Le Organizzazioni Non Governative al servizio dell’imperialismo

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Cosa fanno le Organizzazioni Non Governative (ONG)? A chi servono? La domanda è legittima e si pone ormai da qualche tempo.

A quattro mesi dallo tsunami sulle coste dell’Asia del sud e nonostante lo slancio di generosità che ha riversato nelle casse delle ONG somme ingenti di denaro, la situazione sul posto resta sempre drammatica. Mentre il 28 marzo (2005) nell’isola di Nias, al largo di Sumatra, una nuova scossa sismica provoca una carneficina, le ONG stanno ancora a chiedersi come utilizzare le somme raccolte, che intanto sono depositate su dei fondi monetari SICAV al 2,5% di interesse annuo. Allora a cosa servono le ONG, a parte che versare salari astronomici ai loro dirigenti ed offrire loro alloggio negli hotel a quattro stelle di Bora Bora (Capital, aprile 2005)? Certo, se la sottrazione di fondi e gli atteggiamenti da truffatori sono consoni alla natura della borghesia, non sono l’essenza ed il fondamento dell’azione umanitaria.

Prima di ogni cosa le ONG sono uno strumento, oggi divenuto fondamentale, della difesa degli interessi imperialisti di ogni nazione.

Queste ONG, che di “non governativo” hanno solo il nome, offrono da più di 30 anni le motivazioni ideologiche per giustificare le azioni armate delle grandi potenze.

Negli anni ’70 la Francia, per sbarazzarsi di Jean Bedel Bokassa che essa stessa aveva portato al potere nella Repubblica Centroafricana, si appoggia su Amnesty International per scatenare una grossa campagna di denuncia del regime sanguinario dell’“auto-proclamato” imperatore. Sarà questa campagna a giustificare l’intervento della Francia e l’invio dei suoi paracadutisti che non dimenticheranno di portare con loro un nuovo presidente.

Ma il ruolo delle ONG non si limita a fornire alibi umanitari per colpire ed accompagnare i raid omicidi del “diritto di ingerenza” delle grandi potenze nei conflitti armati. Spesso la loro presenza ed il loro lavoro sul posto vanno ben oltre.

Non è un caso se l’India ha rifiutato l’aiuto internazionale dopo i disastri causati dallo tsumani del 26 dicembre. Non è un caso se l’Indonesia, poco dopo, reclama la fuoriuscita delle ONG dal proprio territorio entro due mesi. Il motivo è che questi paesi sanno bene che le ONG agiscono, anche senza scorta militare, come testa di ponte imperialista delle rispettive nazioni. Questa realtà è illustrata molto bene dalla serie di “rivoluzioni democratiche” avutesi nelle repubbliche del sud della Russia, ultima in data quella nel Kirghizistan.

“Possiamo essere fieri di aver sostenuto la rivoluzione”, ha proclamato l’ambasciatore americano Stephen Young. Benché gli USA dispongano da quattro anni di una base militare forte di 2000 soldati sull’aeroporto di Manas, non è di questo tipo di sostegno che parla Mr. Young. Per aiutare il rovesciamento del regime di Akaïev, gli Stati Uniti si sono serviti di un’arma micidiale: una potente rete di ONG, 7000 in totale, che hanno diviso a scacchiera l’intero territorio. In ogni villaggio si contano da tre a quattro ONG locali, finanziate in gran parte da organizzazioni statali made in America, quali la Freedom House, diretta dall’ex capo della CIA, James Woosley, o ancora il National Democratic Institute (NDI), presieduto dall’ex segretario di Stato di Clinton, Madaleine Albright. La “rivoluzione gialla” non ha avuto dunque nulla di spontaneo. Al contrario, è stata saggiamente e pazientemente preparata da questa rete di ONG pro-americane, come dalla tipografia di Bichkek foraggiata da Freedom House ed incaricata di pubblicare non meno di una cinquantina di giornali “di opposizione”. E quando il potere kirghiso decide, cinque giorni prima le elezioni legislative, di tagliare l’elettricità alla tipografia, ad accorrere in aiuto è l’ambasciata americana con la fornitura di gruppi elettrogeni in modo da permettere che il lavoro di agitazione possa continuare. Ed è attraverso una coalizione di 170 ONG del Kirghizistan, animate da Edil Baisalov, a sua volta finanziato dall’NDI, che si è potuto inviare un migliaio di osservatori nei seggi elettorali per testimoniare la frode e scatenare la “fronda popolare”. Possiamo ritrovare lo stesso schema in Georgia nel 2003 o in Ucraina nel 2004 dove la “rivoluzione arancione” è stata anch’essa lanciata dal lavoro delle 280 ONG abbeverate dallo stesso NDI con 65 milioni di dollari per rovesciare il duo pro-russo Kutchma/Ianukovitch tramite l’agitazione popolare.

Le ONG sono utili? Per la borghesia senza alcun dubbio. Dagli anni ’70 costituiscono chiaramente un jolly organicamente legato ai dispositivi militari della classe dominante. Per riprendere l’espressione del celebre dottore francese Bernard Kouchner, fondatore dell’emblematica organizzazione “Medici Senza Frontiere”: “la grande avventura del XXI secolo (…) si chiamerà movimento umanitario”. Ma questa avventura non può che essere quella della guerra al servizio dell’imperialismo.

Azel, 15 aprile 2005 (da Revolution Internazionale n° 357)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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