Cinquanta anni fa, Maggio ‘68: La difficile evoluzione dell’ambiente politico proletario (I parte)

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Introduzione

Il centenario della fondazione dell’Internazionale comunista ci ricorda che la rivoluzione di Ottobre in Russia aveva posto la rivoluzione proletaria mondiale all’ordine del giorno. La rivoluzione tedesca era già in corso ed era cruciale sia per la sopravvivenza del potere dei soviet in Russia, sia per l’estensione della rivoluzione ai principali centri del capitalismo. In quel momento, tutti i diversi gruppi e tendenze rimasti fedeli al marxismo rivoluzionario erano convinti che la formazione e l’azione del partito di classe fossero indispensabili per la vittoria della rivoluzione. Con il senno di poi possiamo però dire che la formazione tardiva dell’IC - quasi due anni dopo la presa del potere in Russia e diversi mesi dopo lo scoppio della rivoluzione in Germania - così come le sue ambiguità e gli errori su questioni programmatiche e organizzative vitali, sono stati egualmente un elemento della sconfitta dell’ondata rivoluzionaria internazionale.

Dobbiamo tenere conto di ciò quando ripensiamo a un altro anniversario: il Maggio francese del ‘68 e l’ondata di movimenti di classe che l’ha seguito. Nei due precedenti articoli di questa serie, abbiamo esaminato il significato storico di questi movimenti, espressione del risveglio della lotta di classe dopo decenni di controrivoluzione: la controrivoluzione inaugurata dal crollo delle speranze rivoluzionarie del 1917-23. Abbiamo anche cercato di capire sia le origini degli avvenimenti del Maggio ‘68 sia il corso della lotta di classe nei successivi cinquant'anni, concentrandoci in particolare sulle difficoltà che incontra la classe per riappropriarsi della prospettiva della rivoluzione comunista.

In quest’articolo vogliamo esaminare specificamente l’evoluzione dell’ambiente politico proletario dal 1968 in poi e capire perché, nonostante i notevoli progressi a livello teorico e programmatico registrati sin dalla prima ondata rivoluzionaria, e nonostante che i gruppi proletari più avanzati abbiano compreso la necessità di compiere i passi essenziali verso la formazione di un nuovo partito mondiale, in anticipo rispetto agli scontri decisivi con il sistema capitalista, quest’orizzonte sembra ancora molto lontano e a volte addirittura scomparire dalla scena.

1968-80: lo sviluppo di un nuovo ambiente rivoluzionario incontra i problemi del settarismo e dell'opportunismo.

Il revival globale della lotta di classe alla fine degli anni '60 portò con sé una rinascita globale del movimento politico proletario, un fiorire di nuovi gruppi che cercavano di riapprendere ciò che era stato cancellato dalla controrivoluzione staliniana, così come una certa rianimazione delle rare organizzazioni sopravvissute a questo periodo buio.

Possiamo avere un'idea delle componenti di questo ambiente se guardiamo la lista molto variegata di gruppi contattati dai compagni di Internationalism negli Stati Uniti con l’obiettivo di mettere in piedi una Rete di Corrispondenza Internazionale[1]:

  • USA: Internationalism e Philadelphia Solidarity;
  • Gran Bretagna: Workers Voice, Solidarity;
  • Francia: Révolution Internationale, Groupe de Liaison Pour l’Action des Travailleurs, Le Mouvement Communiste ;
  • Spagna: Fomento Obrero Revolucionario;
  • Italia: Partito Comunista Internazionalista (Battaglia Comunista);
  • Germania: Gruppe Soziale Revolution; Arbeiterpolitik; Revolutionärer Kampf;
  • Danimarca: Proletarisk Socialistisk Arbejdsgruppe, Koministisk Program;
  • Svezia: Komunismen;
  • Olanda: Spartacus; Daad en Gedachte;
  • Belgio: Lutte de Classe, groupe “Bilan” ;
  • Venezuela: Internacionalismo.

Nella sua introduzione Internationalism aveva aggiunto che altri gruppi avevano preso contatto chiedendo di partecipare: World Revolution, che nel frattempo si era separato dal gruppo Solidarity nel Regno Unito; Pour le Pouvoir International des Conseils Ouvriers et Les Amis de 4 Millions de Jeunes Travailleurs (Francia); Internationell Arbearkamp (Svezia) e Rivoluzione Comunista et Iniziativa Comunista (Italia).

Non tutte queste correnti erano un prodotto diretto delle lotte aperte alla fine degli anni '60 e primi anni '70: molti tra loro le avevano precedute, come nel caso di Battaglia Comunista in Italia e del gruppo Internacionalismo in Venezuela. Altri gruppi che si erano sviluppati prima delle lotte raggiunsero il loro apogeo intorno al ‘68 e poi declinarono rapidamente – come nel caso più chiaro dei situazonisti. Tuttavia, l'emergere di questo nuovo milieu di elementi alla ricerca di posizioni comuniste fu l’espressione di un profondo processo di crescita “sotterranea”, di una crescente disaffezione per la società capitalista che aveva colpito sia il proletariato (e questo prese anche la forma di lotte aperte come i movimenti di sciopero in Spagna e in Francia prima del ‘68) e ampi strati di una piccola borghesia che già era in procinto di essere proletarizzata. In effetti, la ribellione di questi ultimi strati in particolare aveva già assunto una forma aperta prima del 68 - in particolare la rivolta nelle università e le proteste strettamente collegate contro la guerra e il razzismo che raggiunsero i livelli più spettacolari negli Stati Uniti e in Germania, e naturalmente in Francia, dove la rivolta studentesca giocò un ruolo evidente nello scoppio del movimento esplicitamente operaio della classe nel maggio del ‘68. Il massiccio riemergere della classe operaia dopo il ‘68, tuttavia, diede una risposta chiara a quelli, come Marcuse, che avevano iniziato a teorizzare l'integrazione della classe operaia nella società capitalista e la sua sostituzione come avanguardia rivoluzionaria da parte di altri strati, come gli studenti. Esso riaffermò che le chiavi del futuro dell’umanità sono nelle mani della classe sfruttata proprio come nel 1919 e convinse molti giovani ribelli ed elementi alla ricerca, a prescindere dal loro background sociologico, che il loro futuro politico stava nella lotta dei lavoratori e nel movimento politico organizzato della classe operaia.

Il legame profondo tra il risorgere della lotta di classe e questo nuovo strato politicizzato fu una conferma dell’analisi materialista sviluppata negli anni ‘30 dalla Frazione italiana della Sinistra Comunista: il partito di classe non esiste al di fuori della vita della classe. Esso è certamente un fattore vitale e attivo nello sviluppo della coscienza di classe, ma è anche un prodotto di questo sviluppo, e non può esistere nei periodi in cui la classe ha vissuto una sconfitta storico-mondiale come negli anni '20 e '30. I compagni della sinistra italiana sperimentarono questa verità sulla loro pelle poiché vissero un periodo che vide la degenerazione dei partiti comunisti e il loro recupero da parte della borghesia, e la contrazione delle vere forze comuniste in piccoli gruppi, assediati come il loro. Essi tirarono la conclusione che il partito poteva riapparire solo quando la classe nel suo insieme si sarebbe ripresa dalla sconfitta su scala internazionale e avrebbe posto ancora una volta la questione della rivoluzione: il compito principale della frazione era quindi quello di difendere i principi di comunismo, trarre gli insegnamenti dalle passate sconfitte e fungere da ponte per il nuovo partito che si sarebbe formato quando il corso della lotta di classe si sarebbe profondamente modificato. E quando alcuni compagni della sinistra italiana dimenticarono questa lezione essenziale e si precipitarono in Italia per formare un nuovo partito nel 1943 in un momento in cui, nonostante alcune importanti espressioni di rivolta proletaria contro la guerra, soprattutto in Italia, la controrivoluzione regnava ancora suprema, i compagni della Sinistra Comunista di Francia presero la torcia abbandonata dalla frazione italiana che si dissolse precipitosamente nel Partito Comunista Internazionalista (PCInt).

Ma poiché, tra la fine degli anni ‘60 e l’inizio degli anni ‘70, la classe stava finalmente liberandosi dalle catene della controrivoluzione, nuovi gruppi proletari apparivano in tutto il mondo e una dinamica di dibattito, di confronto e di raggruppamento tra queste nuove correnti si stava sviluppando, la prospettiva della formazione del partito – certo non nell’immediato – era ancora una volta posta su una base seria.

La dinamica verso l'unificazione delle forze proletarie prese varie forme, dai primi viaggi di Mark Chirik e altri compagni del gruppo Internacialismo in Venezuela per far rivivere la discussione con i gruppi della Sinistra italiana, le conferenze organizzate dal gruppo francese Information et Correspondance Ouvrières (ICO), o la rete internazionale di corrispondenza lanciata da Internationalism. Quest'ultima si è concretizzata attraverso gli incontri di Liverpool e Londra di diversi gruppi nel Regno Unito (Workers Voice, World Revolution, Revolutionary Perspectives, che si era ugualmente separato da Solidarity ed era il precursore dell’attuale Communist Workers Organisation), insieme a RI e al GLAT dalla Francia.

Questo processo di confronto e di dibattito non è stato sempre facile: l’esistenza oggi di due gruppi della sinistra comunista in Gran Bretagna - una situazione che molti elementi alla ricerca di una politica di classe trovano estremamente confusa - può essere ricondotta all’immaturità e al fallimento del processo di raggruppamento che ha seguito le conferenze nel Regno Unito. Alcune delle divisioni che si sono verificate all’epoca avevano scarse giustificazioni poiché erano provocate da differenze secondarie - ad esempio, il gruppo che costituì Pour une Intervention Communiste (PIC) in Francia si separò da RI esattamente sulla questione di quando produrre un volantino sul colpo di stato militare in Cile. Ciò nonostante, si stava svolgendo un vero processo di decantazione e raggruppamento. I compagni del RI in Francia sono intervenuti energicamente nelle conferenze di Information et Correspondance Ouvrières (ICO) per insistere sulla necessità di un’organizzazione politica basata su una piattaforma chiara, in contrasto con le nozioni operaiste, consiliariste e “anti-leniniste” che erano estremamente influenti all’epoca, e questa attività accelerò la loro unificazione con dei gruppi di Marsiglia (Cahiers des Communistes de Conseils) e di Clermont Ferrand. Il gruppo RI è stato anche molto attivo a livello internazionale e la sua crescente convergenza con WR, Internationalism, Internacialismo e nuovi gruppi in Italia e Spagna ha portato alla formazione della CCI nel 1975, mostrando la possibilità di organizzarsi su scala internazionale in maniera centralizzata. La CCI si considerava, al pari della GCF degli anni ‘40, come l’espressione di un movimento più ampio e non vedeva la sua formazione come il punto finale di un processo di raggruppamento più generale. Il nome di “Corrente” esprime quest’approccio: noi non eravamo una frazione di una vecchia organizzazione, sebbene continuassimo gran parte del lavoro delle vecchie frazioni, e facciamo parte di una corrente più ampia che va verso il partito del futuro.

Le prospettive per la CCI sembravano molto ottimistiche con la felice unificazione di tre gruppi in Belgio, che aveva permesso di tirare le lezioni dal recente fallimento nel Regno Unito, e il considerevole accrescimento di alcune sezioni della CCI, specialmente in Francia e in Gran Bretagna. Ad esempio WR aveva quadruplicato i suoi militanti rispetto al suo nucleo d’origine e RI, a un certo punto, aveva tanti membri da formare a Parigi due sezioni locali separate, una sezione nord e una sud nella stessa città. Naturalmente stiamo ancora parlando di numeri molto piccoli, ma ciò nonostante era una significativa espressione di un reale sviluppo nella coscienza di classe. Nel frattempo, il Partito Comunista Internazionale bordighista (Programma/Le Prolétaire) creò delle sezioni in una serie di nuovi paesi e divenne rapidamente la più grande organizzazione della sinistra comunista.

Di particolare importanza in questo processo fu la tenuta di Conferenze internazionali della Sinistra Comunista, inizialmente convocate da Battaglia Comunista e sostenute entusiasticamente dalla CCI, anche se abbiamo criticato la base originale dell’appello alle conferenze (per discutere il fenomeno dell’“Eurocomunismo”, che Battaglia aveva chiamato la “socialdemocratizzazione” dei partiti comunisti.

Per circa tre anni, le conferenze hanno costituito un polo di riferimento, un quadro di dibattito organizzato che ha attirato al loro interno gruppi provenienti da contesti diversi[2]. I testi e gli atti degli incontri sono stati pubblicati in una serie di opuscoli; i criteri di partecipazione alle conferenze sono stati definiti più chiaramente che nell’invito originale e gli argomenti in discussione si sono concentrati maggiormente su questioni cruciali come la crisi capitalista, il ruolo dei rivoluzionari, la questione delle lotte nazionali, e così via. Il dibattito ha inoltre permesso a dei gruppi che condividevano delle prospettive comuni di avvicinarsi ulteriormente, come nel caso della CWO con Battaglia, o della CCI con För Kommunismen in Svezia.

Nonostante questi sviluppi positivi, tuttavia, il rinascente movimento rivoluzionario fu gravato da molte debolezze ereditate dal lungo periodo di controrivoluzione.

Per prima cosa, un gran numero di quelli che sarebbero potuti essere conquistati alla politica rivoluzionaria furono assorbiti dal gauchisme, che era anch’esso cresciuto considerevolmente sulla scia dei movimenti di classe dopo il ‘68. Le organizzazioni maoiste e soprattutto trotskiste erano già formate e offrivano un’alternativa apparentemente radicale ai partiti stalinisti “ufficiali” il cui ruolo di sabotatori di scioperi durante le lotte Maggio francese e successive era stato chiaro. Daniel Cohn-Bendit, “Danny il Rosso”, il celebre leader studentesco del ‘68, aveva scritto un libro attaccando la funzione del Partito Comunista e proponendo un’“alternativa di sinistra” che si riferiva alla sinistra comunista degli anni ‘20 e ai gruppi consiliaristi di quest’epoca, come ICO[3]. Ma come tanti altri, Cohn-Bendit ha perso la pazienza all’idea di rimanere nel piccolo mondo dei veri rivoluzionari e se n’è andato alla ricerca di soluzioni più immediate che gli offrissero anche la possibilità di una carriera, e oggi è un membro dei Verdi tedeschi, servendo il suo partito all’interno dello stato borghese. La sua traiettoria – che da idee potenzialmente rivoluzionarie è arrivata all’impasse nel gauchisne - è quella che ha caratterizzato migliaia e migliaia di persone.

Ma alcuni dei maggiori problemi affrontati dall’ambiente emergente erano “interni”, anche se alla fine riflettevano la pressione dell’ideologia borghese sull’avanguardia politica proletaria.

I gruppi che avevano mantenuto un’esistenza organizzata durante il periodo della controrivoluzione - in gran parte i gruppi della Sinistra italiana - erano diventati più o meno sclerotici. In particolare, i bordighisti dei vari partiti comunisti internazionali[4] si erano protetti contro la pioggia perpetua di nuove teorie che “trascendevano il marxismo” facendo di quest’ultimo un dogma, rimanendo così incapaci di rispondere ai nuovi sviluppi, come dimostrato dalla loro reazione ai movimenti di classe dopo il ‘68 – che ci ricorda in sostanza la derisione usata da Marx nella sua lettera a Ruge nel settembre 1843: “Qui è la verità (il partito), inginocchiati!” Inseparabile dalla nozione bordighista di “invarianza” del marxismo si trovava associato un settarismo[5] estremo che rigettava ogni nozione di dibattito con altri gruppi proletari, un atteggiamento concretizzato nel rifiuto categorico di tutti i gruppi bordighisti di partecipare alle Conferenze internazionali della Sinistra Comunista. Ma se l’appello di Battaglia era solo un piccolo passo avanti per uscire dall’atteggiamento consistente nel vedere il proprio piccolo gruppo come l’unico guardiano della politica rivoluzionaria, questo non era affatto esente esso stesso da un atteggiamento settario: infatti l’invito inizialmente escludeva i gruppi bordighisti e non veniva inviato alla CCI come tale, ma alla sua sezione in Francia, tradendo una tacita concezione secondo cui per il movimento rivoluzionario varrebbe una divisione di competenze tra i vari gruppi per i diversi paesi, con Battaglia detentrice ovviamente dell’esclusiva sul territorio italiano.

In più il settarismo non si limitava agli eredi della sinistra italiana. Le discussioni sul raggruppamento nel Regno Unito sono state silurate proprio da questo. In particolare, Workers Voice, per paura di perdere la propria identità di gruppo locale a Liverpool, ha rotto i rapporti con la tendenza internazionale attorno a RI e WR sulla questione dello Stato nel periodo di transizione, tema che non poteva che essere una questione aperta per dei rivoluzionari che sono d’accordo sui parametri di classe essenziali del dibattito. La stessa ricerca di una scusa per interrompere le discussioni fu successivamente adottata da RP e dalla CWO (prodotto di una fusione di breve durata di RP e WV) che dichiarò la CCI controrivoluzionaria perché non accettava che il partito bolscevico e l’IC avessero perduto ogni vita proletaria a partire dal 1921 e non un momento dopo. La CCI era meglio armata contro il settarismo perché essa tirava le sue origini dalla Frazione italiana e dalla GCF, che si erano sempre considerate come parti di un più ampio movimento politico proletario e non come le uniche depositarie della verità. Ma la convocazione delle conferenze aveva mostrato l’esistenza di elementi di settarismo anche nei suoi stessi ranghi; all’inizio alcuni compagni avevano reagito all’appello dichiarando che i Bordighisti e persino Battaglia non erano dei gruppi proletari a causa delle loro ambiguità sulla questione nazionale. E’ significativo che il dibattito successivo sui gruppi proletari, che ha portato a una grande chiarificazione nella CCI[6], sia stato lanciato da un testo di Marc Chirik, che si era “formato” nella Sinistra Italiana e in quella Francese per capire che la coscienza di classe proletaria non è affatto omogenea, nemmeno tra le minoranze politicamente più avanzate, e che non è possibile determinare la natura di classe di un’organizzazione isolata dalla sua storia e dalle risposte che essa dà agli eventi storici maggiori, in particolare alla guerra mondiale e alla rivoluzione.

Con i nuovi gruppi, invece, questi atteggiamenti settari erano più l’espressione della loro immaturità e di una rottura con le tradizioni e le organizzazioni del passato che il prodotto di un lungo processo di sclerosi. Questi gruppi si trovavano di fronte alla necessità di definirsi rispetto all’atmosfera prevalente del gauchisme, così che una sorta di rigidità di pensiero spesso sembrava essere un mezzo di difesa contro il pericolo di essere risucchiati dalle organizzazioni molto più grandi della sinistra borghese. Eppure, allo stesso tempo, il rifiuto dello stalinismo e del trotskismo assumeva spesso la forma di una fuga verso atteggiamenti anarchici e consiliaristi – cosa che manifestava non solo la tendenza a rigettare l’intera esperienza bolscevica, ma anche il diffuso sospetto verso qualunque discussione sulla formazione di un partito proletario. Più concretamente, tali approcci hanno favorito le concezioni federaliste dell’organizzazione, come conseguenza dell’identificazione delle forme centralizzate di organizzazione con la burocrazia e persino con lo stalinismo. Il fatto che molti aderenti dei nuovi gruppi siano usciti da un movimento studentesco molto più marcato dalla piccola borghesia rispetto all’ambiente studentesco di oggi ha rafforzato queste idee democratiste e individualiste, espresse molto chiaramente nello slogan neo-situazionista “la militanza: stadio supremo dell’alienazione”[7]. Il risultato di tutto ciò è che il movimento rivoluzionario ha trascorso decenni a lottare per comprendere la questione organizzativa, e questa mancanza di comprensione è stata al centro di molti conflitti e divisioni nel movimento. Naturalmente, la questione organizzativa è stata necessariamente un campo di battaglia costante all’interno del movimento operaio (come testimoniato dalla divisione tra marxisti e bakunisti nella Prima Internazionale, o tra bolscevichi e menscevichi in Russia). Ma il problema del riemergere del movimento rivoluzionario alla fine degli anni '60 fu esacerbato dal lungo periodo di rottura con le organizzazioni del passato, così che molte delle lezioni lasciate in eredità da precedenti lotte organizzative sono dovute essere riapprese quasi da zero.

Fu essenzialmente l’incapacità del milieu nel suo insieme a superare il settarismo che portò al blocco e all’eventuale sabotaggio delle conferenze[8]. Sin dall’inizio, la CCI aveva insistito sul fatto che le conferenze non dovessero rimanere mute, ma avrebbero dovuto emettere, quando possibile, un minimo di dichiarazioni congiunte, per chiarire al resto del movimento quali punti di accordo e di disaccordo erano stati raggiunti. Ma anche - di fronte agli eventi internazionali più importanti, come il movimento di classe in Polonia o l’invasione russa dell’Afghanistan - per fare dichiarazioni pubbliche comuni su questioni che erano già criteri essenziali per le conferenze, come l’opposizione alla guerra imperialista. Queste proposte, sostenute da alcuni, furono rigettate da Battaglia e dalla CWO sulla base del fatto che era “opportunista” fare dichiarazioni congiunte quando rimanevano altre differenze. Allo stesso modo, quando Munis e il FOR uscirono dalla seconda conferenza perché si rifiutavano di discutere la questione della crisi capitalista, in risposta alla proposta della CCI di formulare una critica congiunta al settarismo del FOR, BC semplicemente rifiutò l’idea che il settarismo fosse un problema: il FOR era partito perché aveva posizioni diverse, quindi qual era il problema?

Chiaramente, al di là di queste divisioni, vi erano disaccordi abbastanza profondi su cosa fosse una cultura proletaria di dibattito, e le cose raggiunsero un punto di svolta quando BC e la CWO improvvisamente introdussero un nuovo criterio per la partecipazione alle conferenze - una formulazione sul ruolo del partito che conteneva ambiguità sul suo rapporto con il potere politico che loro sapevano che non sarebbe stato accettabile per la CCI e che effettivamente la escluse. Questa esclusione era di per sé un’espressione concentrata di settarismo, ma mostrava anche che il rovescio della medaglia del settarismo è l’opportunismo: da una parte, perché la nuova definizione “dura” di partito, non impediva a BC e alla CWO di tenere una quarta grottesca conferenza alla quale parteciparono solo loro stessi e i gauchiste iraniani dell’UCM (Unity of Communist Militants)[9]; e d’altra parte perché, con l’avvicinamento tra BC e CWO, BC aveva probabilmente valutato di aver guadagnato tutto ciò che poteva dalle conferenze, un caso classico di sacrificio del futuro del movimento per un profitto immediato. E le conseguenze della disgregazione delle conferenze sono state davvero pesanti: la perdita di qualsiasi struttura organizzata di dibattito, di reciproca solidarietà e di una pratica comune tra le organizzazioni della Sinistra Comunista, che non è stata mai più ripristinata, nonostante gli sforzi occasionali di lavoro comune negli anni successivi

Gli anni ‘80: la crisi nel MPP

Il crollo delle conferenze si è rivelato presto essere un aspetto di una crisi più ampia dell'ambiente proletario, espressa molto chiaramente dall’implosione del PCI bordighista e dal “caso Chenier” nella CCI, che portò alla perdita di un certo numero di membri dell’organizzazione, in particolare nel Regno Unito.

L’evoluzione della principale organizzazione bordighista, che pubblicava Programma Comunista in Italia e Le Proletaire in Francia (tra gli altri), confermò i pericoli dell’opportunismo nel campo proletario. Il PCI aveva conosciuto una crescita regolare lungo tutti gli anni ’70 ed era diventato probabilmente il più grande gruppo di sinistra comunista del mondo. Tuttavia la sua crescita era stata in gran parte assicurata dall’integrazione di un numero di elementi che non avevano mai veramente rotto con il gauchisme e il nazionalismo. Certamente, le profonde confusioni del PCI sulla questione nazionale non erano nuove: esso pretendeva di difendere le tesi del Secondo Congresso dell’Internazionale Comunista sulla solidarietà con le rivolte e le rivoluzioni borghesi nelle regioni coloniali. Le tesi dell'IC si sarebbero presto rivelate fatalmente inadeguate in se stesse, ma contenevano alcune clausole atte a preservare l’indipendenza dei comunisti di fronte alle ribellioni guidate dalle borghesie nazionali nelle colonie. Il PCI aveva già preso delle misure pericolose che lo allontanavano da tali precauzioni, come quando aveva salutato il terrore stalinista in Cambogia come esempio del vigore necessario di una rivoluzione borghese[10]. Ma le sezioni del Nord Africa organizzate attorno al giornale El Oumami andarono anche oltre poiché, di fronte ai conflitti militari in Medio Oriente, chiamarono apertamente alla difesa dello Stato siriano contro Israele. Era la prima volta che un gruppo bordighista chiamava senza vergogna a partecipare a una guerra tra Stati capitalisti. È significativo che, all’interno del PCI, vi siano state delle forti reazioni contro queste posizioni, testimoniando di fatto che l’organizzazione aveva mantenuto il suo carattere proletario, ma tutto ciò ha portato a ulteriori divisioni, alla partenza di intere sezioni e di molti singoli militanti, riducendo il PCI a un gruppo molto più ridotto che non è mai stato in grado di trarre tutte le lezioni da questi eventi.

Ma una tendenza opportunistica apparve anche nella CCI all’epoca con un gruppo di militanti che, in risposta alle lotte di classe della fine degli anni ‘70 e dei primi anni ‘80, iniziò a fare serie concessioni al sindacalismo di base. Ma il problema posto da questo gruppo si situava soprattutto a livello organizzativo, giacché esso aveva cominciato a rimettere in discussione il carattere centralizzato della CCI e a sostenere che gli organi centrali dovevano funzionare principalmente come cassette postali piuttosto che come organi eletti per dare un orientamento politico all’organizzazione nell’intervallo tra due congressi o due riunioni generali. Tutto ciò non implicava per nulla che questo gruppo di militanti fosse tenuto assieme da una profonda unità programmatica. In realtà era tenuto insieme da affiliazioni basate su relazioni personali e risentimenti comuni contro l’organizzazione - in altre parole, era un “clan” segreto piuttosto che una tendenza reale e, in un’organizzazione immatura, esso produsse a sua volta un “contro-clan” nella sezione inglese, con dei risultati catastrofici. A suscitare risentimenti e conflitti fu l’equivoco elemento Chénier, che aveva una storia pregressa di passare da un’organizzazione rivoluzionaria all’altra fomentando crisi, e che si impegnò nella più vergognosa manipolazione di coloro che lo circondavano. La crisi precipitò nell’estate del 1981 quando i membri della “tendenza” entrarono in casa di un compagno mentre questi era assente per rubare del materiale dell’organizzazione adducendo a giustificazione che stavano solo recuperando l’investimento fatto nell’organizzazione. Questa tendenza si trasformò in un nuovo gruppo che crollò dopo una sola pubblicazione e Chénier “tornò” al Partito Socialista e al sindacato CFDT, per i quali probabilmente aveva lavorato da sempre, molto probabilmente nel “Settore delle Associazioni” che monitora lo sviluppo di correnti a sinistra del PS.

Questa scissione ebbe una risposta molto irregolare all’interno della CCI nel suo insieme, soprattutto dopo che l’organizzazione ebbe fatto un tentativo risoluto di recuperare le attrezzature rubate visitando le case degli elementi sospettati di essere coinvolti nei furti e domandando la restituzione di questo materiale. Un certo numero di compagni in Gran Bretagna abbandonò semplicemente l’organizzazione, incapace di prendere coscienza della necessità che un’organizzazione rivoluzionaria debba difendersi in questa società e che questa possa includere anche delle azioni fisiche oltre che la propaganda politica. Le sezioni di Aberdeen/Edimburgo non solo se ne uscirono rapidamente, ma in più denunciarono pubblicamente le azioni della CCI minacciando di chiamare la polizia se esse stesse fossero state oggetto di visite (poiché anche loro avevano conservato una certa quantità di materiali appartenenti all’organizzazione, anche se a nostra conoscenza loro non erano state coinvolti direttamente nei furti iniziali). E quando la CCI pubblicò sulla stampa una necessaria messa in guardia sulle attività di Chénier, loro si precipitarono a difendere il suo onore. Questo fu l’inglorioso inizio del Communist Bulletin Group (CBG), le cui pubblicazioni erano in gran parte dedicate agli attacchi contro lo stalinismo e persino la follia della CCI. In breve, questo fu un primo esempio di parassitismo politico che sarebbe diventato un fenomeno rilevante nei decenni successivi[11]. Mentre all’interno del più ampio ambiente proletario ci furono poche, quasi nessuna espressione di solidarietà con la CCI, al contrario la versione del CBG degli eventi è ancora in circolazione su Internet e ha una forte influenza, in particolare nell’ambiente anarchico.

Possiamo citare altre espressioni di crisi negli anni che seguirono. Il bilancio dei gruppi che avevano preso parte alle conferenze internazionali fu essenzialmente negativo: con la scomparsa di gruppi che avevano solo di recente rotto con il gauchisme (L’Eveil Internationaliste, l’OCRIA, il Marxist Workers Group negli Stati Uniti); mentre altri furono trascinati nella direzione opposta: il NCI, una scissione con i bordighisti di Programma che aveva mostrato un certo livello di maturità sulle questioni organizzative durante le conferenze, si fuse con il gruppo Il Leninista, proveniente da Lotta Comunista, seguendolo nell’abbandono dell’internazionalismo fino a cadere completamente nel gauchisme con l’incorporazione del Centro di Iniziative Marxiste (CIM), proveniente dal PCI stalinista, per formare l’Organizzazione Comunista Internazionalista (OCI). Il Groupe Communiste Internationaliste, giunto alla terza conferenza solo per denunciarla, esprimendo già in questo modo il suo carattere distruttivo e parassitario, iniziò ad adottare posizioni apertamente reazionarie (sostegno ai maoisti peruviani e alla guerriglia de El Salvador, culminanti in una grottesca giustificazione alle azioni del “centrista” al Qaida e nelle minacce fisiche contro la CCI in Messico[12]). Il GCI, a prescindere dalle sue motivazioni, è un gruppo che essenzialmente fa il lavoro della polizia, non solo minacciando violenza contro le organizzazioni proletarie, ma anche dando l’impressione che esista un legame tra gli autentici gruppi comunisti e l’oscuro ambiente del terrorismo.

Nel 1984 abbiamo anche visto la formazione del Bureau Internazionale per il Partito Rivoluzionario, un raggruppamento tra la CWO e Battaglia. Il BIPR, attualmente Tendenza Comunista Internazionalista, (TCI), si è mantenuto su un terreno internazionalista, ma a nostro avviso il raggruppamento è stato prodotto su una base opportunistica, con una concezione federalista dei gruppi nazionali, una mancanza di dibattito aperto sulle differenze tra di loro e una serie di tentativi affrettati di integrare nuove sezioni che, nella maggior parte dei casi, hanno portato al fallimento. [13].

Il 1984-5 vide la scissione nella CCI che diede luogo alla “Frazione Esterna della CCI”. La FECCI all’inizio dichiarò di essere il vero difensore della piattaforma della CCI contro le presunte deviazioni sulla questione della coscienza di classe, sull’esistenza dell’opportunismo nel movimento operaio, sul presunto monolitismo e persino sullo “stalinismo” dei nostri organi centrali, ecc. Ma in realtà, tutto l’approccio per “ritrovare il vero programma” della CCI è stato abbandonato molto rapidamente, dimostrando che la FECCI non era affatto quello che pensava di essere: una vera frazione nata per lottare contro la degenerazione dell’organizzazione di origine. In realtà si trattava di un’altra formazione clanica che poneva i legami personali al di sopra delle esigenze dell’organizzazione e la cui attività, una volta uscita dalla CCI, forniva un ulteriore esempio di parassitismo politico[14].

Il proletariato, secondo Marx, è una classe della società civile che non è una classe della società civile – che fa parte del capitalismo ma che ne è tuttavia in un certo senso estranea [15]. E l’organizzazione proletaria, che incarna soprattutto il futuro comunista della classe operaia, non è da meno un corpo estraneo essendo parte del proletariato. Come il proletariato nel suo complesso, l’organizzazione è soggetta alla costante pressione dell’ideologia borghese, ed è questa pressione, o piuttosto la tentazione di adattarsi a essa, a conciliarsi con essa, che è la fonte dell’opportunismo. Questo è anche la ragione per cui le organizzazioni rivoluzionarie non possono avere una vita “pacifica” all’interno della società capitalista e sono inevitabilmente condannate a passare attraverso crisi e divisioni, mentre scoppiano conflitti tra l’“anima” proletaria dell’organizzazione e coloro che hanno ceduto alle ideologie di altre classi sociali. La storia del bolscevismo, per esempio, è anche una storia di lotte politiche sul piano organizzativo. I rivoluzionari non cercano né auspicano le crisi, ma quando scoppiano, è essenziale mobilitare le loro forze per difendere i loro principi centrali se questi vengono indeboliti, e lottare per chiarire le divergenze e le loro radici invece di scappare via da questi obblighi. E, naturalmente, è fondamentale imparare le lezioni che queste crisi inevitabilmente portano con sé, allo scopo di rendere l’organizzazione più resistente in futuro.

Per la CCI, le crisi sono state frequenti e talvolta molto dannose, ma non sempre sono state del tutto negative. Così la crisi del 1981, seguita dalla Conferenza Straordinaria del 1982, portò all’elaborazione di testi fondamentali sia sulla funzione che sul funzionamento delle organizzazioni rivoluzionarie in questa epoca[16], e produsse lezioni vitali sulla necessità permanente, per un’organizzazione rivoluzionaria, di difendersi non solo contro la repressione diretta dello Stato borghese, ma anche contro elementi dubbi o ostili che si fanno passare come parte del movimento rivoluzionario e possono persino infiltrarsi le sue organizzazioni.

Allo stesso modo, la crisi che ha portato alla uscita della FECCI ha visto una maturazione della CCI su una serie di questioni chiave: la reale esistenza dell’opportunismo e del centrismo come malattie del movimento operaio; il rifiuto delle visioni consiliariste della coscienza di classe come puro prodotto della lotta immediata (e quindi la necessità dell’organizzazione rivoluzionaria come espressione principale della dimensione storica e profonda della coscienza di classe); e, collegato a questo, la comprensione dell’organizzazione rivoluzionaria come organizzazione di lotta, capace di intervenire nella classe a vari livelli: non solo a livello teorico e della propaganda, ma anche dell’agitazione, fornendo orientamenti per l’estensione e l’autorganizzazione della lotta, partecipando attivamente alle assemblee generali e ai gruppi di lotta.

Nonostante le chiarificazioni prodotte dalla CCI in seguito alle sue crisi interne, queste non garantivano che il problema organizzativo, in particolare, fosse ormai risolto e che non ci sarebbero state più ricadute. Ma per lo meno, la CCI aveva riconosciuto che la questione organizzativa era una questione politica in sé. D’altra parte, il milieu politico proletario in generale non ha visto l’importanza della questione organizzativa. Gli “anti-leninisti” di varie tendenze (anarchici, consiliaristi, modernisti, ecc.) videro il tentativo stesso di mantenere un’organizzazione centralizzata come intrinsecamente stalinista, mentre i bordighisti hanno commesso l’errore fatale di pensare che su questa questione fosse stata già detta l’ultima parola e che non ci fosse più niente da discutere. Il BIPR era meno dogmatico, ma tendeva a trattare la questione organizzativa come secondaria. Ad esempio, nella loro risposta alla crisi che ha colpito la CCI a metà degli anni '90, essi non hanno affrontato le questioni organizzative, ma hanno sostenuto che esse erano essenzialmente una conseguenza degli errori della CCI nel valutare il rapporto di forze tra le classi.

Non c’è dubbio che un errato apprezzamento della situazione mondiale può essere un fattore importante nelle crisi organizzative: nella storia della sinistra comunista, ad esempio, possiamo ricordare l’adozione, da parte della maggioranza della frazione italiana, della teoria di Vercesi dell’economia di guerra, che riteneva che la marcia accelerata verso la guerra alla fine degli anni ‘30 fosse la prova che la rivoluzione era imminente. Chiaro dunque che lo scoppio della guerra imperialista produsse un totale disorientamento nella Frazione.

Allo stesso modo, la tendenza dei gruppi sorti dall’ondata del ‘68 a sovrastimare la lotta di classe, a vedere la rivoluzione “giusto dietro l’angolo”, significava che la crescita delle forze rivoluzionarie negli anni ‘70 era estremamente fragile: molti di coloro che si unirono alla CCI in quel periodo non ebbero né la pazienza né la convinzione per resistere nel tempo quando divenne chiaro che la lotta per la rivoluzione si poneva sul lungo periodo e che l’organizzazione rivoluzionaria sarebbe stata impegnata in una lotta permanente per la sopravvivenza, anche quando la lotta di classe stesse seguendo globalmente un corso ascendente. Ma le difficoltà derivanti da questa visione immediata degli eventi mondiali hanno avuto anche un’importante componente organizzativa: non solo per il fatto che, durante questo periodo, i membri erano spesso integrati in maniera frettolosa, superficiale, ma soprattutto per il fatto che essi erano integrati in un’organizzazione che non aveva ancora una chiara visione del suo ruolo e della sua funzione, che non era quella di agire come se fosse già una sorta di mini-partito, ma soprattutto quella di vedere sé stessa come un ponte verso il futuro partito comunista. L’organizzazione rivoluzionaria nel periodo iniziato nel 1968 conservava quindi molte caratteristiche di una frazione comunista, pur non avendo una continuità organica diretta con le parti o le frazioni del passato. Ciò non significa affatto che dovremmo rinunciare al compito di intervento diretto nella lotta di classe. Al contrario, abbiamo già sostenuto che uno degli elementi chiave del dibattito con la tendenza che aveva costituito la “Frazione Esterna” era proprio l’insistenza sulla necessità di un intervento comunista nelle lotte della classe - un compito che può variare nella portata e intensità, ma che non scompare mai, nelle diverse fasi della lotta di classe. Ma ciò significa che la maggior parte delle nostre energie si è necessariamente concentrata nella difesa e nella costruzione dell’organizzazione, nell’analisi di una situazione mondiale in rapida evoluzione e nella preservazione e ulteriore elaborazione delle nostre acquisizioni teoriche. Questa focalizzazione diventava ancora più importante nelle condizioni della fase di decomposizione sociale dagli anni '90 in poi, che hanno fortemente accresciuto le pressioni e i pericoli cui sono confrontate le organizzazioni rivoluzionarie. Esamineremo l'impatto di questa fase nella seconda parte di quest’articolo.

Amos

Annesso

Nota introduttiva agli opuscoli contenenti i testi e gli atti della Seconda Conferenza Internazionale dei Gruppi della Sinistra Comunista, 1978, redatta dal comitato tecnico internazionale:

Con questo primo opuscolo iniziamo la pubblicazione dei testi della Seconda Conferenza Internazionale dei gruppi della Sinistra Comunista, svoltasi a Parigi l’11 e 12 novembre 1978 su iniziativa del Partito Comunista Internazionalista, Battaglia Comunista. I testi della Prima Conferenza Internazionale, svoltasi a Milano il 30 aprile e il 1 maggio 1977, sono stati pubblicati in italiano sotto la responsabilità del PCI/BC e in francese e in inglese sotto la responsabilità della CCI.

Il 30 giugno 1977, il PCI/BC, conformemente a quanto deciso dalla Conferenza di Milano e ai successivi contatti con la CCI e la CWO, ha inviato una lettera circolare invitando i seguenti gruppi a una nuova conferenza da tenere a Parigi:

Corrente Comunista Internazionale (Francia, Belgio, Gran Bretagna, Spagna, Italia, Germania. Olanda, USA, Venezuela)

Communist Workers Organisation (Gran Bretagna)

Partito Comunista Internazionale (Programma Comunista: Italia, France, etc.)

Il Leninista (Italia)

Nucleo Comunista Internazionalista (Italia)

Iniziativa Comunista (Italia)

Fomento Obrero Revolucionario (Francia, Spagna)

Pour Une Intervention Communiste (Francia)

Forbundet Arbetarmakt (Svezia)

För Komunismen (Svezia)

Organisation Communiste Révolutionnaire Internationaliste d’Algérie (Algeria)

Kakamaru Ha (Giappone)

Partito Comunista Internazionale/Il Partito Comunista (Italia)

Spartakusbond (Olanda)

Nel volume II pubblicheremo la seguente lettera:

“Dei gruppi invitati, Spartakusbond e Kakamaru Ha non hanno risposto.

Programma Comunista e Il Partito Comunista hanno rifiutato di partecipare attraverso articoli pubblicati sui loro rispettivi giornali. Entrambi hanno respinto lo spirito dell’iniziativa così come il contenuto politico dello stesso lavoro da fare (in particolare sul partito e sulle guerre di liberazione nazionale).

Il PIC si è rifiutato di partecipare con una lettera-documento a un incontro basato sul riconoscimento dei primi due congressi della Terza Internazionale, che essi considerano essenzialmente come socialdemocratici fin dall’inizio (vedi Vol II).

Forbundet Arbetarmakt ha respinto l’invito poiché dubitava di potersi riconoscere nei criteri di partecipazione (vedi Vol. II).

Iniziativa Comunista non ha dato alcuna risposta scritta e all’ultimo minuto - dopo aver accettato di partecipare a una riunione congiunta di Battaglia e de Il Leninista - ha rifiutato di partecipare alla conferenza, giustificando il proprio atteggiamento in un numero del proprio bollettino apparso dopo la conferenza di Parigi.

Il Leninista, sebbene avesse confermato il proprio accordo a partecipare, non è stato in grado di farlo per problemi tecnici nel momento in cui i suoi compagni sono partiti per la Conferenza.

L’OCRIA degli immigrati algerini in Francia non è stata in grado di partecipare fisicamente all'incontro per motivi di sicurezza, ma ha chiesto di essere considerata come un gruppo partecipante.

Il FOR, sebbene avesse partecipato all’inizio della conferenza - cui si era presentato come osservatore ai margini - si è rapidamente dissociato, affermando che la sua presenza era incompatibile con quella di gruppi che riconoscono attualmente l’esistenza di una crisi strutturale del capitale (vedi vol. II) ...”

Tra la seconda e la terza conferenza, il gruppo svedese För Komunismen era diventato la sezione della CCI in Svezia e Il Nucleo Comunista Internazionalista e Il Leninista si erano fusi per diventare un’unica organizzazione, Il Nuclei Leninisti.

L’elenco dei gruppi partecipanti era:

CCI, Battaglia, CWO, Groupe Communiste Internationaliste, L’Éveil Internationaliste, Il Nuclei Leninisti e l’OCRIA, che ha inviato contributi scritti. L’American Marxist Workers’ Group si è associato anch’esso alla Conferenza e avrebbe inviato un delegato, ma è stato impedito a farlo all’ultimo minuto.

 

[1] Pubblicato in Internationalism n°4, non datato, ma circa del 1973.

[2] Per una lista dei gruppi che hanno partecipato o sostenuto le conferenze, vedi l’annesso.

[3] Daniel Cohn-Bendit, Gabriel Cohn-Bendit, Obsolete Communism, the Left wing Alternative, Penguin 1969.

[4] Tutti questi gruppi hanno avuto la loro origine nella scissione del 1952 all’interno del Partito Comunista Internazionalista in Italia. Il gruppo attorno a Damen mantenne il nome di Partito Comunista Internazionalista; i “Bordighisti” presero il nome di Partito Comunista Internazionale che, dopo successive scissioni, si presenta oggi nelle vesti di diverse organizzazioni con lo stesso nome.

[5] Il settarismo era un problema già identificato da Marx quando scrisse: “La setta vede la sua ragion d’essere e il suo punto d’onore non in ciò che ha in comune con il movimento di classe, ma nella sua ricetta particolare che lo distingue dal movimento” (Lettera di Marx a Schweitzer, 1868). Naturalmente, tali formule possono essere utilizzate in modo improprio se tirate fuori dal loro contesto. Per l'ala sinistra del capitale, l’intera sinistra comunista è settaria perché non si considera parte di quello che chiamano il “movimento operaio” - organizzazioni come i sindacati e i partiti socialdemocratici la cui natura di classe è cambiata dai tempi di Marx. Dal nostro punto di vista, il settarismo oggi è un problema tra le organizzazioni proletarie. Non è settario rifiutare fusioni premature o adesioni che nascondono delle divergenze reali. Ma è certamente settario rifiutare qualsiasi discussione tra gruppi proletari o respingere la necessità di una solidarietà di base tra di loro.

[6] Questo dibattito diede luogo ad una risoluzione sui gruppi politici proletari al Secondo Congresso della CCI (vedi: Resolution on proletarian political groups (o Les groupes politiques prolétariens o Resolución sobre los grupos políticos proletarios), Rivista Internazionale n.11, 1977.

[7] Ref: https://libcom.org/article/militancy-highest-stage-alienation-organisation-des-jeunes-travailleurs-revolutionnaires. I primi anni ‘70 videro anche l’ascesa di gruppi “modernisti” che iniziarono a mettere in dubbio il potenziale rivoluzionario della classe operaia e che tendevano a vedere le organizzazioni politiche, anche quando erano chiaramente per la rivoluzione comunista, come nient’altro che fastidio. Cfr. gli scritti di Jacques Camatte. Questi furono gli antenati dell’attuale tendenza alla “comunizzazione". Numerosi gruppi contattati da Internationalism nel 1973 andarono in questa direzione e furono irrimediabilmente persi: Mouvement Communiste in Francia (non il gruppo autonomista esistente, ma il gruppo intorno a Barrot/Dauvé che inizialmente aveva dato un contributo scritto al meeting di Liverpool), Komunisimen in Svezia, e in un certo senso Solidarity UK, che condivise con questi altri gruppi l’enorme presunzione di essere andati oltre il marxismo.

[9] Un’espressione precoce della tendenza “Hekmatista” che oggi esiste nella forma dei Partiti Comunisti Operai dell’Iran e dell’Iraq - una tendenza che è ancora spesso descritta come comunista di sinistra, ma che in realtà è una forma radicale di stalinismo. Vedi a tale proposito il nostro articolo “Worker Communist Parties of Iran and Iraq: The dangers of radical Stalinism”, in World Revolution n°293, 2006.

[11] Vedi : Political Parasitism: The "CBG" Does the Bourgeoisie's Work (o Parasitisme politique: le “C.B.G” fait le travail de la bourgeoisie o Parasitismo político - El CBG hace la faena de la burguesía), Rivista Internazionale n° 83, 1995. Noi torneremo sul problema del parassitismo politico nella seconda parte dell’articolo.

[15] Vedi l’introduzione a Per la critica della filosofia del diritto di Hegel, di Marx.

Vita della CCI: 

Patrimonio della Sinistra Comunista: 

Correnti politiche e riferimenti: 

Sviluppo della coscienza e dell' organizzazione proletaria: