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Nel numero 122 della nostra Révue Internationale (in francese) abbiamo pubblicato un articolo sul ciclo di conferenze dei gruppi della Sinistra Comunista che si erano tenute fra il 1977 e il 1980. In esso sottolineavamo il passo in avanti che queste conferenze costituivano e deploravamo che esse fossero state deliberatamente sabotate da due dei principali gruppi partecipanti, il Partito Comunista Internazionalista PCInt-Battaglia Comunista) e la Communist Worker’s Organisation (CWO), oggi principali sezioni del Bureau Internazionale per il Partito Rivoluzionario (BIPR). L’iniziativa di questo ciclo di conferenze era stata presa dal PCInt che nel 1976 aveva lanciato un appello per la loro tenuta e, nel 1977, aveva organizzato la prima conferenza a Milano. Nei fatti se la convocazione a questa conferenza non era stato un fallimento colossale era perché, contrariamente agli altri gruppi che inizialmente avevano annunciato la loro partecipazione ma che non si presentarono, la CCI si era attrezzata per inviarvi una delegazione importante. La convocazione delle due conferenze successive non fu più iniziativa del solo PCInt, ma di un “Comitato tecnico” nel cui lavoro la CCI si impegnò con la massima serietà, in particolare organizzando le due conferenze a Parigi, dove si trova la sezione più importante della nostra organizzazione. La serietà di questo lavoro non è estranea al fatto che a queste conferenze partecipò un numero di gruppi ben più consistente e che esse siano state preparate attraverso la pubblicazione preventiva di bollettini preparatori. Introducendo di straforo, alla fine dei dibattiti della terza conferenza, un criterio supplementare di “selezione” per le future conferenze, iniziativa che aveva lo scopo esplicito di eliminare la nostra organizzazione da queste, il PCInt, con la complicità della CWO (convinta a seguito di lunghe discussioni di corridoio) si prese la responsabilità di demolire tutto il lavoro che era stato fatto. In effetti la IV conferenza, che si tenne infine nel settembre del 1982, costituì la conferma del carattere catastrofico dell’atteggiamento adottato dal PCInt e dalla CWO alla fine della III.
E’ quello che vogliamo mettere in evidenza con il seguente articolo che si basa essenzialmente sul processo verbale in inglese di questa conferenza pubblicato nel 1984 (due anni dopo la sua tenuta) come opuscolo dal BIPR (costituitosi nel 1983) (1).
Nell’indirizzo di apertura di questa conferenza, la CWO, che l’aveva organizzata a Londra, richiama le tre conferenze precedenti, e in particolare la III:
“Sei gruppi hanno partecipato alla III conferenza il cui ordine del giorno comprendeva la crisi economica e le prospettive per la lotta di classe nonché il ruolo e i compiti del partito. I dibattiti di questa conferenza hanno confermato i domini di accordo che erano già stati messi in evidenza, ma che si erano impantanati per quanto riguarda la discussione sul ruolo e i compiti del partito. Affinchè le future conferenze potessero andare al di là della semplice reiterazione del bisogno del partito con la ripetizione delle stesse argomentazioni sul suo ruolo e i suoi compiti, il PCInt ha proposto un criterio aggiuntivo di partecipazione alle conferenze e cioè l’accettazione che il partito deve giocare un ruolo dirigente nella lotta di classe. Ciò ha fatto apparire una chiara divisione tra i gruppi che comprendono che il partito ha dei compiti già oggi e che esso deve assumere un ruolo dirigente nella lotta di classe e quelli che rigettano l’idea che il partito dovrebbe essere organizzato nella classe oggi al fine di poter assumere un ruolo dirigente nella rivoluzione di domani. Solo la CWO ha sostenuto la risoluzione del PCInt e la III conferenza si è dispersa nel disordine.
A causa di ciò oggi sono presenti meno gruppi, ma ora esistono le basi per cominciare un processo di chiarificazione sui compiti reali del partito. In questo senso la dissoluzione dell’ultima conferenza non fu una separazione totalmente negativa. Come la CWO ha scritto in Revolutionary Perspectives n. 18 nella relazione sulla III conferenza: ‘ Qualunque cosa si deciderà in futuro, la III conferenza significa che il lavoro internazionale tra i comunisti procederà su delle basi differenti da quelle del passato’ (…)
Sebbene oggi abbiamo un numero di partecipanti inferiori a quelli della II e III conferenza, partiamo da basi più chiare e più serie. Noi speriamo che questa conferenza dimostri questa serietà con una volontà di dibattere e di discutere al fine di influenzare le nostre rispettive posizioni, piuttosto che imbastire delle polemiche sterili e cercare di utilizzare le conferenze come una arena pubblicitaria per il proprio gruppo.”
Il processo verbale della conferenza permette di farsi un’idea luminosa della “più grande serietà” che l’avrebbe distinta dalle precedenti.
L’organizzazione della conferenza
Innanzitutto conviene esaminare gli aspetti “tecnici” (che evidentemente hanno un significato e una incidenza politica) di preparazione e di tenuta della conferenza.
Contrariamente alle precedenti conferenze, non c’è un bollettino preparatorio. I documenti che sono circolati prima sono essenzialmente dei testi già pubblicati sulla stampa dei gruppi partecipanti. E a questo proposito una menzione speciale meritano i documenti proposti dal PCInt: si tratta di una lista impressionante di testi (compreso un libro) pubblicati dal PCInt sulle questioni all’ordine del giorno e che raccolgono diverse centinaia di pagine (vedere la lista nella circolare del PCInt del 25 agosto 1982, pag. 39). E tutto questo in italiano! Questa è certamente una lingua molto bella, e in questa lingua sono stati scritti documenti molto importanti nella storia del movimento operaio, a cominciare dagli studi di Labriola sul marxismo e soprattutto i testi fondamentali della Sinistra Comunista Italiana tra il 1920 e la seconda guerra mondiale. Purtroppo però l’italiano non è una lingua internazionale e possiamo ben immaginare le perplessità degli altri gruppi partecipanti davanti a questa montagna di documenti di cui essi non potevano conoscere il contenuto.
Bisogna tuttavia riconoscere che, nella stessa circolare, il PCInt si mostra preoccupato di questo problema di lingua: “Stiamo traducendo in inglese un altro documento relativo ai punti all’ordine del giorno, che vi sarà inviato il più presto possibile”. Disgraziatamente, in una lettera del 15 settembre ad un gruppo invitato si può leggere: ” Per ragioni tecniche, il testo promesso non sarà pronto che alla conferenza stessa” (pag. 40). Noi siamo ben coscienti delle difficoltà che i gruppi della sinistra comunista incontrano, a causa delle loro deboli forze, nel campo delle traduzioni, come in altri. Non vogliamo criticare questa debolezza del PCInt in sé. Ma qui l’incapacità di produrre in anticipo un documento comprensibile per gli altri partecipanti alla conferenza “per ragioni tecniche” non fa che rivelare la poca importanza che esso attribuiva alla questione. Se esso avesse accordato a questo tipo di attività la stessa “serietà” che gli aveva dedicato la CCI in precedenza, si sarebbe mobilitato molto di più per superare i “problemi tecnici”, a limite facendo ricorso ad un traduttore professionista.
La stessa conferenza si è scontrata con questo stesso problema di traduzioni, , come si capisce dal processo verbale:
“Il carattere relativamente breve degli interventi del PCInt è dovuto, in gran parte, alle limitazioni nelle traduzioni dall’italiano in inglese da parte del gruppo che ha organizzato la conferenza”.
Così, una buona parte delle spiegazioni e degli argomenti esposti dal PCInt sono andati persi, il che è evidentemente un peccato. La CWO sembra scusarsi della sue debole conoscenza della lingua italiana, ma a noi sembra che toccava al PCInt, se davvero avesse preso sul serio la conferenza, fare in maniera da inviare nella sua delegazione un compagno capace di esprimersi in inglese. Per una organizzazione che si vuole “partito” dovrebbe essere possibile trovare nei suoi ranghi un compagno di questo tipo. I compagni della CWO possono ritenere che quando la CCI era presente alle conferenze non faceva che “ripetere sempre gli stessi argomenti sul partito” ; possono anche lasciar capire che noi volessimo utilizzare queste conferenze come tribuna per la nostra politica di cappella. Comunque dovrebbero ben convenire che le capacità di organizzazione del tandem che essi hanno formato con il PCInt erano di gran lunga inferiori a quelle della CCI. E non è solo una questione di numero di militanti. E’ fondamentalmente la questione della comprensione dell’importanza di quelli che sono i compiti dei rivoluzionari oggi e della serietà che deve accompagnare il loro assolvimento. La CWO e il PCInt pensano che il partito (e i gruppi che lo starebbero preparando, cioè loro stessi) hanno il compito dell’organizzazione della lotta di classe. Questa non è la posizione della CCI (2). Tuttavia, nonostante le nostre debolezze, noi cerchiamo di organizzare al meglio possibile le attività che ci tocca compiere. Mentre questo non sembra il caso della CWO e del PCInt: forse pensano che se consacrano troppe energie e attenzione ai compiti di organizzazione oggi, saranno stanchi domani, quando si tratterà di “organizzare” la classe per la rivoluzione!
I gruppi partecipanti
Dal resoconto della conferenza apprendiamo che i gruppi inizialmente invitati erano i seguenti (circolare del 28 giugno 1982):
- Partito Comunista Internazionalista (Battaglia Comunista, Italia);
- Communist Worker’s Organisation (Gran Bretagna, Francia);
- L’Eveil internationaliste (Francia)
- Unity of Communist Militants (Iran)
- Wildcat (Stati Uniti)
- Kompol (Austria)
- Marxist Worker (Stati Uniti)
questi ultimi tre con lo statuto di “osservatori”.
Al momento della conferenza non c’erano che tre gruppi. Vediamo cosa era successo agli altri.
“Nel momento in cui si è tenuta la conferenza, Marxist Worker e Wildcat avevano apparentemente smesso di esistere” (p. 38). Si può qui giudicare la perspicacia della CWO e del PCInt che costituivano il Comitato tecnico incaricato di preparare la conferenza: nella loro grande preoccupazione di “selezionare” organizzazioni “veramente capaci di porre correttamente la questione del partito e di attribuirgli un ruolo dirigente nella rivoluzione di domani” si erano rivolti a dei gruppi che avevano preferito mettersi in vacanza attendendo il futuro partito (probabilmente per avere più forze così da essere capaci di giocare un “ruolo dirigente” al momento opportuno). D’altra parte si può dire che la conferenza l’ha scampata bella: se Wildcat fosse sopravvissuto e venuto alla conferenza, non avrebbe mancato di inquinarla con il suo “consiliarismo”, a confronto del quale quello che il PCInt rimprovera alla CCI è acqua di rose. Un consiliarismo che era comunque conosciuto ma che evidentemente soddisfaceva quei requisiti che viceversa consentivano di escludere la CCI.
Quanto agli altri gruppi che non sono venuti, lasciamo di nuovo la parola alla CWO:
“Sulla base degli avvenimenti che sono seguiti, sembra appropriato oggi definire il significato dell’ultima conferenza. E’ apparso che la mancata partecipazione dei due gruppi, che inizialmente erano stati d’accordo a partecipare, manifestava il loro allontanamento dal quadro delle conferenze. Kompol non ha più comunicato con noi, mentre l’Eveil internationaliste si è imbarcato in una traiettoria modernista che lo porta anche al di fuori del quadro del marxismo.” (Preambolo, pag. 1)
Ancora una volta, non si può che restare ammirati dall’intuito politico ampiamente mostrati dai gruppi organizzatori.
Veniamo ora al SUCM (Studenti sostenitori dell’UCM d’Iran), solo altro gruppo presente alla conferenza oltre i due che l’avevano convocata. Ecco cosa dice il resoconto a questo proposito:
“ Il SUCM ha cessato di esistere. I suoi membri si sono integrati in una organizzazione più ampia (l’Organizzazione dei Sostenitori del Partito Comunista d’Iran all’Estero – OSCPIA) che comprende gli ex membri del SUCM e quelli del Komala curdo. Malgrado la loro adesione iniziale ai criteri di partecipazione alle conferenza; malgrado la loro volontà di discutere e di mantenere relazioni con le organizzazioni appartenenti alla tradizione della Sinistra Comunista europea, il SUCM si è trovato bloccato dalla sua posizione di gruppo di sostegno di un gruppo più vasto in Iran, un gruppo che è diventato il Partito Comunista d’Iran nel settembre 1983. Lasciando da parte ogni polemica, sembra che questa data riveste una importanza obiettiva, confermata, per esempio, dalla traiettoria dei compagni del SUCM per quanto riguarda la questione della Repubblica democratica rivoluzionaria e le sue implicazioni. Al momento della IV conferenza il SUCM accettava chiaramente l’idea che delle vere guerre di liberazione nazionale sono impossibili nell’era dell’imperialismo, nel senso che non ci può essere un’autentica guerra di liberazione nazionale al di fuori della rivoluzione degli operai per l’instaurazione della dittatura proletaria. In seguito, tuttavia, il SUCM ha insistito sempre più sulla tesi che lotte comuniste possono emergere dalle lotte nazionali. Nei fatti la posizione teorica è stata diluita per essere conforme alle posizioni del PCd’Iran, posizioni che sono molto pericolose, come gli articoli nella stampa della CWO e del PCInt hanno dimostrato. Così, invece di approfondire il processo di chiarificazione e di spingere l’organizzazione iraniana verso posizioni più chiare e fortemente radicate nel terreno rivoluzionario, l’OSCPIA tenta di riconciliare con il Comunismo di sinistra le deformazioni del programma comunista manifestate dal SUCM e dal PCd’Iran. E’ inevitabile che ci siano deformazioni, in una forma o in un’altra, in un’area che non ha contatti con la tradizione della Sinistra Comunista o con la sua eredità di elaborazione teorica e di lotta politica. Tuttavia non è abitudine dei comunisti né nascondere queste deformazioni, né accettarle e adattarsi ad esse, ma contribuire a superarle. In questo l’OSCPIA ha perso un’occasione importante. Dato lo stato attuale delle divergenze non è possibile definire il PCd’Iran come una forza che possa reclamare il diritto di entrare di nuovo nel campo politico delimitato dalle conferenze della Sinistra Comunista.”
A voler credere alle spiegazioni date in questo passaggio, il SUCM, dopo la conferenza e preda del PCd’Iran sarebbe evoluto verso delle posizioni che non gli permetterebbe più di “ reclamare il diritto di entrare di nuovo nel campo politico delimitato dalle conferenze della Sinistra Comunista”. Insomma queste due organizzazioni si troverebbero nella stessa situazione della CCI, poiché anche la nostra organizzazione non potrebbe “reclamare un tale diritto” (3).
Nei fatti il PCd’Iran non era solo “al di fuori del campo politico delimitato dalle conferenze”, ma anche al di fuori del campo della classe operaia. Era una organizzazione pienamente borghese, di tendenza stalin-maoista. Si può restare affascinati dalla sottile diplomazia (al fine di evitare “la polemica” !) con cui il BIPR parla di questa organizzazione. Il BIPR non ama chiamare gatto un gatto. Preferisce dire che l’animale evocato non è un cane o un hamster, anche se è comunque un animale di compagnia. Questa maniera di procedere è molto conosciuta nel movimento operaio ed ha un nome: opportunismo, se le parole hanno ancora un senso. E’ vero che non è gradevole pensare che elementi con i quali qualche mese prima si è tenuta una conferenza nella prospettiva del futuro partito mondiale della rivoluzione sono diventati dei difensori patentati dell’ordine capitalista. Ed ammetterlo pubblicamente è ancora più difficile. Allora si preferisce dire che questi elementi, che vengono chiamati ancora “compagni”, “hanno perso un’occasione importante”, che si sono “trovati bloccati”, che la loro “posizione teorica è stata diluita per essere conforme alle posizioni del PCd’Iran”, posizioni che vengono qualificate “molto pericolose” per evitare di dire che sono borghesi.
Quello che il BIPR non vede, o non vuole vedere, o che semplicemente si rifiuta di riconoscere pubblicamente, è che l’evoluzione del SUCM verso un organo di difesa dell’ordine capitalista (ribattezzato “forza che non può reclamare il diritto di entrare nel campo politico delimitato dalle conferenze della Sinistra Comunista”) non è in realtà tale. Anche al momento della conferenza il SUCM era già un’organizzazione borghese di tendenza maoista. E’ questo che dimostrano, per quelli che vogliono vedere, i suoi interventi al momento della conferenza.
Gli interventi del SUCM
Riportiamo alcuni degli interventi del SUCM:
“… nelle condizioni del suo funzionamento normale e di non-crisi, il capitale, sul mercato interno dei paesi metropolitani, tollera le rivendicazioni del movimento sindacale ed è solo al momento dell’approfondimento della crisi che esso ricorre allo schiacciamento decisivo del movimento sindacale” (pag. 6)
Questa affermazione è per lo meno sorprendente da parte di un gruppo supposto di appartenere alla Sinistra Comunista. In realtà, nei paesi avanzati, non è il movimento sindacale che viene schiacciato quando la crisi si approfondisce, ma le lotte operaie con la complicità del movimento sindacale. Questo perfino i trotskysti sono capaci di riconoscerlo. Non il SUCM però che identifica senza problemi movimento sindacale e lotta di classe. Così, sulla questione del ruolo dei sindacati (che non è una questione secondaria, ma fra le più importanti) il SUCM si situa a destra del trotskysmo raggiungendo la posizione degli stalinisti o dei socialdemocratici. Ed è con un tale gruppo che la CWO e il PCInt si proponevano di cooperare in vista della formazione del partito mondiale.
Ma questo è solo l’antipasto:
“ Oggi il proletariato in Iran è alla vigilia della formazione del suo partito comunista e, con la forza di massa che c’è dietro il programma di questo partito, esso deve diventare un fattore indipendente e determinante negli sconvolgimenti attuali in Iran. La leadership incontestabile del Komala (4) sulla lotta di vasti settori di operai e di sfruttati nel Kurdistan, l’influenza che il marxismo rivoluzionario ha acquisito tra gli operai avanzati dell’Iran, l’esistenza di una vasta rete di nuclei operai che distribuiscono le pubblicazioni teoriche e operaie del marxismo rivoluzionario (…), a dispetto delle condizioni di terrore e repressione (…); la perdita di illusioni degli operai verso il populismo e il movimento verso il marxismo rivoluzionario, tutto ciò è indicativo del ruolo importante che il proletariato socialista dell’Iran giocherà nei prossimi avvenimenti. Dal punto di vista del proletariato mondiale, il significato di questa questione sta nel fatto che ora, dopo più di 50 anni, il vessillo rosso del comunismo è sul punto di diventare il vessillo della lotta degli operai di un paese dominato. L’innalzamento di questo vessillo in una parte del mondo è un appello per il proletariato mondiale per farla finita con la dispersione nelle sue fila, per unirsi come classe contro la borghesia mondiale per regolare i conti con essa.” (pagg. 10-11)
Di fronte a una tale dichiarazione si può scegliere fra tre ipotesi:
- abbiamo a che fare con elementi sinceri, ma che non hanno nessun senso della realtà;- oppure siamo di fronte a un grande bluff destinato a impressionare il pubblico ma che non si basa su nessuna realtà;
- oppure, ancora, effettivamente il PCd’Iran e il Komala hanno l’influenza che viene descritta, ma in questo caso una corrente politica che abbia una tale influenza non può che essere borghese, nelle condizioni storiche del 1982.
Se fosse buona la prima ipotesi, il primo suggerimento che bisognerebbe dare a tali elementi sarebbe quella di farsi curare.
Se invece abbiamo a che fare con un bluff, la discussione con elementi che mentono non può avere nessun interesse, anche se essi credono, in questo modo, di difendere delle posizioni comuniste. Come diceva Marx, “la verità è rivoluzionaria”, e se la menzogna è una delle armi preferite della propaganda borghese, essa non potrebbe in alcun modo far parte dell’arsenale del proletariato e della sua avanguardia comunista.
Resta la terza ipotesi: il SUCM era un gruppo non proletario, ma gauchiste, cioè borghese. Ed è questa natura borghese che traspariva chiaramente nelle discussione della conferenza sulla questione della “rivoluzione democratica” e del programma del partito. In effetti, nel mezzo di un intervento che si voleva teoricamente fondato, con tanto di citazioni in appoggio, sugli autori marxisti, Marx, e soprattutto Lenin, ecco cosa ci viene proposto:
“La crisi mondiale dell’imperialismo crea l’embrione per l’emergenza delle condizioni rivoluzionarie, ma questo embrione, proprio a causa delle differenti condizioni esistenti nei paesi dominati e nelle metropoli, è più sviluppato nei paesi dominati. Le prime scintille della rivoluzione socialista del proletariato mondiale contro il capitale e il capitalismo al suo stadio supremo illuminano il fuoco della rivoluzione democratica nei paesi dominati. Una rivoluzione che, da questo punto di vista, è una parte inseparabile della rivoluzione socialista mondiale ma che, a causa del suo isolamento, delle limitazioni nella forza degli operai e degli sfruttati nei paesi dominati, della mancanza delle condizioni oggettive in seno al proletariato di questi paesi da un lato, e dall’altro per la presenza di vaste masse di sfruttati non proletari rivoluzionari, prende inevitabilmente la forma e si sviluppa, in primo luogo, nel seno di una rivoluzione democratica. Quella attuale in Iran è una tale rivoluzione.” (pag. 7)
“ L’attuale rivoluzione è una rivoluzione democratica il cui compito è quello di eliminare gli ostacoli al libero sviluppo della lotta di classe del proletariato per il socialismo.
Il contenuto della vittoria di questa rivoluzione è l’instaurazione di un sistema politico democratico sotto la direzione del proletariato che, dal punto di vista economico, equivale alla negazione pratica della dominazione dell’imperialismo.” (pag. 8)
D’altra parte il SUCM denuncia la politica del governo di Khomeini al momento della guerra tra l’Iraq e l’Iran scoppiata nel settembre 1980, un anno dopo l’instaurazione della “Repubblica islamica”, in questi termini:
“L’attacco contro le acquisizioni democratiche dell’insurrezione (il sollevamento dell’inizio 1979 che cacciò lo Scià e permise la presa del potere da parte di Komeini) e la prevenzione contro l’esercizio dell’autorità democratica del popolo nella determinazione e nella conduzione dei suoi propri affari” (pag. 10)
Infine, il SUCM stabilisce una distinzione tra il programma minimo (che sarebbe quello della “Repubblica democratica”) e il programma massimo, il socialismo (pag. 8). Una tale distinzione veniva fatta nella socialdemocrazia ai tempi della II Internazionale, quando il capitalismo era ancora un sistema ascendente e la rivoluzione proletaria non era ancora all’ordine del giorno, però essa è stata rigettata dai rivoluzionari, compreso Trotsky e i suoi epigoni, per il periodo apertosi con la Prima Guerra Mondiale.
Gli interventi della CWO e del PCInt
Evidentemente, di fronte alle posizioni borghesi del SUCM, la CWO e il PCInt hanno difeso le posizioni della Sinistra Comunista.
Sulla questione sindacale, il PCInt ha fatto interventi moto chiari:
“Nessun sindacato può fare altra cosa se non restare su un terreno borghese (…) Nell’epoca imperialista, i comunisti non possono in nessuna circostanza pensare alla possibilità di raddrizzare i sindacati o di ricostruire nuovi sindacati. (…) I sindacati portano la classe alla sconfitta nella misura in cui mistificano questa con l’idea di difendere i suoi interessi attraverso il sindacalismo. E’ necessario distruggere i sindacati.” (pag. 12)
Queste sono formulazioni che la CCI potrebbe sottoscrivere a due mani. La sola cosa che bisogna rimpiangere è che lo stesso PCInt che enuncia queste posizioni in una presentazione sulle lotte in Polonia del 1980, non dice esplicitamente che esse sono totalmente opposte alle posizioni esposte dal SUCM poco prima sulla stessa questione. Forse non era stato abbastanza attento di fronte alle dichiarazioni del SUCM? Forse è un problema di lingua? Ma la CWO, essa, capisce bene l’inglese. O è forse una “tattica” per non dover ribattere immediatamente al SUCM?
Comunque, sulla questione della “rivoluzione democratica”, della “repubblica democratica” e del “programma minimo”, il PCInt e la CWO non possono fare altro che rigettare tali nozioni che non hanno niente a che vedere con il patrimonio programmatico della Sinistra Comunista:
“L’oppressione e la miseria delle masse non possono, di per sé stesso, condurre alla rivoluzione. Questa non può avvenire che quando esse sono dirette dal proletariato di queste regioni in legame con il proletariato mondiale (…) Dire che Marx le ha appoggiate [le rivendicazioni democratiche] nel passato e che, di conseguenza, dobbiamo appoggiarle anche noi oggi, in un’epoca differente, significa, come disse Lenin a proposito di un altro soggetto, citare le parole di Marx contro lo spirito di Marx. Oggi noi viviamo nell’epoca del declino del capitalismo e ciò significa che il proletariato non ha NIENTE DA GUADAGNARE nell’appoggiare questo o quel capitale nazionale, o anche questa o quella rivendicazione riformista. (…)
E’ un non senso suggerire che noi possiamo scrivere un programma che fornisca le basi obiettive per la lotta per il socialismo. O esistono le basi obiettive o non esistono. Come disse il PC d’Italia nelle sue tesi del 1922:”Noinon possiamo creare le basi obiettive con degli espedienti” (…) Solo la lotta per il socialismo stessa può distruggere l’imperialismo, non degli espedienti strutturali sulla democrazia o delle rivendicazioni minime.” (pag. 16)
Noi pensiamo che il ruolo del partito comunista nei paesi dominanti e in quelli dominati è lo stesso: Noi non includiamo nel programma comunista delle rivendicazioni minime del 19° secolo. (…) Noi vogliamo fare una rivoluzione comunista e non possiamo pervenirvi che mettendo avanti il programma comunista e mai includendo nel nostro programma rivendicazioni che possono essere recuperate dalla borghesia.” (pag. 18)
Potremmo moltiplicare le citazioni della CWO e del PCInt che difendono posizioni della Sinistra Comunista, così come quelle del SUCM che mettono in evidenza che esso non ha niente a che vedere con questa corrente, ma questo ci porterebbe a citare un buon terzo della brochure (5). Per chi sa leggere e conosce le posizioni del maoismo degli anni 70-80, è chiaro che il SUCM (che si prende la cura in parecchi suoi interventi di criticare le concezioni maoiste ufficiali) costituiva nei fatti una variante “di sinistra” e “critica” di questa corrente. D’altra parte, in due occasioni, la CWO constata le similitudini tra le posizioni del SUCM e quelle del maoismo:
“La nostra reale obiezioni concerne la teoria dell’aristocrazia operaia. Noi pensiamo che questi sono gli ultimi germi del populismo dell’UCM e che la sua origine è nel maoismo.” (pag. 18)
“Il passaggio sui contadini [nel “Programma dell’Unità dei Combattenti Comunisti” sottomesso alla conferenza] è l’ultimo residuo del populismo del SUCM. (…) La teoria sul contadiname è una reminiscenza del maoismo, qualcosa che noi rigettiamo totalmente.” (pag. 22)
Tuttavia queste osservazioni restano molto timide e “diplomatiche”. C’era, per esempio, una questione che la CWO e il PCInt avrebbero potuto porre al SUCM: è il significato del seguente passaggio che figura in uno dei testi presentati dal SUCM alla conferenza, il “Programma del Partito comunista”, adottato da UCM e Komala, e pubblicato nel maggio 1982, cioè 5 mesi prima della conferenza:
“La dominazione del revisionismo sul Partito comunista di Russia ha portato alla sconfitta e al riflusso della classe operaia mondiale in una delle sue principali piazzeforti”. Per revisionismo questo programma intendeva la revisione “kruscioviana” del “Marxismo-Leninismo”. Questa è esattamente la visione sostenuta dal maoismo e sarebbe stato interessante che il SUCM precisasse se esso considerava che prima di Krusciov il Partito comunista russo di Stalin era ancora un partito della classe operaia. Disgraziatamente questa domanda fondamentale non è stata posta né dal PCInt, né dalla CWO. Dobbiamo credere che queste due organizzazioni non avevano letto questo documento così essenziale in quanto rappresentava il programma del SUCM? Questa interpretazione va scartata perché sarebbe in totale disaccordo con la “serietà” rivendicata ad alta voce dalla CWO nel suo discorso d’apertura. D’altra parte parecchi interventi del PCInt e della CWO citano in maniera precisa dei passaggi di questo documento. Resta quindi un’altra interpretazione: queste due organizzazioni non hanno posto la questione perché avevano paura della risposta. In effetti come avrebbero potuto proseguire una conferenza con una organizzazione che avrebbe considerato come “rivoluzionario” e “comunista” Stalin, il principale capofila della controrivoluzione scatenata contro il proletariato negli anni ’30, l’assassino di migliaia di combattenti della rivoluzione d’Ottobre, il massacratore di decine di milioni di operai e di contadini russi?
Evidentemente sollevare questa questione non sarebbe stato molto “diplomatico” e rischiava di provocare un fiasco immediato della conferenza che si sarebbe ridotta ad un tete a tete tra PCInt e CWO, cioè i due gruppi che avevano adottato, alla III conferenza, il criterio supplementare destinato ad eliminare la CCI al fine di dare nuovo ossigeno alle conferenze.
Queste due organizzazioni hanno preferito sottolineare il totale accordo che esisteva tra la loro visione del ruolo del partito e quella difesa dal SUCM nella sua presentazione su questa questione in cui affermava che “il partito organizza tutti gli aspetti della lotta di classe del proletariato contro la borghesia e dirige la classe operaia nel compimento della rivoluzione sociale.” Che il partito preconizzato dal PCInt e dalla CWO abbia un programma completamente opposto a quello del SUCM (rivoluzione comunista o rivoluzione democratica), che l’uno o l’altro “organizzino” e “dirigano” le lotte in direzioni contrarie, ciò sembra avere un’importanza secondaria per la CWO e per il PCInt. L’essenziale è che il SUCM non abbia nessuna tendenza “consiliarista” come sarebbe il caso della CCI.
Epilogo
La conferenza si è conclusa con il riassunto dei punti di accordo e di disaccordo fatto dal presidium (6). La lista delle convergenze è nettamente più lunga. Per quanto riguarda le “aree di disaccordo”, è segnalata unicamente la questione della “rivoluzione democratica” su cui viene detto che:
“C’è bisogno di altre discussioni e chiarificazioni con il SUCM:
a) la rivoluzione democratica deve essere definita al momento della prossima conferenza.
b) Noi(il presidium) proponiamo che il metodo migliore sia quello di criticare attraverso un testo la visione del SUCM della rivoluzione democratica e che abbiamo una discussione più sviluppata sulle basi economiche dell’imperialismo” (pag. 37)
Della visione completamente opposta sul ruolo del sindacato che si è espressa durante la conferenza non viene detto nemmeno una parola, probabilmente perchè il SUCM ha approvato completamente la presentazione sulle lotte in Polonia in cui il PCInt aveva affrontato la questione nei termini che abbiamo visto prima (mentre il SUCM non poteva che essere in disaccordo con questa presentazione su questo punto).
Alla fine il SUCM e il PCInt si sono espressi:
SUCM: “è un anno che noi abbiamo contattato il PCInt e la CWO. Noi li ringraziamo del loro aiuto e apprezziamo il contatto con i due gruppi. Noi abbiamo cercato di trasmettere le critiche all’UCM in Iran. Siamo d’accordo con il riassunto.”
PCInt: “siamo d’accordo con il riassunto. Anche noi siamo contenti di incontrare dei compagni che vengono dall’Iran. Certamente le discussioni con essi devono essere sviluppate al fine di trovare una soluzione politica alle divergenze su cui si è focalizzata questa conferenza.”
Così, contrariamente alla III che si era “dispersa nel disordine”, come aveva ricordato al CWO nel discorso d’apertura, la “IV conferenza” si è conclusa con la volontà di tutti i partecipanti di proseguire la discussione. Cosa è avvenuto in seguito è noto.
Nei fatti ci è voluto un momento buono perché la CWO e il PCInt aprissero (un po’!) gli occhi sulla natura dei loro interlocutori e questo solamente quando questi ultimi hanno gettato la maschera. Così, parecchi mesi dopo la “IV conferenza”, la CWO, nella sua conferenza territoriale, ha preso violentemente posizione contro la CCI che si era permessa, come sua abitudine, chiamare gatto un gatto e un gruppo borghese un gruppo borghese:
“Gli interventi del SUCM sono consistiti principalmente in lusinghe verso la CWO: la loro sola obiezione è consistita nel suggerire con sottigliezza alla CWO di portare un sostegno ‘critico’ e ‘condizionato’ ai movimenti nazionali. Questo suggerimento è rimasto senza risposta da parte della CWO la cui collera è stata invece riservata alla CCI quando abbiamo cercato di sollevare la questione di fondo della presenza del SUCM; allora la CWO si è preoccupata di far tacere il compagno della CCI prima che egli avesse potuto pronunciare più di dieci parole.” (World Revolution n. 60, maggio 1983, “Quando traccerai la linea, CWO?”)
È lo stesso atteggiamento che abbiamo ritrovato durante una riunione pubblica della CCI a Leeds:
“Gli interventi più veementi della CWO erano principalmente per sostenere il SUCM contro le ‘affermazioni infondate’ della CCI sulla natura di classe dell’UCM e del Komala e dopo per salutare la demagogia del SUCM come il contributo più chiaro alla riunione. Strillare contro i comunisti perché essi mettono in guardia il movimento rivoluzionario contro l’invasione dell’ideologia borghese non era che il passo successivo dell’atteggiamento settario della CWO verso la CCI.” (ibidem)
Questo atteggiamento che riserva le sue frecce più appuntite contro le tendenze che mettono in guardia contro il pericolo rappresentato dalle organizzazioni borghesi e che prende, in questa maniera, la difesa di questi ultimi non è nuovo nel movimento operaio. E’ l’atteggiamento della direzione centrista dell’Internazionale Comunista quando preconizzò il “Fronte Unico” con i partiti socialisti, un atteggiamento che la Sinistra Comunista giustamente denunciò.
E’ per questo che la conferenza che si è tenuta a Londra nel settembre1982 non merita assolutamente il titolo di “IV conferenza dei gruppi della Sinistra Comunista”. Da una parte perché essa si è tenuta con la presenza di un gruppo che non appartiene al proletariato, e, ancor meno, alla Sinistra Comunista, il SUCM; dall’altra perché in questa conferenza era totalmente assente lo spirito e l’atteggiamento politico che caratterizzano la Sinistra Comunista, che consistono in una ricerca scrupolosa della chiarezza, in intransigenza contro tutte le manifestazioni di penetrazione di visioni borghesi in seno al proletariato e contro l’opportunismo (7).
Questo non è l’avviso del BIPR che, nella conclusione della presentazione della brochure, ci dice:
“Tuttavia la validità o meno della IV conferenza non dipende dalla partecipazione del SUCM (che, come per tutti gli altri gruppi, dipendeva alla sua accettazione dei criteri sviluppati dalla I alla III).
La IV conferenza ha confermato lo sviluppo di una tendenza politica chiara nell’ambiente politico internazionale, una tendenza che riconosce che è compito dei rivoluzionari oggi sviluppare una presenza organizzata in seno alla lotta di classe e di lavorare concretamente per la formazione del partito internazionale. Se il futuro partito non è niente di più di una organizzazione che fa propaganda, cioè se esso non è un partito organizzato nella classe operaia nel suo insieme, esso non sarà capace di condurre la lotta di classe di domani alla sua conclusione vittoriosa.
La formazione del Bureau Internazionale per il Partito Rivoluzionario (BIPR) nel dicembre del 1983 è la manifestazione concreta di questa tendenza ed è in sé la prova della validità della IV conferenza. L’omogeneità politica raggiunta dal PCInt e dalla CWO (e confermata nel corso dei dibattiti con il SUCM) ha permesso ai due gruppi di compiere dei passi in avanti politici verso la formazione del futuro partito. La corrispondenza internazionale dei due gruppi ( e di altri membri del Bureau) è ora responsabilità del Bureau. Ma il Bureau va oltre il PCInt e la CWO, è un mezzo, per le organizzazioni e gli elementi emergenti nel mondo intero, di chiarificare le loro posizioni prendendo parte a un dibattito internazionale e al lavoro del Bureau stesso. Nei fatti è quel punto di riferimento internazionale che il PCInt preconizzava nel 1977 che potrebbe svilupparsi a partire dalle conferenze. Estendendo e sviluppando il suo lavoro all’interno di un quadro politico chiaramente definito, il Bureau sarà, in seguito, in condizione di convocare una V conferenza che segnerà un passo supplementare verso la formazione del partito internazionale.”
La V conferenza non c’è stata: dopo il fallimento e la ridicolaggine della IV (che i membri del BIPR non possono nascondersi, anche se cercano di nasconderli verso l’esterno), era in effetti preferibile fermare le spese. Ancora, e in questo il BIPR ha raggiunto i bordighisti, il BIPR stima oggi di essere la sola organizzazione al mondo capace di contribuire validamente alla formazione del futuro partito della rivoluzione mondiale (8). Noi non possiamo che lasciarlo a questi suoi sogni megalomani…. E alla sua triste incapacità a rappresentare la continuità di quello che la Sinistra Comunista ha apportato di meglio al movimento storico della classe operaia.
Fabienne
1. IV International Conference of Groups of the Communist Left – Proceedings, Texts, Correspondence
2. Il che non vuole assolutamente dire che noi sottostimiamo il ruolo del partito nella preparazione e nella realizzazione della rivoluzione. Esso è indispensabile per lo sviluppo della coscienza nella classe e per dare un orientamento politico alle sue battaglie, compreso sulla questione della sua auto-organizzazione. Ma questo non vuol dire che esso “organizza” le lotte della classe o la presa del potere, compito che tocca all’organizzazione specifica della classe, i consigli operai.
3. Bisogna essere chiari per il lettore: la CCI non si è mai sognata di “reclamare” un tale “diritto”. A partire dal momento in cui, durante la III conferenza, il PCInt e la CWO hanno esplicitamente affermato che essi volevano continuare le conferenze SENZA LA CCI, non ci è mai venuta l’idea di “forzare la mano” a queste organizzazioni (come avremmo potuto fare, per esempio, se noi ci fossimo astenuti al momento del voto sul criterio supplementare, visto che l’Eveil Internationaliste, che si era astenuto, è stato invitato alla IV). Questo non ci ha impedito, in seguito, di fare a questi gruppi delle proposte di lavoro comune ogni volta che noi l’abbiamo ritenuto necessario, in particolare delle prese di posizione di fronte a scontri imperialisti, proposte che sono state quasi sempre respinte.
4. Il Komala era una organizzazione guerrigliera legata al Partito Democratico Curdo.
5. Invitiamo i lettori che leggono l’inglese a richiederla al BIPR e a prenderne conoscenza nella sua integralità.
6. Bisogna notare che il PCInt ha accettato alla “IV conferenza” quello che si era ostinatamente rifiutato di fare nelle conferenze precedenti: che ci fosse una presa di posizione che riassumesse i punti d’accordo e di disaccordo. Il motivo del suo rifiuto era che esso non voleva adottare nessun documento in comune con gli altri gruppi a causa delle divergenze che esistevano tra di loro. Bisogna credere che per il PCInt le divergenze che esistono tra i gruppi della Sinistra Comunista sono più importanti di quelle che separa noi gruppi comunisti dai gruppi borghesi.
7. In questo senso la CWO aveva ragione a dire, all’apertura della conferenza, che: “il risultato della III conferenza significa che il lavoro internazionale tra comunisti deve procedere su basi diverse da quelle del passato.” Ben diverse, effettivamente, ma non nel buon senso per quello che riguarda il BIPR.
8. Per essere precisi fino in fondo, il rifiuto del BIPR di ogni discussione o di ogni lavoro comune con la CCI a causa di “divergenze troppo importanti” non si applica con lo stesso rigore verso altri gruppi. In diversi articoli della nostra Révue abbiamo sottolineato la sua apertura maggiore verso dei gruppi chiaramente consiliaristi come Red and Black Notes in Canada, o che non appartengono alla Sinistra Comunista, e nemmeno al campo proletario, come l’OCI in Italia (vedere in particolare “La visione marxista e la visione opportunista del partito nella politica di costruzione del partito”, Révue Internationale nn. 103 e 105).
Questa apertura viene applicata anche a degli elementi che si presentano come i soli difensori delle “vere posizioni della CCI” e che hanno costituito la “Frazione Interna della CCI” (FICCI), un piccolo gruppo parassitario che si è distinto per dei comportamenti inqualificabili come il furto di materiale della nostra organizzazione, il ricatto, lo spionaggio e anche delle minacce di morte contro uno dei nostri militanti. Nel suo Bollettino comunista n. 33, la FICCI riporta le discussioni che ha da parecchi anni con il BIPR e le presenta così: “Riannodando il filo di questa discussione, la frazione e il BIPR ridanno vita al ciclo delle Conferenze dei gruppi della Sinistra comunista che si sono tenute negli anni 70 e 80. E se le conferenze hanno condotto in parte ad un vicolo cieco, oggi è importante riprendere l’opera e portarla ad un livello superiore, tirando le lezioni del passato (…) di liberarsi dei malintesi, dei blocchi legati a questioni di terminologia, ad incomprensioni reciproche. Facendo questo siamo convinti che noi stiamo riprendendo, in qualche maniera, la fiaccola che la CCI ha abbandonato chiudendosi in un settarismo sempre più delirante”
La FICCI non precisa perché le conferenze sono state interrotte quando i suoi membri erano ancora nella CCI e avevano condiviso la nostra condanna del sabotaggio operato dal PCInt e dalla CWO. E’ una menzogna in più da mettere sul conto della FICCI, ma ce ne sono tante!
Ciò detto, risulta chiaramente che il BIPR accetta di discutere con degli elementi che affermano di difendere delle posizioni (quelle della CCI) che giustamente erano alla base del suo rifiuto di discutere con la CCI. E’ vero che la FICCI rappresenta dei grandi vantaggi rispetto alla CCI:
- essa passa il suo tempo a denigrare la nostra organizzazione;
- essa non rischia di “fare ombra” al BIPR, tenuto conto della sua importanza ridicola;;
- essa non trova parole abbastanza elogiative per adulare in permanenza questa organizzazione qualificata come solo polo di raggruppamento internazionale per il futuro partito rivoluzionario.
Ancora una volta constatiamo che la più bassa adulazione costituisce un eccellente “argomento” per convincere il BIPR ad accettare la discussione. Questo metodo era stato efficace nel 1982 da parte di un gruppo borghese come il SUCM, lo è ancora oggi da parte di una piccola banda di delinquenti.
Ciò detto, non sembra che il BIPR sia molto fiero delle discussione che mantiene con la FICCI visto che queste non hanno trovato posto nella sua stampa fino ad oggi e che il link verso il sito internet della FICCI sia sparito dal sito del BIPR da un bel po’ di tempo.