Di destra o di sinistra lo Stato è sempre contro la classe operaia

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Un anno di campagna elettorale è quanto di peggio si possa meritare una popolazione, già afflitta dal doppio flagello di un governo di destra inetto e tracotante - che ha portato la gestione dello stato e del parlamento ai limiti di un uso ad personam - ed un’opposizione di sinistra vacua e priva di iniziativa, apparentemente impotente. Ci sarebbe da chiedersi come fanno i cittadini italiani a dare ancora la fiducia a questa gente e a sprecare un week-end di primavera per rimanere in città e andare a votare. Ora, fermo restando che con i tempi che corrono non tutti possono permettersi di andare fuori città per il week-end, il problema è che la borghesia, con la sua propaganda, riesce a mantenere l’idea che con le elezioni i cittadini, tutti i cittadini, almeno una volta ogni tot anni, hanno il potere di decidere chi eleggere al parlamento e quindi chi deve governare. Da questo punto di vista le elezioni costituiscono una delle mistificazioni più forti che esistano nella fase attuale del capitalismo. Infatti, entrato nella sua fase di decadenza, oggi il capitalismo non ha più davanti a sé alcuna possibilità di sviluppo ulteriore e non è più possibile per il proletariato appoggiare, come era ancora il caso alla fine dell’800, la frazione più avanzata della borghesia la cui affermazione avrebbe permesso un più rapido sviluppo del capitalismo e una più celere maturazione delle condizioni obiettive del comunismo. Oggi l’economia - non solo nazionale ma mondiale - è in completo fallimento e il programma, di destra o di sinistra, di qualunque governo, consiste nell’attutire il più possibile, ritardandolo, il tonfo del tracollo economico. E’ appunto per gestire questo fallimento che un governo ha bisogno di coinvolgere la popolazione e soprattutto la classe dei lavoratori, di renderli corresponsabili della scelta effettuata in modo da creare delle aspettative. Non è un caso che a livello internazionale si stia provando tutta una serie di carte nuove che stanno riscaldando l’animo di tanti giovani, come il governo Lula in Brasile, quello di Chavez in Venezuela (1) o ancora quello dell’indio Evo Morales in Bolivia, che arriva dopo anni di dittatura e di cui fa parte come ministro della giustizia una donna addetta alle pulizie che aveva cominciato a lavorare all’età di 13 anni. Come si può non rimanere colpiti e riprendere fiducia nelle elezioni?! Ma, come stanno cominciando a dimostrare proprio le esperienze di Lula e Chavez, il problema, purtroppo, non è di chi sta a capo del governo ma di quello che bisogna governare: l’economia capitalista. E, al di là della buona o della cattiva volontà dei governanti, la realtà dimostra che non si possono fare delle scelte a favore dei lavoratori rimanendo nella logica del profitto capitalista. Facciamo degli esempi. In occasione della sua recente visita a Napoli, un punto su cui il leader del centro-sinistra Prodi ha insistito è il ruolo strategico dei porti del sud Italia che possono essere - ha detto - una valida alternativa ai porti dei paesi del nord nei confronti dei carghi che fanno servizio verso i paesi orientali e le americhe. Perfetto. In altri termini se noi riusciamo a togliere lavoro ai lavoratori della Germania, della Francia, dell’Olanda, del Belgio, forse riusciremo a darne un po’ ai nostri lavoratori, ma soprattutto, quello che neanche Prodi e i suoi alleati di estrema sinistra dicono, faremo fare tanti tanti soldini alle nostre ditte di trasporto, ai nostri commercianti, al nostro capitalismo. D’altra parte qual è il significato di questo discorso dell’ultima ora sui conti trimestrali, sulla crescita zero rispetto agli altri paesi? Che stiamo andando peggio di Francia e Germania, che in Europa ci stanno superando tutti e che dobbiamo essere più competitivi. Ma, cari signori della sinistra (borghese s’intende!), come è possibile diventare competitivi se non offrendo merci che costino al produttore di meno? E quale strada esiste per abbassare il costo delle merci se non aumentando lo sfruttamento dei lavoratori e riducendo il loro salario? Questo non è il programma della destra, né quello della sinistra, queste sono le condizioni irrinunciabili per qualunque governo voglia governare, in qualunque paese del mondo, in una fase di crisi storica e irreversibile del capitalismo come quella che viviamo oggi. Per cui che c’è di meglio di occultare tutto ciò facendo credere che cambiando governo cambino realmente anche le condizioni di esistenza dei lavoratori?

 

Ma è proprio vero che destra e sinistra propongono esattamente la stessa cosa? Certamente no! Se entrambi gli schieramenti hanno lo stesso obiettivo di curare gli interessi della Azienda Italia, e quindi di attaccare a fondo le condizioni di vita della classe operaia, come magistralmente ha sempre fatto la sinistra ancor meglio che la destra (2), se entrambi gli schieramenti hanno sempre difeso gli interessi imperialisti dell’Italia nel mondo (3), una differenza tra gli attuali schieramenti ci sta, e si pone a vari livelli. Anzitutto la diversa credibilità dei due schieramenti politici: un governo che è costretto a ritirare uno dopo l’altro i suoi ministri per la loro goffaggine, la loro impresentabilità (vedi in particolare negli ultimi due mesi prima il caso Calderoni con le magliette anti-Maometto, poi Storace con le spie messe in gioco contro gli stessi alleati di destra, ecc.), ed ancora l’intollerabilità di un presidente del consiglio che agisce dicendo tutto quello che gli passa in testa in quel momento e pretende che la gente gli stia a credere, non sono certo una buona credenziale. L’altra questione è l’opzione imperialista. Infatti mentre la coalizione di centro-sinistra si è imposta, anche attraverso Tangentopoli (4), per portare avanti una politica di maggiore autonomia sul piano imperialista, esprimendo comunque una preferenza per l’area imperialista europea, lo schieramento di Berlusconi è quello che visibilmente si colloca come uno zerbino ai piedi degli USA. Questa non è una differenza di secondo ordine ma di quelle che possono fare il risultato. Infatti nella sua globalità il governo Berlusconi appare, nonostante tutti i demeriti della sinistra, come quello peggiore da tutti i punti di vista tranne il fatto che è l’unico che è disposto ancora a sostenere gli USA. E gli USA gli sono stati e gli sono ancora molto grati per questo. Non è un caso che, in questi ultimi giorni, il governo americano si sia fatto promotore di una campagna di destabilizzazione verso l’Italia, lanciando ai propri cittadini presenti in Italia un appello sul pericolo di attentati in occasione della fase elettorale. Questo appello è di un cinismo incredibile: infatti chi è esperto di terrorismo nel senso che lo pratica o ne è connivente sono proprio gli USA (5): l’Italia in particolare è stato un laboratorio di pratiche terroriste non solo e non tanto da parte delle bande di disperati stalinisti delle BR, quanto soprattutto dei servizi segreti americani che hanno appoggiato per oltre quarant’anni fascisti e avventurieri pronti ad ogni colpo di mano per fermare l’avanzata dei “rossi” nel nostro paese (6). A partire dall’episodio di Portella delle Ginestre del 1947 fino alle ultime bombe di matrice americana fatte scoppiare tra il 92 e il 93 (7) è tutta una lunga serie di interferenze nella politica italiana fatta di bombe e di cadaveri. Per cui il recente appello degli americani ha tutto il sapore di una minaccia di nuove bombe laddove gli italiani non dovessero seguire le giuste raccomandazioni.

 

In conclusione, governo di destra o governo di sinistra, per i lavoratori la prospettiva non cambia. Lo Stato italiano, come ogni Stato capitalista, può solo continuare a spolpare le carni di un proletariato ormai sfinito da tasse, rincari, indigenza, precarietà, disoccupazione, … In una parola, la campagna elettorale prima, le elezioni dopo, sono proprie tutte contro la classe operaia. Ma una alternativa c’è. Certo, ed è la lotta di classe, quella che in vari paesi del mondo sta ritornando sulla scena sociale. Agli scioperi dell’aeroporto di Heatrow a Londra, a quelli in Argentina o alla SEAT in Spagna di qualche mese fa (8), nuovi momenti di lotta si susseguono in Gran Bretagna, India, Svizzera e Francia, come viene mostrato dagli articoli presenti all’interno di questo giornale.

 

2 aprile 2006                                       Ezechiele

 

 

1. Vedi l’articolo su Chavez in questo stesso numero.

2. Come fece appunto il socialista Craxi eliminando i quattro punti di contingenza nel 1984, come ha fatto il governo di centrosinistra Amato nel 1992 che ha rastrellato 90.000 miliardi delle vecchie lire, come ha fatto il successivo governo Dini che portò a termine la prima famigerata riforma delle pensioni che non era riuscita a Berlusconi.

3. Chi critica oggi Berlusconi per la partecipazione alla guerra in Iraq dovrebbe ugualmente ricordare la guerra condotta dal “comunista” D’Alema contro la popolazione serba.

4. Campagna giudiziaria orientata a combattere il connubio politica-economia che passava attraverso le tangenti, ma di fatto una politica finalizzata a svuotare ed estromettere dal potere i partiti filoamericani, DC e PSI.

5. Vedi nostri articoli su le Twin Towers, su Rivoluzione Internazionale n122 e 123 (vedi anche sul nostro sito www.it.internationalism.org).

6. Su questo la bibliografia è stracolma: oltre alla famosissima Strage di Stato, si suggerisce anche qualche chicca degli ultimi tempi come il libro di Edgardo Sogno: Testamento di un anticomunista, Mondatori.

7. Erano gli anni in cui la borghesia italiana cercava di liberarsi della tutela americana e quella americana reagiva a colpi di bombe tramite la fedele mafia: vedi gli assassini dei giudici Falcone e Borsellino del 1992 e gli attentati di Roma e Firenze del maggio 1993 che fanno 5 vittime e 23 feriti.

8. Sugli scioperi a Londra vedi Rivoluzione Internazionale n.142 e per quelli alla Seat ed in Argentina Rivoluzione Internazionale n.144.

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