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L’articolo di Programma comincia con una serie di falsità inventate di sana pianta. “Gli organizzatori e i convenuti facevano parte di un’area composita che intendeva valutare la possibilità di organizzare un lavoro comune “di lungo respiro” nei prossimi appuntamenti contro la guerra. Tra i partecipanti, anche Battaglia comunista (BC) la Corrente Comunista Internazionale (CCI) (…) i quali evidentemente pensano che a questi convegni vada dato un apporto programmatico (scritto o verbale) per giungere così a un minimo di omogeneità politica, in vista di un intervento comune”.
La CCI, che ha partecipato al convegno, si è battuta contro l’idea che il tutto si riducesse a organizzare l’ennesima manifestazione assieme e mettendo al centro la questione della chiarificazione e del confronto su cosa significasse realmente essere internazionalisti. Programma avrebbe per lo meno dovuto documentarsi prima di dire tali eresie. Per il resto l’articolo di Programma fa tutta una serie di critiche a posizioni presenti al convegno che noi condividiamo perfettamente. E’ vero che diverse formazioni presenti al convegno difendevano posizioni decisamente borghesi, ma altre erano piuttosto l’espressione di una ricerca di una prospettiva proletaria, anche se contaminata dall’influenza di visioni borghesi, come era chiaro dallo stesso documento di convocazione del convegno.
Che fare dunque? Stare alla larga da tale “contaminazione” o intervenire, come ha fatto la CCI?
Programma è per la prima ipotesi, non impelagarsi in alcun modo in discussioni con altre forze politiche. La posizione di Programma è cioè ancora una volta quella che espresse nel lontano 1976 a proposito della prima delle tre Conferenze della Sinistra Comunista, tenute dal 1976 al 1980, quando parlò di “fottenti e fottuti”, ritenendo cioè che qualunque discussione tra gruppi - ed allora si trattava di gruppi rivoluzionari - avesse dietro un inganno degli uni contro gli altri3. Chi sa mai poi perché, negli stessi anni ’70, Programma è andata rincorrendo, a destra e a manca, i vari gruppetti di “autonomi”, di stalinisti e altro ancora per riempire i comitati contro questo e quello, che facevano all’epoca tanto “azione di partito” e su cui è poi naufragata miseramente4.
Programma considera ancora che un ulteriore segno dell’opportunismo del convegno sia stato quello di non aver parlato “mai della necessità del partito comunista su scala internazionale (è l’ultima delle loro preoccupazioni)”. Ma ci chiediamo a questo punto cosa intenda Programma per partito, qual è il ruolo che gli attribuisce? Noi pensiamo che sia quello di portare avanti un’analisi e un programma tra i proletari, di cercare gli argomenti per permettere loro di arrivare ad una chiarezza politica, di dare loro la forza per superare le loro esitazioni, per lottare, per aggregarsi, per osare pensare che un mondo diverso, comunista, si possa realmente realizzare. Ma per fare questo un partito (o un gruppo che voglia mettersi sulla strada per costruire il partito di domani) deve lottare sin da oggi, deve svolgere il suo intervento di chiarezza soprattutto in circostanze come quelle del suddetto “convegno internazionalista”, dove la circolazione di posizioni chiaramente borghesi ammantate da sinistrismo possono avere qualche attrattiva su dei proletari ed in genere sugli elementi che ricercano questa chiarezza. Da questo punto di vista non ci sembra che l’atteggiamento di chiusura su sé stesso di Programma, al di là delle grandi proclamazioni sulla necessità del partito, risponda alle necessità del caso.
Notiamo piuttosto in Programma un accumulo di contraddizioni da cui questo gruppo fa, in tutta evidenza, fatica a liberarsi. Per dimostrarlo torniamo un attimo alle critiche che Programma muove ad alcune delle posizioni emerse al convegno. Del tutto correttamente Programma critica: il “richiamo a un «supplemento di rivoluzione borghese»”, il fatto che “l’autodeterminazione palestinese è al centro della scena, leva necessaria e insostituibile per un cambiamento rivoluzionario con fine immediato la «distruzione dello Stato sionista»”, o ancora contro l’idea dell’“islamismo «bandiera degli oppressi», etc. etc.”.
Come già detto le critiche, ammesso che rispondano sempre alle posizioni realmente difese dai singoli gruppi, esprimono una posizione corretta contro delle posizioni sbagliate. Ma come si fa a vantarsi di avere le vere posizioni marxiste e non provare a difenderle là dove ce n’è il bisogno, là dove si produce la battaglia teorica e politica tra le visioni borghesi e piccolo-borghesi e quelle rivoluzionarie?
Ma vorremmo anche sottoporre a Programma “di oggi” queste altre posizioni e capire se si sente di criticarle con lo stesso fervore. E’ criticabile si o no:
· dire che: “… si tratterà dunque di integrare nel movimento rivoluzionario delle masse operaie e proletarizzate del Medio Oriente contro tutto l’ordine borghese, la loro storica battaglia per l’autodeterminazione nazionale rivoluzionaria, il che implica la distruzione dello Stato di Israele fondato sul privilegio ebraico e la fondazione in Palestina di uno Stato laico basato sul riconoscimento di una completa uguaglianza giuridica, razziale e religiosa…” (Programma Comunista n. 17, 1982);
· o ancora sviluppare, come fa Le Proletaire (all’epoca organo di Programma in Francia) nel suo n°363 dedicato in gran parte alla guerra del Libano degli anni XXX, un’analisi e un atteggiamento degni del più abbietto nazionalismo, del tipo: “a ciascuno il suo israeliano”, chiamando i proletari “arabi” a partecipare alla guerra “fino all’ultima goccia di sangue”, contro lo “Stato colonialista di Israele” ed offrendo il suo appoggio, appena appena critico, ai capi militari dell’OLP.
Come si vede Programma si fa del tutto impropriamente maestro di marxismo, quando proprio su queste tematiche ha preso tanti scivoloni da rompersi letteralmente il collo. La disgregazione del vecchio gruppo Programma, avvenuta negli anni 80-82, fu proprio l’espressione delle forti tare nazionaliste che portava con sé questo gruppo a causa dell’incomprensione profonda della fase storica in cui si trovava a lavorare (vedi Revue Internazionale n° 32). Incomprensione che continua tuttora visto che nel n° 4 di quest’anno, nell’articolo “Esiste ancora una ‘questione nazionale palestinese’?” si dice:
“La rivendicazione dell’“autodeterminazione palestinese” si può porre ancora utilmente (cioè dal punto di vista dello sviluppo della lotta di classe nell’area) solo ed esclusivamente per ciò che riguarda il proletariato israeliano (che deve così dimostrare, nei fatti, ai proletari palestinesi, di voler lottare contro la propria borghesia anche su questo terreno): non certo per dare così “nuovo slancio” e “vigore” al movimento nazionale del proletariato palestinese, ma solo come atteggiamento tattico disfattista contro la propria borghesia, per accrescere la fiducia del proletariato palestinese nei confronti di quello israeliano, considerato altrimenti complice dei misfatti della propria borghesia. Solo così si potrà cominciare a uscire dal drammatico vicolo cieco dei massacri anti-proletari, di marca israeliana o arabo-palestinese.”
Cosa propone in sostanza Programma ai proletari israeliani? Di lottare contro i licenziamenti, contro l’aumento dei prezzi, ma portando in giro le bandiere palestinesi per attirare i proletari che vengono massacrati sotto queste stesse bandiere! Non esiste più il vecchio motto “Proletari di tutti i paesi, unitevi!”? È solo la lotta contro i rispettivi sfruttatori, la lotta per la difesa dei propri interessi di classe che porta i proletari all’unificazione. I proletari israeliani non hanno nulla da farsi perdonare da chicchessia, così come i proletari occidentali che vengono accusati di collaborazionismo con le proprie borghesie dai vari gruppi gauchiste. Seguendo questa logica i proletari americani, per poter lottare, dovrebbero rivendicare l’autodeterminazione di quasi tutti i popoli oppressi del mondo!
Tutto questo dovrebbe far capire quanto sia forte il peso dell’ideologia borghese - da cui non sono immuni neanche le stesse organizzazioni rivoluzionarie - e soprattutto quanto sia necessario combatterla là dove questa cerca di imporsi di fronte a dei tentativi, parziali, confusi ed errati quanto si vuole, di riappropriarsi delle posizioni di classe.
Dall’insieme degli elementi sviluppati si può vedere come Programma sia ben lontana non solo dall’aver superato le confusioni del passato, ma anche dall’aver assimilato l’insegnamento del marxismo che ci ricorda come:
“La dottrina materialistica, secondo la quale gli uomini sono prodotti delle circostanze e dell’educazione, dimentica che sono proprio gli uomini che modificano le circostanze e che l’educatore stesso deve essere educato. Essa è perciò costretta a separare la società in due parti, una delle quali sta al di sopra dell’altra. La coincidenza nel variare delle circostanze dell’attività umana, o autotrasformazione, può essere concepita o compresa razionalmente solo come prassi rivoluzionaria”. (K. Marx, Tesi su Feuerbach).
Oblomov, 30 settembre 2007
1. Vedi l’articolo: “Sul Convegno internazionalista di Milano del 14 aprile 2007. La discussione non è un lusso ma un’arma di lotta per la classe operaia” Rivoluzione Internazionale n°151.
2. Programma Comunista n° 3, maggio-giugno 2007.
3. Vedi “La II Conferenza Internazionale dei gruppi della Sinistra Comunista” su Rivoluzione Internazionale 15/16 e 17.
4. Vedi, ad esempio, l’articolo “A proposito del … Comitato di difesa proletaria” su Rivoluzione Internazionale n° 24.