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L'opposizione sindacale dei “Localisti” poi, a partire del 1897, la fondazione della Freie Vereinigung Deutscher Gewerschaften (FVDG, Unione Libera dei sindacati tedeschi) hanno costituito delle basi alla nascita del sindacalismo rivoluzionario organizzato nel movimento operaio tedesco. In modo comparabile alle tendenze sindacaliste rivoluzionarie più importanti in Francia, in Spagna e negli Stati Uniti, questa corrente ha rappresentato, in origine, una reazione proletaria sana all'interno del movimento operaio tedesco contro la politica sempre più allineata sul riformismo della direzione della potente socialdemocrazia e dei suoi sindacati.
Dopo la Prima Guerra mondiale, nel settembre del 1919, è stata fondata la Freie Arbeiter Union Deutschlands (FAUD, Unione dei Lavoratori di Germania). Oramai, in quanto organizzazione “anarcosindacalista” dichiarata, la FAUD si considerava come l'erede diretta di un movimento sindacalista rivoluzionario anteriore alla Prima Guerra mondiale.
Esistono ancora oggi molti gruppi anarcosindacalisti che si richiamano alla tradizione della FVDG e dell'anarcosindacalismo successivo della FAUD degli anni venti. Rudolf Rocker, in quanto ''teorico" più noto dell'anarcosindacalismo tedesco a partire dal 1919, serve spesso come punto di riferimento politico.
Il sindacalismo rivoluzionario in Germania ha tuttavia conosciuto, senza alcun dubbio, una grande trasformazione dopo la sua nascita. Per noi, la questione centrale è di esaminare se il movimento sindacalista rivoluzionario in Germania è stato capace di difendere gli interessi della sua classe, di apportare delle risposte politiche alle questioni scottanti e di rimanere fedele all'internazionalismo del proletariato.
Vale la pena esaminare innanzitutto la sfida più seria alla quale la classe operaia è stata confrontata nel corso degli ultimi decenni del XIX secolo in Germania: il riformismo. In mancanza di ciò, è grande il pericolo di considerare il sindacalismo rivoluzionario in Germania semplicemente come una "strategia sindacale particolarmente radicale" o di vederlo soltanto come una "importazione d'idee" provenienti da paesi latini come la Spagna o la Francia, in cui il sindacalismo rivoluzionario ha sempre svolto un ruolo da lontano più importante che in Germania. L'inizio della degenerazione della socialdemocrazia è dovuto alla comparsa degli ''antenati'' del sindacalismo rivoluzionario. Il partito socialdemocratico tedesco (SPD) ha costituito, all'interno, della II Internazionale (1889-1914), l'organizzazione proletaria più potente ed è servita, per molti anni, da bussola politica per il movimento operaio internazionale. Ma la SPD costituisce innanzitutto il simbolo di un'esperienza tragica: è il tipico esempio di un'organizzazione che, dopo anni passati sul terreno della classe operaia, ha subito un processo di degenerazione insidiosa per infine, negli anni della prima guerra mondiale, passare irrimediabilmente nel campo dominante. La direzione della SPD ha spinto la classe operaia nel 1914 nella carneficina della guerra e si è incaricata di un ruolo centrale nella difesa degli interessi dell'imperialismo tedesco.
Bismarck aveva imposto nel 1878 la “legge antisocialista” che sarebbe rimasta in vigore per 12 anni, sino al 1890. Questa legge, che reprimeva le attività e le riunioni di organizzazioni proletarie, prendeva di mira tuttavia e soprattutto ogni legame organizzativo tra organizzazioni proletarie. Ma la “legge antisocialista” non consisteva affatto, unicamente, in una repressione dura e cieca contro la classe operaia. La classe dominante ha, con le sue misure, cercato di rendere attraenti, agli occhi della direzione della SPD, la partecipazione al parlamento borghese come attività centrale. Abilmente. Essa ha in tal modo facilitato la via alla tendenza riformista in germe nella socialdemocrazia.
Le concezioni riformiste nella socialdemocrazia si espressero precocemente nel Manifesto dei Zurighesi del 1879 e si cristallizzarono intorno alla persona di Eduard Bernstein. Esse rivendicavano di porre il lavoro parlamentare al centro dell'attività del partito allo scopo di conquistare progressivamente il potere all'interno dello Stato borghese. Era dunque un rigetto della prospettiva della rivoluzione proletaria – che deve distruggere lo Stato borghese – a favore della riforma del capitalismo. Bernstein e i suoi sostenitori rivendicavano una trasformazione della SPD, da partito operaio in un'organizzazione la cui funzione era di conquistare la classe dominante alla conversione del capitale privato in capitale comune. Così, la classe dominante doveva diventare essa stessa la molla del superamento del suo proprio sistema, il capitalismo: un'assurdità! Queste concezioni rappresentavano un attacco frontale contro la natura ancora proletaria della SPD. Ma ancor più la corrente di Bernstein faceva apertamente propaganda favore del sostegno all'imperialismo tedesco nella sua politica coloniale approvando la costruzione di potenti navi transoceaniche. Le idee riformistiche di Bernstein sono state, all'epoca del Manifesto dei Zurighesi, nettamente combattute dalla maggioranza della direzione socialdemocratica e non hanno trovato nemmeno grande eco alla base del partito. La storia ha tuttavia mostrato tragicamente, nei decenni successivi, che quella era stata la prima espressione di un cancro che doveva invadere a poco a poco, inesorabilmente, grandi settori della SPD. Non è strano che questa capitolazione aperta di fronte al capitalismo, che Bernstein ha dapprima simboleggiato isolatamente ma che ottenne un'influenza sempre più grande nella socialdemocrazia tedesca, abbia scatenato un riflesso di indignazione all'interno della classe operaia. Non è strano che, in questa situazione, una reazione specifica sia venuta alla luce giustamente tra gli operai combattivi organizzati nei sindacati.
La teoria dei sindacati di Carl Hillmann
Vi era tuttavia già stato nel movimento operaio tedesco, prima del Manifesto dei Zurighesi e sin dall'inizio degli anni 70 del XIX secolo, un primo tentativo intorno a Carl Hillmann in vista di sviluppare una “teoria dei sindacati” indipendenti. Il movimento sindacalista, poco prima della prima guerra mondiale, e soprattutto l'anarcosindacalismo in seguito, non hanno smesso di richiamarvisi. A partire dal maggio del 1873, apparve una serie di articoli con il titolo Indicazioni pratiche di emancipazione sulla rivista Der Volkstaat[1] su cui Hillmann scriveva: “(…) la gran massa dei lavoratori prova una diffidenza nei confronti di tutti i partiti puramente politici perché, da una parte, essi sono spesso traditi e ingannati da questi ultimi e perché, da un'altra parte, l'ignoranza di questi partiti dei movimenti sociali conduce a mascherare l'importanza del loro lato politico; inoltre, i lavoratori mostrano una più grande comprensione e un senso pratico per delle questioni che sono loro più vicine: riduzione del tempo di lavoro, eliminazione dei regolamenti di fabbrica ripugnanti, ecc. L'organizzazione puramente sindacale esercita una pressione durevole sulla legislazione e i governi. Di conseguenza, quest'espressione del movimento operaio è, anch'essa, politica, anche se soltanto in secondo luogo; (…) gli sforzi effettivi di organizzazione sindacale fanno maturare il pensiero della classe operaia verso la sua emancipazione, ed è per questo che queste organizzazioni naturali devono essere poste allo stesso livello dell'agitazione puramente politica e non possono essere considerate né come una formazione reazionaria, né come la coda del movimento politico”.
Dietro il desiderio di Hillmann, negli anni 70 del XIX secolo, di difendere il ruolo dei sindacati in quanto organizzazioni centrali per la lotta della classe operaia, non c'era alcuna intenzione di introdurre una linea di separazione tra la lotta economica e la lotta politica o anche di respingere la lotta politica. La “teoria dei sindacati” di Hillmann era piuttosto principalmente una reazione significativa di fronte alle tendenze emergenti all'interno della direzione della socialdemocrazia, consistente nel subordinare il ruolo dei sindacati, e in generale la lotta di classe, alle attività parlamentari.
Engels, già all'epoca di Hillmann, nel marzo del 1875, criticò quasi esattamente sulla stessa questione il progetto di programma per il congresso d'unione dei due partiti socialisti di Germania a Gotha, che egli giudicava “senza linfa né vigore”: “In quinto luogo, non è nemmeno questione dell'organizzazione della classe operaia, in quanto classe, per mezzo dei sindacati. Ed è questo un punto del tutto essenziale, perché si tratta, propriamente parlando, dell'organizzazione di classe del proletariato, all'interno della quale quest'ultimo conduce le sue lotte quotidiane contro il capitale, e si forma alla disciplina, organizzazione che oggi, anche in mezzo alla più temibile delle reazioni, non può assolutamente essere distrutta. Essendo date l'importanza assunta da questa organizzazione anche in Germania, sarebbe, a nostro parere, assolutamente necessario prenderla in considerazione nel programma e di dargli se possibile un posto nell'organizzazione del partito”[2].
Effettivamente, i sindacati, all'epoca di un capitalismo in pieno sviluppo, erano uno strumento importante per il superamento dell'isolamento dei lavoratori e per lo sviluppo della loro coscienza di sé in quanto classe: una scuola della lotta di classe. La via era ancora aperta per l'ottenimento da parte della classe operaia, della parte del capitalismo in pieno sviluppo, delle riforme durevoli in suo favore[3].
Contrariamente alla storiografia di alcuni settori dell'ambiente anarcosindacalista, non era nell'intenzione di Hillmann di fare della resistenza ai marxisti che avrebbero sempre sotto valutato i sindacati. È questa un'affermazione contro la quale si urta costantemente in modo caratteristico, ma che non corrisponde tuttavia alla realtà. Hillmann si considerava chiaramente, dal punto di vista delle sue concezioni generali, come facente parte dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori (A.I.T.), all'interno della quale militavano anche Marx e Engels. Il fondo delle sue critiche era diretto contro coloro che, all'interno della socialdemocrazia, introducevano la soggezione alla lotta parlamentare, le stesse alle quali Marx e Engels si erano opposti nelle loro critiche al programma di Gotha. Di conseguenza, parlare dell'esistenza , già negli anni 70 del XIX secolo, di un “sindacalismo indipendente” nel movimento operaio tedesco sarebbe sicuramente falso. Come movimento effettivo all'interno della classe operaia in Germania, non si formò che gradualmente una ventina di anni più tardi.
Mentre Hillmann, con un sano istinto proletario, si accorse precocemente della lenta introduzione del cretinismo parlamentare nel movimento operaio tedesco, e reagì a questa situazione, vi è tuttavia una differenza essenziale nel suo modo di procedere in rapporto alla lotta di Marx ed Engels: Hillmann rivendicava in primo luogo l'autonomia dei sindacati e “l'importanza delle questioni di interesse immediato”. Marx, in compenso aveva da parte sua già messo in guardia, alla fine degli anni 60, contro una riduzione della lotta per i salari ad una lotta per il salario: “Sino ad oggi, i sindacati hanno affrontato troppo esclusivamente le lotte sociali e immediate contro il capitale. Essi non hanno ancora capito perfettamente la loro forza di offensiva contro il sistema di schiavitù del salariato e contro il modo di produzione attuale. È per questo che essi si sono tenuti troppo distanti dai movimenti sociali e politici generali”[4].
Come possiamo constatare già a quest'epoca, Marx ed Engels insistevano sull'unità generale della lotta economica e della lotta politica della classe operaia, anche se esse dovevano essere condotte per mezzo di organizzazioni diverse. Le idee di Hillmann nascondevano, in rapporto a questo, la grande debolezza di non impegnarsi in modo conseguente e attivo la lotta politica contro l'ala della SPD esclusivamente orientata verso il parlamento, e di ritirarsi nell'attività sindacale, cedendo così il terreno quai senza combattere al riformismo. Ciò ha fatto il gioco dei suoi avversari perché il confinamento dei lavoratori nella lotta puramente economica è esattamente ciò che ha caratterizzato lo sviluppo del riformismo nel movimento sindacale.
Il sindacalismo rivoluzionario in Germania proviene dal campo anarchico?
Durante l'estate del 1890, si costituì nella SPD una piccola opposizione, quella dei “Giovani”. Ciò che caratterizzava i suoi rappresentanti più noti Wille, Wildberger, Kapfmeyer, Werner e Baginski, era il loro appello a “più libertà” nel partito e il loro atteggiamento antiparlamentare. Essi respingevano inoltre, in una pratica molto localistica, la necessità di un organo centrale per la SPD.
“I Giovani” hanno rappresentato un'opposizione di partito molto eterogenea – che è probabilmente più appropriato designare come un assembramento di membri della SPD scontenti. Tuttavia, lo scontento dei “Giovani” era in realtà del tutto giustificato, perché la tendenza riformista nella socialdemocrazia non era affatto sparita dopo l'abolizione della legge antisocialista nel 1890. A poco a poco, il riformismo guadagnava terreno. Ma la critica dei “Giovani” non è stata in grado di identificare i veri problemi e le radici ideologiche del riformismo. Invece di una lotta politicamente fondata contro l'idea riformista della “trasformazione pacifica” del capitalismo in una società socialista senza classi, i “Giovani” hanno unicamente condotto una violenta campagna contro alcuni capi della SPD e sul terreno di attacchi molto personali. La loro spiegazione del riformismo ha trovato la sua espressione in un'argomentazione immatura e riduttrice che poneva al centro “la ricerca di un vantaggio personale e della celebrità” e la “psicologia dei dirigenti della SPD". Questo conflitto è terminato con l'uscita, e l'esclusione simultanea, dei “Giovani” dalla SPD al congresso di Erfurt del 1891. Questo apriva le porte, nel novembre 1891, alla fondazione dell'Unione Anarchica dei Socialisti Indipendenti (VUS). L'effimera VUS, raggruppamento completamente eterogeneo formato soprattutto da vecchi membri della SPD scontenti, è rapidamente caduta, dopo pesanti tensioni personali, sotto il controllo dell'anarchico Gustav Landauer e sparita tre anni dopo nel 1894.
Alla lettura dei rappresentanti anarcosindacalisti attuali e dei libri più celebri sulla nascita del sindacalismo rivoluzionario in Germania, appare chiaramente l'esistenza di un tentativo, spesso convulsivo, di allacciare un filo rosso risalente verso il passato, per collegarvi l'anarcosindacalismo della FAUD fondata nel 1919. La maggior parte del tempo, queste rappresentazioni consistono in una semplice giustapposizione di differenti movimenti di opposizione nelle organizzazioni operaie tedesche: da Hillmann passando per Johann Most, i “Giovani” e i “Localisti”, poi la FVDG, l'Unione Libera dei sindacati tedeschi e, infine, la FAUD. La semplice esistenza di un conflitto con le tendenze dirigenti rispettive all'interno della socialdemocrazia e dei sindacati è considerata come il punto comune determinante. Ma l'esistenza di un conflitto con la direzione dei sindacati o del partito non costituisce in sé una continuità politica, la quale, a ben guardare, non esiste nemmeno tra tutte queste organizzazioni! In Hillmann, Most e i “Giovani”, si può discernere un'avversione possibile e comune di fronte alle illusioni di fronte al parlamentarismo che guadagna del terreno intorno ad essi. Mentre Hillmann è tuttavia sempre rimasto parte essenziale della Prima Internazionale e della lotta vivente della classe operaia, Most di concerto con Hasselmann, si portò rapidamente, all'inizio degli anni 80 del XIX secolo, nella “propaganda attraverso i fatti” piccolo borghese, isolata e disperata – degli atti terroristi. I “Giovani”non hanno potuto, con i loro attacchi personali, eguagliare la qualità politica di Hillmann che aveva costituito un serio tentativo di dare impulso alla lotta di classe. In seguito, i “Localisti” e la FVDG che essi hanno formato, hanno in compenso rappresentato , per molti anni, un movimento vivo in seno alla classe operaia. Nell'opposizione sindacale, che diede più tardi vita al sindacalismo rivoluzionario in Germania, le idee anarchiche avevano sempre avuto, sino al 1908, una scarsa influenza. Si può tuttavia parlare di una vera “impronta anarchica” sul sindacalismo rivoluzionario tedesco, ma che non si è sviluppato, nel più remoto cerchio dei sindacati socialdemocratici, che dopo la Prima Guerra mondiale.
I “Localisti”: una reazione proletaria contro l'evirazione della classe operaia
Un'opposizione organizzata nella fila dei sindacati socialdemocratici in Germania si formò nel marzo del 1892, ad Halberstadt, durante il primo congresso sindacale dopo l'abolizione della legge antisocialista. La Commissione Generale della centrale sindacale, sotto la direzione di Karl Legien, decretò a questo congresso una separazione assoluta tra la lotta politica e la lotta economica. La classe operaia organizzata nei sindacati, secondo questo punto di vista, doveva limitarsi esclusivamente a delle lotte economiche mentre la sola socialdemocrazia – e soprattutto i suoi deputati al parlamento (!) - dovevano essere competenti per le questioni politiche.
Ma, per le condizioni imposte dai dodici anni della legge antisocialista, i lavoratori organizzati nelle unioni professionali erano abituati alla riunione, all'interno della stessa organizzazione, delle aspirazioni e delle discussioni politiche ed economiche, una riunione che si era sviluppata anche sotto la costrizione delle necessità dell'illegalità.
Le relazioni tra la lotta economica e la lotta politica divennero già, allora, oggetto di uno dei dibattiti centrali all'interno della classe operaia internazionale – ed esse lo sono restate indubbiamente sino ad oggi! In un'epoca di condizioni mature per la rivoluzione mondiale, con l'inizio dell'entrata del capitalismo nella sua fase di decadenza, si è manifestato in modo sempre più chiaro che il proletariato, in quanto classe, poteva e doveva apportare la sua risposta a delle questioni politiche come appunto quella della guerra!
Nel 1892, la direzione del movimento sindacale tedesco, malgrado la dispersione di molti anni in unioni professionali isolate a causa dell'illegalità, crea la sua confederazione centrale sindacale – ma giustamente al tragico prezzo del confinamento dei sindacati alla lotta economica. Questo, non perché, come nel corso degli anni precedenti e sotto la pressione della repressione della legge antisocialista, si doveva rinunciare alla libertà di parola e di riunione su delle questioni politiche, ma sulla base delle concezioni riformiste e delle enormi illusioni sul parlamentarismo che si sviluppavano sempre più. In quanto sana reazione proletaria a questa politica della direzione dei sindacati intorno a Legien, si formò nei sindacati l'opposizione dei “Localisti”. Gustav Kessler vi svolse un ruolo essenziale. Egli aveva lavorato durante gli anni 80 al coordinamento delle unioni professionali per mezzo di un sistema di uomini di fiducia e aveva partecipato in modo preponderante alla pubblicazione dell'organo sindacale Der Bauhandwerker.
Per apprezzare i “Localisti” nel loro giusto valore, si tratta innanzitutto di procedere alla rettificazione di un'errore diffuso: il nome di “Localisti” rinvia innanzitutto, a un'opposizione il cui scopo principale era di occuparsi esclusivamente degli affari della regione o il cui principio sarebbe di rifiutare ogni relazione organizzativa con la classe operaia di altri settori o regioni. Quest'impressione scaturisce spesso dalla lettura della letteratura di oggi, precisamente quella dell'anarcosindacalismo attuale.
È spesso difficile giudicare se una tale interpretazione risulta unicamente da una pura ignoranza della storia oppure della volontà di fare, retrospettivamente, dei “Localisti” e della FVDG, delle organizzazioni di tipo anarcosindacalista – come ne esistono attualmente – con una ideologia localista.
La stessa critica vale anche per quanto riguarda l'utilizzazione troppo schematica di descrizioni molto preziose sugli inizi del sindacalismo rivoluzionario in Germania, tratte dalle fila del marxismo, come quella di Anton Pannekoek. Quando quest'ultimo scrisse nel 1913: “(…) dalla loro pratica, essi si qualificano come “Localisti” e si esprimono così contro la centralizzazione delle grandi federazioni il loro principio più importante di agitazione”[5], si tratta qui, in realtà, di uno sviluppo all'interno del movimento operaio tedesco che non inizia che dal 1904, con l'ulteriore avvicinamento con l'idea delle Borse di lavoro della Carta di Amiens francese (1906), ma che non riguarda il periodo degli anni 90 del XIX secolo.
Non sono i principi federalisti, della lotta di classe che hanno spinto fondamentalmente i “Localisti” a formare la loro opposizione sindacale alla politica di Legien. Di fatto, le forze dirigenti nei sindacati si ammantavano di formule sonore riferendosi al concetto di una “centralizzazione stretta” della lotta della classe operaia per meglio imporre una stretta astensione politica ai lavoratori organizzati sindacalmente. Ciò che si deve constatare, è la comparsa di una dinamica oppositiva nata da questa situazione e che ha cominciato a spingere progressivamente parti dei “Localisti verso concezioni federaliste e anticentralizzatrici. La realtà è molto ben diversa.
Una centralizzazione permettendo la lotta comune della classe operaia e l'espressione della solidarietà oltre i mestieri, i settori e le nazioni era assolutamente necessaria. Tuttavia, la centralizzazione delle centrali sindacali, evocava a ragione l'idea, per alcuni lavoratori, “di organi di controllo” nelle mani dei leader sindacali riformisti. Al cuore della formazione dell'opposizione Localista, alla metà degli anni 90, si trovava di fatto chiaramente l'indignazione in rapporto all'astensione politica decretata per i lavoratori!
Ci sembra importante, a proposito della nascita del sindacalismo rivoluzionario in Germania, di fare una messa a punto riguardante la focalizzazione falsa, spesso esclusiva, sulla questione “federalismo contro centralismo” per mezzo degli stessi termini impiegati da Fritz Kater (uno dei membri più in vista durante gli anni della FVDG e della FAUD): "Lo sforzo per organizzare i sindacati in Germania in confederazioni centrali andava di pari passo con l'abbandono di ogni chiarimento nelle riunioni sugli affari pubblici e politici, e particolarmente di ogni influenza del sindacato su quest'ultime, per dedicarsi esclusivamente nella lotta quotidiana per migliori condizioni di lavoro e di salario. È quest'ultimo punto che giustamente costituiva allora la ragione principale per coloro che sono stati chiamati “Localisti” di respingere e combattere il centralismo della confederazione. Erano comunque allora, in quanto rivoluzionari socialdemocratici e membri del partito, del parere molto giusto che la lotta chiamata sindacale per il miglioramento della condizione dei lavoratori sul terreno dell'ordine costituito non può essere condotta senza toccare in modo incisivo e determinante i rapporti degli operai allo Stato attuale ed ai suoi organi di legislazione e di amministrazione...” (sottolineatura nostra)[6].
Con questa falsa rappresentazione dei “Localisti” come simbolo del federalismo assoluto, gli storici stalinisti e trotskisti oltranzisti danno stranamente la mano a certi scritti neo-sindacalisti, che incensano il federalismo come “nec plus ultra”.
Anche Rudolf Rocker, che non è vissuto in Germania tra il 1893 ed il 1919, e che all'interno della FAUD a partire dal 1920, eresse effettivamente il federalismo a principio teorico singolare, descrive onestamente ed in modo pertinente “il federalismo” dei “Localisti” del 1892 nel seguente modo: “Tuttavia questo federalismo non era assolutamente il prodotto di una nozione politica e sociale come in Pisacane in Italia, Proudhon in Francia e Pi y Margall in Spagna, che è stato ripreso più tardi dal movimento anarchico di questi paesi; è risultato soprattutto dal tentativo di aggirare le disposizioni della legge prussiana dell'epoca in materia di associazione che naturalmente accordavano ai sindacati puramente localisti il diritto di discutere di questioni politiche nelle loro riunioni, ma rifiutavano questo diritto ai membri delle confederazioni centrali”[7].
Nelle condizione della legge antisocialista, abituati a un modo di coordinamento (che si può chiamare anche chiamare centralizzazione!) da una rete di “uomini di fiducia”, era effettivamente difficile per i “Localisti” appropriarsi un'altra forma di coordinamento corrispondente alla modificazione delle condizioni a partire dal 1890. Una tendenza federalista appariva già in embrione senz'altro sin dal 1892. Ma il federalismo dei “Localisti” di questo periodo può essere descritto, indubbiamente in modo più pertinente, come tentativo di fare una virtù del sistema degli “uomini di fiducia”! I “Localisti” restarono tuttavia ancora quasi cinque anni nelle grandi confederazioni sindacali centrali con la volontà di rappresentarvi un'avanguardia combattiva all'interno dei sindacati socialdemocratici e si ritenevano chiaramente come una parte della socialdemocrazia.
La fondazione della FVDG
Nella seconda metà degli anni 90, e soprattutto durante gli scioperi, scoppiavano sempre più dei conflitti aperti tra gli aderenti delle unioni professionali “Localisti” e le confederazioni centrali. In modo latente ma anche violento tra gli operai delle costruzioni a Berlino e durante lo sciopero degli operai portuali nel nel 1896-97 ad Amburgo. Durante questi confronti, la questione centrale era generalmente quella dell'entrata in sciopero: le unioni professionali potevano prendere da se stesse questa decisione dal loro capo o quest'ultima era legata al consenso della direzione della confederazione centrale? A questo proposito, salta agli occhi che i “Localisti” reclutavano i loro aderenti nei mestieri artigianali delle costruzioni (i muratori, i piastrellisti, i carpentieri, presso i quali esisteva una grande “fierezza professionale”) e in proporzione molto meno tra gli operai industriali.
Parallelamente, la direzione della socialdemocrazia inclinava sempre di più, a partire dalla fine degli anni 90, ad accettare il modello apolitico della neutralità dei sindacati della Commissione generale intorno a Legien. Di fronte a questo problema di conflitti nei sindacati, la SPD, per diverse ragioni, aveva a lungo tergiversato e si era espressa con riserva. Anche se i “Localisti”, all'epoca del congresso di Halberstadt nel 1892, non rappresentavano che una minoranza comparativamente piccola di circa 10.000 membri (all'incirca soltanto il 3% dell'insieme dei lavoratori organizzati sindacalmente in Germania), tra di loro si trovavano numerosi vecchi sindacalisti combattivi strettamente legati alla SPD. Per timore di contrariare questi compagni prendendo partito in modo unilaterale nei dibattiti sindacali, ma soprattutto a causa della sua propria mancanza di chiarezza sulle relazioni tra la lotte economica e la lotta politica della classe operaia, la direzione della socialdemocrazia è rimasta a lungo sulla riserva. È soltanto nel 1908 che i membri della FVDG sono stati definitivamente abbandonati dalla direzione della SPD.
Nel maggio del 1897, con 6800 membri[8], nasceva il primo precursore dichiarato, e organizzato in modo indipendente, del futuro sindacalismo rivoluzionario in Germania. Detto con maggior precisione: l'organizzazione che doveva, negli anni successivi, prendere in Germania la via del sindacalismo rivoluzionario. Con questa fondazione di una unione sindacale nazionale si effettuava una scissione storica del movimento sindacale socialdemocratico. Al “primo congresso dei sindacati di Germania organizzati localmente” ad Halle, i “Localisti" proclamarono la loro indipendenza organizzativa. Il nome di “Unione Libera dei Sindacati Tedeschi” (FVDG)[9] non venne adottato che nel settembre del 1901. Il suo organo di stampa fondato di nuovo Die Einigkeit doveva uscire sino al divieto della FVDG all'inizio della guerra nel 1914.
Ancora mano nella mano con la socialdemocrazia?
La celebre risoluzione del congresso del 1897 elaborata da Gustav Kessler esprime nel modo più chiaro su quale comprensione della lotta politica della classe operaia e delle relazioni con la socialdemocrazia si basava la FVDG:
"1. Ogni separazione dal movimento sindacale della politica socialdemocratica cosciente è impossibile, a rischio di paralizzare e fi votare alla sconfitta la lotta per il miglioramento della condizione dei lavoratori sul terreno dell'ordine attuale;
2. che gli sforzi, da cui essi provengono, per distendere o spezzare la relazione con la socialdemocrazia, devono essere considerati come ostili alla classe operaia;
3. che le forme di organizzazione del movimento sindacale che la intralciano nella lotta per degli obiettivi politici devono essere considerate come erronee e condannabili. Il congresso vede nella forma di organizzazione che si è data il partito socialdemocratico di Germania al Congresso di Halle nel 1890, tenuto conto dell'esistenza della legge in materia di associazione, anche per l'organizzazione sindacale la migliore forma e la più appropriata per il perseguimento di tutti gli obiettivi del movimento sindacale”[10].
In queste righe si esprime la difesa delle esigenze politiche della classe operaia ed i potenti attacchi alla socialdemocrazia in quanto “organizzazione sorella”. La relazione alla socialdemocrazia era compresa come un ponte con la politica. La fondazione della FVDG, di conseguenza, non costituiva, a livello programmatico, un rifiuto dello spirito della lotta di classe difeso da Marx, o un rifiuto del marxismo in generale, ma al contrario un tentativo di mantenere questo spirito. Il desiderio formulato dalla FVDG di non lasciare sfuggire dalle mani dei lavoratori “la lotta per degli obiettivi politici” costituiva anche la forza essenziale dei suoi anni di fondazione.
I dibattiti al “IV Congresso della centralizzazione da parte degli uomini di fiducia” nel maggio del 1900 mostrano la fermezza dell'attaccamento politico alla socialdemocrazia. La FVDG conta allora circa 20.000 membri. Kessler difende anche la rivendicazione di una possibile fusione dei sindacati e del partito, che è stata accettata in una risoluzione: “L'organizzazione politica e sindacale devono dunque riunificarsi. Questo non può verificarsi subito, perché le circostanze, che si sono sviluppate storicamente, hanno il diritto di esistere; ma abbiamo probabilmente il dovere di preparare questa unificazione, rendendo i sindacati adatti a restare i portatori del pensiero socialista (…). Chiunque sia convinto che la lotta sindacale e politica sia la lotta di classe, che non può in fondo che essere condotta dallo stesso proletariato, questi è nostro compagno ed è con noi sulla stessa barca”[11].
Dietro questo punto di vista che rifiuta di confinarsi esclusivamente nella lotta economica da una parte e, dall'altra parte, che aspira a legarsi alla più grande organizzazione politica della classe operaia tedesca, la SPD, si trova una sana esigenza. Ma vi è anche chiaramente, in germe, la confusione ulteriore del sindacalismo rivoluzionario a proposito della “organizzazione unitaria”. Un'idea che doveva manifestarsi in Germania anni più tardi a partire dal 1919, non soltanto nel sindacalismo rivoluzionario, ma soprattutto nelle “unioni operaie”. La visione della FVDG che aspirava alla lotta comune con la socialdemocrazia presente nella risoluzione del 1900 doveva tuttavia, lo stesso anno, essere duramente messa alla prova.
Il “conflitto sindacale di Amburgo”
Quando nel 1900 ad Amburgo, la confederazione centrale dei sindacati concluse un accordo con gli i lavoratori che miravano all'abolizione del lavoro a cottimo, una parte dei muratori forfettari si oppose. Essi ripresero il lavoro, furono accusati di essere dei distruttori di sciopero ed esclusi dalla confederazione centrale dei sindacati. Successivamente i muratori forfettari aderirono alla FVDG. L'esclusione di questi lavoratori dal partito fu immediatamente richiesta dalla SPD di Amburgo, decisione tuttavia respinta da una giuria d'arbitraggio della SPD.
Non a causa di una prossimità politica con la FVDG, ma nella sua lotta contro il riformismo e, in questo quadro, soprattutto nello sforzo di chiarire le relazioni tra la lotta economica e la lotta politica per la classe operaia, Rosa Luxemburg difese la decisione della giuria d'arbitraggio di non escludere dalla SPD i muratori FVDG di Amburgo. Esigette certamente “di infliggere un severo monito ai muratori forfettari”[12] per aver spezzato lo sciopero, ma respingeva vigorosamente il punto di vista burocratico e formale di far ammettere una rottura dello sciopero come motivo di esclusione immediata dei lavoratori dal partito. La confederazione centrale dei sindacati socialdemocratici aveva essa stessa alcune volte fatto ricorso, nei confronti della FVDG, alla rottura dello sciopero! La SPD non doveva, secondo il punto di vista di Rosa Luxemburg, diventare il “terreno di scontro” dei sindacati. Il partito non si fa giudice della classe operaia.
Rosa Luxemburg aveva capito che, dietro questo violento affare sindacale dei muratori forfettari di Amburgo, si nascondevano delle questioni molto più centrali. Le stesse questioni che si trovavano al cuore dei rapporti presentati nella FVDG a proposito della “unificazione” del partito e dell'organizzazione di massa sindacale: la distinzione tra un'organizzazione politica rivoluzionaria da una parte e la forma organizzativa di cui deve dotarsi la classe operaia nei momenti aperti della lotta di classe: “In pratica ciò condurrebbe in ultima istanza all'unione tra l'organizzazione politica e l'organizzazione economica della classe operaia, confusione nella quale le due forme di lotta perderebbero. La loro separazione esterna e la loro divisione del lavoro generate e condizionate storicamente non farebbero che regredire”[13].
Se Rosa Luxemburg nel 1900, come il movimento operaio nel suo insieme, non poteva allora ancora superare l'orizzonte della forma di organizzazione sindacale tradizionale della classe operaia e considerava i sindacati come le grandi organizzazioni della lotta di classe economica, è perché è soltanto negli anni successivi che la classe operaia si troverà confrontata al compito di far sorgere lo sciopero di massa ed i consigli operai – le fucine rivoluzionarie che uniscono la lotta politica.
L'unificazione della lotta della classe operaia, che si trovava in Germania dispersa in diversi sindacati, era infatti storicamente necessaria. Ma questo scopo non poteva essere conseguito dalla strumentalizzazione formale dell'autorità di partito in vista di disciplinare i lavoratori, come volevano le confederazioni centrali. Non potevano esserlo con l'aiuto della concezione delle “organizzazioni unitarie” che sottovalutavano la necessità di un partito politico, un'idea che ha iniziato a svilupparsi nelle fila della FVDG. Il problema non poteva nemmeno essere risolto da un “grande sindacato”, ma soltanto dall'unificazione della classe operaia nella lotta di classe stessa. Il congresso di partito della SPD a Lubecca nel 1901 rifiutò, sicuramente su pressione di Rosa Luxemburg, e probabilmente in modo formale, di dover svolgere il ruolo di tribunale d'arbitraggio tra la confederazione sindacale centrale e la FVDG. Esso ha tuttavia adottato allo stesso tempo “la risoluzione Sonderbund" di Bernstein che minacciava per il futuro ogni scissione sindacale con l'esclusione dal partito. La SPD cominciava così chiaramente a prendere le distanze con la FVDG.
Negli anni 1900 e 1901, la FVDG soffriva di tensioni interne crescenti concernenti soprattutto la questione del mutuo sostegno finanziario attraverso una cassa di sciopero unitario. Si manifestarono forti tendenze particolaristiche e una mancanza di spirito di solidarietà nelle sue proprie fila. L'esempio del sindacato dei coltellinai e dei pressatori di Solingen è tipico: esso aveva ricevuto dalla Commissione amministrativa della FVDG un sostegno finanziario per un lungo periodo, ma minacciò di partire immediatamente quando fu esso stesso sollecitato finanziariamente per fornire il suo aiuto ad altri scioperi.
Dal gennaio del 1903 al marzo del 1904, di fronte all'iniziativa e alla pressione della SPD, si svolsero delle negoziazioni furtive tra la FVDG e la confederazione sindacale centrale, con l'obiettivo di reintegrare la FVDG nella confederazione centrale. Le negoziazioni fallirono. All'interno della stessa FVDG, queste negoziazioni di unificazione scatenarono violenti tensioni tra Fritz Kater, che rappresentava la tendenza chiaramente sindacalista rivoluzionaria che si svilupperà più tardi, e Hinrichsen che cedette alla pressione delle confederazioni centrali. Tra i lavoratori organizzati si verificò una enorme destabilizzazione. Circa 4400 membri della FVDG (più del 25%) passarono nel 1903/04 alla confederazione centrale! Le negoziazioni mancate di unificazione in un clima di reciprova diffidenza condussero, da una parte ad un indebolimento sensibile della FVDG e rappresentarono il primo capitolo della sua storica rottura con la SPD.
Conclusione
Sino al 1903, spetta ai “Localisti" e alla FVDG in Germania, ilò merito di aver espresso la necessità vitale dei lavoratori di non concepire le questioni politiche come un “affare riservato al partito”. Essi si sono così opposti chiaramente al riformismo e alla sua “delega della politica ai parlamentari". La FVDG era un movimento proletario politicamente molto motivato e molto combattivo, ma eterogeneo e completamente racchiuso sul terreno sindacale. In quanto assemblaggio debole di piccole unioni professionali sindacali, gli era evidentemente impossibile svolgere il ruolo di un'organizzazione politica della classe operaia. Per soddisfare la sua “spinta verso la politica” avrebbe dovuto avvicinarsi più fortemente all'ala rivoluzionaria della SPD.
Inoltre, la storia dei “Localisti” e della FVDG mostra che è inutile cercare “l'ora esatta” di nascita del sindacalismo rivoluzionario tedesco”. Quest'ultimo è risultato piuttosto da un processo, estendentisi in molti anni, di distacco di una minoranza proletaria dal girone della socialdemocrazia e dei sindacati socialdemocratici
La sfida della questione dello sciopero di massa, direttamente posto al sindacalismo rivoluzionario, doveva diventare un'altra tappa nello sviluppo di quest'ultimo in Germania. Il prossimo articolo affronterà i dibattiti intorno allo sciopero di massa e la storia della FVDG, della definitiva rottura con la SPD nel 1908, sino alla deflagrazione della prima guerra mondiale.
Mario (27 ottobre 2008)
Tradotto da: Revue Internationale n° 137, 2° trimestre 2009.
[1] Il Volkstaat era l'organo del Partito Socialista Operaio di Germania, della tendenza detta di Eisenach sotto la direzione di Wilhelm Liebknecht e di August Bebel.
[2] Lettera di Engels a August Bebel, 18/28 marzo 1875, in Marx, Engels, Critique des Programmes de Gotha et d’Erfurt, Editions Sociales, 1950, p. 47, Tr. it.: Marx-Engels, Critica del programma di Gotha, Samona e Savelli, Roma, 1972; ma anche Critica del programma di Erfurt; Critica al programma di Gotha, Edizioni del Maquis, Milano, 1976.
[3] Vedere il nostro opuscolo I sindacati contro la classe operaia.
[4] Risoluzione (redatta da Marx) del I Congresso dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori, Ginevra, 1866, in Marx Textes 2, Editions sociales, classiques du marxisme, p. 237; Tr. it.: (a cura di Gian Maria Bravo), La prima Internazione. Storia documentaria, 2 voll., Editori Riuniti, Roma, 1978.
[5] Anton Pannekoek: Le Syndicalisme allemand [Il sindacalismo tedesco], 1913.
[6] Fritz Kater, Fünfundzwanzig Jahre Freie Arbeiter-Union Deutsclands (Synkalisten), Der Syndikalist n° 20, 1922.
[7] Rocker, Aus den Memoiren eines deutschen Anarchisten, Ed. Suhrkamp, p. 288.
[8] Vedere anche: www.syndikalismusforschung.info/museum.htm
[9] La grande confederazione centrale dei sindacati di chiamava ufficialmente “Sindacati Liberi”. La prossimità linguistica con il nome di “Unione Libera” portava frequentemente a delle confusioni.
[10] Citato da W. Kulemann, Die Berufvereine, tomo 2, Jena, 1908, p. 46.
[11] Resoconto verbale della FVDG, citato da D. H. Müller, Gewerkschaftliche Versammlungsdemokratie und Arbeiterdelegierte, 1985, p. 159.
[12] Rosa Luxemburg, Der Parteitag und des hamburger Gewerkschaftsstreit, Gesammelte Werke, tome 1/2, p. 117.
[13] Ibidem, p. 116.