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In meno di sei mesi il nuovo governo di centrosinistra ha già abbondantemente dimostrato come qualsiasi coalizione stia al governo non fa altro che gli interessi della propria borghesia a scapito di quelli dei lavoratori.
Infatti, come se non bastassero a giustificare questo giudizio le misure prese sul piano economico con la manovra bis di giugno, tutte improntate a tagli e inasprimenti tariffari, o quelle che il governo si accinge a fare con la finanziaria 2006 (che vanno nella stessa direzione, vedi l’articolo in questo stesso numero), il governo Prodi si è dato un gran da fare sul piano internazionale per ridare slancio all’iniziativa imperialista dell’Italia, dopo gli anni di appannamento provocati dall’appiattimento del governo Berlusconi sulla politica degli USA.
E la nuova guerra in Libano è servita ad assicurare a questi sforzi il grande successo della condivisione del comando della missione “di pace” che l’ONU ha deciso dopo grandi trattative. Quale sia il significato di queste trattative e, quindi, di questa missione in Libano lo illustriamo nell’articolo di apertura del giornale, qui vogliamo far vedere come la “sinistra” italiana non abbia intenti diversi da quelli degli altri paesi che hanno voluto o che partecipano a questa missione.
I dubbi che la missione in Libano non sia affatto una missione di pace sono in effetti molto diffusi tra i lavoratori, i quali, con il ragionamento semplice ma molto concreto di chi deve tutti i giorni fare i conti con la realtà materiale e non con le ideologie, non vedono proprio come una missione di pace si possa fare inviando dei soldati armati di tutto punto, invece che aiuti materiali per le popolazioni. Altri, che magari hanno anche votato a sinistra proprio perché contrari agli interventi voluti dal governo Berlusconi in Afghanistan e Iraq, hanno subito visto la contraddizione di quelle forze che hanno sempre dichiarato di essere contro le missioni militari e oggi ne hanno fortemente voluta una proprio loro. Né può bastare ai lavoratori l’affermazione con cui tutto il governo e con più forza ancora Rifondazione Comunista, l’ala cosiddetta di “sinistra radicale” della coalizione governativa, hanno cercato di giustificare l’intervento in Libano, e cioè che essa è una missione di pace: “La missione in Libano è l’esatto contrario rispetto all’Iraq e all’Afghanistan. Una netta inversione di tendenza. Una spedizione di pace.” (F. Giordano, segretario di R.C., su Repubblica del 24 agosto 2006). Ma perché, Berlusconi gli interventi armati in Afganistan e Iraq non li aveva chiamati “missioni di pace”? Perché dovrebbero credere a Giordano quelli che non hanno creduto a Berlusconi?
Ed infatti non bisogna credergli. La missione in Libano non è diversa dai tanti interventi militari che l’Italia e le altre potenze occidentali hanno messo su dal 1991 in poi, mascherandole dietro i pretesti “umanitari”, “di pace” o, quando proprio era difficile sostenere questi argomenti, “di polizia internazionale”.
Quello che divide Giordano e la maggioranza del governo di centrosinistra dal centrodestra di Berlusconi è la strategia con cui si possono difendere meglio gli interessi dell’imperialismo italiano: per Berlusconi questo si poteva e si doveva fare stando dietro agli USA, qualsiasi scelta questi facessero e qualsiasi fesseria raccontassero per giustificare i loro interventi guerrieri; per Prodi e D’Alema invece, gli interessi italiani si difendono meglio in un quadro più europeo e di maggiore autonomia dagli USA, autonomia che è vista più come contrapposizione da parte di Rifondazione, mentre la Margherita è molto più prudente e attenta a non schiudere completamente la porta agli USA.
E questo è molto evidente quando dalle affermazioni di principio (“si tratta di una missione di pace”) che vengono fatte da tutti i partiti, di destra o sinistra che siano, si va più nel concreto. Berlusconi, per esempio, ha minacciato di non votare il varo della missione se questa non contemplava il disarmo di Hezbollah, ritornando su questa minaccia quando ha visto che il disarmo di Hezbollah è previsto dalla risoluzione ONU, anche se affidato in prima istanza all’esercito libanese. Per Giordano invece questa opportunità è assolutamente da escludere: “Sto dicendo che se qualcuno sostiene che dobbiamo andare a disarmare gli Hezbollah, allora non lavora effettivamente per la pace” (ibidem) (1). E per chi pensasse che è Giordano che è impazzito o è stato preso dal cretinismo parlamentare al pari del suo ex capo Bertinotti, può andare a rileggere Liberazione, giornale del partito, che ha appoggiato la missione che rappresenta “un nuovo inizio della politica estera italiana, non più appiattita sull’asse Washington-Tel Aviv” (Liberazione del 23 agosto 2006), affermazione che non potrebbe riassumere con più chiarezza la vera differenza tra la politica estera del centrodestra e quella del centrosinistra.
Così la missione in Libano contribuisce a smascherare la vera natura borghese del governo di centrosinistra, ivi inclusa la sua componente più estrema. Anzi, è proprio quest’ultima che torna più utile nel dare una copertura all’imperialismo italiano, tanto è vero che nessun esponente si è esentato dall’esprimere il suo appoggio alla missione:
“Quale stupenda prova di solidarietà e saggezza l’Europa sta dando!” (Rossana Rossanda), “Stavolta interviene l’ONU e non la NATO, con funzioni di polizia internazionale, e mi sta bene” (Lidia Menapace, icona del “pacifismo” italiano) (2)
Ed insieme alla sinistra, con la guerra in Libano si smaschera tutto il sedicente pacifismo, tanto attivo ai tempi dell’attacco all’Iraq ed ora silenzioso di fronte all’intervento italo-franco-europeo. In realtà il pacifismo piccolo borghese, quando, nella migliore delle ipotesi, non è l’espressione impotente del perbenismo delle “anime gentili”, è uno strumento della borghesia che serve ad ingannare i proletari sulle reali ragioni delle guerre e delle intenzioni dei propri rispettivi imperialismi. Lo stesso pacifismo è pronto ad appoggiare il proprio imperialismo quando sono in gioco gli interessi di questi, come hanno fatto i pacifisti italiani citati sopra, ma anche il piuttosto noto movimento “Peace now” israeliano, che nello scorso luglio non ha esitato ad appoggiare l’invasione del Libano perché “Israele era sotto attacco”.
Non si può essere contro la guerra se non si è contro il capitalismo, se non si denunciano come imperialiste tutte le parti belligeranti, senza distinzioni tra “aggressori” ed “aggrediti”, senza distinzione tra chi dice di fare la guerra in nome della pace e chi dice di volere la pace e manda i soldati ad imporla. L’unica vera lotta alla guerra è quella che può condurre il proletariato di ogni paese che, combattendo contro la propria borghesia, si oppone anche alla tendenza di questa alla guerra.
Ci sono forze che stanno su questa linea, come testimoniano molti contributi che arrivano al nostra indirizzo (3), e soprattutto su questa linea sta il proletariato mondiale, che con le sue lotte sta aprendo una nuova prospettiva per l’umanità, antagonista a quella di morte che ci propone il capitalismo.
Helios
1. In effetti basterebbe già questo per capire quale è il pacifismo di Rifondazione: Hezbollah è una banda di assassini che non ha esitato a lanciare migliaia di missili sui civili israeliani in nome e per conto del suo padrino iraniano, e che si è fatta scudo dei civili libanesi per ripararsi dalle incursioni israeliane; perché voler disarmare questi assassini vorrebbe dire “non essere per la pace”?
2. Citazioni riportate su Repubblica del 25 agosto 2006, come quelle di Ferrando riportate in nota 3.
3. Sentiamo già una vocina che ci dice: state dimenticando Ferrando e il suo “Partito Comunista dei lavoratori”. Non lo stiamo dimenticando, sappiamo bene che Ferrando ha affermato: “Considero sconcertante che una parte, pur limitata, del movimento per la pace, giunga ad appoggiare pubblicamente una missione militare”. Ma sappiamo anche che lo afferma perché, secondo lui, questa missione è stata “richiesta a gran voce da Bush e da Olmert come strumento di normalizzazione del Libano e del Medio Oriente”, e quindi con la preoccupazione che la missione non sia abbastanza esplicitamente contro USA ed Israele. Ed a fianco di Hezbollah, forza a cui sicuramente Ferrando guarda con simpatia, come ha guardato con simpatia la sedicente “resistenza” irachena, quella che ammazza bambini e lavoratori iracheni a più non posso (vedi in proposito Rivoluzione Internazionale n. 145).