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Nella prima parte di questo articolo dedicato alla riunione pubblica del BIPR (Bureau Internazionale per il Partito Rivoluzionario) che si è tenuta a Parigi il 2 ottobre sul tema "Perché la guerra in Iraq?", e che i nostri lettori possono consultare sul nostro sito Internet, abbiamo messo in evidenza come la politica di raggruppamento senza principio del BIPR ha portato questa organizzazione della Sinistra comunista a lasciarsi prendere in ostaggio da un gruppo parassitario (auto-proclamatosi "Frazione Interna della CCI") ([1]). In questa seconda parte dell’articolo, rendiamo conto del dibattito che si è svolto sulla questione della guerra in Iraq.
Abbiamo sempre affermato (in particolare nella stampa) l'assoluta necessità per le organizzazioni che si richiamano alle correnti della Sinistra comunista di condurre un dibattito pubblico, di confrontare le loro posizioni affinché gli elementi alla ricerca di una prospettiva di classe possano farsi un'idea chiara delle differenti posizioni che esistono all’interno del campo proletario.
Un'analisi a geometria variabile?
Sebbene il BIPR (come il PCint e la CWO che l'hanno costituito) abbia sempre difeso l'internazionalismo proletario, durante i peggiori orrori nazionalisti della borghesia, la sua analisi delle cause dei differenti conflitti durante questi ultimi venti anni, è passata totalmente a fianco dell'essenziale. Anche, per quanto riguarda la guerra attuale in Iraq, il BIPR nella sua esposizione introduttiva ha reiterato l’analisi secondo la quale questa nuova guerra avrebbe una razionalità economica (la rendita petrolifera ed il dominio degli Stati Uniti sulle sorgenti de"l'oro nero"). Il BIPR ha difeso questa stessa analisi già in passato, in particolare all'epoca della guerra in Afghanistan nel 2001: "... gli Stati Uniti hanno bisogno che il dollaro resti la moneta del commercio internazionale se vogliono mantenere la loro posizione di super potenza mondiale. Così, innanzitutto, gli Stati Uniti cercano disperatamente di assicurare che il proseguimento del commercio globale del petrolio si faccia in dollari. Ciò vuole dire avere un'influenza determinante nell'itinerario dei condotti di petrolio e di gas anche prima dell'implicazione commerciale americana nell'estrazione alla loro sorgente. Ciò accade quando delle semplici decisioni commerciali sono determinate dall'interesse dominante del capitalismo americano nel suo insieme e lo Stato americano si impone politicamente e militarmente nell'interesse di obiettivi più vasti, obiettivi che si oppongono spesso agli interessi di altri Stati e sempre più a quelli dei suoi alleati europei. In altri termini, questo è il cuore della concorrenza capitalista nel ventunesimo secolo (…)” (citato nella nostra Révue Internationale, n°108, gennaio 2002, nella nostra polemica col BIPR sulla questione della guerra).
Un'analisi simile veniva difesa all'epoca della prima guerra del Golfo nel 1991: "Nei fatti, la crisi del Golfo è realmente una crisi per il petrolio e per chi lo controlla. Senza petrolio a buon mercato i profitti cadono. I profitti del capitalismo occidentale sono minacciati ed è per questa ragione e nessun’altra che gli Stati Uniti preparano un bagno di sangue in Medio Oriente". (citato nella nostra Révue Internationale n°64).
Di fronte all’evidente evoluzione della realtà, il BIPR è stato costretto tuttavia, a proposito del conflitto attuale in Iraq, ad evolvere un po' nella sua analisi. Nella sua introduzione alla riunione il BIPR ha posto come spiegazione di questa nuova guerra tre questioni:
1) le ragioni geostrategiche;
2) la difesa del dollaro come moneta dominante e la rendita petrolifera;
3) il controllo delle zone di produzione petrolifera per una ventina di anni.
Dopo questa presentazione la CCI è intervenuta per mettere in evidenza che l'offensiva americana in Iraq ha essenzialmente delle cause strategiche. Se la domanda del petrolio gioca un ruolo importante, non è soprattutto per ragioni economiche, ma fondamentalmente per ragioni strategiche e militari. Abbiamo ricordato che l'importanza strategica del petrolio non data né da oggi, né dagli anni 1960, ma da prima della Prima Guerra mondiale, dalla meccanizzazione degli eserciti.
Nei nostri interventi abbiamo in particolare sottolineato che la presentazione fatta mostrava una certo avanzamento del BIPR poiché nell'elenco delle cause dell'offensiva americana in Iraq, si poneva al prima posto l'esistenza di ragioni "geostrategiche". In effetti il compagno che ha fatto la presentazione ha “corretto” il nostro intervento affermando che avevamo sentito male (o capito male) il contenuto di questa presentazione poiché, quale che sia l’ordine in cui le cause sono state presentate ... le “cause strategiche” dell’offensiva americana in Iraq, sono per il BIPR “secondarie”!
Il compagno ha affermato anche che, per evitare ogni "malinteso" da parte nostra, avrebbe dovuto distribuirci l'esposizione scritta. Successivamente, il BIPR ha pubblicato sul suo sito Internet in francese questa esposizione scritta. Così il lettore potrà, collegandosi, vedere che il fatto principale sostenuto è proprio quello che avevamo sentito: "Se l'oro nero figura nei calcoli iracheni di Washington, è come risorsa strategica piuttosto che economica. Con questa guerra si tratta innanzitutto di perpetuare l'egemonia americana - e, in questo senso, di avere delle garanzie per l'avvenire - che gonfiare subito i profitti d’Exxon". Non si potrebbe essere più chiari (e noi siamo completamente d’accordo con questa analisi)!
Questa piccola contorsione che consiste nell'affermare che la CCI avrebbe "sentito male" o "capito male" ha permesso al BIPR, durante la discussione, di determinare un impasse totale sulle "cause strategiche" della guerra in Iraq. In realtà, essa è servita solo a mascherare da una parte che le analisi del BIPR sono a geometria variabile e dall’altra che non tutti i compagni del BIPR sono d’accordo con le analisi "ufficiali" della loro organizzazione.
Gli argomenti della CCI
Nei nostri interventi abbiamo insistito sul fatto che, con l'entrata del capitalismo nel suo periodo di decadenza all'inizio del ventesimo secolo, la guerra ha perso ogni razionalità economica per il capitale globalmente inteso ed anche, e sempre più, per ogni Stato in particolare. Abbiamo ricordato che il concetto di decadenza del capitalismo non è un'invenzione della CCI ma l’analisi adottata dall’'Internazionale Comunista nel 1919. Anche l'analisi dell'irrazionalità della guerra in questo periodo di decadenza non è proprio un'idea strampalata uscita della testa degli "idealisti" della CCI. È la Sinistra Comunista francese (GCF), a cui la CCI si è sempre rivendicata, a sviluppare questa analisi affermando che nel periodo di decadenza del capitalismo "la produzione è essenzialmente mirata alla produzione di mezzi di distruzione, in vista cioè della guerra. La decadenza della società capitalista trova la sua espressione eclatante nel fatto che dalle guerre in vista dello sviluppo economico (periodo ascendente), l'attività economica si riduce essenzialmente alla preparazione della guerra (periodo decadente)" (Rapporto della Sinistra Comunista francese alla Conferenza del luglio 1945, citato nella nostra Révue Internationale n°18,"Il corso storico") ([2]).
Abbiamo messo anche in evidenza che il rigetto del carattere irrazionale, sul piano economico, delle guerre nel periodo di decadenza, e la loro irrazionalità crescente nella fase estrema di questa decadenza (quella della decomposizione del capitalismo) porta il BIPR a non fare nessuna differenza tra la funzione delle guerre coloniali e di costruzione di Stati nazionali nel 19° secolo e le guerre che si sono scatenate dal 1914.
Abbiamo pertanto ricordato la nostra analisi secondo la quale nel 19° secolo le guerre erano "redditizie". Avevano una razionalità economica poiché permettevano l'espansione del capitalismo a scala planetaria, mentre nel 20° secolo le guerre hanno preso un carattere sempre più irrazionale. Ed è ancora più evidente oggi: con l'entrata del capitalismo nel suo periodo di decomposizione (aperto con la disgregazione dei due blocchi imperialistici generati dalla Seconda Guerra mondiale) questa irrazionalità sul piano economico ha raggiunto un livello superiore come si è potuto vedere, per esempio, nei Balcani o in Cecenia.
L'ordine mondiale istituito dalla conferenza di Yalta nel 1945 ha ceduto oggi il posto ad un'era di disordine mondiale caratterizzato dallo scatenamento del “ciascuno per sé” sulla scena imperialista. La miopia del BIPR lo porta a non percepire che la logica imperialistica del capitalismo in periodo di decadenza tende ad ubbidire solo e sempre più alla propria logica: quella della fuga in avanti, sfrenata, nella guerra ed in una barbarie crescente. L'intervento della CCI ha messo anche in evidenza le implicazioni dell'analisi del BIPR secondo cui la guerra degli Stati Uniti contro l'Iraq avrebbe ancora una razionalità economica (in particolare la famosa "rendita petrolifera"). In realtà, una tale visione conduce il BIPR a sottovalutare l'estrema gravità della situazione storica attuale (segnata da uno sviluppo di un caos sanguinoso) e, dunque, la gravità della posta in gioco per la classe operaia e per l'avvenire dell'umanità.
Abbiamo inoltre ricordato anche il quadro in cui la CCI ha analizzato le cause di questa nuova guerra in Iraq: "Nel contesto del fallimento del capitalismo e di decomposizione della società borghese, la realtà ci mostra che l'unica politica possibile per ogni grande potenza è provare a mettere gli altri in difficoltà per tentare di imporre se stessa. È la legge del capitalismo. Questa instabilità, questa anarchia crescente e questo caos che si estendono non sono la specificità di questa o quella zona esotica ed arretrata, ma sono proprio il prodotto del capitalismo nella sua fase attuale irreversibile di decomposizione. E dato che il capitalismo domina su tutto il pianeta, è il pianeta intero che è sempre più sottoposto al caos" (Révue Internationale n°118).
La mancanza di serietà degli argomenti del BIPR
Il BIPR non è stato in grado di confutare con un minimo di serietà i nostri argomenti. Rispetto all’analisi della decomposizione del capitalismo, il solo "argomento" politico che abbiamo potuto sentire da parte del BIPR è consistito nello stigmatizzare ancora una volta “l'idealismo" della CCI con un sarcasmo fuori luogo: “con la vostra analisi della decomposizione, tutto è in tutto, il caos, Dio, gli angeli, ..."!
Ma non è tutto. Siamo rimasti sbalorditi nel sentire degli argomenti da fare rigirare Marx ed Engels nelle loro tombe:
1) Quando abbiamo posto la domanda: "Il BIPR difende ancora oggi l’analisi secondo la quale se una terza guerra mondiale non è scoppiata prima del crollo del blocco dell'Est è a causa della bomba atomica e de 'l'equilibrio del terrore"? Sulle prime nessun militante del BIPR ha voluto rispondere alla nostra domanda. Solo quando abbiamo ripetuto questa domanda per la terza volta, uno di loro si è degnato di risponderci, in modo molto conciso (e senza nessuna argomentazione): l'equilibrio del terrore è "UNO dei fattori" che spiega perché la borghesia non ha potuto scatenare una terza guerra mondiale... Insomma, l'analisi classica dei settori borghesi dominanti che, per decenni, hanno venduto ai proletari la spaventosa corsa agli armamenti in nome della "preservazione della pace". Nessun commento!
Oltre a vedere che il BIPR faceva sua la pochezza della propaganda borghese, tutti gli elementi in ricerca presenti a questa riunione pubblica sono restati a pancia vuota: sono usciti dalla riunione senza conoscere quali sono gli "altri fattori" (e soprattutto qual'è il fattore determinante) che, secondo il BIPR, hanno costituito un ostacolo ad una terza guerra mondiale. Invece hanno potuto sentire che per la CCI il fattore essenziale sta nel fatto che, dalla fine degli anni 1960, un nuovo corso storico (quello degli scontri di classe) era stato aperto, segnando la fine del lungo periodo di controrivoluzione che si era abbattuto sul proletariato dopo la sconfitta dell'ondata rivoluzionaria del 1917-23. Se una terza guerra mondiale non è esplosa, non è a causa dell'arma atomica e de "l'equilibrio del terrore", ma proprio perché la classe operaia mondiale non era pronta a versare il suo sangue dietro le bandiere nazionali.
2) Per quanto riguarda l'analisi marxista della decadenza del capitalismo, abbiamo sentito un portavoce del BIPR risponderci in questi termini: "sono stanco di discutere da 25 anni con la CCI”. In effetti, la CCI è talmente "limitata" che non vuole mai capire l’ABC del marxismo, il quale avrebbe insegnato (secondo questo rappresentate del BIPR) che "nel capitalismo bisogna distinguere due cose: la formazione sociale ed il modo di produzione. Si può considerare che c'è decadenza della formazione sociale (anche se io non amo la parola 'decadenza'), ma il modo di produzione non è decadente. Perché se una rivoluzione sociale non interviene, avremo sempre i due, con il crollo della società nella barbarie”.
Prendendo tutte le precauzioni d'uso (è vero che se una rivoluzione non interviene avremo un crollo nella barbarie), il BIPR ha affermato tranquillamente che il capitalismo può essere in decadenza in quanto "sistema sociale", al livello della sua sovrastruttura (ideologie dominanti, cultura, svaghi, costume, morale, eccetera..) ma non in quanto "sistema economico", sul piano cioè della sua infrastruttura (a livello del suo modo di produzione e del modo con cui gli uomini sono organizzati per produrre la loro esistenza).
Ed è nel nome del marxismo, del "materialismo" e certamente contro la visione "idealistica" della CCI che è stato assestata una tale lezione di "dialettica"! Preferiamo lasciare a Marx la cura di confutare simili insulsaggini: "un modo di produzione o un stadio industriale determinato è sempre unito con un modo di cooperazione o uno stadio sociale determinato e questo modo di cooperazione è anche esso una ‘forza produttiva’". "La produzione delle idee, delle rappresentazioni, della coscienza è in primo luogo direttamente intrecciata all'attività materiale ed alle relazioni materiali degli uomini, linguaggio della vita reale". ("L'ideologia tedesca"). Questo "linguaggio della vita reale", il BIPR sembra ignorarlo. Ma, come diceva Spinoza, "l'ignoranza non è un argomento" !
Per il marxismo, la decadenza come l'ascesa di un modo di produzione colpisce tutti gli aspetti della società, perché è lo stato delle infrastrutture (l'economia) che determina quello delle sovrastrutture (la vita sociale), anche se l'evoluzione o l'involuzione di una civiltà non si sviluppa in modo omogeneo in tutti i suoi aspetti. Affermare il contrario non è né materialista, né marxista. E’ cadere nell'idealismo più stupido.
3) Durante la discussione, uno dei nostri simpatizzanti ha chiesto al BIPR: "Se si segue la vostra analisi del ciclo ‘crisi/espansione/nuova crisi, ecc.’, quale è la vostra posizione sulle lotte di liberazione nazionale? Queste sarebbero ancora valide oggi? E ciò vuole dire che i sindacati avrebbero ancora una natura operaia?".
Sulla domanda delle lotte di liberazione nazionale il BIPR non ha dato nessuna risposta. Invece, un compagno del presidium ha affermato che se il BIPR non è per il lavoro nei sindacati è "perché l'esperienza ha mostrato che non serve a niente e non perché il capitalismo sarebbe in decadenza". Noi siamo intervenuti per chiedere al BIPR se rigettava pertanto la posizione difesa dal PCInt nel 1947 citata tuttavia in esergo nelle sue "Tesi sul sindacato oggi e l'azione comunista" (adottate al 4° congresso del PCInt): "Nell'attuale fase di decadenza della società capitalista, il sindacato è chiamato ad essere uno strumento essenziale della politica conservatrice e di conseguenza ad assumere una funzione precisa di organismo dello Stato". (sottolineato da noi).
Il compagno del presidium che ha risposto alla domanda sulla natura dei sindacati, è sembrato allora molto sorpreso che il BIPR o il PCInt. abbiano potuto avere una tale analisi. Visibilmente sembrava scoprire questa posizione programmatica della propria organizzazione (che è comunque pubblicata anche sul sito Web del BIPR)!
Evidentemente la messa in discussione dell'analisi della decadenza del capitalismo elaborata dall'Internazionale comunista, non può che condurre il BIPR a "rivedere" certe posizioni della sua propria piattaforma.
La mancanza di serietà nel dibattito
All'infuori del nostro contributo al dibattito, e delle domande poste dai nostri simpatizzanti (alle quali il BIPR non ha risposto, o ha risposto in modo perlomeno molto confuso) si può segnalare l'intervento di un elemento del campo consiliarista (che noi conosciamo da molto tempo) che è consistito essenzialmente nel criticare la nostra analisi della decadenza del capitalismo (basata sulla teoria della saturazione dei mercati sviluppata da Rosa Luxemburg ne “L'accumulazione del capitale”). Questo elemento è venuto a farci ancora una volta una "lezione di marxismo" difendendo l'idea che il capitalismo globale è ancora oggi in piena fase di accumulazione allargata come dimostrerebbe il formidabile sviluppo economico della Cina!
Quest’analisi (che è oggi molto diffusa tra gli "esperti" della classe dominante) non ha dato adito alla minima critica da parte del BIPR. La CCI è intervenuta quindi per dimostrare che la pretesa "espansione economica" della Cina è costruita sulla sabbia (vedi l’articolo sulla Cina sul n°350 del nostro giornale in Francia, Revolution Internationale)
Inoltre abbiamo dovuto uno dei due supporter della FICCI fare un lungo intervento, incomprensibile e totalmente incoerente, che mirava a "dimostrare" che l'analisi della CCI (e dunque dell'Internazionale Comunista) sulla decadenza del capitalismo è un'assurdità e si situa al di fuori del marxismo.
Altrettanto significativa è stata la "prestazione" dei due "tribuni" della FICCI che si sono agitati non per prendere posizione sull'analisi del BIPR esposta dal presidium, ma per tentare di "demolire" le analisi della CCI ([3]).
La mancanza totale di serietà della FICCI si è ancora una volta manifestata clamorosamente per il comportamento di due dei suoi membri, e dei loro due sostenitori che, invece di prendere la parola per sviluppare un'argomentazione politica, si sono accontentati durante tutta la riunione di adottare un atteggiamento fatto di sogghigni, di sarcasmi (ed anche di applausi di fronte alle critiche portate alle analisi della CCI, come se fossero venuti ad assistere ad una partita di calcio). Questa mancanza di serietà ha del resto profondamente scioccato gli elementi in ricerca che erano presenti. Uno di essi ha chiesto la parola e ha affermato che questo tipo di atteggiamento in una riunione politica non l'aveva “incitato ad iscriversi nella discussione". E’ chiaro quindi che se la CCI non fosse stata presente e se non avesse portato materia alla discussione, non ci sarebbe stato alcun dibattito contraddittorio, alcun confronto delle differenti posizioni. La FICCI, che pretende essere il "vero difensore della piattaforma del CCI", si è, in effetti, guardata bene dall’avanzare la minima divergenza, la minima critica all'analisi del BIPR.
Sul concetto di decadenza del capitalismo (che il BIPR sta "ridefinendo", nei fatti rigettando) i membri della FICCI non hanno speso una parola. Cos’ come hanno evitato pudicamente ogni confronto col BIPR sulla domanda: perché la borghesia non è stata in grado di scatenare una terza guerra mondiale prima del crollo del blocco dell'Est?
La pretesa apertura al dibattito pubblico, per il "chiarimento" ed il "confronto" dei differenti punti di vista in seno al campo proletario a cui si rivendica la FICCI è solamente un bluff adornato da una buona dose di ipocrisia. In realtà, per costituire un "fronte unico anti-CCI", il BIPR e la FICCI preferiscono nascondere i loro disaccordi e discuterli nelle loro riunioni "private"!
Da parte nostra, se ci siamo rifiutati di fare il benché minimo "dibattito" con gli elementi della FICCI (e ciò nonostante i loro interventi provocatori) è perché la CCI è venuto ad una riunione pubblica del BIPR e soprattutto non voleva permettere a questi individui il sabotaggio del dibattito. È per ciò che siamo intervenuti per confutare gli argomenti del BIPR e non quelli di questa autoproclamata "frazione" che si è comportata come una banda di teppisti, rubando del materiale e del denaro alla CCI.
La CCI ha partecipato a questa riunione anche perché non teme il confronto pubblico delle sue divergenze con il BIPR. In questo senso non condividiamo la posizione del BIPR (reiterata alla fine della riunione) secondo la quale il dibattito tra la CCI ed il BIPR "non serve a niente". La nostra concezione del dibattito pubblico non è quella di un braccio di ferro tra i gruppi della Sinistra comunista per sapere che è più “forte", o chi “conquisterà” più elementi. Se siamo interessati alla discussione pubblica di queste divergenze è essenzialmente per permettere agli elementi in ricerca di conoscere non solo le posizioni della CCI ma anche quelle degli altri gruppi del campo proletario. Solo questo comportamento può permettere loro di chiarirsi e di non sbagliare porta se vogliono diventare militanti.
Di fronte agli elementi alla ricerca di una prospettiva di classe, è compito delle organizzazioni rivoluzionarie dare una risposta a tutte le loro domande, convincerli col massimo di chiarezza, di rigore e di serietà nell'argomentazione. Come è loro compito difendere, nelle riunioni pubbliche, la serietà del dibattito politico bandendo ogni atteggiamento parassitario che consiste nell'inquinare questo dibattito attraverso sarcasmi, sogghigni o applausi.
CCI (18 ottobre)
[1] Per ragioni di spazio e di equilibrio del nostro giornale, non pubblichiamo qui la prima parte di questo articolo intitolato "Il BIPR preso in ostaggio da teppisti!”, che il lettore potrà trovare sul nostro sito Web. Chi non avesse la possibilità di consultare il nostro sito Internet, può chiedere questo articolo direttamente al nostro indirizzo. Gli manderemo gratuitamente una copia. Manderemo loro anche la risposta che il BIPR ha pubblicato, sul suo sito Web, sotto i titolo "Risposta ad un'organizzazione in via di disintegrazione".
[2] Un membro della FICCI ha fatto un intervento per tentare di "ridicolizzare" la nostra visione dell'irrazionalità della guerra accusandoci di "revisionismo" ed arrivando ad affermare che siamo "dei Kautsky"! In realtà, sono i tromboni di questa pretesa "frazione" che mostrano di essere i veri "revisionisti", poiché abbandonano oggi l'analisi sviluppata dalla GCF a cui la CCI, per quanto la riguarda, si sempre è rivendicata. Questi rinnegati che pretendono essere i "veri difensori delle posizioni programmatiche della CCI", oggi (per lisciare il BIPR) rigettano questa posizione elementare della nostra piattaforma sulla quale si fonda il nostro quadro di analisi della decadenza del capitalismo.
[3] E per combattere le analisi "kautskiane" e "revisioniste" della CCI, abbiamo ascoltato dalla bocca di quelli che il BIPR chiama i vecchi "dirigenti della vecchia guardia della CCI" (sic!) degli "argomenti" che rasentano il cretinismo. Abbiamo appreso, tra altre "perle" della FICCI, che:
- "La guerra in Iraq rappresenta un guadagno economico maledettamente importante per gli Stati Uniti!"
- Nel pantano iracheno, "l'esercito americano si rinforza" !
- "Prima di comprendere la questione della guerra, il proletariato deve subirla e deve soffrire sulla sua pelle”! Nessun commento.