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Gli scioperi generati da un'immensa rabbia in Gran Bretagna lo scorso giugno, dopo decenni di attacchi subiti e di difficoltà a rispondervi, hanno segnato un netto cambiamento di mentalità nella classe operaia: “Quando è troppo è troppo!”. Le grandi manifestazioni contro la riforma delle pensioni in Francia, il moltiplicarsi di scioperi e manifestazioni in tutto il mondo confermano la realtà di una vera rottura: i proletari si rifiutano di subire nuovi attacchi senza reagire! Di fronte all'inflazione, ai licenziamenti, alle “riforme”, al precariato, al totale disprezzo, al continuo deterioramento delle condizioni di vita e di lavoro, il proletariato rialza la testa!
Il proletariato ritrova la sua combattività a livello internazionale
In Francia, credendo di seppellire rapidamente il movimento, la borghesia si scontra con un'enorme mobilitazione, una rabbia profonda e duratura.
In Spagna, continuano le grandi mobilitazioni contro il collasso del sistema sanitario e il deterioramento delle condizioni di lavoro, con lotte e scioperi in diversi settori.
In Germania, i proletari del settore pubblico e gli impiegati delle poste chiedono aumenti salariali. Il settore dei trasporti è stato paralizzato da un mega streik e la situazione si sta aggravando ulteriormente in vista delle trattative in corso tra datori di lavoro e sindacato IG Mettal, che cerca di contenere la rabbia crescente.
In Grecia, la classe operaia ha espresso in modo esplosivo la sua indignazione a seguito di un incidente ferroviario che ha causato la morte di 57 persone, che ha rivelato la mancanza di mezzi, di personale e il cinismo della borghesia che voleva incolpare un capro espiatorio per discolparsi della politica di massicci e micidiali tagli di bilancio.
In Danimarca, sono scoppiati scioperi e manifestazioni contro la soppressione di una festività destinata a finanziare l'aumento del budget militare per lo sforzo bellico in Ucraina.
L'elenco dei conflitti sociali potrebbe essere molto più lungo in quanto diffusi e presenti in tutti i continenti.
A poco a poco, la divisione tra sfruttatori e sfruttati, che la borghesia sosteneva superata, riappare agli occhi dei proletari, anche se ancora molto confusa e balbettante. L’aggravarsi della crisi economica, in un mondo sempre più frammentato, accresce infatti la brutalità dello sfruttamento della forza lavoro e, di ritorno, genera lotte che spingono alla solidarietà e alla riflessione. Di fronte a condizioni di lavoro palesemente ingiuste e semplicemente intollerabili e insopportabili, i proletari, siano essi del settore pubblico o privato, in camice blu o bianco, dietro un registratore di cassa o una scrivania, in fabbrica o disoccupati, iniziano a riconoscersi come vittime dello stesso sistema e attori di un destino comune attraverso la lotta. In breve, i proletari, senza esserne ancora consapevoli, stanno facendo i primi passi per riconoscersi come classe sociale: la classe operaia.
Meglio ancora: i proletari cominciano a mettersi in contatto tra loro al di là delle frontiere, come abbiamo visto con lo sciopero degli operai di una raffineria belga in solidarietà con gli operai in Francia, o lo sciopero alla “Mobilier national” in Francia, prima dell'arrivo (ritardato) di Carlo III a Versailles, in solidarietà con “gli operai inglesi che da settimane scioperano per aumenti salariali”. Attraverso queste espressioni di solidarietà, ancora molto embrionali, i lavoratori cominciano a riconoscersi come classe internazionale: siamo tutti sulla stessa barca!
Ma se molti paesi in tutti i continenti sono colpiti da questa ondata crescente, lo sono comunque a livelli molto diversi, con livelli molto differenti di fragilità, mobilitazione e consapevolezza. La situazione attuale viene infatti a confermare pienamente la distinzione che va fatta tra il vecchio proletariato dei paesi centrali, in particolare dell'Europa occidentale, e quello dei suoi fratelli di classe nei paesi della periferia. Come abbiamo potuto constatare in Cina o in Iran, la mancanza di esperienza storica della lotta, la presenza di strati sociali intermedi più ampi, il peso più marcato delle mistificazioni democratiche, espongono maggiormente i lavoratori al rischio di annegare nella rabbia degli strati intermedi piccolo-borghesi e più impoveriti. O addirittura di essere inglobati da una frazione borghese, come dimostra la situazione in Perù.
Se le lotte stanno portando a un lento riemergere dell'identità di classe, è nell'Europa occidentale che questa si manifesta maggiormente, sul terreno di classe e con una consapevolezza, certo ancora debole, ma più avanzata: attraverso gli slogan, i metodi di lotta, il processo di maturazione della coscienza nelle minoranze alla ricerca di posizioni politiche proletarie, attraverso la riflessione che si sta avviando in modo più ampio all'interno delle masse lavoratrici.
Il proletariato muove quindi i primi passi in una lotta di resistenza di fronte alla crescente barbarie e ai brutali attacchi del capitale. Quali che siano i risultati immediati di questa o quella lotta, le vittorie (sempre provvisorie finché il capitalismo non sarà rovesciato) o i fallimenti, la classe operaia oggi apre la strada ad altre lotte ovunque nel mondo. Spinto dall'aggravarsi della crisi del capitalismo e dalle sue disastrose conseguenze, il proletariato in lotta indica la strada!
Una corsa contro la caduta del capitalismo nella crisi e nel caos
La responsabilità storica della classe rivoluzionaria di fronte ai pericoli che il sistema capitalista pone all'intera umanità (clima, guerra, minacce nucleari, pandemie, impoverimento, ecc.) si fa più intensa e drammatica. Il mondo capitalista sta precipitando in un caos sempre più sanguinoso, e questo processo non solo sta accelerando bruscamente, ma è ora sotto gli occhi di tutti[1].
Già un anno di guerra e massacri in Ucraina! Questo conflitto barbaro e distruttivo continua con combattimenti senza fine, come dimostra la polarizzazione mortale attorno a Bakhmut, testimonianza di un tragico stallo. Accumulando le rovine alle porte dell'Europa, questo conflitto ha già superato le perdite umane dei soldati dell'Armata Rossa caduti durante dieci anni di guerra in Afghanistan (dal 1979 al 1989)! Per entrambe le parti, le stime portano già il numero dei morti ad almeno 300.000![2] La follia omicida in Ucraina rivela il volto orrendo del capitalismo decadente il cui militarismo permea ogni fibra.
Dopo il terribile shock della pandemia Covid-19, in un contesto di caos, crisi di sovrapproduzione, penuria e indebitamento massiccio, la guerra in Ucraina non ha fatto altro che rafforzare i peggiori effetti della decomposizione del modo di produzione capitalista, portando a una fenomenale accelerazione del marcire della società.
Guerra e militarismo, crisi climatica, disastri di ogni genere, disorganizzazione dell'economia mondiale, ascesa delle peggiori ideologie irrazionali, crollo delle strutture statali di assistenza, istruzione, trasporti... questa cascata di fenomeni catastrofici non solo si aggravano drammaticamente, ma si alimentano a vicenda, spingendosi in una sorta di "vortice" infernale al punto di a minacciare una vera e propria distruzione della civiltà.
Gli ultimi avvenimenti non fanno che confermare ulteriormente questa dinamica: la guerra aggrava una crisi economica già molto profonda. Oltre all'elevata inflazione, alimentata dalla corsa agli armamenti, si registra un’ulteriore turbolenza nel settore bancario in Europa e negli Stati Uniti, segnata dal fallimento di banche, tra cui la Silicon Valley Bank (SVB) in California e dal salvataggio di Credit Suisse con un'acquisizione forzata da parte di UBS. Lo spettro di una crisi finanziaria incombe di nuovo sul mondo; il tutto in un contesto di accresciuto disordine planetario, concorrenza sfrenata, spietata guerra commerciale che spinge gli Stati a politiche senza controllo, tendendo ad accelerare la frammentazione e i disastri, non ultimo il riscaldamento globale[3]. Queste catastrofi non possono che portare a nuove convulsioni e a una corsa a capofitto verso la crisi, con fenomeni imprevedibili.
Mentre la classe operaia intraprende la lotta sul terreno di classe, il sistema capitalista può solo farci precipitare nel fallimento e nella distruzione se non viene rovesciato dal proletariato. Questi due poli della situazione storica si scontreranno e si confronteranno ulteriormente nei prossimi anni. Questa evoluzione, nonostante le sue complesse dinamiche, finirà per mostrare più nettamente l'unica alternativa storica possibile: il comunismo o la distruzione dell'umanità!
WH, 5 aprile 2023
[1] Compresa la borghesia che, nell'ultimo rapporto sui rischi globali del forum di Davos, ha esposto con molta lucidità la catastrofe in cui ci sta trascinando il capitalismo.
[2] L'ONU ha anche reso noto che ci sono state esecuzioni sommarie da entrambe le parti.
[3] Da fine marzo, in Spagna, nuovi incendi "tipici dell'estate" hanno già costretto all'evacuazione 1500 persone!