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Il 25 aprile scorso la CCI ha organizzato a Napoli una “giornata di incontro e discussione” sul tema della crisi economica e su come reagire. Come abbiamo già fatto in un’analoga riunione tenuta sempre a Napoli nell’aprile dello scorso anno[1] e come facciamo ormai in tanti altri paesi del mondo in cui siamo presenti, questa riunione è stata quasi interamente gestita dai compagni intervenuti, che hanno provveduto a scegliere il tema di discussione, a preparare su di esso una loro presentazione, a preparare una sintesi della discussione a metà giornata per permettere il suo rilancio nel pomeriggio. Il nostro lavoro come organizzazione è consistito essenzialmente nel tenere il presidium – in modo da permettere ai compagni intervenuti di seguire e partecipare con tutta l’attenzione necessaria - e a prendere delle note, utili per lasciare una traccia della discussione su cui tutti i compagni partecipanti possono tornare a riflettere.
Sul nostro sito web pubblicheremo vari materiali relativi alla riunione oltre che dei bilanci politici sulla riunione stessa formulati da singoli compagni. Quello che però è importante mostrare con questo articolo è la dinamica che si è aperta con questa iniziativa che possiamo sintetizzare dicendo che, alla fine della riunione del 25/4, tutti i compagni partecipanti si sono trovati d’accordo:
- sull’idea di redigere collettivamente un volantino per il 1° maggio attraverso il quale lanciare una sorta di appello a tutti gli altri proletari che avvertono la stessa voglia di uscire dall’isolamento per capire come stanno le cose e come reagire;
- sulla necessità di continuare la discussione costituendo un gruppo di discussione[2].
Il volantino è stato presto fatto[3] ed è stato diffuso massicciamente alle manifestazioni del 1° maggio a Napoli, per le strade e inviato fittamente via mail ad “amici, colleghi e parenti”. Subito dopo i compagni si sono rivisti per ufficializzare la costituzione del gruppo di discussione, cominciando a sviluppare uno scambio su come lavorare assieme, questione di primaria importanza per un gruppo di persone eterogenee e, per diversi di loro, alla prima esperienza politica.
In conclusione abbiamo potuto vedere come l’organizzazione di un incontro tra compagni abbia prodotto un risultato che va ben oltre gli obiettivi immediati che la riunione si era data, motivo per cui è importante capirne i motivi, cercando di tornare su alcuni degli elementi che hanno caratterizzato la giornata del 25 aprile in modo da fare tesoro di questa esperienza.
Anzitutto ricordiamo come è stata convocata questa riunione. L’idea che la CCI cerca di concretizzare attraverso questo tipo di riunioni, che non sono delle riunioni pubbliche della nostra organizzazione, è di mettere a disposizione dei proletari in genere, qualunque sia la loro connotazione politica immediata, un luogo dove potersi incontrare e discutere con altri proletari che avvertono una insoddisfazione per la situazione attuale e che cercano di capire come stanno le cose per valutare il da farsi, il modo in cui reagire. Di conseguenza, dal primo momento, pur non nascondendoci dietro nessun paravento per far sembrare l’iniziativa come “spontanea”, abbiamo spinto affinché i compagni coinvolti prendessero nelle loro mani l’iniziativa, a partire dalla stessa pubblicizzazione della riunione. Puntando dunque sui compagni che già ci conoscevano e che sono nostri simpatizzanti, la notizia della riunione si è diffusa di voce in voce tra tante persone con il risultato che un numero significativo di partecipanti è stato portato da altre persone e non direttamente dalla CCI. Questo aspetto è già molto importante perché ha mostrato come la riunione del 25 aprile sia stata effettivamente avvertita e vissuta da tutti come una “loro” riunione. Va messo peraltro in evidenza come la dinamica che ha portato a questa riunione abbia coinvolto alcuni elementi che stavano da anni in stand-by, ovvero in uno stato di “diffidente inattività” perché scottati da precedenti esperienze politiche, perché incapaci di ritrovare situazioni ed iniziative che restituissero loro la fiducia perduta. Queste persone, inizialmente giustamente diffidenti, sono state immediatamente convinte e conquistate da qualche incontro preliminare e dall’atmosfera assolutamente proletaria di questi incontri.
Un secondo aspetto ha riguardato naturalmente le modalità secondo cui la riunione si è svolta. Non una riunione dove i compagni venivano a sentire cosa aveva da dire la CCI, ma un luogo che era stato creato dalla CCI perché i compagni lì riuniti potessero esprimere estesamente le loro idee e le loro preoccupazioni. La CCI non si è nascosta dietro una parete, ma ha partecipato pienamente, anzitutto contribuendo con l’invio di propri testi, prima della riunione, così come hanno fatto anche altri compagni, e intervenendo quando era opportuno nell’arco stesso della riunione. Ma, ancora una volta, la preoccupazione principale è stata quella di fare esprimere i compagni intervenuti e far sì che si rispondessero l’un l’altro. Il risultato di questa impostazione è stato che quando, a metà riunione, c’era da fare il lavoro di sintesi della discussione della mattina per far partire la seconda parte della discussione, mancando i compagni che si erano prenotati per questo lavoro, abbiamo temuto che non ci fossero altre persone disposte a farlo. Ma ci sbagliavamo perché siamo stati felicemente sorpresi dalla spontanea partecipazione, intorno al tavolo del presidium, di un numero esuberante di compagni, tutti volontari e, cosa ancora più importante, tra questi compagni ce n’erano diversi che partecipavano ad una riunione politica organizzata dalla CCI per la prima volta. Tutto questo, sviluppato in un clima di assoluta serenità e spirito fraterno, ha letteralmente “conquistato” i compagni tutti e noi stessi dell’organizzazione abbiamo vissuto un’esperienza veramente coinvolgente.
Un ulteriore elemento a cui non daremo mai abbastanza importanza è stato quello della socializzazione e dello sviluppo dei rapporti umani. La riunione infatti è stata pensata e vissuta prevedendo dei momenti di pausa nella discussione finalizzati non soltanto a riprendere ossigeno, ma anche per permettere ai compagni di conoscersi, di parlare della loro vita, di scambiarsi delle esperienze, ecc. Non a caso, anche stavolta, è stato organizzato uno spuntino all’ora di pranzo nel giardino del luogo che ha ospitato la riunione basato su una serie di squisitezze preparate da alcune compagne volontarie e la sera, a fine riunione, i compagni che potevano farlo, si sono trattenuti per mangiare in trattoria e continuare a stare assieme. Questo aspetto del conoscersi, del parlarsi tra compagni al di là del piano strettamente politico, è un elemento molto importante che riprende una tradizione che è sempre esistita all’interno del movimento operaio e che rompe con le ideologie staliniste che imponevano anzitutto la diffidenza tra compagni e dunque la massima riservatezza sulla propria persona.
Per quanto riguarda i contenuti del dibattito, sin dai primi interventi, insieme alla ricerca dell’origine della crisi economica, è emerso il riconoscimento che questo sistema porta non solo all’impoverimento della stragrande maggioranza dell’umanità, ma anche ad una disgregazione dei rapporti umani contro cui occorre combattere e rispetto a cui la lotta di classe costituisce un antidoto importante. I meccanismi che portano questo sistema alla sua crisi sono stati sviluppati da diversi interventi, esaminando come cause possibili sia la caduta del saggio di profitto che la saturazione dei mercati extracapitalisti. In ogni caso l’insieme dei compagni ha riconosciuto che questo sistema non ha vie di uscita e che occorre lavorare per l’individuazione di un’alternativa a questa società. Come hanno sottolineato i compagni nella sintesi che chiudeva la prima parte della discussione:
“La crisi è crisi del capitalismo, strutturale e non congiunturale, e di portata storica, perciò l’aspetto finanziario non è la causa, ma ne è un aspetto. E’ una crisi di sottoconsumo causato dall’eccessivo sviluppo delle forze produttive in relazione allo sviluppo del mercato internazionale. Lo stesso imperialismo non basta più a superare le crisi. Quindi è una crisi storica dell’accumulazione dovuta alla saturazione dei mercati … che poi comporta e porta anche alla caduta del saggio del profitto.
Sul come reagire diversi compagni hanno sottolineato due aspetti importanti.
Da una parte le difficoltà che incontra la classe a causa delle illusioni ancora presenti, ma soprattutto a causa della complessità del compito che ha davanti. Anche se è chiaro che il capitalismo è in crisi e che non ci sono margini per una ripresa, che il futuro non riserva niente di buono, i proletari non hanno ancora recuperato abbastanza fiducia in sé stessi come classe per poter intraprendere una via autonoma da partiti e sindacati: “Molte illusioni non spariscono da un giorno all’altro. Ci vuole tempo”; “Il punto difficile è sempre quello del costruire, perché anche se ci è chiaro che il capitalismo non funziona, non è chiaro invece cosa bisogna fare, qual è l’alternativa. Qual è una società che possa funzionare meglio del capitalismo”.
Dall’altra il fatto che i lavoratori stanno iniziando a rispondere alla crisi: “C’è un tentativo del proletariato di tendere ad associarsi. Il sindacato sul precariato è stato costretto a fare una grande manifestazione, bidone certo, ma quello che era importante è il fatto che la gente stava lì per vedere cosa fare. Gli operai industriali dicono si alla lotta, ma dobbiamo farla con i precari e ciò perché nelle famiglie ci sono i precari. C’è una tendenza da parte del proletariato a darsi delle forme organizzative”.
Questi sono gli elementi, anche se in forma estremamente stringata, che hanno caratterizzato questa giornata. Ma il tutto non si potrebbe capire se, ancora una volta, non ricordassimo che l’elemento propulsivo della stessa giornata del 25 aprile e di tutto quello che si è prodotto dopo è il riemergere della lotta di classe e la disseminazione sul territorio di una quantità molto importante di elementi che sono alla ricerca di una loro identità di classe. Se questa iniziativa ha avuto successo, come testimoniato dal bilancio positivo dei singoli compagni, è perché ci siamo messi nelle condizioni di poter raccogliere questo potenziale che esiste tra i proletari. Noi pensiamo che questo aspetto deve essere compreso e fatto proprio da tutti i compagni, qualunque sia la loro collocazione politica attuale, perché è un aspetto di incoraggiamento per tutti noi, perché significa che non siamo soli, che quand’anche ci riuniamo in pochi da qualche parte, ce ne sono tanti altri che sono in attesa da qualche altra e che aspettano solo di essere incoraggiati, di recuperare fiducia anzitutto in sé stessi. E in un mondo che, tra farse elettorali e politiche sindacali, ci ha narcotizzati con il mito della delega, è chiaro che riprendere in mano il proprio destino non è facile. Ma l’esperienza del 25 aprile dimostra che, una volta scoperta la possibilità di fare a modo proprio, i proletari riescono a recuperare una forza incredibile. Ed è appunto su questa forza incredibile della vecchia talpa che si risveglia che noi poniamo tutte le nostre aspettative per cambiare questo mondo che ci opprime e che non ci garantisce più alcun futuro.
15 giugno 2009 Ezechiele
[2] Per favorire la riflessione dei compagni su come lavorare assieme nel gruppo di discussione che andavano a formare, abbiamo suggerito loro la lettura del nostro articolo “Gruppo di discussione delle Midlands in Gran Bretagna: un luogo di chiarificazione della coscienza di classe”, https://it.internationalism.org.
[3] Il volantino è stato pubblicato sul nostro sito web.