In Iraq come in Afghanistan, nel Kossovo, ecc., l’Italia difende i suoi interessi imperialisti

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Ci volevano 19 morti italiani per fare finalmente uscire fuori che l’Italia è in guerra. E non ci sta da adesso, dopo l’attentato, ma fin da quando la missione è stata decisa, perchè in Iraq non c’è nessun governo locale che ha chiesto l’aiuto di un esercito straniero per difendersi da un nemico interno od esterno (1), ma degli eserciti di occupazione che si sono imposti grazie ad una guerra di aggressione. E poco importa che il contingente italiano non abbia partecipato all’invasione, ma si sia aggiunto dopo. La guerra in Iraq non è mai finita e gli avvenimenti di questi giorni non fanno che confermarlo. E se c’è una guerra, tra chi è se non tra forze irakene (poco importa se minoritarie o no) e gli eserciti di occupazione, ivi comprese le truppe italiane?

Si è così drammaticamente svelata la grossa menzogna sulla missione di “pace” del contingente italiano in Irak. I soldati italiani stanno laggiù per difendere gli interessi imperialisti del capitale italiano. Cioè ci sono per gli stessi motivi dei soldati americani, inglesi, spagnoli,ecc. Non è un caso che in occasione dell’attentato ci sia stata la santa alleanza della maggioranza delle forze politiche, unite nel difendere la menzogna della missione di pace, ed unite nel sostenere che in Iraq bisogna rimanere. Il massimo di distinguo con la maggioranza governativa che ha voluto l’intervento è stata (vedi dichiarazione di D’Alema) la richiesta di una accelerazione del passaggio di consegne del potere a forze irakene, il che è la stessa cosa che sta dicendo in queste settimane l’amministrazione Bush! E quelli che si spingono a chiedere il ritiro delle truppe italiane dall’Iraq lo fanno non perchè denunciano il carattere imperialista dell’intervento, ma per chiedere che sia l’ONU a occuparsi dell’Iraq. Come se l’ONU fosse un organismo al disopra delle parti e non il covo dei briganti imperialisti, come diceva Lenin della precedente Società delle Nazioni, dove prevalgono sempre gli interessi delle nazioni più forti o, se queste sono divise, come è successo proprio nel caso dell’Iraq, l’ONU finisce con l’essere puramente e semplicemente ignorata.

Ma l’aspetto più repellente di questa situazione è l’uso cinico che la borghesia italiana sta facendo dei 19 morti in Iraq. Sfruttando l’emotività legata al numero di morti e alla maniera in cui sono morti, la borghesia cerca di giustificare così a posteriori il proprio intervento, per cui afferma di non volere lasciare l’Iraq perchè questo offenderebbe la memoria dei morti (meglio quindi rischiare di farne altri italiani o irakeni!). E ancora, si è orchestrata tutta una campagna mediatica per cercare di rafforzare il nazionalismo nella popolazione (l’orgoglio per i martiri, gli eroi, e così via). E questo è un obiettivo importante non solo per difendere la presenza in Iraq: in realtà la borghesia italiana sa bene che i sentimenti spontanei della popolazione sono di avversione alla guerra, ad ogni guerra. E l’attentato di Nassirya, poiché svela la situazione di guerra che c’è laggiù, rischia di rafforzare ancora di più questo sentimento, con la conseguenza che l’opposizione popolare agli interventi italiani nel mondo potrebbe crescere, il che metterebbe a rischio non solo la missione in Iraq, ma anche quella in Afghanistan e nelle decine di paesi in cui c’è una presenza militare italiana per affermare gli interessi imperialisti del capitale nazionale (2).

Ma forse c’è di peggio: i servizi segreti hanno rivelato di aver riferito la forte probabilità dell’attentato, indicando anche le modalità con cui sarebbe avvenuto (camion imbottiti di esplosivo) e il periodo probabile (la prima decade di novembre). Ciononostante nessuna ulteriore protezione era stata posta davanti alla caserma dei carabinieri a Nassirya, quando bastava porre qualche barriera al passaggio veicolare e le conseguenze dell’attentato sarebbero state molto minori. C’è quindi da chiedersi: erano così ottusi i politici e i militari italiani da credere loro stessi alla favola dell’operazione di “pace” e quindi sull’inesistenza di pericoli importanti? O chi sapeva ha lasciato che le cose avvenissero lo stesso per calcolo politico? Per quanto orribilmente cinica possa sembrare questa ipotesi noi non possiamo escluderla; già nel passato la borghesia non ha esitato a lasciare avvenire dei disastri per poter giustificare le sua azioni guerriere: gli USA lo fecero lasciando che i giapponesi bombardassero Pearl Harbur anche se lo sapevano, per poter giustificare l’entrata in guerra; gli stessi USA avevano grossi indizi sulla preparazione degli attentati dell’11 settembre 2001, ma non li hanno seguiti, e così hanno potuto lanciare la crociata della guerra al terrorismo con l’invasione dell’Afghanistan prima, e dell’Iraq dopo. Per quanto riguarda la borghesia italiana, abbiamo visto come l’attentato di Nassirya ha costituito l’occasione per giustificare la missione in Iraq e permettere anche a buona parte dell’opposizione di sostenere che in Iraq bisogna restarci.

In ogni caso quello che è certo è che in Iraq i militari italiani stanno effettuando una azione di guerra per consentire all’imperialismo italiano di essere presente in un altro dei punti chiave del pianeta, e se i 19 militari sono morti per mano di terroristi irakeni, la responsabilità principale è di quelli che li hanno mandati laggiù ben sapendo che i rischi di perdite era molto elevato (e lo è diventato sempre di più da alcuni mesi a questa parte). Quello che è certo è che i proletari italiani stanno sopportando da anni il costo economico delle avventure imperialiste della borghesia italiana nel mondo, ed oggi cominciano a pagarle anche con il sangue. E’ questa la realtà che le principali forze politiche, di destra e di sinistra, cercano di nascondere. E’ questa realtà che deve spingere i proletari italiani ad opporsi con le proprie lotte non solo agli attacchi economici, ma a tutta la dinamica di barbarie che il capitalismo in decomposizione ha messo in moto, e che rischia di portare l’umanità intera alla distruzione.


Helios

1. In realtà nell’epoca dell’imperialismo, cioè della divisione del mondo in zone di influenza, anche i casi in cui è un governo locale a chiedere aiuto, questo non viene concesso che per difendere gli interessi imperialisti del paese soccorritore, e non certo per scopi umanitari. 2. L’Italia è presente con proprie truppe in: Irak, Serbia, Bosnia, Kossovo, Macedonia, Albania, Afghanistan con più di 8500 uomini, mentre alcune altre decine sono impiegati in altri paesi (Repubblica del 13/11/03).

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