Stiamo assistendo a un'accelerazione della storia. Non passa giorno senza che sulla scena internazionale si verifichi un evento nuovo, spesso senza precedenti e in gran parte imprevedibile. Consideriamo alcuni esempi recenti: chi avrebbe potuto prevedere la rielezione di Trump dopo il suo tentativo di colpo di Stato nel gennaio 2021? Chi avrebbe anche solo immaginato che un tale tentativo di golpe potesse aver luogo negli Stati Uniti? E il divorzio tra USA ed Europa con la politica dei dazi come arma di ricatto, dopo decenni di stretta collaborazione tra questi paesi? E il ritorno alla politica di annessione praticata non solo da Putin in Ucraina ma rivendicata anche da Netanyahu nei territori palestinesi o ancora da Trump verso il Canada, la Groenlandia e il canale di Panama? E gli scenari di guerra interminabili e barbari (Ucraina, Gaza, Yemen, Sudan ..) che si sono moltiplicati, quando Bush padre aveva annunciato nel 1989, dopo la caduta del muro di Berlino, l'avvento d'una “nuova era di pace” e di un “nuovo ordine mondiale”?
Sullo sbalordimento per l’entità e l’imprevedibilità di molti degli episodi che costellano le cronache degli ultimi tempi possiamo essere tutti d’accordo. Sul denunciare il periodo di barbarie in cui stiamo entrando sempre di più, altrettanto. Ma se non vogliamo essere dei semplici soggetti passivi rispetto a un sistema che mette sempre più in discussione il nostro avvenire, dobbiamo fare uno sforzo per capire la sua evoluzione, la sua dinamica interna e comprendere l’origine di tutto ciò. A questo scopo in questo articolo cercheremo di mostrare come i fenomeni di cui siamo testimoni quotidianamente siano l’espressione e il risultato ultimo di un processo di disgregazione dell’apparato politico della borghesia, operante a livello internazionale e iniziato già alla fine del secolo scorso. Fenomeno che ha avuto una prima manifestazione con il crollo dell’ex-blocco “sovietico” seguito dalla graduale disgregazione del blocco occidentale.
La borghesia, una classe che ha accumulato una lunga esperienza di governo della società
Il proletariato, la classe rivoluzionaria della nostra epoca, per sviluppare la sua lotta storica e instaurare una nuova società, ha bisogno di produrre un progetto concreto di società futura, il comunismo, ed ha a disposizione due soli strumenti per realizzarlo, la sua unità e la sua coscienza. La borghesia, la classe che detiene attualmente il potere, non ha avuto necessità di sviluppare una grande coscienza e grandi progetti per prendere il potere politico della società perché lo stesso sviluppo dell’economia capitalista aveva dato alla borghesia gli strumenti per imporsi anche politicamente. Peraltro, in quanto classe dominante nella società e classe sfruttatrice, la borghesia è incapace di immaginare un futuro al di là della società capitalista, per cui la sua concezione del mondo è fondamentalmente statica e conservatrice. Questo ha delle conseguenze sull’ideologia borghese e sulla sua incapacità di comprendere il corso della storia perché non comprende che il presente è qualcosa di effimero, in continuo cambiamento. Pertanto è incapace di fare progetti sul lungo periodo e di vedere aldilà del suo modo di produzione. La differenza tra la coscienza di classe rivoluzionaria del proletariato e la “falsa coscienza” della borghesia non è quindi solo una questione di grado, è una differenza di natura.
Ma questo non significa che la borghesia non sia capace di sviluppare una certa consapevolezza del presente e di trarre profitto dalla sua esperienza passata per sviluppare strumenti per preservare il suo potere.
Infatti, contrariamente al proletariato che, pur essendo una classe storica, non avendo una presenza politica continua nella società, subisce tutte le oscillazioni politiche dei vari eventi, con momenti di combattività aperta ed altri di riflusso, la borghesia ha invece il vantaggio di essere la classe dominante che detiene il potere e può quindi disporre di tutti i mezzi necessari per sopravvivere il più a lungo possibile.
Ci sono borghesie, come quella inglese, che ad esempio hanno accumulato svariati secoli di esperienza sia di lotta contro il precedente potere feudale, poi contro altri paesi, così come contro lo stesso proletariato. Questa esperienza è stata usata intelligentemente dalle varie borghesie nella gestione del proprio potere politico, soprattutto a partire dall’inizio della fase decadente di inizio ‘900, quando la crisi storica del capitalismo ha cominciato a mettere in questione la sopravvivenza del questo sistema. Ed è importante per il proletariato capire come la politica della borghesia in questo periodo di decadenza non sia l’espressione del capriccio di questo o quel governo, ma che abbia sempre seguito una logica che tendeva a difendere gli interessi dell'insieme della classe dominante.
Il gioco politico dell’alternanza di governi di destra e di sinistra
Il controllo democratico della società
Poiché quella capitalista è una società basata sullo sfruttamento di una classe su un’altra, della borghesia sulla classe dei lavoratori, per poter perpetuare il proprio controllo sulla società il più a lungo possibile la borghesia ha bisogno di nascondere questa verità e presentare le cose non come sono, ma in modo distorto, basando la propria ideologia sul mito dell'«uguaglianza tra i cittadini», facendo credere, ad esempio, che siamo tutti uguali, che ognuno plasma il proprio destino e che, se qualcuno ha dei problemi, è perché se li è creati da solo non facendo le scelte giuste.
Lo strumento più efficace della borghesia per governare un paese e garantire il proprio dominio di classe è quindi la mistificazione democratica, un sistema che dà alle persone l’illusione di valere come individui e di poter contare nella società, di potere anche ambire a comandare. Se oggi la borghesia mantiene a caro prezzo un intero apparato politico per la supervisione e la mistificazione del proletariato (parlamento, partiti, sindacati, associazioni varie, ecc.) e stabilisce il controllo assoluto su tutti i media (stampa, radio, TV), è perché la propaganda è un'arma essenziale della borghesia per assicurare il suo dominio. Le consultazioni democratiche come le elezioni, i referendum, etc. sono lo strumento pratico usato dalla borghesia per ricevere dal popolo cosiddetto “sovrano”, cioè mistificatoriamente considerato padrone del proprio destino, il mandato per decidere dei destini della società.
Amadeo Bordiga ci dà una brillante descrizione di questo meccanismo di controllo:
“La critica di una simile proposta deve essere molto più severa a seconda che si propone di applicarla alla società tutta quale è oggi, o a date nazioni, o si tratta di introdurla nel seno di organismi molto più limitati come i sindacati proletari e i partiti.
Nel primo caso essa è da respingere senz'altro perché campata nel vuoto, senza tenere conto alcuno della situazione dei singoli aspetto al fatto economico, e con la pretesa che il sistema sia intrinsecamente perfetto, indipendentemente dalla considerazione degli sviluppi evolutivi che traversa la collettività a cui lo si applica. […] La democrazia politica è introdotta con questa pretesa ufficiale, ma in realtà come una forma che conviene allo specifico potere della classe capitalistica e alla vera e propria sua dittatura, agli scopi della conservazione dei suoi privilegi.
Non occorre dunque insistere molto sulla demolizione critica dell'errore per cui si attribuisce un eguale grano di indipendenza e di maturità al "voto" di ciascun elettore, sia esso un lavoratore sfibrato dall'eccesso di fatica fisica o un ricco gaudente, un accorto capitano dell'industria o un disgraziato proletario ignaro delle ragioni e dei rimedi delle sue ristrettezze, andando a cercare gli uni e gli altri una volta tanto per un lungo periodo di tempo, e pretendendo che l'aver risolto queste sovrane funzioni basti ad assicurare la calma e l'obbedienza di chiunque si sentirà scorticare e maltrattare dalle conseguenze della politica e dell'amministrazione statale.”1
Il bipolarismo classico destra/sinistra e il gioco delle alternanze
Questa capacità di controllo la borghesia l’ha esercitata a lungo, finché ne è stata capace, ad esempio orientando adeguatamente il voto popolare in un senso o nell’altro a proprio piacimento, finanziando i vari canali della propaganda politica. Questo gioco si è espresso nel secolo scorso in maniera particolarmente raffinata in paesi come la Francia, l’Italia, la Germania, gli USA ed altri ancora, dove esistevano storicamente schieramenti di destra ed altri di sinistra, attraverso una prospettata alternanza di governi di destra e di sinistra. Per capire bene questo punto possiamo fare riferimento a quanto abbiamo scritto in un precedente articolo del 1982:
“… a livello della propria organizzazione per la sopravvivenza e la difesa, la borghesia ha dimostrato un'immensa capacità di sviluppare tecniche di controllo economico e sociale ben oltre i sogni della classe dominante del XIX secolo. In questo senso, la borghesia è diventata "intelligente" di fronte alla crisi storica del suo sistema socio-economico. […]
Nel contesto del capitalismo di Stato, le differenze che separano i partiti borghesi non sono nulla in confronto a ciò che hanno in comune. Tutti partono dal presupposto generale che gli interessi del capitale nazionale siano superiori a tutti gli altri. Questo presupposto consente alle diverse frazioni del capitale nazionale di collaborare strettamente, soprattutto a porte chiuse delle commissioni parlamentari e ai vertici dell'apparato statale. […]
In relazione al proletariato, lo Stato può utilizzare diversi rami del suo apparato in una divisione coerente del lavoro: anche in un singolo sciopero, i lavoratori possono dover affrontare una combinazione di sindacati, propaganda e campagne stampa e televisive, con le loro diverse sfumature, e quelle dei diversi partiti politici, della polizia, dei servizi sociali e, talvolta, dell'esercito. Comprendere che queste diverse parti dello Stato agiscono di concerto non significa che ciascuna di esse sia consapevole dell'intero quadro generale in cui svolge i propri compiti e funzioni.”2
Poiché è il proletariato il maggior nemico della borghesia, quest’ultima ricorre, soprattutto nelle fasi di rimonta della lotta di classe, alle sue astuzie per intrappolare ideologicamente la classe sfruttata. Un esempio tipico e un campo di studio particolarmente interessante è quello italiano del secondo dopoguerra. Com’è noto in questo paese esisteva il PCI3, un partito stalinista legato all’Unione Sovietica ma che aveva ancora un forte credito nella classe dei lavoratori. Al tempo stesso l’Italia, nella logica dei blocchi conseguente agli accordi della Conferenza di Yalta del 1945, si trovava nella sfera d’influenza degli Stati Uniti. Per cui la borghesia italiana, fortemente sottomessa a quella americana, si adoperò a lungo per favorire per oltre 40 anni, attraverso principalmente il partito della Democrazia Cristiana, di mantenere il controllo sul paese mentre garantiva un obbediente allineamento alla politica estera americana, che mirava a mantenere lontano dal governo partiti filo sovietici come il PCI.
Ma il Maggio francese del ’68 e l’Autunno caldo del ’69 in Italia resero la scena sociale incandescente e imposero alla borghesia delle misure per arginare la tempesta sociale. Così i partiti di sinistra e i sindacati si radicalizzarono, con parole d’ordine tendenti a raccogliere, ma solo a parole, le rivendicazioni che provenivano dalla base. Al tempo stesso cominciò tutta una campagna, orchestrata dai partiti di sinistra e resa credibile dalle reazioni dei partiti di centro e di destra, secondo la quale sarebbe stato possibile, con uno sforzo della base, raggiungere e superare, nelle competizioni elettorali, la DC e imporre finalmente un governo di sinistra col PCI. Furono gli anni ’60 e soprattutto ’70 del secolo scorso a mostrare questa corsa che servì in parte a deviare l’attenzione dei proletari, in Italia ma non solo, attraverso l’illusione che bastasse raggiungere un quorum elettorale per ottenere dei risultati.
Di fatto il PCI non arrivò più al potere4 per un esplicito veto americano ma, con la variegata composizione politica dell’Italia dell’epoca, fu possibile, a seconda delle circostanze, formare anche governi di centro-sinistra con la presenza del Partito socialista italiano (PSI), e finanche di governi con l’appoggio esterno del PCI. Così partì la stagione della sinistra “al potere” in molti paesi, potente mistificazione per incanalare la spinta delle masse dell’epoca nel vicolo cieco del parlamentarismo borghese.
Ma tenere la sinistra al potere, quando le condizioni oggettive non permettono a questa sinistra – né d’altra parte a nessun’altra frazione della borghesia – di soddisfare i bisogni dei proletari, non è la migliore politica da seguire, o per lo meno non la si può applicare per troppo tempo pena la decredibilizzazione di questa importante frazione della borghesia. Ecco perché negli anni 70-80 del secolo scorso abbiamo visto l’alternanza, in vari paesi del mondo, di governi di destra e di sinistra in funzione del tenore delle lotte operaie in corso. Particolarmente efficace è stata la politica di tenere la sinistra all’opposizione, che ha reso possibile ai vari partiti borghesi di sinistra e agli stessi sindacati di potersi radicalizzare e di potersi scagliare contro le misure dei governi, senza il rischio di dover realizzare quanto reclamavano nelle manifestazioni e nei parlamenti.
Il crollo del muro di Berlino
Perché questo avvenimento storico e cosa ha cambiato
Il processo che aveva portato alla fine dei blocchi imperialisti e all’inizio di un’era di caos, era stato ingenerato da una situazione di stallo nella lotta di classe tra borghesia e proletariato.
Questa situazione di stallo era dovuta, da un lato, all'incapacità della classe operaia di politicizzare sufficientemente le proprie lotte nel corso degli anni '80, conferendo loro una dinamica rivoluzionaria; dall'altro lato, la stessa borghesia, di fronte all'aggravarsi della crisi economica, non riuscì a orientare la società verso una nuova guerra imperialista, come era avvenuto prima della Seconda guerra mondiale. Negli anni '30, grazie all'arma ideologica dell'antifascismo, la borghesia era riuscita a schierare il proletariato a favore dei propri obiettivi bellicisti. Ma alla fine degli anni '80, il proletariato non era politicamente sconfitto.
È il perpetuarsi di questa situazione di stallo che logora, nello sforzo bellico della guerra fredda, il capofila dell’imperialismo più debole, l’Unione Sovietica, provocandone l’implosione5. Schiacciato sotto il peso della crisi del sistema, a cui è incapace di rispondere con misure economiche e politiche all’altezza della situazione, il blocco imperialista sovietico si sfalda andando in mille pezzi. Viene così a mancare nel blocco rivale americano un nemico comune da cui guardarsi e difendersi. Questo ha generato lentamente, ma con sempre maggiore evidenza, una tendenza crescente delle varie potenze occidentali a sganciarsi dalla tutela americana e a intraprendere un cammino indipendente e persino a sfide sempre più frequenti al “leader” del blocco.
Naturalmente gli USA hanno cercato di contrastare questa deriva che metteva in questione la loro leadership e il loro ruolo di superpotenza, come ad esempio cercando di coinvolgere le potenze europee nella prova di forza contro l’Iraq di Saddam Hussein, provocando la prima guerra del Golfo del 1990-916. Anche se a malavoglia, ben 34 diversi paesi, tra cui i principali paesi europei, del nord e sud America, del medio Oriente, etc., si sottomisero al volere americano partecipando ad una guerra provocata dagli stessi USA. Ma quando, con la II Guerra del Golfo del marzo 2003, gli USA cercarono ancora una volta di dimostrare di detenere le chiavi del controllo della situazione mondiale, inventando la storia che Saddam Hussein possedesse armi di distruzione di massa, molti meno paesi parteciparono alla coalizione e, soprattutto, vennero meno paesi del peso di Francia e Germania, che si opposero questa volta dal primo momento.
Quasi in parallelo ci sono da ricordare le guerre nei Balcani, che hanno interessato la ex Jugoslavia, paese dissanguato da una cruenta separazione in 7 nuovi paesi e dove gl’interessi divergenti degli ex-alleati del blocco occidentale si manifestarono con ancor maggiore evidenza. All'inizio degli anni ‘90, il governo del cancelliere Helmut Kohl, spingendo e sostenendo l’indipendenza di Croazia e Slovenia per dare alla Germania l'accesso al Mediterraneo, si oppose direttamente alla potenza americana, ma anche agli interessi di Francia e Regno Unito. Ciò portò a una serie di guerre in Croazia, Bosnia-Erzegovina e infine in Kosovo, che continuarono fino alla fine del secolo, passando attraverso tutta una serie di alleanze mutevoli che dimostrarono la natura sempre più cinica e miope delle relazioni imperialistiche in questo periodo.
La crisi della Social Democrazia, il crollo dei Partiti Comunisti e la crisi del gauchisme
Il nuovo scenario internazionale che si crea con lo sfaldamento dei blocchi e che, come già ricordato, segna per noi l’inizio della fase che noi definiamo di decomposizione, la fase finale della decadenza del capitalismo, non poteva non avere conseguenze anche sulla politica interna e sulla funzione e importanza relativa dei vari partiti.
Infatti, da una parte, la scomparsa dei blocchi non rendeva più necessario mantenere gli stessi schieramenti governativi del passato; ciò ha comportato a volte la necessità di smantellare con tutti i mezzi possibili il vecchio schieramento politico che guidava la formazione dei vari governi. Ancora una volta l’Italia costituisce un esempio emblematico: dopo essere stata a lungo controllata, per conto degli americani, da un coagulo di forze comprendenti partiti politici – DC al centro – mafia siciliana, Massoneria (P2) e servizi segreti, il tentativo della componente della borghesia italiana che ambiva giocare un ruolo più autonomo e liberarsi di questo controllo in seguito alla caduta del muro di Berlino incontra una resistenza enorme da parte di questo schieramento, che porta ad una serie di assassini di politici e magistrati, attentati con bombe, etc.7.
Dall’altra parte, l’importante arretramento a livello di combattività, e soprattutto di coscienza, provocato sulla classe operaia dalla caduta dell’Unione Sovietica, presentata dai mass media fino a quel momento falsamente come la patria del socialismo, produsse una crisi dei partiti di sinistra, non più indispensabili, almeno con la taglia che avevano all’epoca, a contenere una spinta operaia che si era fortemente ridimensionata. Si arrivava così ad un profondo cambiamento della politica nei vari paesi e alla fine dell’alternanza destra/sinistra.
Il peso della decomposizione sull’apparato politico della borghesia
Se prendiamo in considerazione le caratteristiche essenziali della decomposizione, per come si manifesta oggi, possiamo constatare che esse hanno tutte un elemento in comune, che è la mancanza di prospettiva per la società, particolarmente evidente per la borghesia sul piano politico e ideologico. Questo determina per conseguenza un’incapacità da parte delle varie formazioni politiche ad esprimere delle linee programmatiche di lungo periodo, dei progetti coerenti e realistici.
Ecco come abbiamo caratterizzato la situazione nelle nostre Tesi sulla decomposizione:
“Tra le caratteristiche principali della decomposizione della sociétà capitalista bisogna sottolineare la difficoltà crescente della borghesia a controllare l’evoluzione della situazione sul piano politico. Alla base di questo fenomeno c'è evidentemente la crescente perdita di controllo della classe dominante sul suo apparato economico, che costituisce 1’infrastruttura della società. L’“impasse” storica in cui si trova imprigionato il modo di produzione capitalista, i fallimenti successivi delle diverse politiche condotte dalla borghesia, la permanente fuga in avanti nell’indebitamento generalizzato per mezzo del quale sopravvive l’economia mondiale, tutti questi elementi non possono che ripercuotersi su un apparato politico incapace, da parte sua, di imporre alla società, ed in particolare alla classe operaia, la “disciplina” e l’adesione richieste per mobilitare tutte le forze e le energie verso la guerra mondiale, sola “risposta” storica che la borghesia possa offrire. L’assenza di una prospettiva (che non sia quella di “salvare il salvabile” procedendo alla giornata) verso la quale essa possa mobilitarsi come classe - e nella misura in cui il proletariato non costituisce ancora una minaccia per la sua sopravvivenza - determina all'interno della classe dominante, ed in particolare del suo apparato politico, una tendenza crescente all’indisciplina e al “si salvi chi può”. E’ proprio questo fenomeno che permette in particolare di spiegare il crollo dello stalinismo e dell’insieme del blocco imperialista dell’Est. Questo crollo, in effetti, è nel suo complesso una delle conseguenze della crisi mondiale del capitalismo; d’altra parte esso non può essere analizzato senza prendere in considerazione le specificità che le circostanze storiche della loro apparizione hanno conferito ai regimi stalinisti (vedi le “Tesi sulla crisi economica e politica in URSS e nei paesi dell'Est”, Rivista Internazionale n°13). […] Questa tendenza generale della borghesia alla perdita di controllo della gestione della sua politica, se costituisce uno dei fattori di primo piano del crollo del blocco dell’est, non potrà che ritrovarsi ulteriormente accentuato da questo crollo per:
- l’aggravarsi della crisi economica che risulta da quest’ultimo;
- la dislocazione del blocco occidentale che deriva dalla scomparsa del proprio rivale;
- l’acutizzarsi di rivalità particolari tra diversi settori della borghesia (in particolare tra frazioni nazionali, ma anche tra cricche all’interno di uno stesso stato nazionale) che comporterà l’allontanamento momentaneo della prospettiva della guerra mondiale.”8
Il venir meno dei partiti storici della borghesia ha creato, a livello internazionale, un certo vuoto politico sia a destra che a sinistra. Peraltro, un contesto in cui non esistevano più direttive provenienti dall’alto ha cominciato a favorire la discesa in campo di avventurieri e magnati della finanza senza alcuna esperienza politica alle spalle ma con la voglia di aggiustare le cose a modo proprio. Questo ha segnato l’inizio di una deriva del quadro politico nazionale nei diversi paesi che cercheremo di rappresentare qui di seguito.
Instabilità e crescente frammentazione dell'apparato politico
Questa accelerazione della crisi del sistema a tutti i livelli si manifesta in modi diversi. Il problema fondamentale è la perdita di controllo da parte della borghesia sulle dinamiche politiche del paese. Ciò si riflette sia nella sua incapacità di orientare le scelte elettorali della popolazione verso la squadra di governo più adatta alla situazione, come faceva in passato, sia nella sua difficoltà a formulare strategie valide per contenere (per non parlare di superare) la crisi del sistema. In breve, la borghesia manca sempre più di quella “testa pensante” che in passato le aveva permesso di mitigare le difficoltà sul suo cammino.
Il primo effetto di ciò è una perdita di coesione all'interno della borghesia che, senza un piano comune generale, non è in grado di mantenere l'unità delle sue varie componenti. Ciò porta a una tendenza al “ognuno per sé”, con una crescente difficoltà a creare alleanze stabili. Ciò è evidente a livello dei singoli paesi, dove è sempre più difficile formare governi stabili a causa dei risultati elettorali sempre più imprevedibili.
In Francia, dopo il successo della coalizione populista di Marine Le Pen alle elezioni europee, Macron ha sorpreso tutti annunciando lo scioglimento dell'Assemblea Nazionale e indicendo nuove elezioni legislative. Il risultato è stato però un Parlamento ingestibile, diviso in tre blocchi più o meno uguali: la sinistra (molto fragile, momentaneamente unita dall'opportunismo elettorale), il centro macronista e l'estrema destra. Dopo mesi di stallo istituzionale, è stato formato un governo di centro-destra, che è stato però affossato da un voto di sfiducia parlamentare dopo soli tre mesi. Successivamente è stato formato il governo centrista di Bayrou, un governo di minoranza e quindi completamente precario. Al momento della stesura di questo articolo, Bayrou è stato rovesciato e la stessa presidenza di Macron è messa in discussione da gran parte dell'elettorato.
Anche in Gran Bretagna la politica borghese è caratterizzata da una grande instabilità, con cinque nuovi governi in sette anni. E le prospettive per l'attuale governo Starmer si sono offuscate dopo la vittoria del Partito Laburista alle elezioni dello scorso anno con il 34% dei voti, poiché il suo sostegno è sceso al 23%, mentre Reform UK, il partito nazionalista populista guidato da Nigel Farage, è il più popolare, secondo gli ultimi sondaggi, con il 29%.
In Germania, dopo la caduta del governo di Olaf Scholz formato da SPD, Verdi e Liberali e definito dall’Istituto Infratest dimap9 come “in più impopolare nella storia della Germania”10, il nuovo governo di Friedrich Merz, sostenuto da una coalizione tra CDU e SD, secondo recenti sondaggi, starebbe già perdendo consensi mentre l’estrema destra dell’AfD avanza e starebbe a soli 3 punti percentuali dalla CDU.
Il governo spagnolo di Pedro Sánchez, che si basa su un’alleanza tra il PS e diversi partiti regionali catalani e baschi, si è potuto formare e si regge solo grazie a concessioni di portata storica, come la legge di amnistia per i leader del movimento indipendentista coinvolto nell’organizzazione del referendum illegale sull’indipendenza della Catalogna tenutosi nel 2017. Un governo che si regge dunque sul ricatto politico di una parte rispetto all’altra.
Abbiamo citato gli esempi dei paesi più forti d’Europa (ma situazioni simili si registrano anche in Austria, Olanda, Polonia …) perché, se li paragoniamo ai governi esistiti negli stessi paesi in un passato non remoto, al confronto quelli attuali possono solo impallidire. Ad esempio, Willy Brandt in Germania, promotore della Ostpolitik e premio Nobel per la pace nel 1971, è rimasto cancelliere dal 1969 al 1974; Angela Merkel, considerata fra le donne più potenti del mondo, addirittura dal 2005 al 2021 (ben 15 anni!); o ancora Margareth Thatcher, nota come la lady di ferro, che ha segnato tutto un lungo periodo con la sua impronta politica, è stata primo ministro britannico dal maggio 1979 al novembre 1990, 11 anni! Questo confronto ci fa capire quanto la situazione attuale sia fragile e precaria.
Ma la stessa frammentazione si manifesta a livello internazionale, dove la Brexit11 decisa dal Referendum consultativo del 2016 e successivamente l’operazione dazi di Trump12 di quest’anno, per fare solo gli esempi maggiori, hanno segnato, l’uno dopo l’altro, momenti significativi di rotture di precedenti collaborazioni internazionali fra Stati.
Ascesa e declino degli ambientalisti, un prodotto della decomposizione
In una situazione in cui il comunismo era segnato a dito come fallimentare, dove la classe operaia non si manifestava più come prima nelle piazze, ma dove la pressione della situazione economica permaneva e i disastri ambientali si moltiplicavano, sono cominciati a sorgere dappertutto nel mondo movimenti ambientalisti di varia natura. I primi sono apparsi negli anni 70-80 e si sono diffusi e sviluppati in vari paesi difendendo accanto al rispetto della natura anche il rifiuto del militarismo e della guerra.
Purtroppo però il considerare i problemi ambientali in sé e non come una manifestazione del modo in cui il capitalismo gestisce la natura, particolarmente nella sua fase di decadenza, ha portato gli individui che protestavano, ad illudersi che le cose potessero risolversi nell’ambito del sistema vigente e ad accodarsi a nuove parrocchie borghesi, ognuna con il proprio leader alla ricerca di uno spazio politico da giocarsi, ma all’interno del quadro borghese.
Questi movimenti sono rimasti tuttavia molto minoritari, anche quando si sono voluti misurare sul piano elettorale e hanno espresso una natura effimera. Ciò è dovuto al fatto che spesso questi movimenti sono nati e hanno combattuto cause ambientali specifiche: opposizione alla costruzione di una diga o di una centrale nucleare, o all’inquinamento causato dalle grandi industrie, ecc. Per cui, superata l’attenzione sullo specifico problema, anche il movimento d’opinione relativo ha perduto consensi. Ma in alcuni paesi, come la Germania o il Belgio, i partiti politici “verdi” sono riusciti a “sfondare” ed arrivare addirittura al governo. Nati sotto la spinta di alcuni elementi, tra cui Daniel Cohn-Bendit, elemento leader del ’68 studentesco in Francia, i verdi in Germania hanno avuto un crescendo fin dai primi anni ’80 con la conquista di 27 seggi (5,6%) al Bundenstag nel 1983 e la vittoria alle elezioni regionali in Assia nel 1985, dove Joschka Fischer, altro leader del movimento, fu nominato ministro dell’Ambiente. La crisi degli altri partiti tradizionali naturalmente ha favorito la crescita di “new entries” come i verdi in Germania, ma il problema è che, come abbiamo cercato di sviluppare prima, il governo di un paese è qualcosa di non facile da gestire. È vero che la borghesia ha accumulato tutta una esperienza, ma questa non può essere trasmessa facilmente e immediatamente ad un partito formato ex-novo. D’altra parte, non si può “fare la rivoluzione” stando al governo, ed i Verdi tedeschi lo hanno dimostrato pienamente mostrandosi da subito uguali a tutti gli altri politici borghesi.
Dopo aver presentato nel 1980 un programma elettorale superficiale che parlava addirittura di «smantellare» l'esercito tedesco e avviare lo «scioglimento» di alleanze militari come la NATO e il Patto di Varsavia, nel 1999 hanno rinunciato per la prima volta al loro pacifismo, quando Joschka Fischer ha difeso l'impiego di aerei della NATO per bombardare la Serbia. La stessa situazione si è ripetuta quando il programma elettorale del 2021 si è opposto all'invio di armi nelle zone di guerra e ha chiesto un “nuovo impulso al disarmo”, priorità che sono state successivamente incluse nell'accordo di coalizione su cui si è formato il governo Scholz. Hanno poi fatto un'inversione di marcia in linea con la loro natura borghese, grazie al lavoro del vice-cancelliere e ministro dell'Economia e del Clima Robert Habeck e del ministro degli Esteri Annalena Baerbock, i due membri più importanti del Partito dei Verdi nel gabinetto di Olaf Scholz. Entrambi sono riusciti a convincere il cancelliere a inviare armi pesanti all'Ucraina. Significativa è la risposta data da Habeck a Kiel a dei contestatori che lo avevano apostrofato come “guerrafondaio: “In questa situazione, dove la gente sta difendendo la propria vita, la propria democrazia e la propria libertà, la Germania e anche i Verdi devono essere pronti ad affrontare la realtà”.13
Il deterioramento dell'apparato politico borghese
L'ascesa dell'estrema destra e il rafforzamento del populismo
Un altro impressionante fenomeno in corso negli ultimi decenni è stato lo sviluppo impetuoso di nuove formazioni di estrema destra e del populismo.
Uno sguardo rapido alle attuali formazioni di governo nel mondo mostra, ad esempio, che in Europa sette paesi, tra cui Italia, Paesi Bassi, Svezia e Finlandia, hanno già costituito una maggioranza di governo con una significativa componente populista, mentre in altri casi, come Francia, Germania e Regno Unito, il movimento populista ha acquisito una notevole rappresentanza politica o ha ottenuto un successo clamoroso (Brexit). Il fenomeno continua a crescere, al punto che alcuni dei suoi rappresentanti ricoprono ora importanti cariche ministeriali, ad esempio in Italia e nei Paesi Bassi. In Sud America, con Bolsonaro in Brasile e Milei in Argentina, e in Asia, con Modi in India, i populisti sono stati eletti capi di Stato. Infine, ma non meno importante, negli Stati Uniti, il Paese più potente del mondo, un avventuriero populista a capo del movimento MAGA (Make America Great Again) ha vinto un secondo mandato come capo dello Stato federale. La tendenza al “vandalismo” politico di questi movimenti, che si manifesta nel rifiuto delle “élite”, il rifiuto degli stranieri, la ricerca di capri espiatori, il ripiegamento sulla “comunità autoctona”, le teorie del complotto, la fede in un leader forte e provvidenziale, ecc., è innanzitutto il prodotto della putrefazione ideologica trasmessa dalla mancanza di prospettive nella società capitalista14, che colpisce in primo luogo la classe capitalista.
Ma la svolta e lo sviluppo del populismo nella vita politica della borghesia sono stati determinati soprattutto da una delle principali manifestazioni della decomposizione della società capitalista: la crescente difficoltà della borghesia a controllare l'evoluzione della situazione sul piano politico attraverso i suoi partiti più “esperti”, che hanno perso non solo la loro credibilità, ma anche la loro capacità di gestire e controllare la situazione sul piano politico.
“Il ritorno di Trump è una classica espressione del fallimento politico delle fazioni della classe dominante che hanno una comprensione più lucida delle esigenze del capitale nazionale; rappresenta una chiara espressione di una più generale perdita di controllo politico da parte della borghesia americana, ma è anche una tendenza globale ed è particolarmente significativo che l’ondata populista stia avendo un impatto in altri paesi centrali del capitalismo: abbiamo visto l'ascesa dell'AfD in Germania, del RN di Le Pen in Francia e di Reform nel Regno Unito. Il populismo è l’espressione di una fazione della borghesia, ma le sue politiche incoerenti e contraddittorie esprimono un crescente nichilismo e irrazionalità che non servono gli interessi generali del capitale nazionale. Il caso della Gran Bretagna, che è stata guidata da una delle borghesie più intelligenti ed esperte e che si è data la zappa sui piedi con la Brexit, ne è un chiaro esempio. La politica interna ed estera di Trump non sarà meno dannosa per il capitalismo americano: a livello di politica estera, alimentando i conflitti con i suoi ex alleati mentre corteggia i suoi nemici tradizionali, ma anche a livello interno, per l’impatto del suo “programma” economico autodistruttivo. Soprattutto, la campagna di vendetta contro lo “Stato profondo” e le “élite liberali”, il prendere di mira i gruppi minoritari e la “guerra alle donne” provocheranno scontri tra fazioni della classe dominante che potrebbero assumere un carattere estremamente violento in un paese in cui un'enorme percentuale della popolazione possiede armi; l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021 impallidirebbe al confronto. […]
E possiamo già vedere, a livello embrionale, l’inizio di una reazione di una parte della borghesia che ha più da perdere dalle politiche di Trump (per esempio, lo stato della California, l’Università di Harvard, ecc.). Tali conflitti minacciano di trascinare verso il basso la popolazione nel suo insieme e rappresentano un pericolo estremo per la classe operaia, per i suoi sforzi di difendere i suoi interessi di classe e di forgiare la sua unità contro tutte le divisioni inflittele dalla disgregazione della società borghese. Le recenti manifestazioni “Giù le mani” organizzate dall’ala sinistra del Partito Democratico sono un chiaro esempio di questo pericolo, dal momento che sono riuscite a incanalare alcuni settori e richieste della classe operaia in una difesa globale della democrazia contro la dittatura di Trump e dei suoi sodali. Ancora una volta, se questi conflitti interni possono essere particolarmente acuti negli Stati Uniti, sono anche il prodotto di un processo molto più ampio. Il capitalismo decadente si è a lungo affidato all’apparato statale per evitare che tali antagonismi lacerino la società e nella fase di decomposizione, lo stato capitalista è anche costretto a ricorrere alle misure più dittatoriali per mantenere il suo dominio. Ma allo stesso tempo, quando lo stesso apparato statale è lacerato da violenti conflitti interni, c’è una forte spinta verso una situazione in cui “il centro non può reggere, la mera anarchia si scatena nel mondo”, come ha detto il poeta W.B. Yeats. Gli “Stati allo sfascio” che vediamo più chiaramente in Medio Oriente, in Africa o nei Caraibi sono un’immagine di ciò che si sta già preparando nei centri più sviluppati del sistema. Ad Haiti, ad esempio, la macchina statale ufficiale è sempre più impotente di fronte alla concorrenza delle bande criminali e in alcune parti dell’Africa, la competizione tra bande ha raggiunto il parossismo della “guerra civile”. Ma negli stessi Stati Uniti, l’attuale dominio dello Stato da parte del clan Trump assomiglia sempre più al dominio di una mafia, con la sua aperta adesione ai metodi del ricatto e delle minacce.”15
Questa situazione ha dei riflessi molto importanti su tutta la politica e l’economia mondiale. Infatti, finché i vari paesi, pur in concorrenza tra loro, riuscivano a mantenere una politica di cooperazione su alcune tematiche, come quella economica in particolare o della politica imperialista, la caduta verso l’abisso della decadenza e della decomposizione del sistema poteva essere, in parte, rallentata. Ma adesso la politica cieca e irresponsabile – dal punto di vista borghese – di molti paesi e tra questi degli stessi USA, non solo non riesce più nell’azione di rallentamento della crisi del sistema, ma ne costituisce un eccezionale acceleratore.
Irrazionalità e perdita di vista degli interessi dello Stato
Queste profonde divisioni all'interno della borghesia esprimono il peso del “ognuno per sé”, il che significa che le varie componenti non si sentono più vincolate da un interesse superiore nella difesa degli interessi dello Stato, o di un “ordine internazionale”, ma perseguono piuttosto gli interessi di particolari fazioni politiche, cricche o specifiche famiglie economiche, a qualsiasi costo. Inoltre accade spesso che i gruppi di potere che avanzano nella società fino a conquistare importanti posizioni governative non abbiano alcuna formazione politica pregressa. Tutto ciò comporta che la politica che conduce oggi la borghesia è sempre più caratterizzata da un forte carattere di improvvisazione, di irrazionalità, che naturalmente, in un contesto di crisi acuta del sistema, non fa che accelerare appunto questa crisi. Abbiamo già fatto riferimento in precedenza a misure del tutto irrazionali come la scelta di indire un referendum sulla Brexit in Gran Bretagna e la politica dei dazi di Trump. Qui di seguito ci limiteremo ad aggiungere solo qualche elemento sulla composizione dello Staff della seconda presidenza Trump, capo del paese più forte del mondo, gli USA: ognuno potrà valutare per conto proprio quanto parimenti avviene negli altri paesi.
Anzitutto il giudizio comparso in un giornale italiano (certamente non di sinistra!) all’inizio dell’anno:
“Nessun presidente aveva reclutato finora una simile accolita di pregiudicati, estremisti, farabutti, lestofanti, di impresentabili”16.
Vediamo più da vicino alcuni componenti dell’amministrazione Trump. La prima scelta di Trump come ministro della Giustizia è caduta su Matt Gaetz, che però ha dovuto rinunciare. Il motivo? Non perché fosse il suo avvocato, quello che l’ha guidato con diabolica abilità tra i guai giudiziari. La vera ragione è che era inseguito da accuse di molestie sessuali e di uso di stupefacenti, che non è certo il massimo per un ministro della Giustizia.
C’è poi il caso clamoroso del no vax Robert F. Kennedy Jr, messo a capo del Ministero della Salute e dei Servizi Sociali nonostante abbia dichiarato di voler abolire addirittura i vaccini antipolio e ugualmente noto in quanto seguace di teorie complottiste.
Contro la nomina di Kennedy Jr. a ministro della salute si sono opposti oltre 75 premi Nobel, affermando che avrebbe “messo a rischio la salute pubblica”; oltre 17.000 (su 20.000) medici membri del Committee to Protect Health Care, ricordando come Kennedy per decenni abbia minato la fiducia pubblica nei vaccini e che rappresenti un pericolo per la sanità nazionale; e l’epidemiologo Gregg Gonsalves della Università di Yale, che ha dichiarato che mettere Kennedy a capo di un'agenzia sanitaria sarebbe come “mettere un terrapiattista a capo della NASA”.
Pete Hegseth, noto omofobo, è designato a capo del Pentagono (budget da 800 miliardi, 3 milioni di dipendenti). Guarda un po’, anche lui inseguito da accuse di molestie sessuali.
Per quanto riguarda gli altri membri, le informazioni riportano che sono soprattutto personaggi estremisti, poco preparati o particolarmente anti sistema. E ad accomunarli c’è la fedeltà assoluta al capo. Come ha detto qualcuno, a Trump non importa nulla che giurino fedeltà alla Costituzione, basta che la giurino e la dimostrino a lui.
Trump si è caratterizzato subito per aver eliminato migliaia di dirigenti scomodi o che per lui svolgevano funzioni non in linea con il suo mandato, ma è stato ancora più brutale nei confronti di chi gli si è opposto frontalmente, usando metodi vendicativi degni delle faide mafiose. Infatti la reazione contro quelli che Trump considera come dei traditori, ovvero quelli che difendono delle idee diverse da lui, è direttamente la loro eliminazione. Solo alcuni esempi tra gli altri:
- il 22 agosto l’Fbi ha perquisito la casa nel Maryland di John Bolton, persona che nella prima amministrazione Trump è stato consigliere per la sicurezza nazionale, ma che poi successivamente è diventato piuttosto critico nei confronti del presidente.
- un'indagine del gran giurì è stata autorizzata sulle origini dell'inchiesta sui rapporti tra Trump e la Russia;
- altra indagine nei confronti del senatore democratico della California Adam Schiff, accusato di frodi fiscali, ma che aveva accusato Trump di aver tratto profitto dalle fluttuazioni della borsa in seguito alle varie dichiarazioni sui dazi;
- altra indagine nei confronti della procuratrice generale di New York Letitia James, che ha prodotto una memoria legale per fermare gli arresti degli immigrati.
- il licenziamento della governatrice della Fed Lisa Cook, che si era opposta alle richieste di Trump di abbassare i tassi di interesse ed è stata poi accusata di aver falsificato dei documenti per ottenere condizioni più favorevoli per un mutuo...
- le ultime notizie riguardano Comey, ex direttore dell'FBI e oppositore di Trump, che è stato incriminato per “reati gravi”.
Gangsterizzazione e vandalismo
Quello che finora si registrava come una caratteristica dei paesi della periferia, dei cosiddetti paesi del terzo mondo, cioè la gangsterizzazione e il vandalismo nella politica, oggi è ampiamente presente nei paesi più avanzati del mondo, tra cui gli USA, il paese designato in passato come il faro della democrazia. Ancora una volta il caso Trump ci viene in aiuto per dimostrare questo aspetto.
Cominciamo col dire che Trump ha ereditato dal padre Fred Sr. sia il razzismo17 che le buone relazioni con la mafia italo-americana. Infatti mentre il padre aveva buoni rapporti con i Gambino, i Genovese e i Lucchese; il figlio li ha con i Franzese e i Colombo. In particolare è noto l’episodio che ha visto nascere la Trump Tower, l’edificio più alto di New York (283 m). Nel ’79, al momento del primo mattone, c’era uno sciopero nei cementifici che aveva bloccato la vendita di questo materiale. Ma Trump bypassa il blocco sindacale acquistandolo direttamente dalla S&A Concrete, proprietari occulti Anthony “Fat Tony” Salerno dei Genovese e Paul Castellano dei Gambino, due famiglie già sodali col padre e i cui vertici si ritrovano regolarmente a casa Cohn, l’avvocato-factotum di Trump dell’epoca. Ma affari importanti li ha fatti anche con la mafia russa: nel 2011, Trump usciva da dieci anni di cause giudiziarie, bancarotte multiple, 4 miliardi di debiti… e a salvarlo stavolta furono “soldi russi” di Felix Sater – il cui padre, Michael Šeferovskij, era tra gli intimi non solo dei Genovese ma, soprattutto, di Semen Mohylevyč, il «boss dei boss» della mafia russa.
Molte donne in passato hanno denunciato di essere state violentate da Trump contestualmente a eventi o concorsi di bellezza di vario genere. È anche noto che Trump ha pagato per imbavagliare le due donne che lo accusano di aver avuto con lui relazioni illecite, la pornostar Stormy Daniels e l’ex coniglietta di Playboy Karen Mc Dougal, accusa che lo porterà ad essere condannato, ma “dispensato dalla pena”. All'inizio del 2024, due giurie separate hanno stabilito che Trump aveva diffamato la scrittrice E. Jean Carroll negando le sue accuse di violenza sessuale. È stato condannato a pagare complessivamente ottantotto milioni di dollari. Inoltre, è stato condannato per trentaquattro capi d’accusa legati alla falsificazione di documenti aziendali, emersi durante le indagini sui pagamenti per comprare il silenzio dell'attrice di film per adulti Stormy Daniels, con cui avrebbe avuto una relazione nel 2006.
Il proletariato potrà profittare di questa perdita di controllo della borghesia?
Tutti gli elementi che abbiamo riportato in questo articolo dimostrano chiaramente un indebolimento della borghesia nella sua capacità di gestire il potere e dunque una accresciuta difficoltà a far fronte alla crisi globale del sistema, sul piano economico, ambientale, etc. Su questo non esistono dubbi.
Ma occorre prestare attenzione a non immaginare che questa debolezza della borghesia possa convertirsi in un vantaggio, in un punto di forza per il proletariato. E questo per almeno due motivi. Il primo motivo riguarda la classe dei lavoratori e il processo che la porterà alla rivoluzione. Poiché il progetto di questa classe è completamente antagonista a tutto ciò che il capitalismo rappresenta, l'indebolimento della borghesia non va a vantaggio del proletariato (che ha a disposizione solo la sua unità e la sua coscienza). In secondo luogo la borghesia, se dimostra chiari segni di decadimento, nei confronti della lotta di classe mantiene una vigilanza e una lucidità enormi come risultato dell’esperienza ormai bisecolare di confronto con la classe operaia. Tale esperienza la porta non solo ad essere vigile, ma soprattutto a prevenire l’azione della classe utilizzando anche gli stessi effetti della decomposizione contro la classe stessa. Ad esempio tutta la propaganda dei populisti, che spesso fa breccia anche in settori della classe operaia, viene costruita cavalcando le paure della gente di subire la concorrenza nel lavoro o per una casa da parte degli immigrati.
Tuttavia, le manifestazioni della decomposizione (attraverso crisi ecologiche, disastri ambientali sempre più frequenti, ma soprattutto la diffusione e l'intensificazione delle guerre, naturalmente accompagnate dall'aggravarsi della crisi economica) stanno costringendo sempre più alcuni elementi a cercare un'alternativa all'attuale barbarie, anche se sono ancora molto minoritari. Gli attacchi economici che la borghesia è già costretta a sferrare contro i lavoratori saranno il miglior stimolo per la lotta di classe e consentiranno la futura maturazione politica delle lotte. Solo questo permetterà ai lavoratori non solo di difendersi dalle mistificazioni della borghesia, ma anche di recuperare la comprensione delle cause profonde dell'attuale crisi del sistema e trasformarla in una fonte di forza nella loro lotta.
Ezechiele, 27 agosto 2025
2“Notes on the Consciousness of the Decadent Bourgeoisie”, International Review n° 31, 4° trimestre 1982.
3PCI, Partito comunista italiano, che aveva perso ogni carattere proletario in seguito al processo di “bolscevizzazione” (di fatto stalinizzazione) tra la fine degli anni ‘20 e i primi anni ‘30.
4In realtà, alla fine della guerra e subito dopo la proclamazione della Repubblica, il PCI era stato al potere con la DC e ad altri partiti di sinistra (PSIUP e PRI) dal luglio 1946 al 1 giugno 1947. La ragione era che negli anni ‘42-‘43 si erano visti importanti scioperi nel nord del paese ed erano nate diverse formazioni politiche di sinistra, tra cui il Partito Comunista Internazionalista, che raccolse in poco tempo centinaia di aderenti. La formazione di questo governo di “unità nazionale” che raccoglieva le varie forze che avevano combattuto la Resistenza serviva a far credere ad un proletariato che dava qualche segno di presa di coscienza che aveva dei validi rappresentati addirittura al governo e che quindi non aveva bisogno di lottare ulteriormente. Non a caso, assicuratasi che l’insorgenza proletaria fosse sbollita, la borghesia si libera dell’appoggio del PCI ed anche degli altri partiti di sinistra e da quel momento in poi crea solo governi di centro o di destra, fino agli anni caldi dal 68-69 in poi…
5Per un’analisi dell’evento: Tesi sulla crisi economica e politica in URSS e nei paesi dell'est, Rivista Internazionale n.13, 1990. Per approfondire il concetto di fase di decomposizione: ‹ Tesi su: La decomposizione, fase ultima della decadenza del capitalismo, Rivista Internazionale n.14, 1990
6“Crisis in the Persian Gulf: Capitalism Means War!” International Review n.63, 4° trimester 1990.
7Per un’analisi su questo interessante punto, vedi Attentats de la mafia: les reglements de compte entre capitalistes, Révolution Internationale - n° 215 - settembre 1992
8Estratti dai punti 9 e 10 delle ‹ Tesi su: La decomposizione, fase ultima della decadenza del capitalismo, Rivista Internazionale n.14, 1990
9“Wissen, was Deutschland denkt” (“Sapere cosa pensa la Germania”)
10“Scholz trails conservative CDU/CSU in election polls”, In Focus website.
11“Brexit, Trump: setbacks for the ruling class, nothing good for the proletariat”, International Review n° 157, Estate 2016.
12“Capitalism has no solution to the global economic crisis!”, World Revolution n° 403, Primavera, 2025.
13EUROPATODAY – “Germany sends tanks to Ukraine because pacifists have become interventionists”https://europa.today.it/attualita/verdi-tedeschi-pacifismo-interventismo.html.
14Tesi su: La decomposizione, fase ultima della decadenza del capitalismo, Rivista Internazionale n.14, 1990
16“Gangs of America alla corte di Trump”, Il Foglio, 27 gennaio 2025
17Da giovane il padre fu arrestato in quanto tra i più attivi esponenti del KKK.