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Jerry Grevin è nato nel 1946 a Brooklyn, in una famiglia operaia della seconda generazione di immigranti ebrei. I suoi genitori avevano uno spirito critico che li spinse ad entrare nel Partito comunista degli Stati Uniti, poi a lasciarlo. Il padre di Jerry era stato colpito profondamente dalla distruzione di Hiroshima e di Nagasaki alla quale aveva assistito in quanto membro delle forze americane di occupazione alla fine della Seconda Guerra mondiale; sebbene non abbia mai parlato di questa esperienza e che suo figlio l’abbia saputo solo molto dopo, Jerry era convinto che questa aveva inasprito lo stato d’animo anti-patriottico ed anti-guerra che aveva ereditato dai suoi genitori.
Una delle grandi qualità di Jerry, mai smentita, era la sua ardente ed incrollabile indignazione verso ogni forma di ingiustizia, di oppressione e di sfruttamento. Fin da giovane ha preso parte con forza alle grandi cause sociali dell’epoca. Ha partecipato alle grandi manifestazioni contro la segregazione e la disuguaglianza razziale organizzata dal Congress of Razziale Equality (CORE nel Sud dell’America). Cosa che necessitava una buona dose di coraggio perché i militanti ed i manifestanti subivano quotidianamente maltrattamenti, bastonate e venivano anche uccisi; e Jerry essendo ebreo, non solo combatteva i pregiudizi razzisti, ma ne era lui stesso un bersaglio[1].
Per la sua generazione l’altra questione cruciale dell’epoca, in particolare negli Stati Uniti, era l’opposizione alla Guerra del Vietnam. Esiliato a Montreal in Canada, fu l’animatore di uno dei comitati che faceva parte del “Second Underground Railroad”[2] per aiutare i disertori dell’esercito americano a fuggire dagli Stati Uniti ed a cominciare una nuova vita all’estero. Si imbarcò in questa attività non come pacifista ma con la convinzione che la resistenza all’ordinamento militare poteva e doveva far parte di una lotta di classe più larga, contro il capitalismo, e per questo partecipò alla pubblicazione militante, di breve durata, di Worker and Soldier (Operaio e Soldato). Parecchi anni dopo Jerry ebbe la possibilità di consultare una parte - largamente censurata - del suo dossier FBI: il suo spessore ed i dettagli che lo riguardavano - il dossier era stato regolarmente aggiornato nel periodo in cui militava nella CCI - gli provocarono una certa soddisfazione e lo indussero a formulare alcuni commenti caustici verso coloro che pensano che oggi la polizia ed i servizi segreti “non si occupano” dei piccoli gruppi insignificanti di militanti.
Rientrando negli Stati Uniti negli anni ‘70 Jerry lavorò come tecnico dei telefoni in una delle principali compagnie telefoniche. Era un periodo di fermento della lotta di classe con la crisi che cominciava a colpire e Jerry partecipò alle lotte nel suo ambito lavorativo, alle piccole come alle grandi, e nello stesso momento collaborava ad un giornale chiamato Wildcat (Gatto selvaggio), che esaltava l’azione diretta ed era pubblicato da un piccolo gruppo dallo stesso nome. Sebbene deluso dall’immediatismo e dall’assenza di una prospettiva più larga - fu la ricerca di una tale prospettiva che lo portò a raggiungere la CCI - questa esperienza diretta di base, accoppiata alle sue grandi capacità di osservazione ed ad un atteggiamento umano verso le pecche ed i pregiudizi dei suoi colleghi di lavoro, gli conferirono una visione profonda del modo con cui si sviluppa concretamente la coscienza nella classe operaia. Come militante della CCI illustrava spesso i suoi argomenti politici con immagini viventi tratte dalla sua esperienza.
Una di queste descriveva un incidente avvenuto nel Sud America dove era stato mandato a lavorare il suo gruppo di tecnici telefonici di New York. Un operaio del gruppo, un nero, veniva perseguitato dalla direzione per un presunto piccolo sbaglio; i newyorchesi presero la sua difesa, sorprendendo notevolmente i loro colleghi del Sud: “Perché lo fate?” chiesero questi “è solo un nero”. A cui uno dei newyorchesi rispose vigorosamente dicendo che il colore della pelle non aveva nessuna importanza, che gli operai erano tutti operai insieme e dovevano difendersi reciprocamente contro i padroni. “Ma la cosa ancora più sorprendente” concludeva Jerry “è che il tipo che aveva preso con più forza la difesa dell’operaio nero, era noto allo stesso gruppo come un razzista, tanto che si era trasferito a Long Island per non abitare in un quartiere nero. E ciò mostra come la lotta e la solidarietà di classe costituiscono il solo vero antidoto al razzismo”.
Un’altra storia che amava raccontare riguardava il suo primo incontro con la CCI. E citiamo l’omaggio personale di un compagno: “Come l’ho sentito raccontare un milione di volte, è quando incontrò per la prima volta un militante della CCI all’epoca in cui era, come lui stesso si definiva,’un giovane individualista immediatista’ che scriveva e diffondeva i suoi articoli da solo, che si rese conto che la passione rivoluzionaria senza organizzazione poteva essere solo una fiamma passeggera di gioventù. Questo gli capitò quando il militante della CCI gli disse: ‘OK, scrivi e sei marxista, ma che fai tu per la rivoluzione?’. Jerry raccontava spesso questa storia in seguito alla non dormì per tutta la notte. Ma fu una notte in bianco che portò prodigiosamente i suoi frutti”. Molti si sarebbero potuti scoraggiare di fronte al commento rude della CCI, ma non Jerry. Al contrario, questa storia, che raccontava divertendosi del suo stato d’animo di allora, rivela un altro aspetto di Jerry: la sua capacità ad accettare la forza di un argomento ed a cambiare punto di vista se era convinto da altre idee - una qualità preziosa nel dibattito politico che è l’anima di una vera organizzazione proletaria.
Il contributo di Jerry alla CCI è inestimabile. La sua conoscenza del movimento operaio negli Stati Uniti era enciclopedica; la sua penna veloce e la sua scrittura colorata hanno fatto vivere questa storia per i nostri lettori nei numerosi articoli che ha scritto per la nostra stampa negli Stati Uniti (Internationalism) e per la Rivista internazionale. Aveva anche una padronanza notevole della vita politica e della lotta di classe attuale negli Stati Uniti ed i suoi articoli sull’attualità, tanto per la nostra stampa che per i nostri bollettini interni, sono stati apporti importanti per la nostra comprensione della politica della prima potenza imperialista mondiale.
Altrettanto importante è stato il suo contributo alla vita interna ed all’integrità organizzativa della CCI. Per anni è stato un pilastro della nostra sezione americana, un compagno su cui si poteva sempre contare per essere in prima fila quando si presentavano delle difficoltà. Durante i difficili anni 1990, quando il mondo intero - ma forse particolarmente gli Stati Uniti - era inondato dalla propaganda su “la vittoria del capitalismo”, Jerry non perse mai la convinzione della necessità e della possibilità di una rivoluzione comunista, non smise mai di comunicare con quelli che lo circondavano e con i rari nuovi contatti della sezione. La sua lealtà all’organizzazione ed ai suoi compagni era incrollabile, tanto più che, come lui stesso diceva, era la partecipazione alla vita internazionale della CCI che gli dava coraggio e gli permetteva di “ricaricare le batterie”.
Su un piano più personale, Jerry era molto dotato e straordinariamente divertente nel raccontare delle storie. Poteva - e ciò capitava spesso - fare ridere per ore un pubblico di amici o di compagni con storie tratte dalle sue osservazioni della vita. Anche se le sue storie lanciavano frecciate ai padroni o classe dominante, non erano mai crudeli o cattive. Al contrario, riflettevano sia il suo affetto e la sua simpatia per i suoi simili, che una capacità ben troppo rara a burlarsi delle proprie debolezze. Questa apertura agli altri è stata probabilmente ciò che ha fatto di Jerry un professore efficace ed apprezzato - professione che ha intrapreso tardi, quando era già nella quarantina.
Il nostro omaggio a Jerry sarebbe incompleto se non menzionassimo la sua passione per la musica Zydeco, uno stile di musica che ha per origine i creoli della Louisiana e che è sempre in voga. Il ballerino di Brooklyn era conosciuto nei festival di Zydeco dell’entroterra della Louisiana e Jerry era fiero di potere aiutare giovani gruppi di Zydeco sconosciuti a trovare dei luoghi ed un pubblico per suonare a New York. Jerry era tutto questo: entusiasta ed energico in tutto ciò che intraprendeva, aperto e caloroso con gli altri.
Noi risentiamo ancora più vivamente la perdita di Jerry perché i suoi ultimi anni sono stati tra più felici. Era felicissimo di diventare il nonno di un nipote che poi ha adorato. Politicamente c’era lo sviluppo di una nuova generazione di contatti intorno alla sezione americana della CCI e lui si era lanciato nel lavoro di corrispondenza e di discussione con tutta la sua abituale energia. La sua devozione aveva dato i suoi frutti nella Giornata di Discussione tenutesi a New York appena alcune settimane prima della sua morte, giornata che avevano riunito giovani compagni di differenti parti degli Stati Uniti, molti dei quali si incontravano per la prima volta. Alla fine Jerry era felice e vedeva questa riunione, e tutto l’avvenire che incarnava, come una dei coronamenti della sua attività militante. Dunque, per finire, ci sembra giusto dare la parola a due giovani compagni che hanno partecipato alla Giornata di Discussione: per JK “Jerry era un compagno di fiducia ed un amico caloroso... La sua conoscenza della storia del movimento operaio negli Stati Uniti; la profondità della sua esperienza personale nelle lotte degli anni ‘70 e ‘80 ed il suo impegno a mantenere la fiamma della sinistra comunista negli Stati Uniti durante il difficile periodo che ha seguito la pretesa ‘morte del comunismo’ erano incomparabili”. Per J “Jerry è stato una sorta di guida politica per me durante gli ultimi 18 mesi. Era anche un amico molto caro. Voleva discutere sempre ed aiutare i compagni più giovani ad imparare come intervenire ed a comprendere le lezioni storiche del movimento operaio. La sua memoria vivrà in ciascuno di noi, nella CCI ed attraverso tutta la lotta di classe”
CCI
[1] Nel 1964, ci fu un episodio tristemente celebre dove tre giovani militanti dei diritti civili (James Chaney, Andrew Goodman e Michael Schwerner) furono assassinati da ufficiali di polizia e da membri del Ku Klux Klan. Due di essi erano ebrei di New York.
[2] Il nome “Underground Railroad” era un riferimento ad una rete di nascondigli e di militanti anti-schiavisti, creata nel diciannovesimo secolo prima della Guerra civile, da che aiutava gli schiavi in fuga a guadagnare il Nord America ed il Canada.