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Questo articolo è stato in origine pubblicato sul sito israeliano di Indymedia e su Libcom.org. È stato scritto da un compagno in Israele che, malgrado faccia parte di una ristretta minoranza, ha sentito il bisogno di rispondere alla febbre patriottica di guerra che è diffusa in Israele e Palestina in seguito all’assalto israeliano su Gaza. La sua decisione di pubblicare una dichiarazione è stata in parte il risultato dell’incoraggiamento e della solidarietà offerta da un certo numero di testi pubblicati su Libcom (inclusi gli stessi membri del collettivo Libcom, la CCI e il gruppo di sinistra comunista turco EKS). Questo è un contributo modesto ma significativo dell’emergere di una reale opposizione al pericoloso nazionalismo che attualmente domina il Medio Oriente. WR (sezione in Gran Bretagna della CCI), 10/1/09.
Una dichiarazione contro i nazionalismi di Israele e Palestina. Cosa c’è dietro una bandiera?
Un tentativo di presentare una prospettiva internazionalista sulla situazione attuale in Cisgiordania, dopo l’attacco di Israele alla striscia di Gaza.
Gran parte delle persone in Israele si ricorderanno di una cosa a proposito della manifestazione di domenica 3 gennaio 2009[1]: che gli organizzatori sono andati alla Corte Suprema per assicurarsi di poter mostrare la bandiera palestinese.
Ora, io non ho nulla in contrario il fatto che qualcuno porti oppure no una bandiera in una certa corcostanza. Ma bisogna pur chiedersi a cosa è servita questa bandiera palestinese (dell’ex OLP).
Questa manifestazione aveva come obiettivo di fermare l’attacco a Gaza. Che c’entra dunque in questo la bandiera palestinese? Si potrebbe rispondere: “bene, essa esprime il sostegno alla resistenza palestinese”. Al che vorrei porre un’altra questione: “quale resistenza palestinese?” I Palestinesi più giudiziosi di Gaza vorrebbero fuggire dall’inferno dei bombardamenti, non resistere ed essere bombardati. Che altro significa resistere mentre si viene bombardati? Prendere le armi contro gli invasori?
Questa bandiera rappresenta il nazionalismo palestinese, nello stesso modo in cui la bandiera israeliana rappresenta il nazionalismo israeliano. Ora, la maggior parte dei lettori di questo sito Web probabilmente assoceranno il nazionalismo israeliano con la violenza e l’oppressione che ricoprono il dominio dei capitalisti sul nostro paese. Perché la stessa cosa non si dovrebbe applicare anche al nazionalismo palestinese?
Mentre parliamo, i Palestinesi della Cisgiordania vengono brutalmente repressi e imbavagliati, Palestinesi che vogliono protestare contro questa stessa guerra. Perché? Perché l’Autorità Palestinese non sente critiche e non muoverà un passo dalla sua sola ragione d’essere, essendo un subappaltatore del controllo israeliano sopra i Territori Occupati.
Sono questi stessi capi di Hamas, che si stanno adesso nascondendo in bunker e in abitazioni corazzate mentre registrano messaggi di resistenza al “loro” popolo, che si sono rifiutati di pagare giusto qualche mese fa lo stipendio agli insegnanti, che hanno sfasciato i sindacati palestinesi[2], che hanno ucciso dei Palestinesi innocenti nei loro combattimenti di strada contro i loro concorrenti di Fatah e che hanno sparato razzi su obiettivi civili a caso, invece dei pretesi tentativi di migliorare le condizioni di vita dei Palestinesi, occupati e disoccupati.
Mentre stiamo protestando contro il brutale bombardamento di Gaza da parte del nazionalismo israeliano, dobbiamo ricordarci che il nazionalismo palestinese è soltanto meno potente, non certo meno brutale. Purtroppo, questo episodio della bandiera fa gioco al nazionalismo a livello ideologico, rendendo più facile respingere ogni il dissenso nei confronti del governo come un automatico sostegno per “il nemico”.
Certo, cinicamente, vi è una ottima ragione per spiegare come si è arrivati a questo fiasco. Questa manifestazione del 3 gennaio, organizzata dal fronte Hadash[3] del Partito Comunista Israeliano, viene un giorno prima del lancio ufficiale della campagna elettorale di questo partito. E Hadash ha bisogno di assecondare la sua base nazionalista palestinese all’interno della Linea Verde[4] per mantenere il suo peso elettorale nelle prossime elezioni contro i nazionalisti secolari (Al-Tajmua) ed il Movimento Islamista. E questo gioca, ancora una volta, a favore del nazionalismo e, in definitiva, dello stesso capitalismo.
Tutto ciò non può avere altro risultato che la ripetizione di cicli di violenza, che non si fermeranno se non quando prenderemo coscienza che questi nazionalismi servono solo ad appannare la nostra capacità di giudizio ed impedirci di vedere il vero problema, cioè che noi siamo usati per uccidere e per farci uccidere, e per farci concorrenza al servizio di gente che non fa i nostri interessi ma soltanto i suoi. E questo vale sia per gli Israeliani che per i Palestinesi. Sciogliamo il nodo gordiano del nazionalismo e saremo su una via che ci permetterà di avere delle vite migliori per tutti.
(La versione Indymedia di questo articolo finiva con un link all’articolo della CCI su Gaza).
[1] Il 3 gennaio scorso, convocata da Gush Shalom, principale organizzazione pacifista israeliana e da venti altre organizzazioni gauchiste così come da alcuni anarchici e dal Partito Comunista Israeliano, ha avuto luogo a Tel Aviv in Israele una manifestazione contro l’offensiva su Gaza. Erano presenti 10.000 persone, cosa che sembra particolarmente significativa di una crescita importante del rifiuto della guerra nella popolazione israeliana. Allo scopo di meglio sviare le preoccupazioni contro la guerra dei manifestanti verso l’esaltazione del nazionalismo, gli organizzatori avevano chiesto all’Alta Corte di Giustizia di rendere legale la bandiera palestinese e dunque la sua presenza nella manifestazione (NdT).
[2] Senza mettere in discussione tutto il valore della difesa dell’internazionalismo da parte del compagno, occorre precisare che, per noi, i sindacati sono diventati ovunque degli organi della borghesia, e che la loro repressione nel micro-Stato palestinese è legata a lotte sanguinose tra frazioni borghesi. Hamas è del resto una frazione borghese particolarmente oscurantista e limitata, incapace di utilizzare le armi più sofisticate ed efficaci della classe dominante contro il proletariato, cioè la democrazia, il parlamentarismo, la pseudo-libertà di stampa e … i sindacati. È per questo che, effettivamente, Hamas ha frantumato e schiacciato i sindacati.
[3] L’Hadash, Fronte Democratico per la Pace e l’Uguaglianza, in passato Rakah, è una metamorfosi del Partito Comunista Israeliano la cui azione è soprattutto diretta verso la popolazione araba israeliana, a forte composizione operaia, che spinge al reclutamento nel nazionalismo filo-palestinese ed alla difesa di uno Stato palestinese.
[4] Il termine “Linea Verde” si riferisce alla delimitazione del tracciato delle frontiere di Israele nei confronti di alcuni dei suoi stati vicini (Siria, Giordania ed Egitto) che datano dall’armistizio del 1949, alla fine della guerra arabo-israeliana del 1948 (NDT, fonte Wikipedia).