisia e cinismo. In questa storia tutti hanno cercato di sfruttare la situazione a proprio favore. Il M5S, ed in particolare il suo leader Di Maio, sono stati attenti a mantenere il profilo più basso possibile, evitando di esporsi (anche rispetto alla presa di posizione di Fico sullo sbarco), facendo qualche critica giusto quando proprio non se ne poteva fare a meno, come nel caso delle esternazioni di Salvini sulla magistratura che starebbe indagando perché “di sinistra”. Questo perché sanno bene che la parte debole della coalizione sono loro e non vogliono perdere il posto di comando raggiunto, ma al tempo stesso non possono neanche rinnegare tutta la parte di elettorato migrato dalla “sinistra” che di certo non si riconosce in Salvini.

Il PD da parte sua, in tutta questa storia, cerca di recuperare la sua immagine di partito di sinistra contrapponendosi a Salvini e parlando di “solidarietà”, “umanità”, “responsabilità morale nei confronti di chi scappa dalla miseria e dalla guerra”, evitando di ricordare che è stato proprio il governo Renzi a patteggiare con la Libia un piano per impedire che i profughi prendessero il largo verso l’Italia.

Se una parte della borghesia italiana e della borghesia dei paesi europei si contrappone alla politica di Salvini e cerca di arginarne gli effetti non è certo per spirito umanitario e solidale verso i profughi, ma perché questa politica costituisce un pericolo per le relazioni internazionali dell’Italia e alimenta le forze centrifughe già in atto che destabilizzano l’Unità europea[5].

La causa della crescita enorme dei profughi sono le guerre senza fine, la desertificazione, la distruzione economica e sociale di intere aree geografiche che tutti gli Stati, con i loro governi e le loro forze politiche, hanno contribuito a creare e alimentare per la salvaguardia dei propri interessi economici, strategici e politici in una crisi economica senza via d’uscita. La causa della mancanza di lavoro, della miseria, della precarietà e insicurezza di vita che aumenta nei paesi centrali del capitalismo hanno la stessa origine e gli stessi responsabili[6].

Se il crollo del ponte Morandi ha potuto costituire per molti un elemento di riflessione sulla volontà e capacità di chi governa la società di porre in primo piano la sicurezza della popolazione ed ha prodotto un sentimento di solidarietà verso i familiari delle vittime e le famiglie costrette ad abbandonare le loro case, l’effetto della vicenda Diciotti non va nella stessa direzione. Da un lato, come al momento dell’attacco al capo di Stato Mattarella durante la formazione del governo[7], tutta la campagna di Salvini contro i rifugiati e la contro-campagna di PD e dintorni ha provocato due schieramenti contrapposti tra i difensori della linea dura contro gli immigrati e i difensori dell’accoglienza, tra razzisti e anti razzisti, rispolverando anche il binomio fascismo e l’antifascismo. Dall’altro, il no allo sbarco e la voce grossa di Salvini contro l’UE ha reso più pregnante l’idea che “noi non siamo razzisti, ma se già per gli italiani c’è poco, se i nostri giovani devono andare all’estero per trovare lavoro, allora è meglio che non ci arrivino altre bocche da sfamare”. Queste due tendenze sono il pericolo più insidioso in questo momento per i proletari. La prima li divide portandoli su di un terreno che non è il loro. La classe lavoratrice non è razzista o anti razzista, perché un proletario, quale che sia il colore della sua pelle o il luogo dove è nato, quale che sia la sua collocazione immediata (occupato, disoccupato, profugo, immigrato o autoctono) è comunque un uomo che è costretto a vendere la sua forza lavoro per poter sopravvivere e non può disporre della propria vita. La seconda li divide nella falsa contrapposizione “mors tua, vita mea”, che gli impedisce di comprendere che la causa sociale della propria sofferenza è il capitalismo e che la possibilità di vivere degnamente, di avere un futuro per sé ed i propri figli dipende dalla possibilità che sia tutta l’umanità capace di liberarsi delle catene del capitalismo attraverso la lotta unita di tutti i proletari.

Eva, 19-09-2018

 

[1] Città tedesca piena di rifugiati distrutta con un feroce bombardamento da inglesi e americani nel febbraio ’45 quando la guerra in Europa stava nei fatti per finire.

[4] Don Aldo Buonaiuto, direttore di In Terris, molto vicino al Vaticano.

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