dietro il mito de “l'unità europea”, la realtà delle tensioni imperialiste

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L’allargamento tanto atteso dell'Europa a venticinque paesi ha avuto infine luogo il Primo maggio 2004. E ciò ha certamente provocato grandi festeggiamenti nelle capitali europee. Come dopo il vertice di Maastricht a fine 1991, ci hanno bombardato di grandi dichiarazioni su questa grande Europa, “continente infine unito nella sua totalità” (1) ed in modo pacifico. Vantato come una “svolta storica”, l’allargamento dell’Unione Europea (UE), “formidabile macchina per esportare la pace e la stabilità” (2) costituirebbe “l'esperienza principale” ed “il completamento più importante dell'Europa” (2).

L’autocelebrazione della borghesia non deve illuderci. Quando i borghesi si intendono tra di loro, è sulle spalle degli operai che lo fanno, altrimenti pensano solo ad azzuffarsi.

Il perseguimento dell’integrazione europea, dettato dall’interesse comune delle potenze europee occidentali a creare una fascia protettiva di stati di relativa stabilità per arginare il caos sociale ed economico generato dall’implosione del blocco dell’Est nel 1989, è lungi dal significare “unità”. Campo di scontro privilegiato delle due guerre mondiali, l’Europa costituisce l’epicentro delle tensioni imperialiste e non c’è mai stata reale possibilità di costituzione di una vera unità che permetterebbe di superare gli interessi contrastanti delle differenti borghesie nazionali. In effetti, “a causa del suo ruolo storico come culla del capitalismo e della sua situazione geografica, (...) l'Europa nel ventesimo secolo è diventata la chiave della lotta imperialista per il dominio mondiale” (3).

L'UE, un’espressione delle tensioni imperialistiche del dopo Seconda Guerra mondiale...

Per un certo periodo, la divisione del mondo in due blocchi imperialisti gli ha conferito una certa stabilità; nel momento in cui la CEE (Comunità Economica Europea) era lo strumento degli Stati Uniti e del blocco occidentale contro il suo rivale russo, l’Europa poteva avere una certa realtà. Infatti, dopo la Seconda Guerra mondiale, la costruzione della comunità europea è stata sostenuta dagli Stati Uniti per formare un bastione contro le velleità di avanzamento dell’URSS in Europa e concepita per rafforzare la coesione del blocco occidentale. Tuttavia, per quanto contenute e disciplinate dalla “leadership” americana di fronte alla necessità di far fronte al nemico comune, importanti divisioni si sono sempre manifestate tra le principali potenze europee.

Quando si è avuto il crollo del muro di Berlino nel 1989, l’implosione del blocco dell’Est ha prodotto di riflesso anche lo sgretolamento del blocco avversario e la riunificazione della Germania che accedeva così ad un rango superiore di potenza imperialista: di qui la decisione di mettere a profitto questa opportunità di fare da capofila di un nuovo blocco imperialista opposto agli Stati Uniti. Le ragioni che costringevano gli Stati d’Europa occidentale a “marciare insieme” si sono volatilizzate ed il fenomeno si è brutalmente aggravato da quindici anni a questa parte. Così, contrariamente a tutta la propaganda sulla inesorabile marcia in avanti verso l’unità di una grande Europa, è piuttosto verso l’aggravarsi delle tensioni al suo interno e delle divergenze di interessi che quest’ultima si dirige.

Questo sconvolgimento storico ha rilanciato la lotta per l’egemonia mondiale ed il rimescolamento delle carte sul continente europeo. La lotta accanita tra tutti questi campioni della pace e della democrazia per la divisione delle spoglie dell’ex-blocco russo ha prodotto, per la prima volta dal 1945, il ritorno della guerra in Europa all’inizio degli anni ‘90 nella ex-Jugoslavia (ed al bombardamento da parte delle forze NATO di una capitale europea, Belgrado, nel 1999), dove Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, rivali tra loro, si oppongono, per alleati interposti, all’espansione tedesca verso il Mediterraneo, attraverso la Croazia. La guerra in Iraq ha anch’essa ugualmente mostrato l’assenza fondamentale di unità e i profondi dissensi e le rivalità tra le nazioni europee.

... che si aggravano ancora dopo la Guerra fredda

A partire dal 1989 la Germania non ha smesso un solo momento di manifestare con chiarezza le proprie pretese imperialiste nella sua area tradizionale di espansione “Mitteleuropea”, con la scusa della costruzione dell’Europa. Essa spera di utilizzare il suo peso economico senza pari nei principali paesi dell’Est europeo, così come la prossimità istituzionale creata dall’allargamento dell’Europa per sottomettere questi paesi alla sua sfera di influenza. La borghesia tedesca non può tuttavia che scontrarsi da un lato contro il ciascuno per sé di queste differenti nazioni e dell’altro con la determinazione degli Stati Uniti di sviluppare la loro influenza, in particolare attraverso la NATO.

Cinque dei nuovi membri – l’Estonia, la Lettonia, la Lituania, la Slovacchia e la Slovenia - sono stati accolti in pompa magna, il 29 marzo, a Washington, nei ranghi della NATO, un mese prima della loro integrazione nell’UE. L’Ungheria, la Polonia e la Repubblica Ceca fanno parte dell’alleanza dal 1999. Gli Stati Uniti già fanno propaganda affinché la Bulgaria e la Romania, gli altri due nuovi partner della NATO, siano ammessi, a loro volta, nell’UE”(4).

Gli Stati Uniti contano sui paesi della “nuova Europa” per paralizzare il suo rivale più pericoloso e fanno i calcoli che “più l’UE si estende, meno si rafforza, e che ciò complica la formazione di un contrappeso politico al potere americano” (4), come lo mostrano le lacerazioni che si sono prodotte per approvare la Costituzione dell’UE.

Così, mentre ad Est, a dispetto del ciascuno per sé, la Germania rafforza le potenzialità di accrescere in tempi brevi la sua influenza imperialista, ad occidente essa si scontra con la Francia e la Gran Bretagna che non possono accettare il potenziale sviluppo dell’imperialismo tedesco.

La Gran Bretagna, che aveva rifiutato a suo tempo gli accordi di Maastricht, gioca da allora e più che mai il ruolo di sostegno degli Stati Uniti, utilizzando ogni pretesto per alimentare la discordia tra le potenze europee. Principale sostenitore dell’intervento militare americano in Iraq, essa subisce non solo il discredito dell’insuccesso americano, ma si ritrova sempre più isolata in Europa. L’impatto del pantano iracheno ha mandato in pezzi la coalizione “filo-americana” formata da Londra, Madrid e Varsavia contro le ambizioni franco-tedesche di opposizione agli Stati Uniti. L’adozione di un orientamento filo-europeo del nuovo governo Zapatero che annuncia il suo ritiro dell’Iraq la priva del suo principale alleato in Europa. Questa defezione ha avuto per effetto di gettare la Polonia, scossa e divisa sulla scelta dei suoi orientamenti imperialisti, in una crisi politica che ha portato alle dimissioni del suo primo ministro e all’implosione del partito al potere. A dispetto delle difficoltà che incontra, la Gran Bretagna sarà costretta a continuare il suo lavoro di sabotaggio di ogni alleanza continentale duratura in Europa.

La Francia, che sognava di staccarsi dalla tutela americana dagli anni ‘50, non può lasciare che la Germania edifichi su misura un’Europa sotto la propria influenza, né soprattutto accettare il ruolo subalterno che lo Stato tedesco vuole riservarle nel quadro dell’allargamento europeo. E’ per tale motivo che essa spera di trovare, nel rafforzamento e nell’allargamento dell’UE, i mezzi per garantirsi un controllo “comunitario” capace di imbrigliare le ambizioni della Germania. Ed è ancora per questo che la si vede riattivare i suoi legami “storici” con la Polonia e la Romania e, più recentemente, sviluppare trame con la Russia per opporsi all’intervento americano in Iraq. A tale proposito, bisogna sottolineare che questa ultima è essa stessa fortemente interessata a questa “alleanza” con la Francia, a causa della sua inquietudine a vedersi privata della sua ex-zona di influenza nell’Europa dell’est e a constatare che i limiti dell’UE e della NATO avanzano fino alle sue frontiere. Ciò permette evidentemente di prendere la Germania nella morsa. D’altra parte, all’interno dell’UE, la Francia si mobilita per riprendere influenza sui paesi del Sud Europa, in particolare la Spagna, contro la posizione egemonica della Germania, e se risponde alle sollecitazioni della Gran Bretagna di sviluppare la difesa europea e costruire una portaerei in comune, è per giocarsi così di fronte alla Germania la carta vincente costituita dal potere militare di cui questa ultima è priva.

A che serve in queste condizioni tutta questa campagna sulla mitica “unità europea”? Come propaganda ideologica che possa mantenere le nostre illusioni su un mondo capitalista che suda morte e miseria da tutti i pori.

La tendenza al caos ed il regno del “ciascuno per sé” non sono affatto appannaggio dei soli paesi dell’ex-blocco dell’Est o del “Terzo Mondo”. La scomparsa della divisione del pianeta in due blocchi, dando il segnale dello scatenamento della guerra di tutti contro tutti, pone la stessa Europa al centro degli antagonismi imperialisti e già rende totalmente illusoria ogni idea di un’unità dell’insieme dei capitali nazionali che la compongono. Inoltre, tra la determinazione degli Stati Uniti - con al seguito la Gran Bretagna che difende qui i suoi propri interessi - a mantenere ad ogni costo la loro supremazia sul mondo, e l’ascesa al potere della Germania, che tende a porsi sempre più come il vero rivale degli Stati Uniti, l’Europa non può che diventare lo sbocco ultimo di questo scontro.

Scott

  1. Le Monde del 2 e 3 maggio 2004.

  2. (2) Le Monde del 4 maggio 2004

  3. (3) Vedere Revue Internationale n°112, “L'Europa: alleanza economica e campo di manovra delle rivalità imperialiste”

  4. (4) Le Monde del 29 aprile 2004

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