Inviato da RivoluzioneInte... il
Nel suo numero 479, datato da novembre 2005 a febbraio 2006, Le Prolétaire dedica circa quattro pagine alle sommosse di quest’autunno. Colonna dopo colonna, quest’organizzazione porta un sostegno incondizionato alla violenza dei giovani abitanti della periferia. Arriva addirittura a farne un punto di partenza per la lotta di tutta la classe operaia, un modello da seguire. "La rivolta delle periferie annuncia la ripresa della lotta proletaria rivoluzionaria!” potevamo leggere in grassetto ed in maiuscolo nel suo volantino. Pertanto, gli studenti che sono entrati in lotta quattro mesi più tardi hanno preso tutta un'altra strada. Non automobili bruciate a centinaia. Non scuole saccheggiate. Neanche notti intere ad affrontare gli sbirri, con i sassi in mano. Alla disperazione ed all'odio, all'autodistruzione ed al "non futuro", questi giovani della classe operaia hanno preferito l'unità e la solidarietà, l'auto-organizzazione e la costruzione dell'avvenire.
Quali sono i punti comuni tra i movimenti degli studenti e le sommosse d'autunno?
Solo guardando la cronologia degli avvenimenti, è facile pensare che la lotta contro il CPE logicamente succede alle sommosse, che ne è una specie di prolungamento. Oltretutto, vi sono in realtà alcuni punti comuni. Il primo, più visibile, è il coinvolgimento della gioventù. In entrambi i casi, sono i giovani della classe operaia ad essere scesi in strada. Ciò implica il secondo punto comune. La profondità della crisi economica ed il fallimento del capitalismo rendono totalmente insopportabile l’avvenire che si prospetta. I giovani non possono provare che una profonda angoscia ed una vera collera di fronte alla disoccupazione, ai piccoli lavori sottopagati ed altre galere che li aspettano. E’ per questo motivo che le sommosse hanno anche avuto e hanno ancora un significato importante per la classe operaia. Queste esplosioni di violenze hanno rivelato lo stato di povertà e di disperazione regnante nei ghetti di cemento. Il mondo intero ha potuto scoprire che "anche in Francia" le condizioni di vita degli operai e dei loro giovani si degradano e diventano insopportabili. Ecco ciò che c'è di comune tra le sommosse di periferia ed il movimento degli studenti: l'inquietudine della gioventù per l'avvenire. L'orizzonte chiuso, la prospettiva del domani sempre più scura. Ma la somiglianza si ferma là.
Perché gli studenti non sono caduti nella trappola della sterilità della sommossa?
La borghesia ed i suoi media hanno tentato di tutto per rompere il movimento degli studenti. I telegiornali si sono riempiti di immagini di violenze. Quando un milione di persone manifestava in strada e migliaia di studenti si organizzavano in assemblee generali discutendo nelle università, il giornale televisivo delle 20 si soffermava solo sulle scene di depredazioni e di scontri tra alcuni casseurs con i CRS (celerini). Le immagini della Sorbona occupata e della scala gettata dalla finestra sugli sbirri hanno fatto il giro del mondo, e parecchie volte! Peggio: utilizzando i metodi più schifosi della provocazione e dell'infiltrazione, le forze dell'ordine hanno provato a più riprese a fare degenerare i cortei di manifestanti. Numerosi testimoni sono stati colpiti dall'evidenza che gli sbirri lasciavano passare le bande per creare una sensazione di paura. E non ci sono quasi dubbi che questi gruppi che correvano lungo i marciapiedi per rapinare gli studenti erano eccitati, manipolati e forse anche diretti in parte dalla polizia. Così, salutando le sommosse dell'autunno, proferendo in modo magniloquente alla fine del suo volantino "Viva la rivolta dei giovani proletari delle periferie contro la miseria, il razzismo e l'oppressione! Viva la prospettiva del proletariato in lotta per i suoi soli interessi di classe! Viva la ripresa della lotta generale di classe ivi compreso sul campo della violenza che la borghesia utilizza continuamente contro i proletari”! e qualificando gli atti esasperati dei giovani insorti di "violenza proletaria delle periferie", Le Prolétaire ha partecipato involontariamente alla trappola tesa dalla borghesia.
Ma la gioventù studentesca non ha né risposto alle provocazioni statali né seguito la direzione indicata dal “Partito Comunista Internazionale”. Al contrario, ha rigettato i metodi da sommossa organizzando dei servizi d’ordine per proteggersi dai saccheggi, impedire le devastazioni e non cadere nelle provocazioni dei CRS, pure avanzando delle parole di ordine unitarie per tutta la gioventù operaia, delle periferie o del resto. Questi futuri proletari hanno dato prova di una grande forza. Hanno difeso i valori della classe operaia: quella della solidarietà, della capacità ad organizzarsi ed a lottare collettivamente, di battersi per sé e per gli altri. È dunque il loro livello di coscienza che ha permesso agli studenti di non cadere nella trappola delle sommosse. Hanno compreso che gli scontri con i CRS erano totalmente sterili, che la distruzione per la distruzione era da bandire, che dunque i metodi da sommossa costituivano un vicolo cieco. Meglio ancora, i cortei studenteschi si sono organizzati per proteggersi contro il saccheggio delle bande delle periferie. E tuttavia, malgrado o piuttosto grazie a tutto ciò, hanno espresso un sentimento profondo di solidarietà verso gli insorti. Regolarmente nelle AG, echeggiavano interventi del tipo: "rifiutando il CPE, lottiamo tanto per noi quanto per i più sprovvisti". La dimostrazione più chiara è indubbiamente la rivendicazione di amnistia per tutti i giovani condannati durante l'autunno caldo. Durante le manifestazioni, era sorprendente il contrasto tra i cartelli che rivendicavano l'amnistia e le bande di giovani che saccheggiavano senza vergogna telefonini portatili e portafogli. Abbiamo visto delle studentesse malmenate piangere ripetendo instancabilmente "è tuttavia anche per essi che ci battiamo!"
La forza del movimento contro il CPE, la capacità degli studenti a portare nella lotta un sentimento di solidarietà ha avuto un risultato immediato: quello di coinvolgere in questa lotta la stragrande maggioranza della gioventù delle periferie. Nella misura in cui la lotta si sviluppava, gli alunni dei licei delle periferie sono venuti sempre più numerosi manifestazione dopo manifestazione, lasciando al margine la minoranza dei ladruncoli. Mentre le sommosse avrebbero potuto solo trascinare una parte dei giovani in un'isteria di violenza mentre l'altra parte si nascondeva impaurita, la lotta degli studenti, i suoi metodi ed i suoi scopi, ha offerto al tempo stesso un altro modo di battersi ed una prospettiva. Non bisogna credere che la violenza sia in sé da bandire e che fu bandita dagli studenti. I blocchi delle facoltà da parte di squadre incaricate ed organizzate fu una forma embrionale di violenza di classe. La violenza proletaria sarà necessaria alle lotte rivoluzionarie. Solo che questa violenza "portatrice di un nuovo mondo" non può prendere una qualsiasi forma. Deve girare le spalle allo scatenamento del furore distruttore cieco, all'appagamento di vendette personali, agli atti di barbarie ed al caos. La violenza proletaria è organizzata, ponderata, pensata collettivamente e portatrice dell'unità e della solidarietà della classe operaia. È una delle grandi lezioni dello sciopero di massa del 1905 e dell'insurrezione di ottobre 1917.
Quale ruolo può giocare in avvenire questo Le Prolétaire che fa l'elogio della violenza autodistruttiva?
Facendo l'elogio della violenza autodistruttiva, Le Prolétaire difende delle posizioni pericolose per la classe operaia. Una tale posizione da parte di un'organizzazione autenticamente proletaria può sorprendere in quanto somiglia agli slogan pseudo-radicali degli anarchici del tipo "quando si brucia, è buon segno". E questa organizzazione non ha nemmeno la scusa di essere malinformata. Sa molto bene ciò che sono state concretamente le sommosse: "in alcuni giorni, la rabbia dei giovani senza lavoro, senza salario, senza avvenire si è estesa a tutto il paese", "scaricano oggi una parte di questa violenza distruggendo tutto ciò che capita loro sottomano", o ancora "è una collera cieca, una manifestazione di collera esasperata". E tuttavia, essa difende questa rabbia, questa distruzione, quest'accecamento e questa disperazione che voltano le spalle agli interessi della classe operaia. Perché? La prima ragione, meno onorabile, è la volontà opportunista di piacere. Gridando "Viva la rivolta dei giovani proletari delle periferie contro la miseria, il razzismo e l'oppressione!" , ha provato a dotarsi con poca spesa di una vernice radicale, di apparire rivoluzionaria, un’organizzazione “pura e dura”. La CCI che ha assunto le sue responsabilità sottolineando il vicolo cieco di queste violenze sterili è così tacciata di "social-pacifista" da parte di un Prolétaire che porta sostegno e tutta la sua solidarietà ai giovani insorti. Ma veramente è essere solidale salutare questi atti disperati? E’ veramente essere solidale chiamare gli operai a partecipare a queste sommosse? Evidentemente no. Lo ripetiamo, la lotta degli studenti contro il CPE ha portato spontaneamente una solidarietà ben più vera di questo “Partito Comunista Internazionale”.
Al di là dell'adescamento, ci sono anche delle importanti debolezze che impediscono a Le Prolétaire di comprendere una qualsiasi cosa della lotta di classe. Mancanza di fiducia nel proletariato, incomprensione di ciò che è la violenza di classe, ignoranza totale del ruolo della coscienza, ecco le ragioni profonde che spingono in effetti Le Prolétaire a sostenere delle sommosse totalmente sterili e pericolose. Per comprenderlo, bisogna andare a grattare le sue analisi apparentemente elaborate… in superficie: "Se effettivamente gli operai si fossero già trovati numerosi sul terreno di classe, lasciare questo campo per dedicarsi a saccheggi sarebbe stato una regressione ed un passo indietro nella lotta anti-capitalista. Ma […] gli operai e più generalmente i proletari non si trovano che in numero infinitesimale sul terreno di classe, al contrario sono molto numerosi sul campo della collaborazione delle classi" e dunque "il fatto che una parte di questa maggioranza comincia a disertare questo campo della collaborazione delle classi, anche se momentaneamente, senza avere una consapevolezza chiara dei loro atti, senza prospettiva né progetto, è per i comunisti un segno di grande importanza: il segno che un passo avanti verso il terreno di classe, verso la ripresa della lotta di classe, sta avverandosi".
Se si riassume tutto questo in una frase, abbiamo: "le sommosse, sono meglio di niente". Incidentalmente, si vede che questo “Partito Comunista Internazionale” è totalmente staccato dalla dinamica attuale della classe operaia, dalla ricomparsa da alcuni anni della sua combattività. Non vedendo la lotta che si sviluppa sotto i suoi occhi, Le Prolétarie si aggrappa a qualsiasi cosa. Ma c'è qualcosa di ancora più grave. Quale immagine ha del proletariato e della sua lotta Le Prolétarie? Come può un'organizzazione rivoluzionaria credere che le sommosse, violenze senza scopo di cui le prime vittime sono gli stessi operai, possono costituire "un passo avanti verso il terreno di classe, verso la ripresa della lotta di classe"? Quali sono questi atti eroici che costituiscono una tale avanzata per la lotta della classe operaia? Gli scontri sterili con gli sbirri la cui sola motivazione era l'odio? Le migliaia di automobili di operai bruciati? O, forse, gli autobus e le scuole distrutte?
La disperazione che traspira attraverso la violenza autodistruttiva di giovani disperati costituisce uno sgambetto alla classe operaia ed assolutamente non un benché minimo passo avanti. Lo ripetiamo ancora una volta: le violenze urbane istillano la paura dell'altro, dividono gli operai ed i loro figli, spingono verso la propaganda sulla sicurezza. Soprattutto, rafforzano lo Stato borghese che permette alla borghesia di fare credere che all'infuori della democrazia, ogni lotta va verso il caos e non porta nessuno avvenire. Alla fine le sommosse inquinano la coscienza della classe operaia. Ma il PCI indubbiamente sembra non dare molto importanza alla questione della coscienza. La riflessione del proletariato sul suo avvenire, la sua capacità a battersi in modo unito e solidale…, a tutto ciò, Le Prolétaire preferisce "l'esplosioni di rabbia", "gli scontri violenti", "la rivolta elementare". Dopo tutto, non è Il Partito che è il detentore della coscienza? Non basta, per la rivoluzione vittoriosa, un Partito infallibile ed una classe operaia combattiva e determinata, piena di rabbia e di violenza? Ebbene no, compagni! La forza della classe operaia, è al contrario lo sviluppo della coscienza delle masse e della loro organizzazione. Sono le sue armi politiche essenziali.
Tra le sommosse ed il movimento anti-CPE, i metodi di lotta sono stati radicalmente differenti. Il primo poteva trascinare solamente alla distruzione, alla divisione e ridurre la fiducia della classe operaia a battersi per un avvenire il migliore. Al contrario, la presa in mano della lotta da parte degli studenti, la loro capacità ad organizzarsi in AG, ad avanzare delle parole d'ordine portatrici di solidarietà e di unità permettono al proletariato di compiere un grande passo. In breve, le sommosse guardavano verso il nulla, le lotte studentesche verso l'avvenire. Questa differenza fondamentale tra i due movimenti è sfuggita finora totalmente a Le Prolétaire, a tal punto che durante una permanenza a Parigi, i suoi militanti si sono stupiti che la CCI sostenga le lotte studentesche e si sono rallegrati che la nostra organizzazione abbia… cambiato posizione sull'autunno (sic!). Davanti alla lotta di classe, Le Prolétaire è indubbiamente come una gallina davanti ad un coltello. Possiamo chiederci con serietà e gravità quale ruolo sarà portato a giocare Le Prolétaire in seguito allo sviluppo delle lotte se continua così ad esaltare la violenza cieca e distruttrice?
Pawel