Le condizioni di vita ed i comportamenti di dipendenza da sostanze psicoattive

Printer-friendly version

Pubblichiamo qui di seguito il contributo di una lettrice che permette, alla luce delle ricerche in psicologia sociale e in neurologia, di capire meglio i legami tra le condizioni di vita ed i comportamenti di dipendenza da sostanze psicoattive. Spiegando i meccanismi che sono alla base di questo fenomeno crescente, questo contributo illustra un aspetto dell’impasse del capitalismo e tutto il cinismo della classe dominante. Prendere coscienza della realtà delle sofferenze generate dallo sfruttamento e dalla barbarie della società è importante. L’appello alla “coscienza collettiva” é, a questo titolo, perfettamente valido in quanto si tratta di un'arma degli sfruttati usata per criticare e rovesciare una società disumana. Noi ci teniamo dunque a salutare vivamente il contributo della compagna e ad incoraggiare questo approccio. Si precisa che i riferimenti di legge e le statistiche si riferiscono alla Francia, ma un discorso del tutto analogo vale per tutti gli altri paesi, compresa naturalmente l’Italia. Le note 9 e 11 sono state aggiunte all’articolo originale.

…………………………………………………….

Gli individui che sono senza lavoro sono costantemente stigmatizzati per la loro presunta mancanza di volontà, in particolare a causa del maggiore uso di psicofarmaci[1] che fanno rispetto al resto della popolazione, come testimoniato da numerosi studi che sono regolarmente realizzati sui comportamenti di dipendenza dei giovani e delle persone senza lavoro. Al contrario, ben pochi studi sono stati svolti sull’uso di psicofarmaci tra le persone professionalmente attive. Questa è tuttavia una realtà che colpisce molti lavoratori e le cui cause sono molteplici e spesso mascherate. Inoltre, le strutture e le azioni che vengono messe in campo da parte dello Stato per la lotta contro le dipendenze sono deboli e ipocrite.

Il consumo dei dipendenti pubblici esclusi e ansiosi di fronte all’avvenire

I dipendenti pubblici che perdono il lavoro consumano più tabacco, alcool, psicofarmaci (ansiolitici, antidepressivi, miorilassanti, ecc.) e droghe illegali. Così, secondo uno studio dell’INPES[2] condotto su 2594 disoccupati nel 2005, il 10,5% di loro erano dipendenti da alcool, il 12% consumava la cannabis e il 17,4% ingeriva psicofarmaci. Inoltre, il 45% dei destinatari di Reddito di solidarietà attiva ha problemi con l’alcool contro il 15% dei lavoratori attivi[3]. Anche i giovani sono vittime di un grande consumo di sostanze psicoattive. Secondo gli studi dell’OFDT[4] svolti nel 2002 e dell’ADSP[5] nel 2007, il 40% dei giovani di 18 anni fuma tabacco quotidianamente, contro il 29% delle persone di età tra 18 e 75 anni. Inoltre, il 10,5% dei giovani fanno un uso elevato di bevande alcoliche e il 13,3% fumano abitualmente cannabis.

Diverse spiegazioni possono essere avanzate a questo consumo elevato tra le persone alla ricerca di una integrazione sociale. Da un lato, alcuni autori ritengono che l’adolescenza e i suoi molteplici cambiamenti (fisiologici, psicologici, di transizione verso l'età adulta, ecc.) sia la causa principale dei comportamenti a rischio dei giovani. In effetti, gli adolescenti percepiscono l’alcol come un mezzo sia per vivere meglio questo sconvolgimento che genera un malessere, sia per creare legami sociali. E’ vero che se l’aspetto conviviale dell’alcool non è proprio dell’adolescenza, è comunque un modo percepito come efficace e facilmente accessibile da parte dei giovani. D’altra parte, i professionisti del settore delle bevande alcoliche conoscono questo fenomeno e sviluppano delle strategie di marketing indirizzate ai giovani consumatori che sono attirati da sapori dolci. Dei prodotti chiamati “premix” o “alcopops” sono creati a destinazione di questo pubblico. Questi superalcolici (vodka, whisky o rum) sono mescolati con bevande analcoliche fortemente zuccherate (bevande gassate o succhi di frutta) per nascondere il gusto forte di alcool. Ora, anche se la quantità di alcool ingerita è minore rispetto ad una bevanda alcolica tradizionale, il rischio è quello di dimenticare la loro gradazione alcolica e di consumarne in grandi quantità, cosa che ha delle gravi conseguenze su dei cervelli ancora in via di sviluppo.

D’altra parte, l’ansia per il futuro e la paura della disoccupazione legate alla situazione economica accentuano ugualmente il consumo di sostanze psicoattive delle popolazioni precarie. A tale riguardo, Isabelle Varescon mostra che la dipendenza da alcool è una conseguenza di un fallimento di fronte ad un compito. Questo fallimento si traduce in un sentimento di incompetenza personale e sociale. Attraverso il suo effetto analgesico, il consumo di sostanze psicoattive è un modo per superare la scarsa considerazione che l’individuo ha di se stesso.

La ricerca di un legame sociale attraverso l’alcool e l’effetto analgesico di sostanze psicoattive sono strategie di adattamento di cui spesso troppo tardi i consumatori si rendono conto del loro potere ulteriormente destabilizzante.

Il consumo dei lavoratori

La stessa inchiesta dell’INPES, condotta su 15.994 “occupati attivi” di età compresa tra 16 a 65 anni, ha stimato che il 28,1% degli intervistati fuma regolarmente, il 13,8% assume psicofarmaci, l’8.1% ha una dipendenza da alcool e l’8% fa uso di droghe illecite.

Questa inchiesta ha ugualmente mostrato che esistono dei legami tra il tipo di sostanza utilizzata e l’ambiente di lavoro. A parte il settore finanziario, nessun altro settore sembra essere risparmiato. Ma i settori delle costruzioni e dei trasporti sono i più colpiti nella misura in cui l’uso di tabacco, di alcool, di psicofarmaci e di droghe illegali è superiore a tutti gli altri ambienti professionali. Un consumo eccessivo di tabacco e di droghe illecite è dimostrato anche nell’ambiente della ristorazione. Per quanto riguarda i farmaci psicotropi, nelle persone dedite ad attività domestiche o amministrative si registra un consumo più importante che in altri settori, come l’industria, i servizi e la ristorazione.

Studi recenti hanno mostrato che l’alto consumo di sostanze psicoattive in campo professionale è il risultato di un malessere sul lavoro che si traduce con uno stress. Lo stress appare quando una situazione di lavoro supera le capacità normali di un individuo (risorse adattative)[6]. Per far fronte a queste situazioni tese di lavoro, i lavoratori sviluppano delle strategie di adattamento. In questo quadro, i dipendenti che fanno uso di sostanze psicoattive lo fanno per gestire al meglio il loro stress o per aumentare la loro capacità di lavorare[7]. In particolare, l’esperienza Niezborala (2000) mostra che su 2.106 lavoratori attivi intervistati durante il periodico controllo della salute sul lavoro, quasi uno su tre consuma sostanze psicoattive per far fronte alle difficoltà sul luogo di lavoro. Così, “il 20% utilizza un farmaco per essere “in forma al lavoro”, il 12% prende il proprio farmaco sil loro posto di lavoro per affrontare un “sintomo fastidioso”, e il 18% utilizza un medicinaleper rilassarsi alla fine di una giornata difficile.

Altri autori, come Reynaud-Maurupt e Hoare (2010) e Fontaine e Fontana (2003) ritengono inoltre che un consumo eccessivo di sostanze psicoattive riguardino essenzialmente i lavoratori attivi che hanno delle condizioni di lavoro penose, che inducono il “bisogno di sentirsi superuomini”. Questa strategia mira a migliorare le prestazioni, al fine di adattarsi alle esigenze professionali. Inoltre, Angel mostra che i salariati che hanno delle condizioni di lavoro fisico e penoso consumano più sostanze psicoattive rispetto ai dipendenti di altri settori di attività.

Il consumo di sostanze psicoattive è dunque una strategia per far fronte allo stress da lavoro. Questo fenomeno è la diretta conseguenza del lavoro faticoso e della crescente precarietà. Allo stesso modo, l’isolamento sociale all’interno dell’impresa e nella vita privata, di cui sono sempre più vittime i lavoratori, conduce al rischio di un consumo accresciuto. Questo consumo permette, da un lato, di ripristinare i legami sociali attraverso un uso collettivo (tabacco e alcool in particolare) e, in secondo luogo, di sopportare meglio i disturbi fisici e psicologici legati al lavoro (alcool, psicofarmaci e droghe illecite soprattutto).

Come rispondere allo sviluppo dei comportamenti di dipendenza?

Questo consumo eccessivo di sostanze psicoattive tra i lavoratori precari del settore pubblico e tra quelli che hanno delle condizioni di lavoro che agiscono sulla loro salute fisica e mentale hanno delle conseguenze drammatiche. Infatti, ogni anno in Francia, circa 45000 decessi sono direttamente correlati all’abuso di alcool. Questo consumo di sostanze genera anche dei conflitti, degli incidenti sul lavoro, delle malattie di breve e lungo periodo, dei suicidi, ecc. Hassé Consultants e Angel stimano che in media il 20% degli incidenti e dei blocchi del lavoro siano legati al consumo di sostanze psicoattive. Inoltre, nel 40-45% dei casi, gli incidenti mortali sul lavoro sono il risultato diretto di un loro uso eccessivo.

Alcune strutture ed azioni vengono messe in campo per lottare contro le dipendenze, in particolare dei centri per la disintossicazione. Questi centri accolgono, in un contesto di ospedalizzazione, delle persone in condizioni di dipendenza da un prodotto psicoattivo.[8] In un primo tempo viene imposta una disintossicazione fisica di circa una settimana, poi viene proposta una disintossicazione psicologica più lunga. In occasione di questa disintossicazione psicologica, sempre più le strutture scelgono di informare i pazienti sul funzionamento fisiologico delle dipendenze. Così viene messa spesso in atto una fase tesa a rimuovere il senso di colpa attraverso la comprensione dei meccanismi cerebrali di dipendenza.

Nel quadro di un consumo eccessivo di alcool, per esempio, l’etanolo squilibra i recettori sui neuroni, chiamati recettori GABA.[9] Questi recettori, divenuti dipendenti, solleciteranno per tutta la vita una quantità crescente di etanolo per essere soddisfatti. L’arresto del consumo di alcool si rivela dunque estremamente difficile in quanto appare una sindrome da astinenza, più o meno importante a seconda degli individui. In questi casi viene allora consigliata un’astinenza a vita nella misura in cui questi recettori non ritroveranno mai un funzionamento normale. Così, una piccola quantità di alcool ingerito è sufficiente per riattivare questo processo.

Tuttavia, la disintossicazione è niente a confronto delle difficoltà future dell’ex alcool-dipendente. In realtà, oltre alla difficoltà a sfuggire alle numerose sollecitazioni sociali (feste, riunioni di famiglia, cene di lavoro, ecc.), tutto è fatto per spingerlo a consumare bevande alcoliche. Per quanto riguarda le bevande analcoliche che dire, se non che non è molto “divertente” visto che ...queste contengono per la maggior parte dell’alcol?! Sì, una sordida legislazione vuole che al di sotto di 1,2° di etanolo, le bevande possano essere etichettate come “senza alcool”[10], senza indicare nella loro etichetta che invece questo è presente, pur sapendo che la minima quantità di alcool è sufficiente per la ricaduta[11].

Ecco la prova che le ricadute sono dovute ad una mancanza di volontà degli alcolizzati! ... Quanto al loro lavoro, ammesso che ne abbiano uno, questo non va a migliorare durante la loro terapia. Ah, questi lavoratori che hanno la fortuna di avere un lavoro e un padrone gentile che li aspetta dopo il loro “piccolo problema personale!... purché mantengano la stessa docilità di prima della loro terapia! In caso contrario, che vi ricadano in fretta! Sarà sempre un mezzo di pressione supplementare perché il lavoro sia fatto rapidamente e senza reclami.

L'esclusione sociale è in crescita a causa della precarizzazione del lavoro, la disoccupazione, le difficoltà finanziarie, ecc., e le condizioni di lavoro sono più difficili. L’isolamento sociale, che spesso ne è la conseguenza, aumenta e diventa persistente. Gli individui cercano delle soluzioni a questa degenerazione lenta e laboriosa. Queste soluzioni possono assumere varie forme: la lotta contro queste condizioni di vita o l’abbandono. Lottare contro delle condizioni di vita penose non dovrebbe mai essere fatto adattando il proprio organismo a queste condizioni mediante delle sostanze psicoattive. Lottare contro l’origine del problema sarebbe molto più efficace ma questa lotta, piuttosto che una risposta individuale, richiede una coscienza collettiva.

Agnosia, 17 settembre

 

[1] Le sostanze psicoattive (tabacco, alcool, psicofarmaci e droghe illegali) agiscono sul funzionamento del cervello degli individui modificandone il loro comportamento.

[2] Istituto Nazionale per la prevenzione e l’educazione sanitaria.

[3] I dati sono tratti dal sito web ALPA (alcol, prevenzione e assistenza).

[4] Osservatorio francese delle droghe e delle tossicodipendenze.

[5] Attualità e Dossier in Salute Pubblica.

[6] Guillet, Hermand et Py (2003).

[7] Angel, Amar, Gava et Vaudolon (2005).

[8] In generale, alcol e droghe illegali.

[9] G. Giannelli, G. Smeraldi, L. Agostini, M. Stella. "Alcool: effetti tossicologici e comportamentali". Bollettino degli Ordini dei Medici e degli Odontoiatri della Romagna n. 4, 1998.

[10] Articolo L3321-1 del codice della sanità pubblica

[11] Si tratta dei soft drink, che per la legislazione italiana sono definite bevande analcoliche pur essendo consentito un tasso di alcool fino all’1% (vedi Osservatorio Internazionale Food-Beverage-Equipment, https://www.oifb.com/index.php?option=com_content&view=category&id=32&Itemid=59).