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Cento anni fa eravamo nel pieno dell’ondata rivoluzionaria mondiale, più precisamente della rivoluzione in Germania, un anno dopo la presa del potere politico da parte del proletariato in Russia, nell’ottobre 1917.
Come in Russia, la classe operaia in Germania aveva fatto nascere dei consigli operai, organi di unificazione di tutti gli operai e della futura presa del potere politico. Quando scoppia nel paese più industrializzato del mondo capitalista, con la classe operaia più numerosa, la rivoluzione in Germania apre la possibilità di rompere l’isolamento del potere proletario in Russia e di estendere la rivoluzione in Europa. La borghesia del resto non si è sbagliata visto che mette fine alla guerra imperialista firmando l’armistizio dell’11 novembre 1918, dato che la sua prosecuzione costituiva un fattore di radicalizzazione delle masse, di demistificazione di tutte le frazioni della borghesia, le più “a sinistra” in particolare, come già era accaduto in Russia nei mesi che seguirono la rivoluzione di febbraio 1917.
Inoltre, quando la maggior parte delle frazioni di destra dell’apparato statale erano in piena disgregazione a causa del disastro militare, la borghesia tedesca ha saputo puntare sulla socialdemocrazia traditrice per indebolire e schiacciare la rivoluzione e la classe operaia in Germania.
È un insegnamento fondamentale per la rivoluzione del futuro, che troverà sul suo cammino tutte le frazioni della sinistra e dell’estrema sinistra del capitale che faranno di tutto per sconfiggere il proletariato.
Rivoluzione in Germania – 100 anni fa il proletariato faceva tremare la borghesia
Un simile titolo può sembrare oggi molto strano visto come questo immenso avvenimento storico è caduto nell’oblio. La borghesia è riuscita a cancellarlo dalla memoria operaia. Ma nel 1918 tutti gli occhi sono ben puntati verso la Germania, sguardi pieni di speranza per il proletariato, di paura per la borghesia.
La classe operaia ha appena preso il potere in Russia; è l’Ottobre 1917, i soviet, i bolscevichi, l’insurrezione… Ora, come scrisse Lenin: “La Rivoluzione russa non è che un distaccamento dell’esercito socialista mondiale, e il successo e il trionfo della rivoluzione che noi abbiamo compiuto dipende dalla azione di questa armata. È un fatto che nessuno di noi dimentica (…). Il proletariato russo ha coscienza del suo isolamento rivoluzionario, e vede chiaramente che la sua vittoria ha come condizione indispensabile e premessa fondamentale l’azione unita degli operai del mondo intero”. (“Rapporto alla Conferenza dei comitati/ consigli di fabbrica della provincia di Mosca”, 23 luglio 1918).
La Germania è la porta tra l’Est e l’Ovest. Una rivoluzione vittoriosa qui apre la porta della lotta di classe nel resto del vecchio continente, la deflagrazione rivoluzionaria in Europa.
Nessuna borghesia vuole vedere questa porta “cadere”. È per questo che la classe dominante concentrerà su di essa tutto il suo odio e le sue trappole più sofisticate: la rivoluzione del proletariato in Germania era la maggiore posta in gioco per la riuscita o il fallimento della rivoluzione mondiale iniziata in Russia.
La forza della classe operaia
1914. Scoppia la guerra mondiale. Seguono quattro anni, durante i quali il proletariato subisce la peggiore carneficina della storia dell’umanità: le trincee, i gas, la fame, i milioni di morti… Quattro anni durante i quali i sindacati e la socialdemocrazia sfruttano il loro glorioso passato proletario – tradito nel 1914 col sostegno allo sforzo bellico della borghesia - e la fiducia che gli accordano gli operai in nome dello stesso passato, per imporgli i peggiori sacrifici e giustificare lo sforzo bellico.
Ma durante questi quattro anni la classe operaia sviluppa anche gradualmente la sua lotta. In tutte le città gli scioperi e i disordini nell’esercito si moltiplicano. Ovviamente la borghesia, dall’altro lato, non resta inerte, e reagisce in modo davvero violento. I leader delle fabbriche, denunciati dai sindacati, vengono arrestati. Soldati sono giustiziati per indisciplina o diserzione.
1916. Il 1°maggio Karl Liebknecht scandisce: “Abbasso la guerra! Abbasso il governo!”. Rosa Luxemburg viene incarcerata, così come altri rivoluzionari: Meyer, Eberlein, Mehring (all’età di 70 anni!)[1]. Karl Liebknecht[2] viene inviato al fronte. Ma questa repressione non bastò a far tacere il malcontento…al contrario! L’agitazione cresce sempre più nelle fabbriche.
1917. I sindacati sono sempre più criticati. Compaiono gli Obleute, delegati di fabbrica, formati essenzialmente da delegati sindacali di “base” che hanno rotto con le direzioni centrali. Soprattutto gli operai tedeschi s’ispirano al coraggio dei loro fratelli di classe dell’Est, il vento della rivoluzione di Ottobre si fa sentire sempre più.
1918. La borghesia tedesca è cosciente del pericolo, sa che la situazione di stallo della guerra deve assolutamente cessare. Ma la parte più arretrata della classe dominante, proveniente dall’aristocrazia, e in particolare dall’aristocrazia militare, non comprende le sue manovre e i suoi obiettivi politici, rifiutando qualsiasi accordo di pace e qualsiasi sconfitta. In particolare, a novembre, gli ufficiali della marina di stanza a Kiel rifiutano la resa senza combattere, preferendo morire “per l’onore”… con i loro soldati ovviamente! I marinai si ammutinano su più navi e su molte sventola la bandiera rossa. Allora è dato l’ordine alle navi “non infettate” di sparare. Gli ammutinati si arrendono rifiutandosi di rivolgere le armi contro i loro fratelle e sorelle di classe. Rischiano così la pena di morte. Per solidarietà con i condannati, un’ondata di scioperi si propaga, e coinvolge i marinai e poi gli operai di Kiel. Ispirandosi alla rivoluzione di Ottobre, la classe operaia prende in mano le proprie lotte e crea i primi consigli di marinai e operai. La borghesia si rivolge allora ad uno dei più fedeli cani da guardia: la socialdemocrazia. Così, Gustav Noske, dirigente del SPD, esperto di questioni militari e della “salvaguardia del morale delle truppe” (sic!), viene inviato sul posto per calmare e soffocare il movimento. Ma arriva troppo tardi, i consigli dei soldati diffondono le loro rivendicazioni: un movimento spontaneo conquista altre città portuali, poi i grandi centri operai della Ruhr e della Baviera. È in moto l’estensione geografica delle lotte. Noske non può più agire apertamente. Il 7 novembre il consiglio operaio di Kiel incita alla rivoluzione proclamando: “Il potere è nelle nostre mani”. L’8 novembre praticamente tutto il nord-ovest è in mano ai consigli operai. Contemporaneamente, in Baviera è in Sassonia, gli avvenimenti provocano le dimissioni dei grandi capi locali. In tutte le città dell’impero, da Metz a Berlino, si diffondono i consigli operai.
È proprio la generalizzazione di questa forma di organizzazione politica, vero motore della lotta di classe, che fa tremare la borghesia. L’organizzazione della classe in consigli operai con dei rappresentanti eletti, che devono rispondere all’assemblea e sono revocabili in ogni momento, è una forma di organizzazione estremamente dinamica. Non è altro che l’espressione di un vero processo rivoluzionario. È il luogo in cui tutta la classe operaia, in modo unitario, discute della sua lotta, della presa in mano della gestione della società, della prospettiva rivoluzionaria. D’altronde, con l’esperienza del 1917, la borghesia lo ha capito fin troppo bene. Perciò si impegnerà per corrompere dall’interno i consigli operai, approfittando delle illusioni ancora grandi della classe operaia nei confronti del suo vecchio partito, il SPD. Noske è eletto a capo del consiglio operaio di Kiel. Questa debolezza della (nostra) classe avrà conseguenze tragiche nelle settimane seguenti.
Ma per il momento, il mattino del 9 novembre 1918, la lotta continua a svilupparsi. A Berlino gli operai si mobilitano e vanno davanti alle caserme per spingere i soldati ad aderire alla loro causa e davanti alle prigioni per liberare i loro fratelli di classe. La borghesia è allora consapevole che la pace deve essere immediata e che il regime del Kaiser deve cadere. Ha imparato dagli errori della borghesia russa. Il 9 novembre 1918 Guglielmo II è destituito. L’11 novembre viene firmato l’armistizio.
La lotta degli operai in Germania ha accelerato la fine della guerra, ma è ancora la borghesia che firma il trattato di pace e che se ne servirà per lavorare contro la rivoluzione.
Il machiavellismo della borghesia
Ecco un breve riassunto sullo stato dei rapporti di forza all’inizio della guerra civile nel novembre 1918:
- Da un lato, la classe operaia è estremamente combattiva. Ha saputo estendere i consigli operai su tutto il territorio nazionale con grandissima rapidità. Ma è piena di illusioni sul suo vecchio partito, il SPD; lascia anche a questi traditori le più alte cariche nei suoi consigli, come Noske a Kiel. Le organizzazioni rivoluzionarie, gli Spartachisti e i diversi gruppi della sinistra rivoluzionaria, portano avanti la lotta politica, svolgono il loro ruolo di orientamento delle lotte, sottolineano la necessità di gettare un ponte verso la classe operaia in Russia, smascherano le manovre e il lavoro di sabotaggio della borghesia, riconoscono il ruolo fondamentale dei consigli operai.
- Dall’altro lato, la borghesia tedesca, una borghesia estremamente esperta e organizzata, è cosciente dell’utilità di avere nelle proprie mani l’arma del SPD. Imparando dagli avvenimenti in Russia, ha chiaramente identificato il pericolo che rappresentano il proseguimento della guerra e la comparsa dei consigli operai. Tutto il lavoro di boicottaggio del SPD sarà dunque di interferire con il processo rivoluzionario deviando la lotta verso la democrazia borghese. Per farlo, la borghesia attaccherà su tutti i fronti: dalla propaganda calunniosa alla repressione più feroce passando per molteplici provocazioni.
Il SPD dunque fa propria la parola d’ordine della rivoluzione: “fine della guerra” pur incitando all’“unità del partito” e farà dimenticare il suo ruolo preponderante nel cammino verso la guerra. Firmando il trattato di pace, il SPD sfrutta le debolezze del proletariato, utilizza il veleno democratico e mette da parte ciò che riteneva più insostenibile per gli operai: la guerra e i suoi disastri, la fame. Per rendere ancora più efficace l’obiettivo, la socialdemocrazia trova un capro espiatorio di comodo: l’aristocrazia militare e la monarchia.
Ma il più grande pericolo per la socialdemocrazia restano i consigli e la parola d’ordine “Tutto il potere ai soviet” arrivata dalla Russia. La revocabilità dei delegati poneva un reale problema alla borghesia, perché consentiva ai consigli di rinnovarsi e radicalizzarsi continuamente. I consigli sono dunque assediati dai fedeli rappresentanti del SPD, sulla scia delle illusioni ancora esistenti su questo vecchio partito “operaio”. I consigli sono incancreniti dall’interno, svuotati della loro sostanza, da dirigenti del SPD noti (Noske a Kiel, Ebert a Berlino) e meno noti. Il veleno democratico vi è sparso, in particolare con il sostegno al progetto di elezione di una assemblea costituente. L’obiettivo è chiaro: neutralizzare i consigli operai eliminando la loro natura rivoluzionaria. Il congresso nazionale dei consigli tenuto a Berlino il 16 dicembre 1918 ne è il migliore esempio:
- i delegati rappresentanti dei soldati sono sovra rappresentati rispetto ai delegati operai, che in genere erano molto più a sinistra rispetto ai soldati (1 delegato ogni 100.000 soldati, 1 per 200.000 abitanti nel secondo caso);
- l’accesso al congresso è vietato alla delegazione russa. Scompare l’internazionalismo!
- l’accesso al congresso è vietato ai non-operai, cioè ogni membro compare con la sua professione. Anzi, i membri della Lega Spartakus non sono autorizzati a rientrare (in particolare Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht). Scompare la sinistra rivoluzionaria! Neanche sotto la pressione di circa 250.000 manifestanti il congresso cederà!
Il sistema dei consigli è un’aggressione al capitalismo e al suo funzionamento democratico. La borghesia ne è pienamente cosciente. Perciò agisce così, dall’interno. Ma sa anche che il tempo non gioca a suo favore e che l’immagine del SPD si indebolisce. La revocabilità dei delegati eletti è un pericolo troppo importante per il SPD che tenta di tenere sotto controllo la situazione. Esso ha dovuto accelerare gli eventi, mentre il proletariato aveva bisogno di maggiore tempo per maturare, per svilupparsi politicamente.
Parallelamente a queste manovre ideologiche, all’indomani del 9 novembre, Ebert e il SPD concludono accordi segreti con l’esercito per schiacciare la rivoluzione. Moltiplicano provocazioni, menzogne e calunnie per arrivare allo scontro militare. Menzogne e calunnie soprattutto nei confronti della Spartakudbund che “ammazza, saccheggia e esorta gli operai a versare ancora il loro sangue…”. Essi incitano all’assassinio di Liebknecht e Luxemburg. Creano una “armata bianca”: i Freikorps, o corpi franchi, formati da soldati distrutti e traumatizzati dalla guerra che non conoscevano altro che l’odio cieco come unico sfogo.
A partire dal 6 dicembre 1918, vengono lanciate vaste offensive controrivoluzionarie:
- attacco contro il la sede del giornale di Spartakus, Die Rote Fahne (La bandiera rossa)
- tentativi di arresto di membri dell’organo esecutivo dei consigli operai
- tentativo di assassinio di Karl Liebknecht
- sistematici scontri durante le manifestazioni operaie
- campagna mediatica di calunnie e offensiva militare contro la divisione della marina del popolo, Volksmarinedivision, formata da marinai armati che avevano marciato dai porti della costa sulla capitale per diffondere la rivoluzione e che agivano in sua difesa.
Ma invece di spaventare il proletariato in marcia, ciò non fa che aumentare la rabbia degli operai e armare le manifestazioni per rispondere alla provocazione. La reazione è: solidarietà di classe, con la conseguente manifestazione del 25 dicembre 1918, la più imponente dal 9 novembre! Cinque giorni dopo a Berlino viene fondato il KPD, Partito comunista tedesco.
Di fronte a questi scacchi, la borghesia impara e si adatta velocemente. Già alla fine del dicembre 1918 capisce che contrastare direttamente le grandi figure rivoluzionarie la discredita e rafforza la solidarietà di classe. Decide allora di intensificare le dicerie e le calunnie, evita gli scontri armati diretti e manovra intorno a personaggi meno noti. Colpisce allora il prefetto di polizia di Berlino Emil Eichhorn che era stato eletto a capo di un comitato di soldati a Berlino. Il governo borghese lo rimuove dalla sua carica il 4 gennaio.
Gli operai della città vivono ciò come un’aggressione. Il proletariato berlinese reagisce in modo compatto il 5 gennaio 1919: 150.000 persone scendono in strada, cosa che sorprende persino la borghesia. Ma ciò non impedirà alla classe operaia di cadere nella trappola dell’insurrezione prematura. Sebbene la protesta non abbia seguito altrove in Germania, dove Eichhorn non è conosciuto, e di fronte all’euforia del momento, il comitato rivoluzionario provvisorio [3], inclusi Pieck e Liebknecht, decide la stessa sera di lanciare l’insurrezione armata, contro le decisioni del congresso del KPD. Le conseguenze di questa improvvisazione sono drammatiche: scesi compatti nelle strade, gli operai restano là, senza istruzioni, senza obiettivi precisi e nella più grande confusione. Cosa peggiore, i soldati si rifiutano di partecipare all’insurrezione, il che significa il suo fallimento. Di fronte a questo errore di analisi e alla situazione molto pericolosa che ne deriva, Rosa Luxemburg e Leo Jogiches difendono la sola posizione valida per evitare un bagno di sangue: continuare la mobilitazione armando il proletariato e invitandolo a circondare le caserme fino a che i soldati non si mobilitino in favore della rivoluzione. Questa posizione è sostenuta dalla giusta analisi che se il rapporto di forza politico non è a favore del proletariato in Germania, all’inizio di gennaio 1919, il rapporto di forza militare è invece a favore della rivoluzione (almeno a Berlino).
Ma piuttosto che cercare di armare gli operai, il “comitato provvisorio” inizia a negoziare con il governo che ha appena dichiarato deposto. Pertanto, il tempo non gioca più a favore del proletariato, ma in favore della controrivoluzione.
Il 10 gennaio 1919, il KPD chiede a Liebknecht e Pieck di dimettersi. Ma il male è fatto. Segue la “settimana di sangue” o “settimana Spartakus”. Il “putsch comunista” è sventato “dagli eroi della libertà e della democrazia”. Si instaura il terrore bianco. I corpi-franchi danno la caccia ai rivoluzionari in tutta la città e le esecuzioni sommarie diventano sistematiche. La sera del 15 gennaio, Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht sono rapiti dalla milizia, poi subito assassinati. Nel marzo del 1919 sarà la volta di Leo Jogiches e di centinaia di militanti della sinistra rivoluzionaria.
Le illusioni democratiche della classe operaia e le debolezze del KPD
A cosa è dovuto questo drammatico fallimento? Gli avvenimenti del gennaio 1919 contengono da soli tutti gli elementi che hanno condotto alla sconfitta della rivoluzione: da una parte una borghesia astuta, e dall’altra parte una classe operaia ancora ingannata dalla socialdemocrazia e un partito comunista scarsamente organizzato, malgrado gli sforzi per dargli delle basi programmatiche solide. Effettivamente il KPD è alquanto disorientato, troppo giovane (ci sono molti giovani compagni, i più vecchi sono scomparsi con la guerra o la repressione), senza esperienza, privo di unità, che non riesce a dare indicazioni chiare alla classe operaia.
Al contrario dei bolscevichi che avevano una continuità storica dal 1903 e l’esperienza della rivoluzione del 1905 e dei consigli operai, la sinistra rivoluzionaria tedesca molto minoritaria nel SPD deve fare fronte al tradimento di questo partito nell’agosto del 1914, e quindi costruire in gran fretta un partito, nel pieno degli avvenimenti. Il KPD viene fondato il 30 dicembre 1918 a partire dalla Lega Spartachista (Spartakudbund) e dai Comunisti internazionalisti tedeschi (IKD). In questa conferenza la maggioranza dei delegati si pronuncia molto chiaramente contro la partecipazione alle elezioni borghesi e rifiuta i sindacati. Ma la questione organizzativa è sostanzialmente sottovalutata. La questione del partito non viene compresa in tutta la sua importanza relativamente alla posta in gioco in quel momento.
Questa sottovalutazione porterà alla decisione dell’insurrezione armata da parte di Liebknecht e altri compagni senza aspettare una nuova analisi del partito, senza un metodo di analisi chiara dell’evoluzione dei rapporti di forza. Manca la centralizzazione delle decisioni. In fin dei conti, è proprio la mancanza di un partito mondiale (l’Internazionale Comunista (IC) sarà fondata solo due mesi più tardi, nel marzo del 1919), che si riflette nell’impreparazione del KPD, che porterà a questo dramma. Nel giro di poche ore il rapporto di forza è invertito: è arrivato il tempo per la borghesia di seminare il suo terrore bianco.
Tuttavia gli scioperi non si fermano. Da gennaio a marzo 1919 lo sciopero di massa si sviluppa in modo impressionante. Ma intanto la borghesia continua il suo sporco lavoro: esecuzioni, dicerie, calunnie…il terrore schiaccia il proletariato poco a poco. Mentre a febbraio nascono scioperi imponenti in tutta la Germania, il proletariato berlinese, il nucleo della rivoluzione, non è più capace di proseguire, messo fuori gioco dalla sconfitta di gennaio. Quando, infine, si muove è troppo tardi. Le lotte a Berlino e nel resto della Germania non riusciranno a unirsi. Nello stesso tempo, il KPD “decapitato” è costretto all’illegalità. Così, nell’ondata di scioperi da febbraio ad aprile 1919, non può svolgere il ruolo determinante che gli spetta. La sua voce è praticamente soffocata dal capitale. Se il KPD avesse avuto la possibilità di smascherare la provocazione della borghesia, durante la settimana di gennaio, e di impedire che tutti gli operai cadessero in questa trappola, il movimento avrebbe sicuramente avuto tutt’altro esito. Ovunque si fa la caccia ai “comunisti”. Le comunicazioni tra ciò che resta degli organi centrali e i delegati locali o regionali del KPD sono più volte interrotte. Durante la conferenza nazionale del 29 marzo 1919, si ammette che “le organizzazioni locali sono inondate da agenti provocatori”.
In conclusione
La rivoluzione in Germania è prima di tutto il movimento di sciopero di massa del proletariato, che si è esteso geograficamente, che ha opposto la solidarietà operaia alla barbarie capitalista, che si è riappropriato degli insegnamenti dell’ Ottobre 1917 e che si è organizzato in consigli operai. La rivoluzione in Germania mette anche in luce la necessità di un Partito comunista internazionale centralizzato, con basi organizzative e programmatiche chiare, senza le quali il proletariato non potrà sventare il machiavellismo della borghesia. Ma la rivoluzione in Germania è anche la capacità delle borghesie di unirsi contro il proletariato con il loro arsenale di manovre, menzogne e manipolazioni di ogni tipo. È il tanfo di un mondo in agonia che rifiuta di estinguersi. È la trappola mortale delle illusioni sulla democrazia. È la distruzione accanita dall’interno dei consigli operai. Sebbene gli eventi del 1919 siano stati decisivi, le braci ancora ardenti della rivoluzione in Germania non si spensero per diversi anni. Ma in termini storici, le conseguenze di questa sconfitta furono drammatiche per l’umanità: l’ascesa del nazismo in Germania, dello stalinismo in Russia, il cammino verso la Seconda Guerra mondiale all’insegna dell’antifascismo. Questi avvenimenti da incubo possono essere tutti imputati al fallimento dell’ondata rivoluzionaria, tra il 1917 e il 1923, che aveva minato l’ordine borghese senza poterlo sovvertire una volta per tutte. Ecco cosa rappresenta per noi la rivoluzione in Germania nel 1918, una fonte di ispirazione e di insegnamento per le lotte future del proletariato. Perché come ha scritto Rosa Luxemburg, alla vigilia del suo assassinio da parte della soldatesca della socialdemocrazia:” Cosa ci insegna tutta la storia delle rivoluzioni moderne e del socialismo? Il primo scoppio della lotta di classe in Europa: l’insurrezione dei setaioli lionesi del 1831 è finita con una grave sconfitta. Sconfitta anche per il movimento cartista in Inghilterra. Sconfitta schiacciante per il sollevamento del proletariato parigino durante le giornate di giugno 1848. La Comune di Parigi ha conosciuto una terribile sconfitta. La strada del socialismo (per quel che riguarda le battaglie rivoluzionarie) è lastricata di sconfitte. (…) Dove saremmo oggi senza quelle “sconfitte”, dalle quali abbiamo tratto la nostra esperienza, le nostre conoscenze, la forza e l’idealismo che ci animano? Oggi, (…) noi poggiamo i piedi proprio su quelle sconfitte, a nessuna delle quali possiamo rinunciare, perché da ciascuna traiamo una parte della nostra forza, una parte della nostra lucidità.(…) Le rivoluzioni (…) non ci hanno portato finora che sconfitte, ma esse, nella loro inevitabilità, sono altrettante garanzie della vittoria finale. A una condizione, però! Perché bisogna capire in che modo ogni volta si è arrivati alla sconfitta. (…)
“L’ordine regna a Berlino!”, stupidi sbirri! Il vostro “ordine” è costruito sulla sabbia. Già da domani la rivoluzione “di nuovo si rizzerà in alto con fracasso” e annuncerà al suono delle trombe con il vostro terrore: “Io ero, io sono, io sarò!”. (“L’ordine regna a Barlino”, gennaio 1919)
Corrente Comunista Internazionale, 29 ottobre 2018
[1] Tutti e tre facevano parte della minoranza del SPD che si era opposta ai crediti di guerra ed avevano aderito alla Lega spartachista
[2] Con Rosa Luxemburg, uno dei due dirigenti più noti e perseguitati della Lega spartachista
[3] Il 5 gennaio, i rivoluzionari Obleutes, i membri del USPD (partito nato nel 1917 dalla scissione interna al SPD) di Berlino, Liebknecht e Pieck del Partito comunista si riunirono in prefettura per discutere su come continuare l’azione (…) i rappresentanti degli operai rivoluzionari istituirono un comitato rivoluzionario provvisorio di 52 membri incaricato di dirigere il movimento rivoluzionario e di assumere in caso di necessità tutte le funzioni di governo e amministrative. La decisione di iniziare la lotta per cercare di rovesciare il governo fu presa durante questa riunione, malgrado sei pareri contrari. (da Rivoluzione e controrivoluzione in Germania- Paul Frölich)