Inviato da RivoluzioneInte... il
Il ritiro di Air France rende ancora più drammatica la situazione dell’Alitalia e, soprattutto, di quelli che vi lavorano. Il prestito di 300 milioni, che l’uscente governo Prodi ha stanziato per dare un po’ di ossigeno all’azienda, viene utilizzato come giustificazione alla menzogna che una possibilità di salvaguardare i posti di lavoro per tanti proletari forse c’è. In realtà la prospettiva è che come minimo ci sarà un drastico ridimensionamento, perché più passano i giorni più le perdite aumentano e quindi un nuovo potenziale acquirente non potrà che offrire una soluzione ancora più dura di quella che aveva offerto Air France, esattamente come era peggiorata l’offerta di quest’ultima a distanza di soli pochi mesi dal primo piano presentato.
Quello che resta da chiarire è come si è arrivati a questo e perché.
Il caso Alitalia è da diversi punti di vista estremamente indicativo della situazione attuale dell’economia e dei rapporti tra le classi. Innanzitutto dimostra quanto sia precaria la situazione economica mondiale, per cui anche una grande azienda sostenuta dallo Stato può arrivare al fallimento. Nel capitalismo un’azienda, non importa di quale settore si occupi, può continuare a sopravvivere solo se è competitiva rispetto alle sue concorrenti. E quello del trasporto aereo è un settore che, negli ultimi decenni, ha visto un certo sviluppo di traffici, ma anche la nascita di tante nuove compagnie, in particolare le low cost, che hanno creato grande concorrenza e grandi sconvolgimenti: quello che sta succedendo oggi all’Alitalia è già accaduto ad altre grandi compagnie del settore, come i colossi americani Delta Airlines e TWA, o le compagnie di bandiera Sabena, belga, e Swissair, svizzera, tutte ridimensionate e/o vendute. Deve essere quindi chiaro che l’Alitalia, dal punto di vista borghese, non può continuare ad andare avanti e l’alternativa, sempre dal punto di vista borghese, è tra il piano di un compratore, tipo Air France, che assicura la sopravvivenza della compagnia, e il fallimento puro e semplice, che significa libri contabili in tribunale, commissariamento e smantellamento della compagnia (con la possibilità residua di un recupero di piccole parti dell’ex compagnia, come è avvenuto per Sabena e Swissair). Certo, sia l’una che l’altra ipotesi significano gravi conseguenze per i lavoratori, ma questa è la legge del capitalismo, e chi cerca di far credere che si possa affrontare, nel capitalismo, la crisi economica senza attaccare i lavoratori, mente; ed infatti l’altra offerta presentata inizialmente, quella della cordata Air One, era anche peggiore di quella di Air France.
Ed i primi ad aver sparso queste menzogne, ed illudere i lavoratori, sono stati i sindacati che, pur conoscendo benissimo la situazione, hanno fatto finta fino alle fine di volersi battere per una soluzione che salvaguardasse i lavoratori. E lo scopo di queste menzogne era, illudendo i lavoratori, impedire che fra essi si facesse strada una riflessione su come potersi difendere veramente dagli attacchi che si preparavano; nel frattempo invece i sindacati fingevano di poter trattare condizioni migliori per i lavoratori e contemporaneamente lavoravano per tenerli buoni e, soprattutto, divisi: a Milano mettevano al centro la difesa dell’aereoporto di Malpensa (e quindi dei lavoratori della Sea che lo gestisce), a Roma dicevano che il salvataggio di Malpensa non doveva mettere a repentaglio i posti di lavoro a Fiumicino; in questa maniera si finiva per far mettere i lavoratori in concorrenza impedendo loro di unirsi nella lotta, tutti assieme, in difesa del proprio posto di lavoro.
Una volta che i lavoratori si consegnano mani e piedi ai sindacati, alla fine non solo si arriva ad una sconfitta sul piano materiale immediato, ma si diffonde anche una certa demoralizzazione, come dimostrato dal fatto che interi comparti di lavoratori si sono dichiarati, di fronte all’abbandono delle trattative da parte dell’Air France, pronti ad accettare i sacrifici che questa proponeva, pur di chiudere la questione.
Questa sconfitta è il risultato della santa alleanza della borghesia: Stato (che non solo ha agito con l’Alitalia come qualsiasi altro padrone, ma ha scatenato le sue forze di repressione contro i lavoratori, quando questi, come i lavoratori dell’Atitech a Roma al momento del confronto Air France-Sindacati, hanno provato a far sentire la loro voce) e sindacati che hanno lavorato tra i lavoratori per consegnarli disarmati al piano padronale.
Ma il fatto che la situazione dell’Alitalia sia caratteristica della situazione attuale non significa che per i lavoratori non c’era nessuna possibilità di imporre un’altra soluzione: la lotta degli studenti francesi, che in quanto futuri proletari si sono battuti contro il progetto di Contratto di primo Impiego (CPE), arrivando a far ritirare il provvedimento, lo dimostra. Ma questo è stato possibile perché gli studenti hanno scelto la via della lotta autonoma, della ricerca della solidarietà non solo al loro interno, ma con l’insieme del mondo del lavoro, occupato e non, riuscendo, con questa impostazione, ad attrarre le simpatie degli altri lavoratori e la loro solidarietà, per cui il governo ha preferito ritirare il progetto CPE, piuttosto che rischiare una discesa in lotta di più categorie di lavoratori.
Anche all’Alitalia si poteva scegliere la strada di un’azione comune di tutti i settori di lavoratori (di terra e di volo), che mettendo al centro un obiettivo chiaro e comprensibile per tutti i lavoratori del paese, la difesa del posto di lavoro, e non quello dell’azienda o della sua “italianità”, come hanno predicato sindacati e politici, avrebbero certo attirato le simpatie del resto dei lavoratori, se non la loro solidarietà attiva. Ma questo solo i lavoratori potevano farlo, e non i sindacati, che hanno come ottica quella della compatibilità degli interessi dei lavoratori con quelli delle aziende, che sono invece inconciliabili perché solo l’aumento dello sfruttamento dei primi può salvaguardare i profitti delle seconde.
Se quindi i lavoratori dell’Alitalia sono stati sconfitti e demoralizzati - almeno questa sembra, purtroppo, la conclusione di questa vicenda - non è perché non può che andare così, ma solo perché hanno lasciato le cose in mano a quegli specialisti della sconfitta che sono i sindacati.
Prendere coscienza di questa dinamica è la sola strada che può trasformare una sconfitta immediata in prospettiva di una vittoria futura.
Helios, 23/04/08