La politica estera del governo Prodi: una politica di aggressione imperialista

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Con la caduta del governo Prodi si è infuocata la discussione sulla politica estera, con il governo sottoposto ad attacchi da “destra” e da “sinistra”: dal Polo che lo attacca perché “antiamericano”, dalla sinistra della sua stessa maggioranza che, all’opposto, lo accusa di non distinguersi abbastanza dalla politica degli USA, in Afganistan, per esempio, o non negando a questi l’allargamento della base di Vicenza.

In realtà siamo di fronte all’ennesimo tentativo di mistificazione, da una parte come dall’altra: se infatti sul piano dell’economia le bugie della borghesia hanno le gambe piuttosto corte, perché per i proletari basta vedere quanto più velocemente si consuma il loro salario per capire quale è la realtà della politica economica del governo, sul piano delle avventure imperialiste la realtà è meno immediatamente percettibile e, soprattutto, è coperta da una coltre più spessa di mistificazioni sparse a piene mani dalla destra come dalla sinistra dell’apparato politico della borghesia.

Infatti non ha mistificato solo Berlusconi, quando ha presentato la missione italiana in Iraq come una missione di “pace”, la stessa cosa la fa il governo di centrosinistra che maschera con la stessa scusa tutti gli interventi di truppe italiane in giro per il mondo.

La realtà invece è che sia l’uno che l’altro difendono gli interessi dell’imperialismo italiano, dividendosi solo su quella che ognuno ritiene la maniera più efficace per farlo. Berlusconi pensa che solo l’alleanza con gli USA può far contare un poco l’Italia sullo scacchiere internazionale; il centrosinistra, invece, vuol far valere gli interessi dell’imperialismo italiano in maniera autonoma dagli USA e più inserito in un contesto di politica imperialista europea.

Ma non è certo questo che denunciano i critici dell’estrema sinistra parlamentare, quelli che in questi giorni si sono fatti i paladini del “pacifismo” perché non vogliono il raddoppio della base di Vicenza o il permanere della missione in Afganistan. Da loro non sentiremo affermare che la pretesa dei governanti di centrosinistra di mandare le truppe italiane in giro per il mondo a scopi di “pace” è altrettanto menzognera quanto quella di Berlusconi quando mandò le truppe a Nassirya. Da loro non sentiremo dire che la copertura da parte dell’ONU o di altri organismi internazionali non cambia la natura di queste missioni. Né sentiremo ricordare che la presenza di più di 10.000 militari italiani in 28 missioni nel mondo intero ben poco si concilia con l’idea che è la pace che questi militari, armati di tutto punto e pronti a sparare, come è stato in tanti casi non solo in Iraq, vogliono difendere. Ci dicono, per caso, quanto costano queste missioni? Ci dicono quanti ospedali, scuole, infrastrutture si potrebbero costruire in questi stessi paesi se le centinaia di milioni di euro spesi nelle missioni fossero invece utilizzati per aiutare questi paesi ad uscire dalla loro arretratezza?

Domande retoriche le nostre perché, da che il capitalismo è nato, gli interventi delle nazioni più sviluppate verso le aree economicamente arretrate hanno sempre avuto come primo obiettivo quello di imporre il proprio dominio su di queste: nell’ottocento e all’inizio del novecento questi interventi avevano lo scopo di conquistare mercati e di accaparrarsi le materie prime dei paesi che venivano colonizzati; con l’entrata del capitalismo nella sua fase di decadenza, cioè quella in cui il capitalismo ha esteso il suo modo di produzione in tutto il mondo, la contesa diventa in parte per i mercati, in parte, e soprattutto, per occupare militarmente zone strategicamente importanti, in modo da poter avere un vantaggio militare in vista di futuri scontri tra le grandi potenze. E la maniera in cui questa presenza si impone non è funzione delle diverse intenzioni dei paesi che la impongono, ma della loro taglia e della loro forza. Così gli USA, la prima e indiscutibile prima potenza mondiale, si possono permettere di imporre il loro controllo nel mondo con i bombardamenti e l’impiego massiccio di truppe, gli altri paesi, e soprattutto quelli di scarso calibro militare, come l’Italia, devono giocare su altri piani. Da qui la politica del governo Prodi che, a ben guardare, è anche più imperialista del governo Berlusconi nella misura in cui non si limita a seguire supinamente il brigante americano ma si lancia in una politica di presenza internazionale in cui, attraverso abili giochi diplomatici, riesce anche a sfidare dei concorrenti imperialisti attraverso una mistificatoria politica di sviluppo di missioni di pace. Qualcuno può solo immaginare l’italietta che si mette a sfidare gli USA sul piano dell’esposizione di muscoli? Meglio ricorrere alla diplomazia, alla copertura dell’ONU e soprattutto a tutte le occasioni in cui si può mettere lo sgambetto agli USA senza rischiare la sfida aperta: è quello che il governo Prodi è riuscito a fare sfruttando la tensione creata in Libano dall’invasione israeliana per proporre le sue truppe come forza di “interposizione”, cosa che gli USA non avrebbero potuto fare senza alimentare ancora di più il fuoco (e impantanandosi in un’impresa ancora più pericolosa di quella irachena).

Ma abbiamo per caso sentito gli attuali difensori di una diversa politica estera del governo, i Rossi e i Turigliatto, denunciare la presenza italiana in Libano come un’avventura imperialista allo stesso titolo di quella degli USA in Iraq o in Afganistan? No, anzi tutti i sinistri sono stati d’accordo a sostenere questo intervento e lo contrappongono a quello in Afganistan.

E, a proposito di questo paese, a guardare più da vicino si può anche spiegare la preoccupazione di questi presunti pacifisti: tutti gli esperti prevedono una accelerazione dello scontro militare per la primavera, vuoi per una prevista controffensiva dei talibani, vuoi per una preventiva azione delle truppe USA (non a caso questi ultimi hanno chiesto agli “alleati” l’invio di altri 4.000 uomini) e “se in primavera i talibani mettessero in difficoltà la prima linea della NATO, eventualità da non escludere, il comando dell’Alleanza atlantica avrebbe diritto a impiegare in battaglia qualsiasi contingente (…) non è immaginabile che gli italiani, chiamati in extremis a soccorrere un altro contingente, si sottraggano ad un dovere elementare. Il loro intervento forse verrebbe taciuto all’opinione pubblica, così come le venne taciuto che i piloti italiani partecipavano agli attacchi della NATO sulle posizioni serbe in Kosovo.” (Repubblica, 7/02/2007). Ecco spiegata la preoccupazione di Rossi e compagni: se ciò avvenisse, come spiegare ai proletari italiani che la sinistra “pacifista” appoggia una guerra vera e propria? Possono fare affidamento sul fatto che la cosa sia effettivamente tenuta nascosta (come non lo è più la partecipazione ai bombardamenti in Kosovo fatti dal governo D’Alema durante quello che cinicamente fu definito “intervento umanitario”)?

Questi signori si limitano a chiedere al governo, in alternativa o in accompagnamento alla missione militare, l’impegno per una “conferenza internazionale di pace”, facendo così una ulteriore mistificazione: chi dovrebbe partecipare a questa conferenza? Forse non quelli che stanno già laggiù con le truppe per difendere i loro interessi imperialisti? E poi, quante conferenze di pace sono state fatte sul Medio Oriente? Si ricordano degli accordi di Camp David, firmati da israeliani e palestinesi, o della Road Map disegnata dagli americani con l’accordo di israeliani e palestinesi? Noi li ricordiamo e oggi possiamo dire che la nostra denuncia di allora di questa mistificazione è stata tragicamente confermata dai fatti, dalla guerra permanente che le popolazioni palestinese e israeliana sono costrette a subire per il solo fatto che la terra in cui vivono è zona di interesse strategico di tutti gli avvoltoi imperialisti.

No, non è da Prodi e nemmeno da Rossi e Turigliatto che i proletari italiani possono sperare di non dovere pagare più con il loro sudore e il loro sangue le ambizioni imperialiste della borghesia italiana. Essi possono solo mettere in conto questa ulteriore barbarie e questa ulteriore mistificazione per riflettere sul fatto che questo sistema non ha più niente da offrire loro e vedere come prepararsi per spazzarlo via.

Helios, 25/02/07

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