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Si sarebbe potuto credere all’orrore riservato al Medio Oriente, all’Iraq o alla Palestina, senza dimenticare i genocidi quotidiani dell’Africa nera o del sud del Caucaso. Ma no! La realtà del capitalismo è sempre peggio di quanto si possa immaginare. Il Maghreb è venuto a ricordarci che non bisognava dimenticarsi di lui. Anche lì, la barbarie imperversa quotidianamente. Spesso passato volontariamente sotto silenzio dai mezzi di comunicazione, la «guerra civile» in Algeria ha fatto all’incirca più di 150 mila morti durante gli anni ’90. Ma in questa primavera soleggiata, la barbara realtà del capitalismo è tornata drammaticamente in primo piano.
Non c’è possibilità di pace in Algeria
Mercoledì 11 aprile, due attentati kamikaze preparati con auto imbottite di esplosivo sono stati perpetrati ad Algeri. Ci sarebbero ufficialmente 33 persone uccise e più di 220 feriti. L’indomani, la rete televisiva Al-Jezira annunciava di aver ricevuto una telefonata con la quale un porta parola del movimento Al-Qaida nel Maghreb rivendicava questi attentati.
In Algeria, i gruppi terroristi, minati dalle guerre tra frazioni rivali e braccati da una parte dell’esercito e dal governo sanguinario del presidente Bouteflika, erano da alcuni anni sulla difensiva. Quelli che non si erano rifugiati nelle regioni montagnose avevano ufficialmente deposto le armi. La resa dell’AIS (Armée Islamique du Salut, ala militare del Front Islamique du Salut) e degli ultimi elementi sopravvissuti del GIA ( Groupe Islamiste Armé) sembrava promettere una calma sul fronte degli attentati e dei massacri terroristici. Ma tutto ciò non era che pura illusione.
Ecco dunque risorgere da capo, armi alla mano, i gruppi salafisti. Questi sono ormai pronti a utilizzare i mezzi militari i più tradizionali ma anche ad applicare i metodi e la logistica propri alla nebulosa di Al-Qaida. Questo ritorno alla grande del terrorismo non riguarda solo l’Algeria ma anche il Marocco e la Tunisia. Il suo terreno di crescita, condito anzitutto dalla miseria, dalla disoccupazione e dalla disperazione di massa, è costituito da questi giovani ammassati nelle bidonville di Tunisi o di Algeri. In Algeria, il tasso di disoccupazione dei giovani supera largamente il 50%. Al-Qaida può dunque attingere senza vergogna nei ranghi di questa gioventù totalmente disorientata e senza avvenire.
La responsabilità degli imperialismi francese ed americano nella tragedia algerina
«Le relazioni tra la Francia e l’Algeria possono essere buone o cattive, ma in nessun caso possono essere banali». Questa dichiarazione pronunciata dal vecchio presidente algerino Houari Boumediene nel 1974 traduce perfettamente come dopo la fine della colonizzazione dell’Algeria da parte della Francia avvenuta nel 1962, gli imperialismi algerino e francese non hanno mai cessato di avere delle relazioni politiche estremamente strette. In questo paese, a partire dalla sua indipendenza, l’esercito è stato sempre la punta avanzata del potere attraverso la successione dei vari capi di stato. La storia interna dell’Algeria, da 40 anni a questa parte, è fatta di colpi di stato e di putsch militari, esprimendo così la debolezza e la divisione storica della borghesia algerina. Anche l’FLN (Front de Libération Nationale), sorto dalla guerra coloniale, e la sua ala armata, l’ALN, non sono sfuggiti a questa instabilità crescente. Durante tutti questi decenni, all’interno di questo marasma, la Francia ha difeso con le unghie e con i denti i suoi interessi in un paese che essa considera come facente parte della sua riserva di caccia.
Ma all’inizio degli anni ’90, la borghesia francese, malgrado tutti i suoi sforzi, comincia lentamente a perdere terreno di fronte all’offensiva del suo più grande nemico, la borghesia americana. In effetti, questo decennio è marcato da un aggravamento micidiale delle tensioni interimperialiste tra la Francia e gli Stati Uniti. Da allora, gli Stati Uniti non hanno mai ridotto i loro sforzi in Algeria nel tentativo di rafforzare la loro influenza a detrimento dell’imperialismo francese. Il loro sostegno attivo alle brigate armate islamiche si impone così pubblicamente.
Nel 1992, il governo algerino, in reazione a questa situazione, decreterà allora lo stato d’emergenza. Di fronte ai massacri ciechi dei terroristi, strumentalizzati dagli Stati Uniti, le forze de «l’ordine» algerine faranno scomparire, dal 1992 al 1998, più di 7000 persone. Facendo così versare il sangue, la Francia riprenderà più o meno la mano, con l’inizio del nuovo millennio marcato dall’apparire della pace e della stabilità.
Se dunque in tutti questi ultimi anni l’imperialismo americano sembrava potersi implicare meno in Algeria, appare oggi chiaramente che questa situazione sta per conoscere di nuovo una drammatica evoluzione. In effetti, all’inizio di marzo, il generale d’armata Raymond Hénault, presidente del Comitato militare dell’Alleanza Atlantica, effettua una visita ufficiale in Algeria. “Lo scopo di questa visita viene rivelato immediatamente dalla reazione del governo algerino. L’Algeria dichiara allora attraverso la voce del suo ministro degli Affari esteri che il suo territorio non sarà disponibile come base all’esercito americano. Si capisce dunque facilmente l’obiettivo di questa visita ufficiale e la posizione del governo algerino, temendo di affrontare un vero problema di sovranità nazionale. Almeno sul piano militare” (Ahmed Saifi Benziane, citato dal Courrier international del 19 aprile 2007)
A sua volta interrogata a proposito di eventuali basi americane nel Maghreb, Condoleeza Rice (segretario di Stato del governo americano) aveva dichiarato : «Noi cerchiamo solo di stabilire una piattaforma di cooperazione con questi paesi attraverso lo scambio di informazioni e l’organizzazione di esercitazioni militari con i governi per lottare efficacemente contro il terrorismo.» (ibid.) Le intenzioni americane non possono essere enunciate in maniera più chiara. L’indebolimento accelerato della prima potenza mondiale, il suo sprofondamento nel pantano iracheno non riducono per niente i suoi appetiti imperialisti e la sua fuga in avanti sul piano militare. Malgrado l’ampiezza delle sue difficoltà, dall’Algeria al nord del continente africano fino alle porte del Golfo Persico e al Medio Oriente, niente è fuori dell’interesse degli USA.
Tutti questi rapaci capitalisti sono i soli responsabili della barbarie
Il cavallo di battaglia della politica imperialista americana nel mondo è la lotta contro il terrorismo. E’ sotto questo pretesto fallace che gli Stati Uniti difendono in Algeria e dovunque nel mondo i loro sordidi interessi.
Tuttavia è evidente che gli ultimi attentati che hanno avuto luogo ad Algeri vanno pienamente a vantaggio dell’America. In maniera cinica e ipocrita, il 6 febbraio scorso, gli Stati Uniti hanno fatto sapere la loro intenzione di creare un comando al Pentagono incaricato dell’Africa per mettere falsamente un termine all’installazione di gruppi terroristi nel Maghreb. Il 14 aprile, cioè tre giorni dopo gli attentati di Algeri, l’ambasciata americana in questo paese dichiarava ufficialmente: “Secondo delle informazioni non confermate, degli attentati potrebbero essere pianificati ad Algeri il 14 aprile nella zona che potrebbe includere tra l’altro la Posta Centrale e la sede dell’ENTV (la televisione pubblica), nel boulevard dei Martiri”. Queste dichiarazioni dell’ambasciata americana sono state immediatamente comprese per quelle che sono dalla stampa algerina: “Che gli Americani si vogliano sostituire ai servizi di informazione algerini, è un po’ un peccato di gola. A meno che gli Americani non abbiano altre idee in testa e non vogliano instaurare un clima da psicosi” (Le Jour d’Algérie, citato da Le Monde del 15 aprile 2007). Che gli Americani abbiano altre idee nella testa, è evidente. E sono anche perfettamente chiare potendosi enunciare così: “Quello che non si può controllare, occorre destabilizzarlo o anche distruggerlo”. La borghesia algerina, il suo governo così come i movimenti terroristi, tutti strumentalizzati ciascuno per proprio conto da un imperialismo o da un altro, se ne fregano totalmente delle sofferenze inflitte alla popolazione in Algeria. Il nuovo sviluppo nel Maghreb di tensioni imperialiste, di barbarie e di caos va così a creare una continuità geografica dal Medio Oriente fino alle regioni più lontane dell’Africa centrale e dell’est.
Tino (26 aprile