LE RIVENDICAZIONI ECONOMICHE E LA LOTTA DI CLASSE (da Internationalisme n°19, marzo 1947)

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Uno dei problemi che 1’avanguardia rivoluzionaria non ha mai studiato con serietà, preferendo sempre ripetere le acquisizioni semplici e troppo vaghe di un’epoca ormai conclusa, è proprio quello delle rivendicazioni economiche.

Dall’inizio del secolo, la tattica della lotta di classe quotidiana e rivendicativa non è variata in niente.

Sempre alla caccia del minimo incidente tra salariati e padroni, i militanti hanno cercato soprattutto di stabilire una scala di rivendicazioni economiche che potessero essere comprese dalle “pance operaie”.

Ci spiegheremo meglio. Per i militanti i lavoratori possono comprendere solo i problemi legati alla sopravvivenza quotidiana, mentre non sentono nessun problema sociale o politico.

Poiché questo stadio della lotta di classe non supererà mai la fase capitalista della società attuale - dato che le rivendicazioni non esprimono in realtà che una contrattazione tra chi possiede la forza lavoro, gli operai, e chi la compra, i padroni, mercato normale in un’economia di scambio capitalista - sembra non esistere alcun mezzo per far comprendere alla massa operaia la relazione che deve fare tra la lotta economica quotidiana e il suo scopo politico e sociale.

I nostri bravi militanti si rifanno allora, come ad una formula magica, al principio secondo il quale attraverso delle lotte quotidiane, fatalmente, la classe arriverà a capire - sempre attraverso la sua “pancia” - i problemi politici di classe.

Questa tattica non solo esprime un’incomprensione della lotta di classe, ma non riesce nemmeno a tener conto né dei periodi di lotta né delle situazioni contingenti.

La lotta quotidiana contiene in se tutti gli elementi che permettono di denunciare gli abusi della società capitalista attuale, ma soprattutto di rivelare e far comprendere alla classe operaia sia le leggi dell’economia borghese che quelle che la condurranno a scavare la propria fossa. Nella lotta quotidiana molto spesso si mettono avanti solo gli elementi che denunciano gli abusi della presente società. Insistendo su questo piano, nel lavoro di propaganda giornaliero, non si va oltre il livello delle “pance operaie”.

Ciò che è comprensibile per i lavoratori è la loro condizione di vita. Ogni giorno essi si rendono conto della propria miseria. Se ci si limita a mostrare loro solo l’aspetto esteriore dell’abuso che causa la loro miserabile condizione, essi saranno sì portati a riflettere con la propria testa, ma non coglieranno il fatto che, e qui non c'è nessuna fatalità che potrà guidarli, nella società capitalista la loro condizione resterà sempre misera quali che possano essere gli aggiustamenti dei soprusi.

Engels aveva ragione nel dire che il servo era capace di riconoscere la parte del suo lavoro che spettava al signore, mentre all’operaio, quando alla fine di una giornata di lavo ro riceve il salario, risulta impossibile sapere se è stato pagato per otto o quattro ore.

Questo aspetto del sistema capitalista è una vera arma contro il proletariato, soprattutto quando è lo Stato a diventare il capitalista. Se 1’avanguardia si piega al livello della lotta sindacale, si batte e si difende sul terreno capitalista. E su questo terreno è sicuramente battuta perché la borghesia, attraverso i suoi partiti, è capace di offrire di più sul piano verbale e nominale (aumento dei salari, lavoro a cottimo, efficienza, nel sistema capitalistico sono sinonimi di aumento del costo della vita ad un valore superiore).

Un’arma temibile contro la borghesia è al contrario l’azione dell’avanguardia quando, pur denunciando in ogni lotta gli abusi del sistema di produzione e mettendo avanti la necessità di lottare contro la condizione di miseria degli operai, spiega - a chiare lettere e con forza - che il sistema attuale è gravido di nuove miserie per i lavoratori, e non per il solo spirito di lucro dei padroni ma perché il sistema prepara la propria tomba dal punto di vista economico, e quindi sociale e politico; quando spiega che il compito della classe operaia non è quello di lasciarsi trascinare nella voragine capitalista, ma al contrario quello di reagire contro la miseria ponendo la sola soluzione di classe: la Rivoluzione.

E’ su quest’ultimo aspetto della lotta quotidiana che 1’avanguardia deve basare il suo lavoro di propaganda e di agitazione. Il proletariato è pienamente capace di comprendere sia la portata politica della sua lotta che quella economica. Questa comprensione non è funzione del livello intellettuale delle masse, ma di due fattori ugualmente importanti, benché il seconde dipenda dal primo:

  1. le condizioni obiettive di crisi economica e politica della borghesia che si concretizzano in un indebolimento del suo potere repressivo e della sua demagogia politica;
  2. l’azione dell’avanguardia volta a politicizzare e radicalizzare le masse.

Ecco perché diciamo che i militanti oggi non tengono affatto conto del periodo e della congiuntura del momento.

Da tempo conosciamo organizzazioni, quali il PCInternazionalista, l’Union Communiste e la Frazione Francese della Sinistra Comunista[1], che fanno l’esperienza quotidiana di raccattare qualche operaio su delle parole d’ordine economiche per vederli poi disinteressarsi e sparire quando queste organizzazioni si svelano politicamente. Un fatto dunque dovrà essere acquisito: se gli operai non comprendono l’aspetto politico delle loro lotte, può darsi che il nostro metodo sia sbagliato, ma il loro lo è sicuramente dato che attraverso delle semplici rivendicazioni economiche non sono riuscite a radicalizzare i pochi operai che vi si sono avvicinati.

Certo, “il nostro metodo poteva essere sbagliato” soprattutto se non si tiene conto della situazione oggettiva presente. Il problema attuale - e ogni lotta politica è assurda e opportunista se non ne tiene conto - non può essere quello di disputare l’influenza sulle masse lavoratrici ai partiti che hanno tradito la classe, ma di organizzare e formare gli elementi più avanzati nella classe operaia.

Non è un desiderio che noi esprimiamo, ma una conseguenza di un fatto da nessuno ignorato: la classe operaia si trova in una situazione di riflusso che la consegna, legata mani e piedi, alla borghesia.

Si può non accettare questa situazione, gettarsi contro la corrente e tentare di far sentire la voce rivoluzionaria in ogni lotta del proletariato.

Si può anche credere di avere molta volontà ed essere molto forti per dare il colpo di timone alla situazione di riflusso. Così ragionano i gruppi trozkisti e simili.

Poiché la loro influenza sulle masse è quasi nulla, utilizzano delle astuzie da Sioux, nascondendosi, rivelandosi il meno possibile, addolcendo le loro parole d’ordine politiche, credendo così di essere ascoltati dalla classe e all’ultimo momento si rivelano ... davanti a una sala vuota. Con pazienza, ricominciano da capo, ma addolcendo ancora di più l'azione politica e quotidiana, fino al giorno in cui, senza rendersene conto, invece di raddrizzare il timone, si ritrovano piuttosto trascinati dalla corrente in riflusso.

Il risultato, nel primo caso, è la formazione di nuclei di operai coscienti che si raggruppano e si organizzano in ogni fabbrica: la loro azione alla luce del giorno può, alla lunga, risvegliare le masse dalla loro apatia, grazie al lavoro di propaganda politica nelle lotte economiche.

Nel seconde caso, si è così pressati nel tentativo di trasformare i propri desideri in realtà, che si cade nell’opportunismo.

Tra queste due vie noi scegliamo la prima, la sola rivoluzionaria.

Pertanto la nostra azione quotidiana deve orientarsi verso l’analisi economica e politica degli avvenimenti e della situazione in generale.

Il problema delle cosiddette tappe che dovremmo far superare agli operai è un falso problema. Noi non siamo degli educatori e la classe operaia non è un’immensa classe di bambini. Soni i gruppi opportunisti che si danno come compito di sperimentare questa o quella parola d’ordine transitoria, un po’ alla maniera degli istituti Gallup. Questi gruppi riempiono i loro giornali di parole d’ordine di azione per darsi l’illusione di dirigere vasti movimenti di classe che esistono solo nella loro immaginazione. Illusione che continua ad esistere solo in ragione del loro accresciuto opportunismo.

Seconde noi questo metodo non fa avanzare di un passo il movimento operaio nel periodo attuale e non risolve nessuno dei problemi che sono alla base di ogni maturità storica delle masse lavoratrici.

Alla Renault o in qualsiasi altra fabbrica, se si dovessero presentare dei movimenti rivendicativi degli operai, noi metteremo 1’accento sull’aspetto politico del problema, piuttosto che lottare, demagogicamente, per giocare al rialzo sulle rivendicazioni economiche.

Il nostro è un lavoro di propaganda; dobbiamo dimostrare agli operai che il regime capitalista non può che ridurre sempre di più il loro livello di vita. Le rivendicazioni, anche soddisfatte, provocano, a breve scadenza, delle manovre finanziarie che le riduco no a niente.

La lotta degli operai diventa non una lotta per una soddisfazione immediata, ma una volontà costante di opporsi alla fame che la borghesia, malgrado la sua “filantropia”, non può non offrire ai lavoratori.

Questa opposizione in se stessa sarà sterile se al contempo non si fa comprendere la necessità per la classe operaia di passare dalla opposizione difensiva all’offensiva rivoluzionaria.

Il lavoro è lungo e duro: si tratta di tessere il piano della propaganda rivoluzionaria. Questo piano non si può affettare come un salame, ma forma un tutto indivisibile. E’ la sola garanzia di un lavoro effettivo e positivo.

Sadi



[1] L’Union Communiste, scissione del trotzkismo, visse fino alla fine della guerra con alterne vicende politiche. La Frazione Francese della S.C. era l’affiliata francese del PCInt. subito dopo la sua fondazione. Per ulteriori notizie vedi “La Sinistra Comunista d’Italia”, disponibile al nostro indirizzo (n.d.r.).

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