Da New York a Delhi, da Belfast a Parigi: la rinascita della solidarietà operaia

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In Francia, lo sciopero massivo dei giovani studenti e dei lavoratori – della nuova generazione della classe operaia – ha forzato il governo a ritirare la nuova legge sull’“impiego”, il CPE. L’organizzazione della lotta attraverso le assemblee generali, la capacità degli studenti di discutere collettivamente e di evitare molte delle trappole messe dalla classe dominante, la loro comprensione della necessità per il movimento di allargarsi ai salariati, tutti questi sono segni del fatto che stiamo entrando in un nuovo periodo di scontro tra le classi.

 

Ciò viene mostrato non solo dal movimento in Francia, ma anche dal fatto che questo è stato solo uno di una lunga serie di movimenti della classe operaia contro i crescenti assalti del capitalismo ai suoi livelli di vita. In Gran Bretagna, lo sciopero convocato dai sindacati locali il 28 marzo è stato seguito da oltre un milione e mezzo di lavoratori, preoccupati a resistere ai nuovi attacchi alle loro pensioni. In Germania, decine di migliaia di impiegati statali e di operai di fabbrica sono stati coinvolti in scioperi contro tagli salariali e aumenti dell’orario lavorativo. In Spagna gli operai della SEAT sono scesi spontaneamente in sciopero contro il saccheggio concordato tra padroni e sindacati. Sempre in Spagna, a Vigo, all’inizio di maggio 23.000 lavoratori del settore metallurgico, in gran parte giovani operai, sono scesi in lotta contro la nuova riforma del lavoro che prevede l’abbassamento dell’indennità di licenziamento e l’estensione dei contratti precari. Negli USA, anche i lavoratori della rete di trasporti di New York e quelli della Boeing sono scesi in sciopero in difesa delle loro pensioni. Nell’estate del 2005 l’Argentina è stata scossa dalla più grande ondata di scioperi degli ultimi 15 anni. In India, Messico, Sud Africa, Dubai, Cina e Vietnam, la classe operaia sta mostrando con le sue azioni che, contrariamente a tutta la propaganda dei nostri sfruttatori, non è per niente scomparsa dalla scena sociale. Al contrario, essa rimane la classe che mantiene gli ingranaggi della produzione capitalista in funzione e che crea l’immensa mole di ricchezza sociale. Questi movimenti stanno diventando sempre più estesi, più simultanei e più determinati.

 

Un tema centrale in pressoché tutti questi movimenti è stato quel vecchio principio proletario della solidarietà. L’abbiamo visto in Francia non solo nell’esemplare maniera in cui studenti di università diverse si sono sostenuti gli uni con gli altri, ma anche nella mobilitazione attiva di un numero crescente di salariati nel movimento, e nell’unità tra diverse generazioni. Lo abbiamo visto in Spagna alla SEAT quando i lavoratori sono scesi in sciopero in difesa dei compagni licenziati ed a Vigo con la partecipazione di proletari di altri settori alle assemblee generali tenute per le strade dagli operai in sciopero. Lo abbiamo visto a Belfast quando i lavoratori delle poste, in sciopero nonostante l’avviso contrario del loro sindacato, hanno apertamente cancellato la divisione settaria marciando assieme attraverso sia le zone cattoliche che quelle protestanti della città. Lo abbiamo visto a New York dove i lavoratori della Transit hanno spiegato che loro non stavano lottando per sé stessi ma per la futura generazione di lavoratori. In India, i lavoratori in sciopero alla Honda di Delhi sono stati raggiunti da masse di lavoratori di altre fabbriche, soprattutto dopo gli scontri con le forse di repressione.

 

Il principio della solidarietà – e la crescente volontà di difenderla nell’azione – è un elemento centrale della vera natura della classe operaia. Questa infatti è una classe che può difendere i suoi interessi solo se agisce in maniera collettiva, estendendo le sue lotte il più possibile, superando tutte le divisioni imposte dalla società capitalista: divisioni in nazioni, razze, religioni, professioni e sindacati. La ricerca della solidarietà contiene perciò i germi dei movimenti sociali di massa che hanno la capacità di paralizzare l’attività del sistema capitalista. Abbiamo avuto un certo sentore di ciò in Francia questa primavera. Stiamo ancora all’inizio, ma l’attuale risorgere delle lotte operaie sta preparando la strada per gli scioperi di massa del futuro.

 

E al di là dello sciopero di massa c’è la prospettiva non solo di fermare il capitalismo, ma anche di riorganizzare da cima a fondo la produzione, di creare una società in cui la solidarietà sociale sia la norma, non un principio di opposizione all’ordine esistente, fondato sulla spietata competizione tra esseri umani.

 

Questa prospettiva è contenuta nelle attuali lotte della classe operaia. Non si tratta semplicemente di una speranza per un futuro migliore, ma di una necessità imposta dalla bancarotta del sistema sociale capitalista. I recenti movimenti di classe sono stati provocati da continui e sempre più forti attacchi contro le condizioni di vita dei lavoratori – sui salari, sugli orari, sulle pensioni, sulla sicurezza sul lavoro. Ma questi attacchi non sono qualcosa di cui la classe dominante e il suo Stato possono fare a meno portando avanti una politica alternativa. Essi sono infatti obbligati a peggiorare le condizioni di vita della classe operaia perché non hanno scelta, perché non possono sfuggire alla pressione della crisi economica del capitalismo e all’implacabile guerra per la sopravvivenza sul mercato mondiale. Ciò vale per qualunque partito politico sia al potere, per qualunque gruppo di burocrati gestisca lo Stato.

 

 

La borghesia non ha d’altra parte alcuna alternative di fronte al crollo dell’economia che la spinge verso il militarismo e la guerra. La generalizzazione della guerra a tutto il pianeta – che si manifesta attualmente particolarmente attraverso la “guerra al terrorismo” e la minaccia di aprire un nuovo fronte militare contro l’Iran – esprime l’inesorabile deriva del capitalismo verso la distruzione dell’umanità.

 

La classe degli sfruttatori e la classe dei salariati non hanno nulla in comune. Loro non hanno altra scelta che cercare di sfruttarci sempre di più. Noi non abbiamo altra scelta che resistere. Ed è resistendo che scopriremo la fiducia e la forza di avanzare la prospettiva dell’abolizione dello sfruttamento una volta per tutte.

 

WR

 

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