Tutti mollano Gheddafi, eppure é stato finora l’amico di tutte le borghesie!

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Tiri di mortaio e di lanciarazzi da parte di cacciabombardieri, bombardamenti aerei e terrestri su folle di manifestanti disarmate. La capitale della Libia, Tripoli, messa a ferro e fuoco. Oltre 2.000 morti nella sola regione di Bengasi dal 17 febbraio. Ma i massacri e i combattimenti a morte si sono generalizzati quasi in tutto il paese. L’esodo in massa di decine di migliaia di lavoratori immigrati, terrorizzati e traumatizzati dalle scene di orrore alle quali hanno assistito. Fosse comuni di civili e di soldati disertori ammanettati scoperte in prigioni sotterranee. Ovunque, corpi dilaniati da schegge, cadaveri lasciati per le strade o in case con proiettili sparati in testa o al cuore: il sinistro colonnello Gheddafi ed i suoi figli non hanno esitato a lanciare verso il peggiore dei massacri il loro esercito ed i loro mercenari africani delle Legioni islamiche lautamente remunerati dai petrodollari, che sono arrivati perfino ad ammazzare i feriti negli ospedali. Il bagno di sangue scatenato in Libia è l’espressione della barbarie capitalistica in tutto il suo orrore.

Ministri ed ambasciatori libici hanno scelto di abbandonare la nave di questo folle potere e dimettersi. Dei piloti di aerei da caccia che avevano l’ordine di bombardare la folla hanno preferito dirottare i loro aerei verso Malta per chiedere asilo politico e soldati che avevano ricevuto l’ordine di mitragliare la folla hanno ugualmente disertato, così che una parte dell’esercito si è rapidamente collocata a fianco degli insorti. Dopo i sanguinosi combattimenti, prima la parte orientale poi quella occidentale sono cadute nelle mani dei ribelli che progettano di attaccare massicciamente la capitale con un “nuovo esercito ricostituito” attorno ad alcuni generali passati nell’altro campo. Gheddafi, sempre più isolato, regna ormai soltanto su Tripoli in preda al caos. Ma al momento in cui andiamo in stampa, è impossibile prevedere l’esito di una tale situazione. Gheddafi, che ha dedicato la sua vita a consolidare il proprio potere sfruttando sapientemente le rivalità e le divisioni tra le diverse tribù di Beduini che compongono il tessuto arcaico dello Stato libico, non ha cessato di infiorettare i suoi discorsi teatrali da gradasso con minacce con cui prometteva al popolo altri massacri come quelli di piazza Tienanmen (facendo riferimento alla repressione avvenuta tra aprile e giugno 1989 con migliaia di vittime in Cina), attraverso delle grottesche arringhe allucinanti e deliranti in cui a volte parlava di battersi fino alla morte, altre di voler sterminare i ribelli fino all’ultimo, accusati di essere dei giovani drogati “che si comportano come animali”, in più manipolati da Al Qaeda.

Con una ipocrisia senza limiti, la borghesia occidentale si contenta di protestare contro questo uso eccessivo della forza e chiede la cessazione dei combattimenti, ma la presunta “comunità internazionale” si è ben guardata finora di adottare delle misure di ritorsione economiche o finanziarie efficaci. Questo non ci sorprende.

Dopo che Gheddafi, al potere da 42 anni, era ridiventato “frequentabile” nel 2004, con il colpo di spugna passato sull’attentato di Lockerbie, tutte le grandi potenze si sono precipitate in Libia per corteggiarlo freneticamente e firmare dei mirabolanti contratti commerciali, assieme a tutte le principali compagnie petrolifere che non avevano neanche atteso tale data per lo sfruttamento dei giacimenti libici. Al primo posto lo Stato francese, che si era piazzato in prima fila della lucrosa vendita di armi (30 milioni di euro con l’MBDA[1], una controllata di EADS[2], per i missili anticarro Milan, con EADS Difesa e Sicurezza per delle reti di telecomunicazione e il pool Dassault-Thales-Snecma Sofema per i Mirage). Nessuno ha dimenticato la tracotanza di Gheddafi per cui Sarkozy aveva dovuto srotolare il tappeto rosso e fare installare la sua sontuosa tenda beduina e il suo seguito nei giardini del Palazzo dell’Eliseo nel dicembre 2007 in cambio di promesse di acquisto di qualche Mirage e di qualche bombardiere Rafale[3]. D’altra parte è il ministro Patrick Ollier, compagno nella vita dell’esilarante ministro degli Esteri Michèle Alliot-Marie[4], che dal 2000 sta a capo delle relazioni franco-libiche e che, come tale, non ha cessato di officiare come grand commis i rapporti della Francia con il suo “amico” Gheddafi. Ma possiamo rifare pari pari lo stesso discorso anche per l’Italia, dove i vari governi, di sinistra come di destra, hanno corteggiato Gheddafi per le sue risorse energetiche, con Berlusconi che è arrivato a baciargli le mani e con le stesse smargiassate di tende piazzate a Villa Pamphili a Roma nel 2009 e nel giardino dell’ambasciatore libico a Roma Abdulhafed Gaddur.

D’altra parte l’Italia è il primo fornitore mondiale di armi della Libia e le armi che in questo momento stanno mietendo tanti giovani in quel paese hanno fatto arricchire tanti nostri sporchi mercanti d’armi.

Purtroppo la vita non ha più valore per tutti i nostri dirigenti e i nostri sfruttatori, di sinistra o di destra che siano, per i Gheddafi, i Ben Ali, i Mubarak!

Sporca, senza onore, grondante di sangue, coperta di sporcizia: ecco come si presenta la società borghese, ecco quello che è. Non è quando, tutta splendente e ben messa, essa si dà le apparenze della cultura e della filosofia, della morale e dell’ordine, della pace e del diritto; è quando somiglia ad una bestia feroce, quando balla il sabba dell’anarchia, quando soffia la peste sulla civiltà e sull’umanità che essa si mostra per intero, come è veramente ...” così s’indignava Rosa Luxemburg nella Brochure di Junius (La crisi della socialdemocrazia) nel 1916. Queste frasi non hanno perso niente della loro attualità quasi un secolo più tardi. Ce le dovremo ricordare finché non avremo fatto saltare le catene della miseria, del terrore e dello sfruttamento capitalistico a livello mondiale.

W (26 febbraio 2011)



[4] Oltre ai suoi legami di affari con il clan dei tiranni, mostrando che la corruzione non si limita a regimi di tipo assolutista o totalitario, la signora Alliot-Marie ha anche avuto il grande merito di proporsi pubblicamente di aiutare Ben Ali prima della sua caduta per ristabilire l’ordine contro la rivolta del popolo, sottolineando così il collegamento e quindi la perfetta continuità tra le forze di repressione dei “loro” regimi dittatoriali ed i “nostri” valori democratici. Peccato che tanta generosità sia stata ripagata con la richiesta di dimissioni al ministro che così ha cercato di salvare la faccia al governo.

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