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Pubblichiamo la traduzione di un articolo apparso sul nostro sito Internet in lingua spagnola su una nuova lotta a Vigo, in Galizia, provincia spagnola[1].
Abbiamo appreso la notizia di una lotta congiunta di operai disoccupati ed operai attivi dei cantieri navali della città di Vigo.
Ringraziamo uno dei nostri lettori che ci ha mandato il suo commento e come prima cosa affermiamo che condividiamo la conclusione che lui trae da questa lotta: “Soltanto l’unità e la solidarietà di tutti i disoccupati e i lavoratori, in assemblee e manifestazioni congiunte, potranno portarci alla vittoria. Salutiamo i lavoratori ed i disoccupati dei cantieri navali di Vigo. I disoccupati e gli operai del mondo intero dovrebbero prendere esempio dai [proletari dei] cantieri navali di Vigo, per la loro unità, la loro solidarietà, perché è tutti uniti che riusciremo a vincere il capitalismo mondiale”. Abbiamo poi ricevuto sul nostro forum un altro messaggio che andava nello stesso senso: “L’articolo sulle lotte condotte dai disoccupati e gli attivi dei cantieri navali di Vigo è stato pubblicato senza la minima reazione, eppure possiamo trarre da queste una lezione che dobbiamo sempre avere in testa: quella dell’unità della classe; qualche cosa di molto importante sta accadendo a Vigo, perché a manifestare insieme sono lavoratori attivi e disoccupati, raggruppando altri lavoratori fino all’arresto di tutto il settore navale. Leggete ed apprenderete molte cose. Saluti”.
A Vigo ci sono più di 60.000 disoccupati. Soltanto nel 2009 e nel solo settore della metallurgia, sono spariti 8.000 posti di lavoro. L’indignazione, unita alla preoccupazione di fronte ad un avvenire sempre più difficile, si diffonde tra gli operai. In particolare nei cantieri navali, i disoccupati, attraverso un accordo tra sindacati e padronato, sono stati iscritti ad una “Borsa del lavoro” da cui si sarebbe dovuto attingere tutte le volte che si fossero resi disponibili dei posti di lavoro.
I disoccupati iscritti a questa Borsa del lavoro - circa 700 – si sono resi conto, andando su tutte le furie, che al posto loro nei cantieri venivano assunti puntualmente operai stranieri con salari ben più bassi e a condizioni terribili. Secondo il portavoce dei disoccupati, ad esempio, “ci sono dei lavoratori che dormono nei parcheggi e che mangiano solo un panino al giorno”.
Questo è stato l’elemento detonatore della lotta. Gli operai hanno tenuto a precisare che loro non sono assolutamente contro l’assunzione di lavoratori stranieri. Ed è così che un loro portavoce ha insistito: “non abbiamo alcuna obiezione sul fatto che vengano assunte persone che vengono da altre parti, ma a condizione che il padronato non passi al di sopra della convenzione collettiva della provincia, perché con il salario di uno solo di noi vengono pagati due o tre stranieri”. Malgrado ciò, i media, specialisti della “comunicazione”, se ne sono usciti con la loro “spiegazione” accusando i lavoratori di xenofobia. Per esempio, El Faro de Vigo così intitolava l’articolo che parlava della lotta: “I disoccupati della metallurgia si oppongono all’assunzione di stranieri”, che è una spudorata menzogna. Infatti sono stati gli stessi operai disoccupati a denunciare le manovre del padronato che “fa venire della mano d’opera a buon mercato in condizioni di quasi schiavitù”.
La borghesia è una classe cinica, machiavellica. Assume lavoratori stranieri sottomettendoli a condizioni salariali molto peggiori di quelle degli operai del paese. Se questi ultimi si mettono in lotta, opponendosi a tali condizioni di assunzione, vengono subito accusati di razzismo, di xenofobia, di “difesa d’idee di estrema destra”, di nazionalismo, ecc., mentre la risposta immediata degli operai non è stata affatto contro i loro fratelli di classe, ma contro il fatto di stabilire un precedente assumendoli a condizioni salariali inferiori, ciò che fa solamente abbassare di più le condizioni salariali per tutti. È quello che abbiamo visto in Gran Bretagna all’epoca della lotta degli operai edili[2] o della lotta degli operai dei cantieri navali di Sestao[3].
Il 3 febbraio, i disoccupati si sono recati alle porte di Astilleros Barreras (l’impresa più importante del settore navale) con l’intenzione di organizzare un’assemblea generale insieme ai lavoratori di questa impresa. Trovando le porte chiuse, si sono messi a gridare slogan al megafono ed a spiegare le loro rivendicazioni finché alla fine la grande maggioranza degli impiegati ha abbandonato le installazioni e si è unita ai disoccupati. Secondo la cronaca di Europa-Press, “cinque furgoni di polizia antisommossa si sono presentati sul posto. I poliziotti si sono schierati su tutta la zona armati di fucili a proiettili di gomma e scudi, ma alla fine le forze di sicurezza hanno ripiegato verso la rotonda di Beiramar (…). Alla fine il gruppo, composto di disoccupati e di lavoratori, è partito in una manifestazione in direzione di Bouzas e su questo tragitto gli operai degli altri cantieri navali della zona (come Cardama, Armon e Freire-Así) si sono uniti a loro, in modo che l’attività si è fermata in tutte le industrie navali”.
Questa esperienza ci ha mostrato come si concretizza la solidarietà e l’unità tra i compagni disoccupati e quelli che hanno ancora un lavoro: assemblee generali unite, manifestazione di strada per fare conoscere la lotta agli altri lavoratori, comunicazione e legame diretto con i lavoratori delle altre imprese per guadagnarli alla lotta comune.
In altre parole, la stessa cosa di quello che è successo a Vigo nel 2006[4]: gli operai riprendono i metodi proletari di lotta che non hanno niente a che vedere con la divisione, il corporativismo, la passività, tipici dei metodi sindacali[5].
Il 4 febbraio, queste azioni si sono ripetute. Verso le 10 di mattina, i disoccupati si sono recati di nuovo alle porte di Barreras. Ed ancora una volta, i loro compagni dell’impresa sono usciti per unirsi alla lotta. Malgrado il dispiegamento poliziesco, tutti sono ripartiti manifestando. Secondo El Faro di Vigo, “La protesta di ieri era sorvegliata da un forte dispiegamento poliziesco. Ci sono stati momenti di tensione, ma alla fine non ci sono state baruffe. I disoccupati hanno manifestato nelle zone di Beiramar e Bouzas di Vigo, accompagnati dai lavoratori del settore, e hanno affermato che continueranno le mobilitazioni finché i padroni non accetteranno di regolare con essi i problemi che, secondo quanto loro stessi denunciano, esistono nell’assunzione al lavoro del personale”.
Non abbiamo altre notizie. Ma pensiamo che questi fatti hanno un forte significato sulla combattività e sulla presa di coscienza dei lavoratori, sulla ricerca dell’unità e della solidarietà di fronte ai colpi bassi che il capitale ci assesta.
Esprimiamo la nostra solidarietà ai nostri compagni lotta. Incoraggiamo a trarne delle lezioni ed alla nascita di una solidarietà attiva. Non sono i motivi che mancano visto che è stata da poco superata la soglia dei 4 milioni di disoccupati, il governo annuncia l’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni, ecc.
CCI (5 febbraio)
[1] Questo articolo è stato scritto grazie ad un messaggio del 3 febbraio 2010 inviatoci da un lettore alla sezione “Commenti” del nostro sito:https://es.internationalism.org/node/2765#comment-636.
[2] Vedi “Grèves en Grande Bretagne : les ouvriers commencent à remettre en cause le nationalisme” su Révolution Internationale n°399, marzo 2010.
[4] “ Sciopero della metallurgia a Vigo in Spagna, un passo avanti nella lotta proletaria”, in Rivoluzione Internazionale n°145.
[5] Sul sabotaggio sindacale, leggere il nostro articolo pubblicato a settembre 2009: “Vigo (Espagne): les méthodes syndicales mènent tout droit à la défaite”