Regno Unito, Francia, Germania, Spagna, Messico, Cina... Andare oltre il 1968!

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“Quando è troppo è troppo!” - Regno Unito. “Non un anno di più, non un euro di meno” - Francia. “L’indignazione viene da lontano” - Spagna. “Per tutti noi” - Germania. Tutti questi slogan, scanditi durante gli scioperi degli ultimi mesi in tutto il mondo, mostrano fino a che punto le attuali lotte dei lavoratori esprimono il rifiuto del deterioramento generale delle nostre condizioni di vita e di lavoro. In Danimarca, Portogallo, Olanda, Stati Uniti, Canada, Messico, Cina... gli stessi scioperi contro lo stesso sfruttamento sempre più insopportabile. “La vera galera: non potersi riscaldare, mangiare, curarsi, guidare!”

Ma le nostre lotte sono anche molto più di questo. Nelle manifestazioni, iniziamo a vedere su alcuni cartelli il rifiuto della guerra in Ucraina, il rifiuto di produrre sempre più armi e bombe, di dover stringere la cinghia in nome dello sviluppo di questa economia di guerra: Nelle manifestazioni in Francia abbiamo sentito gridare “Niente soldi per la guerra, niente soldi per le armi, soldi per i salari, soldi per le pensioni”. Queste lotte esprimono anche il rifiuto di vedere il pianeta distrutto in nome del profitto.

Le nostre lotte sono l’unico baluardo contro questa dinamica autodistruttiva, l’unico baluardo contro la morte che il capitalismo promette a tutta l’umanità. Perché, lasciato alla sua logica, questo sistema decadente trascinerà parti sempre più ampie dell’umanità nella guerra e nella miseria, distruggerà il pianeta con i gas serra, le foreste rase al suolo e le bombe.

Il capitalismo sta portando l’umanità al disastro!

La classe che governa la società mondiale, la borghesia, è in parte consapevole di questa realtà, del futuro barbarico che il suo sistema morente ci promette. Basta leggere gli studi e i lavori dei suoi stessi esperti per rendersene conto. Secondo il “Rapporto sui rischi globali” presentato al Forum economico mondiale di Davos nel gennaio 2023: “I primi anni di questo decennio hanno preannunciato un periodo particolarmente travagliato della storia umana. Il ritorno a una ‘nuova normalità’ dopo la pandemia Covid-19 è stato rapidamente compromesso dallo scoppio della guerra in Ucraina, che ha dato il via a una nuova serie di crisi alimentari ed energetiche [...]. Nel 2023, il mondo si trova ad affrontare una serie di rischi [...]: inflazione, crisi del costo della vita, guerre commerciali [...], scontri geopolitici e lo spettro della guerra nucleare [...], livelli insostenibili di debito [...], sviluppo umano in declino [...], pressione crescente degli impatti e delle ambizioni legate al cambiamento climatico [...]. Tutti questi elementi stanno convergendo per dare forma a un decennio unico, incerto e turbolento”.

In realtà, il prossimo decennio non è così “incerto”, poiché secondo questo stesso Rapporto: “Il prossimo decennio sarà caratterizzato da crisi ambientali e sociali [...], dalla ‘crisi del costo della vita’ [...], dalla perdita di biodiversità e dal collasso degli ecosistemi [...], dallo scontro geo-economico [...], da migrazioni involontarie su larga scala [...], dalla frammentazione dell’economia globale, da tensioni geopolitiche [...]. La guerra economica sta diventando la norma, con un crescente scontro tra le potenze mondiali [...]. Il recente aumento delle spese militari [...] potrebbe portare a una corsa agli armamenti globale [...], con l’impiego mirato di armi di nuova tecnologia su una scala potenzialmente più distruttiva di quanto si sia visto negli ultimi decenni”.

Di fronte a questa prospettiva sconvolgente, la borghesia non può che essere impotente. Essa e il suo sistema non sono la soluzione, ma la causa del problema. Se attraverso i grandi media cerca di farci credere che sta facendo tutto il possibile per combattere il riscaldamento globale, che un capitalismo ‘verde’ e ‘sostenibile’ è possibile, in realtà conosce la portata della sua menzogna. Infatti, come sottolinea il “Rapporto sui rischi globali”: “I livelli atmosferici di anidride carbonica, metano e protossido di azoto hanno tutti raggiunto il picco. Le traiettorie delle emissioni rendono altamente improbabile il raggiungimento delle ambizioni mondiali di limitare il riscaldamento a 1,5°C. Gli eventi recenti hanno evidenziato una divergenza tra ciò che è scientificamente necessario e ciò che è politicamente opportuno”.

In realtà, questa “divergenza” non si limita alla questione climatica. Essa esprime la contraddizione fondamentale di un sistema economico basato non sulla soddisfazione dei bisogni umani ma sul profitto e sulla competizione, sulla predazione delle risorse naturali e lo sfruttamento feroce della classe che produce la maggior parte della ricchezza sociale: il proletariato, i lavoratori salariati di tutti i paesi.

È possibile un altro futuro?

Il capitalismo e la borghesia costituiscono uno dei due poli della società, quello che conduce l’umanità verso la miseria e la guerra, verso la barbarie e la distruzione. L’altro polo è il proletariato e la sua lotta. Da un anno a questa parte, nei movimenti sociali che si stanno sviluppando in Francia, Regno Unito e Spagna, lavoratori, pensionati, disoccupati e studenti sono uniti. Questa solidarietà attiva, questa combattività collettiva, sono la testimonianza di quella che è la natura profonda della lotta dei lavoratori: una lotta per un mondo radicalmente diverso, un mondo senza sfruttamento o classi sociali, senza competizione, senza frontiere o nazioni. “I lavoratori restano uniti”, gridano gli scioperanti nel Regno Unito. “O lottiamo insieme o finiremo per dormire per strada”, confermano i manifestanti in Francia. Lo striscione “Per tutti noi”, sotto il quale si è svolto lo sciopero contro l’impoverimento in Germania il 27 marzo, è particolarmente significativo di questo sentimento generale che sta crescendo nella classe operaia: siamo tutti sulla stessa barca e lottiamo gli uni per gli altri. Gli scioperi in Germania, Regno Unito e Francia si ispirano l’uno all’altro. In Francia, gli operai hanno scioperato esplicitamente in solidarietà con i loro fratelli di classe in lotta in Inghilterra: “Siamo solidali con gli operai inglesi, che sono in sciopero da settimane per salari più alti”. Questo riflesso di solidarietà internazionale è l’esatto contrario del mondo capitalista diviso in nazioni concorrenti, fino alla guerra. Ricorda il grido di battaglia che è proprio della nostra classe sin dal 1848: “I proletari non hanno patria! Proletari di tutti i paesi, unitevi!”

1968

In tutto il mondo il clima sociale sta cambiando. Dopo decenni di pigrizia e di cedimenti, la classe operaia sta iniziando a ritrovare la strada della lotta e della dignità. Ecco quello che hanno dimostrano “l’Estate della rabbia” e il ritorno degli scioperi nel Regno Unito, quasi quarant’anni dopo la sconfitta dei minatori da parte della Thatcher nel 1985.

Ma tutti avvertiamo le difficoltà e i limiti attuali delle nostre lotte. Di fronte al rullo compressore della crisi economica, all’inflazione e agli attacchi dei governi che loro chiamano “riforme”, non siamo ancora in grado di stabilire un rapporto di forze a nostro favore. Spesso isolati in scioperi separati, o frustrati dalla riduzione delle nostre manifestazioni a cortei-sfilate, senza riunioni o discussioni, senza assemblee generali né organizzazione collettiva, aspiriamo tutti a un movimento più ampio, più forte, più unitario e solidale. Nei cortei in Francia, l’appello per un nuovo Maggio 68 ritorna costantemente. Di fronte alla “riforma” che porta l’età pensionabile a 64 anni, lo slogan più diffuso sui cartelloni è: “Tu ci porti a 64, noi ti riportiamo al Maggio 68”.

Nel 1968, il proletariato francese si unì prendendo in mano le proprie lotte. Dopo le grandi manifestazioni del 13 maggio per protestare contro la repressione poliziesca subita dagli studenti, gli scioperi e le assemblee generali si diffusero a macchia d’olio nelle fabbriche e in tutti i luoghi di lavoro per sfociare, con i suoi 9 milioni di scioperanti, nel più grande sciopero della storia del movimento operaio internazionale. Di fronte a questa dinamica di estensione e unità della lotta operaia, il governo e i sindacati si affrettarono a firmare un accordo per un aumento generale dei salari al fine di fermare il movimento. Contemporaneamente a questo risveglio della lotta operaia, si vide un forte ritorno all’idea della rivoluzione, che veniva discussa da molti lavoratori in lotta.

Un evento di questa portata era il segno di un cambiamento fondamentale nella vita della società: era la fine della terribile controrivoluzione che si era abbattuta sulla classe operaia a partire dalla fine degli anni ‘20, con il fallimento della rivoluzione mondiale dopo la prima vittoria dell’ottobre 1917 in Russia. Una controrivoluzione che aveva assunto il volto orrendo dello stalinismo e del fascismo, che aveva aperto le porte alla Seconda Guerra Mondiale con i suoi 60 milioni di morti e che era proseguita per i due decenni successivi. E questo fu rapidamente confermato in tutte le parti del mondo da una serie di lotte di una portata sconosciuta da decenni:

- L’Autunno caldo italiano del 1969, noto anche come “Maggio rampante”, che vide lotte massicce nei principali centri industriali e una sfida esplicita alla leadership sindacale.

- La rivolta operaia di Córdoba, in Argentina, nello stesso anno.

- I grandi scioperi dei lavoratori baltici in Polonia nell’inverno 1970-71.

- Numerose altre lotte negli anni successivi in quasi tutti i paesi europei, in particolare nel Regno Unito.

- Nel 1980, in Polonia, di fronte all’aumento dei prezzi dei generi alimentari, gli scioperanti portarono avanti questa ondata internazionale prendendo in mano le loro lotte, riunendosi in grandi assemblee generali, decidendo da soli quali richieste avanzare e quali azioni intraprendere e, soprattutto, avendo come preoccupazione costante quella di estendere la lotta. Di fronte a questa forza, non fu solo la borghesia polacca a tremare, ma la borghesia di tutti i paesi.

In due decenni, dal 1968 al 1989, un’intera generazione di lavoratori ha acquisito esperienza nella lotta. Le sue numerose sconfitte, e talvolta le sue vittorie, hanno permesso a questa generazione di affrontare le numerose trappole tese dalla borghesia per sabotare, dividere e demoralizzare. Le sue lotte devono permetterci di trarre lezioni vitali per le nostre lotte attuali e future: solo il riunirsi in assemblee generali aperte e di massa, autonome, che decidono realmente come portare avanti il movimento, al di fuori e persino contro il controllo sindacale, può costituire la base di una lotta unitaria e che si estende, portata avanti dalla solidarietà tra tutti i settori, tutte le generazioni. Assemblee generali nelle quali ci sentiamo uniti e fiduciosi nella nostra forza collettiva. Assemblee generali dove possiamo adottare insieme richieste sempre più unificanti. Assemblee generali dove ci riuniamo e dalle quali possiamo partire in folte delegazioni per incontrare i nostri fratelli di classe, i lavoratori della fabbrica, dell’ospedale, della scuola, del centro commerciale, degli uffici ... più vicini a noi.

La nuova generazione di lavoratori, che ora sta prendendo il testimone, deve riunirsi, discutere, riappropriarsi delle grandi lezioni delle lotte passate. Le vecchie generazioni devono raccontare ai giovani le proprie lotte, in modo che l’esperienza accumulata possa essere trasmessa e diventare un’arma nelle lotte future.

E domani?

Ma bisogna anche andare oltre. L’ondata di lotte internazionali iniziata nel maggio 1968 è stata una reazione al rallentamento della crescita e alla ricomparsa della disoccupazione di massa. Oggi la situazione è molto più grave. Lo stato catastrofico del capitalismo mette in gioco la sopravvivenza stessa dell’umanità. Se non riusciamo a rovesciarlo, la barbarie andrà a generalizzarsi progressivamente.

Lo slancio del Maggio 68 è stato infranto da una doppia menzogna della borghesia: quando i regimi stalinisti sono crollati nel 1989-91, hanno sostenuto che il crollo dello stalinismo significava la morte del comunismo e che si stava aprendo una nuova era di pace e prosperità. Tre decenni dopo, sappiamo per esperienza che invece di pace e prosperità abbiamo avuto guerra e miseria. Ci resta da capire che lo stalinismo è l’antitesi del comunismo, che è una forma particolarmente brutale di capitalismo di Stato emersa dalla controrivoluzione degli anni ‘20. Falsificando la storia, spacciando lo stalinismo per comunismo (come l’URSS di ieri e Cina, Cuba, Venezuela o Corea del Nord di oggi!), la borghesia è riuscita a far credere alla classe operaia che il suo progetto rivoluzionario di emancipazione non poteva che portare alla rovina. A tal punto che la stessa parola “rivoluzione” è diventata sospetta e vergognosa.

Ma nella lotta svilupperemo gradualmente la nostra forza collettiva, la fiducia in noi stessi, la nostra solidarietà, la nostra unità, la nostra auto-organizzazione. Nella lotta, ci renderemo gradualmente conto che noi, la classe operaia, siamo in grado di offrire un’altra prospettiva rispetto alla morte promessa da un sistema capitalista in decadenza: la rivoluzione comunista. La prospettiva della rivoluzione proletaria farà il suo ritorno nelle nostre teste e nelle nostre lotte.

Il futuro appartiene alla lotta di classe!

Corrente Comunista Internazionale, 22 aprile 2023

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