Attentati di mafia: I regolamenti di conti tra capitalisti

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Nello spazio di soli due mesi sono stati assassinati tre personaggi di grande importanza nella lotta alla mafia in Italia. La sequenza di omicidi, da quella del giudice Falcone il 23 maggio a quella del suo probabile successore il giudice Paolo Borsellino il 19 luglio fino a quella del capo della polizia di Catania pochi giorni dopo, ha avuto lo scopo di dimostrare che Cosa Nostra era decisa a impedire che si indagasse sulle sue attività e che aveva i mezzi per farlo. Tuttavia nei giorni che hanno seguito questi assassini era sulla bocca di tutti, e sugli stessi organi di stampa, che ci dovesse essere qualcosa di più oltre la mafia per spiegare questi episodi.

Ad esempio Leoluca Orlando, ex sindaco di Palermo ed attuale leader della Rete, si è così espresso: “Il messaggio è chiaro. E’ un’intimidazione. Questi episodi hanno rivelato finalmente l’incredibile collusione tra i politici e la Mafia... Se io sarò ammazzato, sappiate che non si sarà trattato semplicemente di Mafia”. (Intervista a “L’Evénement du jeudi” del 6 agosto 92).

Lo stesso capo dello Stato si é posto un problema simile quando, davanti alle camere, si chiedeva: “La Mafia da sola avrebbe potuto fare una cosa del genere?” Di fatto, le connivenze tra Mafia e mondo politico sono note da tempo. E in realtà è proprio grazie a queste complicità in certi settori dell’apparato statale (in particolare dei servizi segreti) che gli assassini dei tre “rappresentanti della legge” hanno potuto operare così facilmente.

Questi assassini hanno fornito l’occasione ad un certo numero di partiti (in particolare a quelli di sinistra) e ai sindacati di organizzare delle grandi manifestazioni contro il crimine organizzato e per un “risanamento dello Stato”. Anzi queste stragi sono cadute come il cacio sui maccheroni per la borghesia italiana intenta com'è a distrarre l’attenzione dei lavoratori da una serie di attacchi economici senza precedenti. Ciò detto, sarebbe sbagliato pensare che i recenti assassini non avessero altro obiettivo. Anche se questi sono stati astutamente utilizzati dall’apparato statale contro la classe operaia, essi hanno anche contribuito a mettere in rilievo la crisi che attraversa questo apparato ed a mettere in discussione la sua autorità. Di fatto questi attentati sono la manifestazione di feroci scontri politici al suo interno.

I REGOLAMENTI DI CONTI TRA LE FRAZIONI DELLA BORGHESIA

Questi scontri corrispondono alla resistenza che oppongono certi settori tra i più compromessi al tentativo di “rinnovamento” intrapreso dalla borghesia italiana per ricredibilizzare le istituzioni. Questo tentativo passa attraverso l’operazione Mani Pulite, che ha portato in galera nella sola Milano un centinaio di persone tra le più in vista del mondo politico e imprenditoriale e che ha falcidiato interi vertici locali dei partiti implicati. Ma passa anche attraverso i vertici dello Stato attraverso la costituzione di un governo composto di uomini “nuovi” e da cui sono assenti i personaggi dell’apparato del passato, tra cui Andreotti in particolare. Tuttavia questi scontri tra settori borghesi non riguardano soltanto questioni di politica interna. Non è un caso che a farne oggi le spese sono quelli che erano più legati alle strutture parallele che la NATO e la CIA avevano messo in piedi in Italia (come altrove in Europa) con la complicità dei servizi segreti e che erano Gladio e la loggia massonica P2 (legata alla massoneria americana). E, come afferma Orlando:

In Sicilia, certi gruppi mafiosi sono molto legati a Gladio... Se uno si prende la briga di spulciare le dichiarazioni dei dissociati durante il maxi-processo (contro la Mafia, ndr) può constatare che esistono dei legami tra tutti gli affari importanti del dopoguerra, che si tratti degli assassini di Moro (padre del “compromesso storico” al quale si opponevano gli USA), di Mattarella (erede spirituale di Aldo Moro in Sicilia), (...) degli attentati di Piazza Fontana (a Milano, dicembre 69, 15 morti, ndr) o della stazione di Bologna (85 morti nell’agosto 80, ndr), degli scandali del Banco Ambrosiano (legato al Vaticano, ndr) e della P2”.

Infine Orlando ricorda il legame antico che esiste tra Mafia, Stato italiano e USA:

Non si può comprendere il sistema mafioso che rapportandosi un po’ al passato. La Mafia fa parte integrante della storia dell’Italia. Quando le truppe americane sono sbarcate nel 1943 in Sicilia, hanno inalberato una bandiera con un’enorme L. Il famoso bandito italo-americano Lucky Luciano, che stava nelle carceri americane con una condanna di 50 anni, chiedeva in questo modo ai suoi uomini di aiutare gli Alleati, cosa che fu fatta. Poco dopo Lucky Luciano fu liberato per servizi resi alla causa alleata. Tornò in Italia installandosi a Napoli da dove organizzò per più di dieci anni il contrabbando di sigarette e di droga”.

Gli stretti legami tra la Mafia e lo Stato americano permettono così di comprendere la vera portata dei recenti assassini in Italia e dei regolamenti di conti tra i differenti settori della borghesia di questo paese. E’ ancora Orlando che parla:

La Mafia è stata un elemento molto importante della guerra fredda... E’ solo dopo la caduta del muro di Berlino, dopo la fine della guerra fredda che l’Italia può infine porsi la questione morale”.

In altri termini, una delle componenti essenziali di questi scontri è l’antagonismo tra i settori dello Stato che vogliono mantenere un’alleanza privilegiata con gli Stati Uniti (cui la Mafia dà man forte) e i settori che si orientano verso un’alleanza “europea” diretta dal tandem franco-tedesco. Anche se comunque non è possibile ancora parlare di netta definizione di campi contrapposti. Del resto l’Italia è storicamente nota per il suo “centrismo” in questioni di questo tipo. Per la borghesia americana, l’Italia costituisce una posizione essenziale del suo dispositivo imperialista nel Mediterraneo (la nostra penisola domina il passaggio tra la parte occidentale e quella orientale di questo mare e la sesta flotta americana ha la sua base a Napoli). E’ evidente dunque che gli USA non hanno alcuna intenzione di lasciare che lo Stato italiano prenda le distanze da loro adesso che il “pericolo rosso”, la minaccia del blocco russo, è scomparso. E per raggiungere questo obiettivo qualunque strumento può essere buono.

Così la stessa offensiva che l’imperialismo americano conduce oggi nei Balcani e in particolare in Iraq per imporre la sua disciplina ai suoi vecchi alleati trova un’eco negli affari criminali che scuotono l’Italia. Questo non può certo sorprendere i rivoluzionari che hanno da tempo denunciato nella borghesia, indipendentemente da questo o quel settore, una classe di gangster. Filoamericani o filotedeschi, “innovatori” o “reazionari” non fa alcuna differenza. Ciò che li distingue è che preferiscono allearsi con i gangster che governano a Parigi e a Berlino piuttosto che con quelli di Washington o viceversa. E’ dunque contro TUTTE le gang borghesi, contro TUTTI i settori della classe dominante che il proletariato deve sviluppare la sua lotta.

FM                              ottobre 1992

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