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“I lavori del 16° Congresso (...) hanno posto al centro delle loro preoccupazioni l’esame della ripresa dei combattimenti della classe operaia e delle responsabilità che questa ripresa implica per la nostra organizzazione, particolarmente di fronte allo sviluppo di una nuova generazione di elementi che si volgono verso una prospettiva politica rivoluzionaria.” (“16° Congresso della CCI. Prepararsi ai combattimenti della classe e al sorgere di nuove forze rivoluzionarie”, Revue Internationale n° 122)
“La responsabilità delle organizzazioni rivoluzionarie, e della CCI in particolare, è quella di essere parte attiva della riflessione che si produce da qualche tempo nella classe, non solo intervenendo attivamente nelle lotte che essa comincia a sviluppare ma anche stimolando lo sviluppo dei gruppi e degli elementi che si propongono di raggiungere la sua lotta.” (“17° Congresso della CCI. Risoluzione sulla situazione internazionale”, Rivista Internazionale n°29).
“Il Congresso ha … tirato un bilancio estremamente positivo della nostra politica in direzione dei gruppi ed elementi che si situano in una prospettiva di difesa o di avvicinamento delle posizioni della Sinistra comunista. (...) l’aspetto più positivo di questa politica è stato senza alcun dubbio la capacità della nostra organizzazione di stabilire o di rafforzare i legami con altri gruppi che si pongono su posizioni rivoluzionarie e la cui illustrazione è stata la partecipazione di quaattro di questi gruppi al 17° Congresso.” (“17° Congresso della CCI. Un rafforzamento internazionale del campo proletario, Ibid.).
Così, in occasione del nostro ultimo Congresso internazionale, vi abbiamo potuto salutare la presenza, per la prima volta dopo un quarto di secolo, di delegazioni di differenti gruppi che si pongono chiaramente su posizioni di classe internazionaliste (OPOP del Brasile, l’SPA di Corea, l’EKS di Turchia, Internasyonalismo delle Filippine[1], anche se quest’ultimo gruppo non aveva potuto essere presente fisicamente). Il contatto e la discussione si sono sviluppati non solo con questi quattro gruppi ma anche con altri gruppi ed elementi in altri paesi del mondo (particolarmente in America latina, cosa che ha permesso alla nostra organizzazione di tenere diverse riunioni pubbliche in Perù, a San Domingo e in Ecuador[2]). La discussione con i compagni di Turchia e delle Filippine li ha condotti a prendere la decisione di porre la loro candidatura alla CCI visto il loro crescente accordo con le nostre posizioni. La discussione è dunque proseguita, da un certo punto in poi, nel quadro di un processo di integrazione come viene definito nel nostro articolo pubblicato sul nostro sito Internet: “Come diventare militanti della CCI?”[3]
Nel corso dell’ultimo periodo, questi compagni hanno così condotto delle discussioni approfondite sulla nostra piattaforma inviandocene i resoconti. D’altra parte numerose delegazioni della CCI si sono rese sul posto per discutere con loro e hanno potuto verificare la profondità della loro volontà di implicarsi così come la chiarezza del loro accordo con le nostre posizioni e i nostri principi organizzativi. A conclusione di queste discussioni, l’ultima riunione plenaria dell’organo centrale della CCI ha potuto prendere la decisione di integrare questi due gruppi come nuove sezioni della nostra organizzazione.
La maggior parte delle sezioni della CCI sono presenti in Europa[4] o in America[5] e finora, al di fuori di questi due continenti, non esisteva che una sezione in India. L’integrazione di queste due nuove sezioni all’interno della nostra organizzazione allarga in maniera significativa la sua estensione geografica.
Riguardo alle Filippine, si tratta di un paese vastissimo che si trova in una regione del mondo che ha conosciuto di recente una crescita molto rapida dell’industria e, pertanto, del numero di operai. Questa crescita ha prodotto nel corso dell’ultimo periodo numerose illusioni su un “nuovo palpito del capitalismo mondiale” ma è adesso chiaro che, come per i “vecchi” paesi capitalisti, i paesi “emergenti” nin saranno risparmiati dalla crisi acuta che si sviluppa attualmente. E’ dunque una zona geografica in cui le contraddizioni del capitalismo si acutizzeranno in maniera violenta in futuro, provocando inevitabilmente dei movimenti sociali, non solo dei moti della fame come quelli della primavera 2007 ma anche lotte della classe operaia.
La costituzione di una sezione in Turchia rafforza la presenza della CCI nel continente asiatico, particolarmente in una regione prossima ad una delle zone più critiche per le tensioni imperialiste attuali, la regione del vicino oriente. D’altra parte, i nostri compagni dell’EKS sono stati condotti a intervenire l’anno scorso per denunciare le operazioni militari della loro borghesia al nord dell’Iraq (vedi il “volantino dell’EKS contro l’operazione dell’esercito turco” pubblicato sul nostro sito web).
A più riprese la CCI è stata accusata di avere una visione “euro-centrista” dello sviluppo delle lotte operaie e della prospettiva rivoluzionaria nella misura in cui aveva messo in evidenza il ruolo decisivo dei settori del proletariato dei paesi dell’Europa occidentale:
“Solo nel momento in cui la lotta proletaria toccherà il cuore economico e politico del dispositivo capitalista:
- quando il cordone sanitario economico diventerà impossibile perché saranno le economie più forti ad essere toccate;
- quando il cordone sanitario politico non avrà più effetto perché sarà il proletariato più sviluppato quello che affronterà la borghesia più potente;
solo allora questa lotta darà il segnale della conflagrazione rivoluzionaria mondiale. (…)
E’ solo attaccando il cuore ed il cervello della bestia capitalista che il proletariato potrà averne ragione.
Questo cuore e questo cervello del mondo capitalista si trovano – come li ha situati da secoli la storia – in Europa occidentale. E’ là dove il capitalismo ha compiuto i suoi primi passi che la rivoluzione comincerà il suo corso, essendo l’uno all’altra legati. E’ là che sono in effetti riunite nella loro forma più avanzata tutte le condizioni della rivoluzione enunciate sopra. (...)
“Solo dunque in Europa occidentale, là dove il proletariato ha la più ricca esperienza di lotte, dove si scontra da decenni con queste mistificazioni “operaie” più elaborate, esso potrà sviluppare pienamente la sua coscienza politica indispensabile alla lotta per la rivoluzione”. (“Il proletariato dell’Europa occidentale al centro della generalizzazione della lotta”, Rivista Internazionale n°7).
La nostra organizzazione ha già risposto a questa critica di “eurocentrismo”:
“Questa non è affatto una visione ‘eurocentrista’. Il mondo borghese si è sviluppato a partire dall’Europa, vi ha sviluppato il suo più vecchio proletariato che è dotato perciò di una più grande esperienza” (idem)
In particolare non ha mai pensato che i rivoluzionari non avessero un ruolo da giocare nei paesi della periferia:
“Ciò non vuol dire che la lotta di classe o l’attività dei rivoluzionari no ha senso nelle altre regioni del mondo. La classe operaia è una. La lotta di classe esiste dovunque si fronteggino operai e capitale. Le lezioni delle diverse manifestazioni di questa lotta sono valide per tutta la classe, quale che sia il luogo in cui esse si svolgono; in particolare, l’esperienza delle lotte nei paesi della periferia influenzerà la lotta nei paesi centrali. Ancora, la rivoluzione sarà mondiale e coinvolgerà tutti i paesi. Le correnti rivoluzionarie della classe saranno preziose in tutti i luoghi in cui il proletariato si scontrerà con la borghesia, cioè nel mondo intero.” (idem)
Ciò vale, evidentemente, anche per dei paesi come le Filippine o la Turchia.
In questi paesi la lotta per la difesa delle idee comuniste è molto difficile. Ci si deve scontrare con le mistificazioni classiche che la borghesia mette avanti per ostacolare lo sviluppo della lotta e della coscienza del proletariato (le illusioni democratiche ed elettorali, il sabotaggio delle lotte operaie da parte dell’apparato sindacale e il veleno del nazionalismo). Inoltre, la lotta del proletariato e quella dei rivoluzionari si scontrano in maniera diretta e immediata non solo con le forze di repressione del governo ufficiale, ma anche con dei gruppi armati che si oppongono a questo governo come il PKK in Turchia e i differenti movimenti di guerriglia nelle Filippine la cui assenza di scrupoli e brutalità non hanno nulla da invidiare ai governi per la semplice ragione che non difendono niente altro che il capitalismo, anche se in una forma diversa. Questa situazione rende perciò l’attività dei compagni delle due nuove sezioni della CCI più pericolosa che nei paesi d’Europa e d’America del nord.
La sezione nelle Filippine, che – ancor prima della sua integrazione nella CCI - aveva già fatto un lavoro di pubblicazione su Internet nella lingua ufficiale delle Filippine (il tagalog), così come in lingua inglese, il cui uso è molto diffuso in questo paese, non potrà pubblicare ancora una stampa cartacea regolare (se non episodicamente). Il nostro sito Internet diviene dunque il principale strumento di diffusione delle nostre posizioni nelle Filippine.
La sezione in Turchia potrà disporre della rivista Dunya Devrimi, che era finora l’organo dell’EKS e che diventa l’organo di stampa della CCI in questo paese. Nella Revue Internationale n°122 scrivevamo:
“Noi salutiamo questi compagni che si indirizzano verso le posizioni comuniste e verso la nostra organizzazione. Noi gli diciamo: ‘Avete fatto la scelta giusta, la sola possibile se avete la prospettiva di integrarvi nella lotta per la rivoluzione proletaria. Ma non è la scelta della facilità: non conoscerete rapidi successi, occorrerà pazienza e tenacia e non scoraggiarsi quando i risultati ottenuti non saranno all’altezza delle vostre speranze. Ma non sarete soli: gli attuali militanti della CCI saranno al vostro fianco coscienti come sono della responsabilità che la vostra presenza rappresenta per loro. La loro volontà, che si è espressa al 16° Congresso, è di essere all’altezza di questa responsabilità.’”(“16° Congresso della CCI – Prepararsi ai combattimenti della classe e al sorgere di nuove forze rivoluzionarie”). Queste parole, che si indirizzavano a tutti gli elementi e gruppi che hanno fatto la scelta di ingaggiarsi nella difesa delle posizioni della Sinistra comunista si applicano evidentemente in primo luogo alle due sezioni che hanno raggiunto la nostra organizzazione.
A queste due nuove sezioni, e ai compagni che le costituiscono, l’insieme della CCI rivolge un saluto caloroso e fraterno.
CCI
[1] OPOP: Oposição Operária (Opposizione Operaia); SPA: Socialist Political Alliance (Alleanza Politica Socialista); EKS: Enternasyonalist Komünist Sol (Sinistra Comunista Internazionalista); Internasyonalismo (Internazionalismo). Per ulteriori dettagli su questi gruppi, vedi il nostro aarticolo “17° Congresso della CCI. Un rafforzamento internazionale del campo proletario” nella Rivista Internazionale n° 29.
[2] A proposito di queste riunioni pubbliche, vedi in particolare sul nostro sito Internet “Dibattito internazionalista nella Repubblica dominicana”, “Riunione pubblica della CCI nel Perù sulla crisi: un dibattito proletario appassionante e appassionato”.
[3] “La CCI ha sempre accolto con entusiasmo i nuovi elementi che vogliono integrarsi nei suoi ranghi. (...)Tuttavia, questo entusiasmo non significa che facciamo una politica di reclutamento per il reclutamento, come le organizzazioni trotzkiste.
La nostra politica non è neanche quella delle integrazioni premature su delle basi opportuniste, senza chiarezza preliminare. (...)La CCI non è una locanda dove si entra e si esce né è interessata ad andare a caccia di militanti.
Non siamo neanche dei mercanti di illusioni. È perciò che i nostri lettori che si pongono la domanda “come si fa ad aderire alla CCI?” devono comprendere che l’adesione alla CCI richiede del tempo. Ogni compagno che pone la sua candidatura deve dunque armarsi di pazienza per impegnarsi in un processo di integrazione nella nostra organizzazione. Questo processo è innanzitutto una maniera per il candidato di verificare da sé la profondità della propria convinzione, in modo che la sua decisione di diventare militante non sia presa alla leggera o attraverso un “colpo di testa”. Ciò è anche e soprattutto la migliore garanzia che possiamo offrirgli perché la sua volontà di impegno militante non si concluda con un insuccesso ed una demoralizzazione.”
[4] Belgio, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Olanda, Spagna, Svezia, Svizzera.
[5] Brasile, Messico, Stati Uniti, Venezuela.