Spagna 1936. La sinistra del capitale sottomette il proletariato allo Stato borghese

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Nel numero di giugno del nostro giornale in Francia (1) l’articolo “60 anni fa il Fronte Popolare irreggimentava gli operai per la guerra imperialista”, ricordava come il “Fronte popolare” in Francia, contrariamente alle attuali campagne ideologiche della borghesia che ne fanno n periodo di “conquiste della classe operaia”, costituì un momento della preparazione della guerra imperialista mondiale con l’arruolamento del proletariato dietro la difesa dello Stato capitalista in nome dell’antifascismo. In questo articolo affrontiamo, con la guerra di Spagna, l’ultima tappa di questo imbrigliamento del proletariato internazionale, realizzato da tutte le frazioni della sinistra borghese e dei sindacati sotto la bandiera mistificatrice della lotta “antifascista”.

Questa terribile tragedia operaia, ancora oggi cinicamente presentata come la “rivoluzione sociale spagnola” o “una grande esperienza rivoluzionaria”, segna il trionfo della controrivoluzione attraverso lo schiacciamento ideologico e fisico (più di un milione di morti tra il 1931 ed il 1939 in Spagna) delle ultime forze vive del proletariato europeo. Questa carneficina fu la prova generale per lo scatenamento della guerra imperialista mondiale.

Gli anni dal 1930 al 39 sono gli anni di preparazione alla guerra che marcia sulle ceneri dell’ondata rivoluzionaria sorta contro la Prima Guerra mondiale. Ovunque nel mondo il proletariato è diviso, disfatto, preso nella morsa capitalista – che l’allontana dal proprio terreno di classe con la falsa alternativa “fascismo o democrazia” – e sottomesso all’isteria nazionalista che lo porta inesorabilmente verso la guerra. Nello stesso tempo, in seguito alla morte dell’Internazionale comunista, sanzionata dalla proclamazione del “socialismo in un solo paese”, la quasi totalità delle organizzazioni operaie in piena degenerazione sono conquistate al campo della borghesia dove tendono a disaggregarsi completamente. I “patiti comunisti” diventano la cinghia di trasmissione de “la difesa della patria socialista” agli ordini della controrivoluzione staliniana. Le sole voci che si levano controcorrente mantenendosi fermamente su delle posizioni di classe, come “Bilan” (organo della Sinistra Comunista d’Italia all’estero, tra il 1933 ed il 1938), sono quelle di un pugno di rivoluzionari.

Spagna 1936: la sinistra svia e sottomette il proletariato allo Stato borghese La Spagna, dove sussiste una frazione del proletariato mondiale ancora non schiacciata data la non partecipazione di questo paese alla Prima Guerra mondiale, si trova al centro di una vasta manovra della borghesia unita nello spingere gli operai ad abbandonare il loro terreno di classe e farli deviare sul terreno capitalista di uno scontro esclusivamente militare ed imperialista. Data la sua posizione geografica di porta dell’Europa, chiudendo il Mediterraneo da una parte e aprendo le vie sull’Atlantico e su l’Africa dall’altra, la Spagna costituiva il terreno ideale per l’affermazione delle tensioni imperialiste esasperate dalla crisi economica, soprattutto per gli imperialismi tedesco ed italiano che cercavano di assicurarsi un punto di forza nel Mediterraneo ed accelerare il corso verso la guerra. Inoltre, le strutture arcaiche di questo paese, profondamente scosse dall’irruzione della crisi economica mondiale del capitalismo negli anni 30, offrivano un terreno favorevole per sviare il proletariato. Si mantiene il mito di una “rivoluzione democratica borghese” ad opera degli operai, per trascinarli dietro l’alternativa “repubblica contro monarchia” che prepara la via alla lotta “antifascismo contro fascismo”. Dopo la dittatura di Primo de Rivera, instaurata nel 1923 e che beneficiava della collaborazione attiva del sindacato socialista UGT, la borghesia spagnola elabora, a partire dall’agosto 1930, il “Patto di San Sebastian” al quale vengono associati i due grandi sindacati, l’UGT e la CNT, quest’ultima dominata dagli anarco-sindacalisti, e che getta preventivamente le basi di una “alternativa repubblicana” al potere monarchico. Poi, il 14 aprile 1931, fa abdicare il re Alfonso XIII con la minaccia di uno sciopero dei ferrovieri e proclama la repubblica. Di colpo, al momento delle elezioni, viene portata al potere una coalizione social-repubblicana. Il nuovo governo “repubblicano e socialista” non tarda a dare la vera misura della sua natura antioperaia. La repressione si abbatte violentemente sui movimenti di sciopero che nascono di fronte al rapido aumento della disoccupazione e dei prezzi, facendo centinaia di morti e di feriti tra gli operai, in particolare nel gennaio 1933 a Casas Viejas in Andalusia. Durante questa ondata di repressione, il repubblicano “di sinistra” Azana ordina alla truppa: “Né feriti, né prigionieri, tirate al ventre!”. Questa sanguinosa repressione delle lotte operaie, fatte in nome della democrazia e che durerà due anni, permetterà alle forze di destra di organizzarsi e porta la coalizione governativa ad annaspare. Nel 1933 le elezioni danno la maggioranza alla destra. Una parte del Partito socialista, molto screditato dalla repressione di cui si è fatto agente, ne approfitta per fare una virata a sinistra. La preparazione del fronte di guerra imperialista, cioè la necessità di sviare il proletariato mentre gli scioperi si sviluppano, è la realtà in seno alla quale si articola l’attività delle organizzazioni politiche di sinistra. Gli scioperi si amplificano tra aprile e maggio del '34. I metallurgici di Barcellona, i ferrovieri e soprattutto gli operai edili a Madrid, ingaggiano delle lotte molto dure. Di fronte a queste tutta la propaganda della sinistra e dell'estrema sinistra è centrata sull'antifascismo per trascinare gli operai in una politica di “fronte unito di tutti i democratici”, una vera camicia di forza per il proletariato. Dal 1934 al 1935, gli operai sono sottoposti ad un martellamento ideologico incessante in vista delle elezioni, per la messa in opera di un programma di fronte popolare e per “far fronte al pericolo fascista”. Nell'ottobre del '34, spinti dalle forze di sinistra, gli operai delle Asturie cadono nella trappola di uno scontro suicida con lo Stato borghese che li dissangua. La loro insurrezione e la loro eroica resistenza nelle zone minerarie e nella cintura industriale di Oviedo e di Gijon vengono completamente isolate dal PSOE e l'UGT che usano tutti i mezzi per impedire che la lotta si estenda al resto della Spagna, in particolare a Madrid. Il governo dispiega allora nelle Asturie 30.000 uomini con carri armati ed aerei per schiacciare senza pietà gli operai, aprendo così un periodo di violenta repressione in tutto il paese.   Il Fronte popolare porta gli operai al massacro Il 15 gennaio 1935, viene siglata l'alleanza elettorale del Fronte popolare dall'insieme delle organizzazioni di sinistra, così come dai gauchisti trotskisteggianti del POUM. I dirigenti anarchici della CNT e della FAI derogano ai loro “principi anti-elettorali” per coprire questa impresa di un complice silenzio che equivale chiaramente ad un sostegno. Nel febbraio 1936, viene eletto il primo governo del Fronte popolare. Mentre si sviluppa una nuova ondata di scioperi, il governo lancia appelli alla calma, chiede agli operai di cessare gli scioperi, dicendo che questi fanno il gioco del fascismo; il PCE arriverà a dire che “dei padroni provocano ed attizzano gli scioperi per delle ragioni politiche di sabotaggio”. A Madrid, dove il 1° giugno scoppia uno sciopero generale, la CNT impedisce ogni confronto diretto con lo Stato, lanciando le sue famose parole d'ordine d'autogestione. Questa autogestione servirà ad intrappolare gli operai nella “loro” fabbrica, la “loro” campagna o la “loro” città, in particolare in Catalogna ed in Aragona. Sentendosi forti, le forze militari si lanciano a luglio in un “pronunciamiento” partito dal Marocco e diretto da un Franco che fa i suoi primi passi da generale sotto gli ordini della repubblica dominata dai socialisti. La risposta operaia è immediata: il 19 luglio 1936, gli operai dichiarano lo sciopero contro il colpo di stato di Franco e vanno in massa nelle caserme per disarmare questo tentativo, senza preoccuparsi delle direttive contrarie del Fronte popolare e del governo repubblicano. Unendo la lotta rivendicativa alla lotta politica, gli operai fermano con questa azione la mano omicida di Franco. Ma, simultaneamente, gli appelli alla calma del fronte popolare - “Il governo comanda, il Fronte popolare obbedisce” – vengono altrove rispettati. A Siviglia, per esempio, dove gli operai che hanno seguito le consegne di attesa del governo si fanno massacrare in un orribile bagno di sangue dai militari. Le forze di sinistra del capitale dispiegano allora pienamente le loro manovre d'imbrigliamento (2). In 24 ore il governo che negoziava con le truppe franchiste e organizzava con queste i massacri degli operai, cede il posto al governo Giral, più a “sinistra” e più “antifascista”, che prende la testa del sollevamento operaio per orientarlo verso lo scontro con il solo Franco e su un terreno esclusivamente militare! Gli operai vengono armati solo per essere mandati “al fronte” contro le truppe di Franco, al di fuori del loro terreno di classe. Meglio ancora, la borghesia tende allora la trappola criminale di una sedicente “scomparsa dello Stato capitalista repubblicano”, quando invece questo si rifugia dietro un presunto “governo operaio” che porta gli operai all’union sacrée contro Franco attraverso organismi quali il Comitato centrale delle Milizie antifasciste ed il Consiglio centrale dell'economia. Si crea così l'illusione di un “doppio potere” che getta definitivamente gli operai nelle mani dei loro carnefici. I sanguinosi massacri che hanno luogo in seguito in Aragona, a Oviedo, a Madrid, sono il criminale risultato della manovra della borghesia repubblicana e della sinistra che ha fatto abortire le reazioni operaie del 19 luglio 1936. Da quel momento, centinaia di migliaia di operai vengono arruolati nelle milizie degli anarchici e del POUM per “difendere la rivoluzione sociale” e vengono mandati a farsi ammazzare sul fronte imperialista “antifranchista” dal governo del Fronte popolare. Queste milizie saranno presto militarizzate, e gli operai più combattivi serviranno da carne da cannone per gli interessi capitalisti che credevano di combattere. Avendo abbandonato il suo terreno di classe, il proletariato subirà tutto il giogo della guerra e vedrà imporsi uno sfruttamento selvaggio in nome dell’economia di guerra “antifascista” da parte del Fronte popolare: riduzione dei salari, inflazione, razionamento, militarizzazione del lavoro, allungamento della giornata di lavoro e divieto del diritto di sciopero… Il proletariato di Barcellona si solleva di nuovo nel maggio 1937, ma in maniera disperata, facendosi massacrare dal Fronte popolare, dal PCE e la sua succursale del PSUC in testa, tanto che le truppe franchiste fermarono volontariamente la loro avanzata per poter permettere ai carnefici staliniani di schiacciare gli operai: “Il 19 luglio 1936, i proletari di Barcellona, A PUGNI NUDI, annientarono i battaglioni di Franco ARMATI FINO AI DENTI. Il 4 maggio 1937, questi stessi proletari, MUNITI DI ARMI, lasciano sulla strada ben più vittime che a luglio, quando dovevano respingere Franco ed è il governo antifascista – che comprende fino agli anarchici ed a cui il POUM è indirettamente solidale – che scatena la feccia delle forze repressive contro gli operai” scriveva Bilan nel 1938 nell’articolo “Piombo, mitraglia, galera: così risponde il Fronte popolare agli operai di Barcellona” (3). In questa sanguinosa tragedia tutte le cosiddette organizzazioni operaie hanno non solo dimostrato la loro integrazione allo Stato borghese, ma partecipato a pieno allo schiacciamento del proletariato; gli uni, come il PCE, il PSUC (che si consacra qui grande partito dell’ordine borghese), il PSOE e l’UGT assumendo direttamente il ruolo di carnefici, gli altri, come la CNT, la FAI, il POUM spingendo gli operai ad abbandonare il proprio terreno di classe in nome del “fronte antifascista” per gettali nelle braccia dei loro assassini e nella mischia imperialista. La presenza di ministri anarchici e della CNT nel governo della Catalogna e poi nel governo centrale di Caballero, è stato un potente fattore di mistificazione del Fronte popolare contro gli operai. Gli anarchici hanno avuto un ruolo di primo piano per conto della borghesia e nella sua manovra, imbrogliando gli operai sulla natura di classe del governo e del Fronte popolare: “Tanto sul piano dei principi che per convinzione, la CNT è sempre stata anti-statale e contro ogni forma di governo. Ma le circostanze hanno cambiato la natura del governo spagnolo e dello Stato. Oggi il governo, in quanto strumento di controllo degli organi dello Stato, non è più una forza di oppressione contro la classe operaia, così come lo Stato non rappresenta più un organismo che divide la società in classi. L’uno e l’altro opprimeranno ancor di meno il popolo ora che dei membri della CNT vi fanno parte” (Federica Montseny, ministro anarchico, 4 novembre 1936). Tutte le organizzazioni del Fronte popolare, ed in particolare gli stalinisti che se ne fecero il braccio armato, dichiararono una guerra feroce contro gli elementi delle rare correnti che, anche se con molta confusione, lottavano per difendere le posizioni rivoluzionarie, inviandoli sui posti più esposti del fronte, lasciandoli senza munizioni, facendoli imprigionare dalla polizia delle “forze repubblicane” o assassinandoli puramente e semplicemente. Gli avvenimenti della Spagna hanno dimostrato chi erano veramente quelli che pretendevano di essere al fianco degli operai, democratici, socialisti, “comunisti” e anarchici, ma che nella pratica sono stati i difensori più accaniti dello Stato borghese e del capitale nazionale, i peggior nemici della classe operaia. La guerra di Spagna si prolunga fino al 1939 concludendosi con la vittoria militare di Franco nel momento in cui le altre frazioni del proletariato mondiale, dappertutto vinte dalla controrivoluzione, servivano a loro volta da carne da cannone nello scontro imperialista generalizzato dietro le rispettive borghesie nazionali. C.B.

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