Inviato da RivoluzioneInte... il
In Pakistan è stata proclamata la legge marziale, punto culminante di tutti i conflitti che si sono succeduti all’interno dello Stato dall’estate scorsa. Questa misura sembra sia stata resa urgente dal timore che l’Alta Corte, il mese scorso, potesse dichiarare Musharraf ineleggibile come presidente, tanto che costui ha finito per sostituire il Capo della Giustizia con uno dei suoi uomini, cosa che aveva già tentato di fare in agosto, ma senza successo, quando fece marcia indietro sulla dichiarazione dello stato d’emergenza. Questa sospensione della Costituzione contrasta con tutta la propaganda portata avanti a proposito del “muoversi verso la democrazia e delle regole civili” e porrà Benazir Bhutto in una situazione difficile al suo ritorno da Dubai. In origine lei era tornata dall’esilio dopo aver barattato l’amnistia con l’accordo che i suoi sostenitori non avrebbero bloccato l’elezione di Musharraf. La legge marziale porrà inoltre un bastone tra le ruote nella tattica americana di sostegno ad una coalizione di “moderati”, quelli che sembrano essere più ragionevolmente capaci e disponibili a sostenere gli USA contro Al Qaida.
Per capire quello che sta avvenendo oggi nel Pakistan non dobbiamo tanto guardare come il presidente si sta occupando dei suoi interessi personali, ma capire perché la classe dominante nel suo insieme non può essere coerente e perché una sua frazione ha messo un dittatore militare al comando. Per fare ciò dobbiamo vedere dove si colloca il Pakistan nello scacchiere geo-strategico del mondo e le tensioni imperialiste a cui questo è sottoposto. Esso ha una estesa frontiera con l’Afghanistan ed è confinante con l’Iran, la Cina e l’India. Ospita oltre un milione di rifugiati afgani. La lotta che dura da sei decenni con l’India a proposito del Kashmir non è l’unica preoccupazione del Pakistan. I conflitti interni, come la battaglia fra l’esercito e gli islamisti nella regione del nord-ovest, completano l’immagine di un paese lacerato da pressioni provenienti dall’interno e dall’esterno.
Gli effetti dei conflitti tra le grandi potenze
Negli anni ’80, quando i maggiori conflitti imperialisti erano tra gli USA e i suoi alleati e vassalli da una parte e il blocco imperialista russo dall’altra, il Pakistan è stato strategicamente importante per il sostegno occidentale ai Mujahidin, che combattevano i Russi in Afghanistan. All’epoca, questi islamici non avevano dalla loro parte soltanto Dio, ma anche la CIA ed i missili americani Stinger, e la Russia è stata conseguentemente fatta fuori. Il Pakistan ha anche degli interessi in Afghanistan, utile retroterra per l’addestramento e l’affondo strategico nei suoi scontri con l’India nel Kashmir.
Più recentemente, nel 2001, gli USA hanno portato avanti l’invasione dell’Afghanistan utilizzando la distruzione delle Torri gemelle e la necessità di una “guerra al terrorismo” come giustificazione. Ancora una volta è stato necessario il supporto del Pakistan. L’America promise che avrebbe sostenuto quelle tribù ostili all’Alleanza del Nord, tradizionale nemico del Pakistan e barriera alla sua influenza in Afghanistan, ma questa promessa fu rotta quando l’Alleanza del Nord guadagnò influenza nell’accordo post-Talebani. In ogni caso, il supporto del Pakistan fu ottenuto attraverso altri mezzi di persuasione quando gli Stati Uniti minacciarono di raderla al suolo se non avesse dato il suo sostegno. Questa minaccia è stata più o meno ripetuta da Barack Obama nell’attuale campagna presidenziale, suggerendo l’idea che gli Stati Uniti potrebbero bombardare le roccaforti di Al Qaida in Pakistan senza permesso. Allo stesso tempo ci sono milioni di rifugiati afgani nel Pakistan che si aggiungono all’instabilità del paese, ed anche se ne sono stati rimpatriati 2.3 milioni nel 2005, ne restano più di milione.
Gli interessi imperialisti regionali
Il Pakistan ha i suoi propri interessi imperialisti e perseguirli ne ha fatto il maggiore destinatario dei trasferimenti di armi nel terzo mondo nel 2006, con l’India che segue a ruota. Il conflitto con il suo maggiore rivale indiano sul Kashmir e la loro corsa al riarmo nucleare hanno portato alla guerra nel 2002, alimentando le dichiarazioni da parte del potere statale più debole di non esitare ad utilizzare le armi nucleari contro un nemico superiore. Il pericolo della guerra è stato evitato sotto la pressione dagli Stati Uniti, che non volevano che questo conflitto intralciasse le proprie avventure militari, ma nessun problema è stato risolto. Il processo di pace pakistano ha avuto un solo significato: l’imperialismo pakistano non ha potuto approfittare dei propri guadagni sul campo. Il conflitto è stato portato avanti in maniera meno appariscente attraverso attacchi terroristici in entrambi i paesi, e nel Kashmir lo stesso Pakistan ammette di dare supporto “morale e diplomatico” ai soli islamici, ma in effetti fa molto più, mentre l’India reprime questi fondamentalisti “combattenti per la libertà”. Entrambi i lati puntano sul nazionalismo virulento e né l’uno né l’altro mostrano la minima preoccupazione per le sue incalcolabili vittime.
Vista da un’ottica più ampia la situazione strategica non è a vantaggio del Pakistan. Forzato sotto la minaccia di armi a sostenere gli USA nella sua “guerra al terrorismo”, non può però guadagnarci niente dalla sua lealtà agli USA. La Cina si sta sviluppando economicamente e quindi sta aumentando i propri appetiti imperialisti, il che la pone in conflitto non solo con l’India ma anche con l’America. Il Pakistan si trova di conseguenza confrontato ad una convergenza di interessi fra il suo nemico storico, l’India, e il suo boss dei boss, la super-potenza USA. E per rendere la situazione ancora più difficile si aggiunge il fatto che il Pakistan si trova in mezzo i suoi due più forti “alleati” e partner commerciali, gli USA e la Cina, che sono in conflitto tra loro.
Il fallimento della “guerra al terrorismo”
La “guerra al terrorismo” non è stata un gran successo per gli USA. L’impantanamento in Iraq e la situazione senza via d’uscita in Afghanistan limitano le sue mire a nuove avventure militari. Per il Pakistan questo è un disastro ulteriore. L’evidente debolezza degli USA spinge alla sfida i sostenitori di Al Qaida, molti dei quali hanno posto le loro basi nel nord- ovest del Pakistan. I soldati vengono impunemente rapiti e uccisi. Durante l’estate scorsa ne sono stati uccisi 200 in 10 settimane ed alla fine di agosto 250 sono stati rapiti nel Waziristan del sud senza sparare un solo colpo, il che ha lasciato supporre che l’esercito fosse infiltrato. Né le 90.000 truppe dislocate alla frontiera, né il sussidio di 10 miliardi di dollari da parte degli USA sono riusciti a tenere la situazione sotto controllo. L’accordo di pace tra il governo ed i capi tribali in Waziristan, mal visto dagli USA, è fallito e lo scontro si è inasprito in seguito all’assalto alla Moschea Rossa. Musharraf non può soddisfare tutti. Alcuni alti funzionari lo accusano di essere distratto dalla crisi politica.
In Pakistan lo Stato è in guerra con sé stesso. I capi dell’opposizione sono stati vittime di una retata a settembre, il precedente primo ministro Nawaz Sharif è stato espulso appena tornato nel suo paese. I raduni politici sono la scena di omicidi terroristi. I giudici dell’Alta Corte hanno protestato contro l’amministrazione dopo che uno di loro è stato saccheggiato e quindi hanno sospesero un capo della polizia dopo la violenza impiegata ad una dimostrazione di protesta degli avvocati. Queste sono le istituzioni che sono al cuore dello Stato ed i loro conflitti riflettono il modo in cui il paese viene lacerato dai conflitti imperialisti che vanno sotto la voce di “guerra al terrorismo”. E adesso tutto ciò è culminato nella dichiarazione dello stato di emergenza.
Che le elezioni si tengano o no a gennaio, non ci sarà nessun movimento verso la democrazia ed un governo civile, il Pakistan sta lottando per evitare di essere lacerato. Anche senza essere direttamente attaccato, esso mostra il caos e la miseria che sono capaci di causare oggi i conflitti imperialisti.
Alex, 3/11/07
Da World Revolution, n.310