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Recentemente abbiamo subito la perdita di due compagni, due comunisti, due persone di grande spessore umano e intellettuale. Due persone diverse per il rispettivo percorso politico e per la diversa chiarezza politica: una militante dell’Istituto Onorato Damen, combattente comunista da giovanissima età; l’altra nostro compagno simpatizzante che stava compiendo ancora un percorso per definirsi in maniera compiuta rispetto al marxismo e alle nostre posizioni politiche. Ma in entrambe le figure emergeva un tratto comune, inconfondibile, cioè una profonda fiducia nell’azione delle minoranze rivoluzionarie e nella possibilità di cambiare questo mondo, di realizzare una società liberata dal capitalismo, senza classi e senza sfruttatori, finalmente a misura d’uomo. E’ questa fiducia, elemento così importante per l’azione della classe operaia oggi, che ha permesso a Gianfranco di militare per tutta una vita, con la buona o la cattiva sorte, in tempi di battaglie operaie e di crescita dell’organizzazione o di riflussi lunghi e scoraggianti come quello da cui ancora adesso stentiamo a uscire. E’ la stessa fiducia che ha permesso a Massimo di seguire l’invito di un suo amico a partecipare a delle prime riunioni pubbliche della CCI, e poi appassionarsi sempre di più fino a diventare uno dei soggetti più attivi di queste, pur reputandosi lui stesso come un principiante per il fatto di non avere delle esperienze pregresse.
Questa fiducia nel futuro della nostra classe e nelle minoranze che oggi, con tutte le loro difficoltà, lottano per aiutare il proletariato a ritrovare la sua identità e la sua coscienza, è un elemento prezioso che dobbiamo imparare a valorizzare e a trasmettere. E’ per questo che Gianfranco e Massimo ci mancheranno tanto. Ma se sappiamo recuperare e fare nostra questa fiducia che pervadeva i due compagni, la loro vita politica non sarà passata invano.
Per rendere più pieno e personalizzato il nostro omaggio a questi due compagni, pubblichiamo qui di seguito, per Gianfranco, il messaggio di solidarietà che abbiamo inviato ai compagni dell’Istituto Onorato Damen e, per Massimo, un testo scritto da un suo caro amico e una poesia dedicatagli da un altro compagno.
CCI
Ai compagni dell’Istituto O. Damen per la perdita di Gianfranco
La CCI allo IOD
Cari compagni, con questo breve messaggio vogliamo partecipare con voi a rendere un doveroso omaggio al compagno Gianfranco, che ci ha lasciato all’alba del 14 novembre scorso dopo un travagliato periodo di sofferenze. Noi conserviamo solo un vago ricordo della figura fisica di Gianfranco, non ne ricordiamo il timbro della voce, forse perché nelle poche riunioni comuni cui ha partecipato a Napoli non è neanche intervenuto spesso. Ma nonostante questo non riusciamo a pensare a lui come a un estraneo, come qualcuno per il quale ostentare solo un interesse di circostanza, e questo per dei motivi che vogliamo qui di seguito sviluppare.
La prima cosa da dire è che Gianfranco è stato un militante internazionalista, un rivoluzionario, un compagno della sinistra comunista, vale a dire che Gianfranco, al di là del fatto che militasse in una organizzazione oggi diversa da quella di noi altri, combatteva la nostra stessa battaglia, aspirava allo stesso futuro. Questo è qualcosa che unisce molto più delle differenze di analisi o di programma che possono esistere tra lo IOD e la CCI o con altre formazioni dello stesso campo rivoluzionario. I rivoluzionari sono un patrimonio incredibilmente prezioso per la classe operaia e occorre che i singoli militanti, senza farsi prendere da stupide vanaglorie, assumano fino in fondo la consapevolezza della responsabilità che questo comporta. Riuscire a diventare un militante rivoluzionario, partecipare a portare avanti quell’opera magnifica di schiudere finalmente all’umanità l’alba di una società liberata da ogni rapporto di sfruttamento di una classe sull’altra, è il più grande privilegio che un uomo possa vivere. E noi avvertiamo, dalla descrizione che ce ne hanno fatto i compagni dello IOD, che Gianfranco era pienamente consapevole della responsabilità che la sua militanza comportava, onorandola fino alla fine dei suoi giorni. Il fatto che l’ultimo numero della rivista DMD’ contenga un articolo di Gianfranco mostra come il compagno sia stato attivo fino alla fine, senza perdere mai la fiducia nel futuro della classe operaia e senza mai pensare di “passare la mano” ad altri. I rivoluzionari non vanno in pensione, e anche Gianfranco, come altri nobili predecessori, non è mai andato in pensione ma è morto da rivoluzionario.
In un periodo difficile come quello che attraversiamo l’esempio di una vita intera spesa per la causa rivoluzionaria, per la classe operaia, è un elemento importante da mostrare alle nuove generazioni di giovani potenziali militanti che si affacciano alle posizioni della sinistra comunista. Non dobbiamo trascurare questi elementi di trasmissione del patrimonio non solo programmatico ma anche di valori etici, comportamentali, di concezione del senso della militanza e della stessa organizzazione, che sono così difficili da acquisire ma che sono così fondamentali nella vita politica di un’organizzazione rivoluzionaria. Per tutto questo noi consideriamo la perdita di Gianfranco non solo come una perdita dello IOD, ma anche nostra e di tutto il movimento operaio. Allo stesso modo noi prendiamo ispirazione dalla militanza di Gianfranco per continuare la nostra lotta con ancora più determinazione e coraggio.
Cari compagni, un grande abbraccio e un fraterno saluto a tutti voi dai vostri compagni della CCI.
Onore al compagno Gianfranco
Corrente Comunista Internazionale, 23 gennaio 2020
Per Massimo
A Max
Erano gli anni 60, primi anni di liceo, e fu allora che incontrai Massimo per la prima volta. Un giovanottino, non protagonista, non irruente anzi abbastanza distaccato dal resto del branco, ma senza puzza sotto il naso. Sempre corretto verso gli altri, non ricordo mai uno screzio da parte sua nei confronti di altri né tanto meno di altri nei suoi confronti. Lui in classe era attento, responsabile e studioso, il suo rendimento scolastico era buono ma non risultava il primo della classe, non era per niente un secchione o un pavone che ostentava la sua bravura scolastica. Non si faceva mai coinvolgere dalle numerose goliardie di un gruppetto abbastanza vivace, del quale facevo parte anche io, e che in alcuni momenti riusciva irresponsabilmente persino ad organizzare nei confronti soprattutto di alcuni docenti certi “scherzi” che rasentavano la cattiveria. Erano bravate di cattivo gusto che si ripetevano di tanto in tanto e che unite al fatto che si studiava poco e male alla fine avrebbero danneggiato solo noi stessi. Infatti, alcuni appartenenti a quel gruppo, me compreso, quell’anno vennero bocciati. Con Massimo in quel periodo non ci furono legami particolari e così dopo quella mia bocciatura le nostre strade si divisero.
Molti, ma molti anni dopo, inizio anni 80, inserito in un ospedale da dipendente mi trovai un giorno ad essere donatore di sangue per la mamma di un collega e venni inviato nell’emoteca dello stesso ente per effettuare la donazione. Grande sorpresa, vi trovai Massimo, come medico infusore. Ricordo che fu un incontro molto cordiale e finita la trasfusione mi chiese se avevo bisogno di una certificazione che mi avrebbe consentito di usufruire di una giornata di riposo. Io rifiutai con garbo e dopo ci mettemmo un po’ a parlare raccontandoci brevemente come erano andate le nostre cose dopo che ci eravamo allontanati. Non so perché ma ebbi subito la sensazione che quello non sarebbe stato un incontro formale tra due persone destinate ad ignorarsi per il resto della vita. Ed ebbi ragione. I nostri incontri all’interno dell’azienda, della quale, ripeto, eravamo entrambi dipendenti, inizialmente fortuiti divennero pian piano sempre più cercati, vuoi per esigenze mediche personali (lui per aver avuto bisogno di alcune mie prestazioni e viceversa) e sia perché cominciavamo a stimarci reciprocamente, scoprendo di avere alcuni interessi comuni, come la pittura, la scultura ed anche la passione per alcune espressioni di artigianato regionale. E fu così che i nostri incontri diventarono programmatici e in questi incontri si parlava un po’ di tutto e chiaramente anche di politica. Scoprimmo così di essere entrambi ex sessantottini e di condividere ancora politicamente la stessa ideologia: entrambi i nostri cuori continuavano a pulsare a sinistra, ma non quella istituzionale. Lui mi disse di avermi trovato molto cambiato in meglio chiaramente rispetto a quello che avevo dimostrato di essere durante i primi anni di liceo, e questo apprezzamento mi fece molto piacere, ma mi confidò anche che io e gli altri del gruppo avevamo all’epoca, cito le sue parole, una bella testa di c. Quasi arrossendo per la vergogna mi difesi maldestramente dicendo che in quel periodo si rasentavano i quattordici anni di età ed a quell’età le stronzate erano all’ordine del giorno. Il fatto vero è che noi di quel gruppo ne facevamo troppe. Però, o perché si accorse del mio imbarazzo o perché veramente lo sentiva, o entrambe le cose, aggiunse che sotto sotto ci invidiava perché agivamo in piena libertà vivendo la nostra giovinezza con sfrontatezza e strafottendoci di tutti e soprattutto delle conseguenze. Ma questa cosa non servì a consolarmi ed ad autoassolvermi.
Tuttavia, questa sua rivelazione, vera al cento per cento o solo in parte, svelò un aspetto particolare del carattere di Massimo che poi frequentandoci ho riscontrato in più occasioni: una certa indole istintiva ed anarchicheggiante che, secondo me, lo ha caratterizzato fino alla fine. A conferma di ciò, faccio riferimento per esempio, tra altri che ho potuto constatare di persona, ad un episodio, da lui raccontatomi, vissuto un giorno uscendo dalla metropolitana. Lì nei pressi c’era un giovanotto che stava diffondendo giornali comunisti (identificati da me al momento del racconto come quelli di un gruppo sinistrorso, ma Massimo all’epoca non sapeva ancora la differenza tra la sinistra gauchista del capitale e la sinistra comunista del campo politico proletario). Proseguendo, mi disse che aveva di poco superato il giovanotto quando sentì un tizio, che gli era passato vicino, scagliarsi verbalmente ed animosamente verso il giovanotto con i giornali con parole offensive tipo “ancora con questo comunismo, ma buttatevi nel cesso voi comunisti”, e mentre continuava con improperi simili verso i comunisti si guardava attorno per raccogliere consenso tra i passanti tra cui il più vicino, risultava proprio lui, Massimo. Stizzito dal comportamento di questo individuo verso i comunisti ed il comunismo, Massimo disse che istintivamente, senza pensarci nemmeno un attimo, si rigirò e facendo alcuni passi indietro, comprò in maniera vistosa, senza però scomporsi più di tanto, il giornale dal giovanotto a mo’ di sfida a questo provocatore.
Dal punto di vista umano e professionale da bravo medico quale è stato criticava con una certa durezza l’organizzazione sanitaria e la stessa scienza medica ridotta a puro e brutale mercato, e a mistificazioni di ogni sorta che sebbene sostenute da un agire burocratico, come - diceva lui - vuole l’attuale legislazione sanitaria, risultavano sempre più pericolose per la salute umana. Nel suo ambito lavorativo non ha mai legato con nessuno di quella schiera di lecchini, suoi colleghi, che per avere un ruolo di comando erano disposti a vendere anche i propri genitori al migliore offerente. E manco a farla apposta parlando di alcune di queste persone ci trovavamo, ognuno per proprio conto, per vissute esperienze personali, sempre con le stesse valutazioni, chiaramente negative. Nonostante ciò per le sue elevate competenze e la sua serietà professionale la direzione generale (in carica in quel periodo) dell’azienda gli aveva offerto la nomina di dirigente medico di primo livello del settore in cui lavorava (una volta si diceva da primario). Per un certo periodo ha anche svolto tale ruolo, ma si rese subito conto che dietro quell’incarico così prestigioso si celavano alti costi che la sua morale, la sua etica, la sua professionalità e soprattutto la sua umanità avrebbero dovuto pagare a caro prezzo, e quindi preferì rinunciarvi. Mostrava anche un’elevata avversione verso i sindacati, lui diceva per i loro comportamenti da gangster e da piccoli padroncini. La qual cosa corrispondeva a verità.
Massimo si sentiva un comunista, anche se, come lui stesso ha ammesso più volte pubblicamente, era cosciente di essere pieno di lacune della storia del movimento operaio e delle sue avanguardie rivoluzionarie.
Alla fine, dopo una serie di discussioni politiche avute con me, che intanto già ero diventato simpatizzante della sinistra comunista e anche per delle letture più specifiche su quest’ultima che gli avevo proposto, ha avuto la necessità di avvicinarsi a tali posizioni ed in particolare a quelle della CCI (Corrente comunista internazionale). E tutti ricordiamo la sua attenta ed attiva partecipazione alle riunioni pubbliche, dalle quali raramente è mancato e dove spesso era solito invitare anche altre persone di sua conoscenza.
Max, purtroppo durante le prime ore di questo 9 febbraio del 2000 ci ha lasciato dopo una breve ed improvvisa malattia, le cui cause non sono state del tutto trovate, e forse in questo ha sperimentato sulla sua persona ciò che di solito affermava: la medicina nonostante sembri aver fatto passi avanti naviga ancora nell’oscurità.
Ciao Massimo ti piango come compagno, ma anche come un sincero e leale amico. Mi mancherai molto, R.
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Ciao Massimo,
te ne sei andato così,
in un mattino di febbraio,
lasciandoci senza parole …
Tu, che con i tuoi dubbi, le tue domande,
la tua immensa curiosità per la ricerca di una strada
che porti a un mondo migliore,
hai suscitato in noi momenti di profonda riflessione
e fiumi di parole, fiumi di tentativi di risposte …
Oggi l’agghiacciante notizia
ci ha lasciati muti,
ci ha gelato il cuore,
e ci fa sentire un po’ più soli …
Ma noi continueremo, anche per te
e grazie anche al tuo grande contributo
fatto di partecipazione, di gentilezza e di grande umanità,
in quella ricerca che, siamo sicuri,
porterà l’umanità intera a trovare
quello che tu insieme a noi cercavi.
Stefano, Napoli 9 febbraio 2020