Quello che distingue i rivoluzionari dal trotzkismo (Internationalisme 1947)

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Pubblichiamo qui di seguito due articoli della rivista Internationalisme, organo della Sinistra comunista di Francia[1], dedicati alla questione del trotzkismo e scritti nel 1947. A quest’epoca il trotzkismo si era già distinto per il suo abbandono dell’internazionalismo proletario partecipando alla Seconda Guerra mondiale, contrariamente ai gruppi della Sinistra Comunista[2] che, negli anni trenta, avevano resistito all’ondata dilagante dell’opportunismo originata dalla sconfitta dell’ondata rivoluzionaria mondiale del 1917-23. Tra questi gruppi, la sinistra italiana, che pubblicava la rivista Bilan (fondata nel 1933), definiva correttamente i compiti dell’ora: di fronte alla corsa alla guerra non tra­dire i principi elementari dell’internazionalismo; fare il bilancio (“bilan”) del fallimento dell’ondata rivoluzionaria e in particolare della rivoluzione russa. La Sinistra Comunista combatteva le posizioni opportuniste adottate dalla Terza Internazionale in degenerazione, in particolare la politica difesa da Trotskij del Fronte unico con i partiti socialisti che buttava a mare tutta la chiarezza così duramente acquisita sulla natura ormai capitalista di questi partiti. Essa ebbe in più occasioni la possibilità di confrontare la sua impostazione politica con quella, piuttosto diversa, della corrente – all’epoca ancora proletaria – che si raggruppava intorno alle posizioni di Trotskij, in particolare nel momento dei tentativi di riunificare i diversi gruppi che si opponevano alla politica dell’Internazionale Comunista e dei PC stalinizzati[3]

E’ con lo stesso metodo di Bilan che la Sinistra Comunista di Francia analizza il fondo della politica del trotzkismo, che non è tanto la “difesa dell’URSS”, anche se questa questione manifesta più nettamente le sue deviazioni, quanto l’atteggiamento da assumere di fronte alla guerra imperialista. In effetti, come è messo in evidenza nel primo articolo, La funzione del trotzkismo, l’impegno di questa corrente nella guerra non è determinato in prima istanza dalla difesa dell’URSS, come dimostrato dal fatto che alcune delle sue tendenze, che non condividevano la tesi dell’URSS come Stato operaio degenerato, hanno anche esse partecipato all’avventura imperialista. Nei fatti la scelta è fatta sulla teoria del “male minore”, la scelta della lotta contro “l’occupazione straniera”, dell’”antifascismo”, ecc. Questa caratteristica del trotzkismo è messa in evidenza in particolare nel secondo articolo che pubblichiamo, “Bravo Abd-El-Krim”, piccola storia del trotzkismo, che constata come “tutta la storia del trotzkismo ruota intorno alla ‘difesa’ di qualche cosa”, in nome del male minore; questo qualche cosa è tutto tranne che proletario. Questo marchio di fabbrica del trotzkismo non è stato alterato dal tempo come testimoniano le diverse manifestazioni dell’attivismo trotzkista contemporaneo, come la sua abitudine a scegliere un campo contro l’altro nei molteplici conflitti che insanguinano il pianeta, anche dopo la sparizione dell’URSS.

Alla radice di questa deviazione del trotzkismo si trova, come è detto nel primo articolo, l’attribuzione di un ruolo progressista “a certe frazioni del capitalismo, a certi paesi capitalisti (e come è detto espressamente nel programma di transizione, alla maggioranza dei paesi)”. In questa concezione, secondo la caratterizzazione fatta nell’articolo, “l’emancipazione del proletariato non è il risultato della lotta del proletariato che si pone come classe di fronte all’insieme del capitalismo, ma sarà il risultato di una serie di lotte politiche, nel senso stretto del termine e nelle quali, alleato di volta in volta alle diverse frazioni politiche della borghesia, il proletariato eliminerà certe altre frazioni e giungerà così, per gradi, per tappe, gradualmente, a indebolire la borghesia, a trionfare su di essa, dividendola e battendola a pezzetti.” In tutto questo non c’è più niente di marxista.

La funzione del trotzkismo (Internationalisme n°26 – settembre 1947)

Un errore molto diffuso è quello di considerare che quello che distingue i rivoluzionari dal trotzkismo sia la questione della “difesa dell’URSS”.

E’ ovvio che i gruppi rivoluzionari, quelli che i trotzkisti si compiacciono di chiamare, con un certo disprezzo, “ultrasinistra” (termine di accezione peggiorativa, dello stesso genere di quello riservato ai trotzkisti dagli stalinisti:  “hitlero-trotzkisti”), rigettano ogni tipo di difesa dello Stato capitalista russo (capitalismo di Stato). Ma la non difesa dello Stato russo non costituisce per niente il fondamento teorico e programmatico dei gruppi rivoluzionari, mentre esso è una conseguenza che discende dalle loro concezioni generali, dalla loro piattaforma rivoluzionaria di classe. Dall’altro lato, la “difesa dell’URSS” non costituisce una esclusiva del trotzkismo.

Se la “difesa dell’URSS”, tra le posizioni politiche che costituiscono il suo programma, è quella che manifesta meglio, nella maniera più netta la sua deviazione e il suo accecamento, si commetterebbe tuttavia un grave errore a voler vedere il trotzkismo unicamente attraverso questa manifestazione. Tutt’al più in questa difesa si deve vedere l’espressione più completa, più tipica, il colmo della fissazione del trotzkismo. Questo ascesso è così mostruosamente apparente che la sua vista scoraggia un numero ogni giorno più grande di aderenti di questa quarta internazionale e, molto probabilmente, è una delle cause, e non delle minori, che fa esitare un certo numero di simpatizzanti ad entrare nei ranghi di questa organizzazione. Tuttavia l’ascesso non è la malattia, ma solo la sua localizzazione e la sua esteriorizzazione.

Se insistiamo tanto su questo punto è perché troppa gente che si turba alla vista dei segni esteriori della malattia, ha troppo tendenza a tranquillizzarsi facilmente quando questi segni apparentemente spariscono. Dimenticano che una malattia “ripulita” non è una malattia guarita. Questo tipo di persone è certamente altrettanto pericolosa, altrettanto propagatrice di germi della corruzione delle altre, e forse ancora di più, perché crede di essere guarita.

Il “Workers’ Party”negli Stati Uniti (organizzazione trotzkista dissidente, conosciuta con il nome del suo leader, Schachtman), la tendenza di G. Munis in Messico[4], le minoranze di Gallien e di Chaulieu, in Francia, tutte le tendenze minoritarie della “IV Internazionale” poiché rigettano la posizione tradizionale della difesa della Russia, credono di essere guarite dall’opportunismo (come lo definiscono loro) del movimento trotzkista. In realtà esse non sono altro che “ripulite” restando, al fondo, impregnate e totalmente prigioniere di questa ideologia.

Ciò è talmente vero che basta prendere come prova la questione più bruciante, quella che offre meno scappatoie, che oppone irriducibilmente le posizioni di classe del proletariato alla borghesia, la questione dell’atteggiamento da  assumere di fronte alla guerra imperialista. E cosa vediamo?

Gli uni e gli altri, maggioritari e minoritari, anche se con slogan differenti, tutti partecipano alla guerra imperialista.

E’ inutile venirci a citare, per smentirci, le dichiarazioni verbali dei trotzkisti contro la guerra, le conosciamo bene. Ma quello che importa non sono le declamazioni ma la pratica politica reale che deriva da tutte le posizioni teoriche e che si è concretizzata nel sostegno ideologico e pratico delle forze in guerra. Poco importa qui di sapere con quali argomenti viene giustificata questa partecipazione. La difesa dell’URSS è certo uno dei nodi più importanti, che lega e trascina il proletariato nella guerra imperialista. Tuttavia non è il solo nodo. Le minoranze trotzkiste che rigettavano la difesa dell’URSS hanno trovato, come i socialisti di sinistra e gli anarchici, altre ragioni, non meno “valide” e non meno ispirate da una ideologia borghese, per giustificare la loro partecipazione alla guerra imperialista. Per gli uni fu la difesa della “democrazia”, per gli altri la “lotta contro il fascismo” o la “liberazione nazionale” o ancora “il diritto all’autodeterminazione dei popoli”.

Per tutti fu la scelta del “male minore” a farli partecipare alla guerra o alla  Resistenza a fianco di un blocco imperialista contro l’altro.

Il partito di Shachtman ha perfettamente ragione a rimproverare ai trotzkisti ufficiali di sostenere l’imperialismo russo che, secondo lui, non è più uno “Stato Operaio”, ma questo non fa di Shachtman un rivoluzionario, perché questo rilievo lui non lo fa sulla base di una posizione di classe del proletariato contro la guerra imperialista, ma sulla base del fatto che la Russia è un paese totalitario e dove c’è meno “democrazia” di qualsiasi altro paese, per cui, di conseguenza, secondo lui bisognava sostenere la Finlandia, che era meno “totalitaria” e più democratica, contro l’aggressione russa[5].

Per rivelare la natura della sua ideologia, in particolare sulla cruciale questione della guerra imperialista, il trotzkismo non ha per niente bisogno, come abbiamo appena visto, della posizione di difesa dell’URSS. Evidentemente questa difesa dell’URSS facilita enormemente la sua posizione di partecipazione alla guerra, permettendogli di nasconderla sotto una fraseologia pseudo - rivoluzionaria, ma per ciò stesso essa oscura la sua natura profonda e impedisce di porre la questione della natura dell’ideologia trotzkista nella sua piena luce.

Facciamo allora, per maggiore chiarezza, astrazione per il momento dell’esistenza della Russia, o, se si preferisce, di tutta questa sofistica sulla natura socialista dello Stato russo, attraverso cui i trotzkisti arrivano ad oscurare il problema centrale della guerra imperialista e dell’atteggiamento del proletariato. Poniamo direttamente la questione dell’atteggiamento dei trotzkisti nella guerra. I trotzkisti risponderanno, sicuramente, con una dichiarazione generale contro la guerra.

Ma dopo aver recitato la litania sul “disfattismo rivoluzionario”, cominceranno poi, arrivando al concreto, a stabilire delle restrizioni, con sapienti “distinzioni”, con dei “ma …” o e i “se …”, che li porteranno, nella pratica, a schierarsi per una delle parti in conflitto e ad invitare gli operai a partecipare alla carneficina imperialista.

Chiunque abbia avuto a che fare con gli ambienti trotzkisti in Francia negli anni 1939-1945, può testimoniare che i sentimenti predominanti in questi ambienti non erano tanto dettati dalla posizione della difesa della Russia, quanto dalla scelta del “male minore”, la scelta della lotta contro “l’occupazione straniera” e dell’antifascismo.

E’ questo che spiega la loro partecipazione alla “resistenza”[6], agli F.F.I.[7] e alla “liberazione”. E quando il PCI[8] di Francia si vede felicitato dalle sezioni di altri paesi per la parte che ha avuto in quello che esse chiamano “il sollevamento popolare” della Liberazione, noi lasciamo loro la soddisfazione che può loro dare il bluff sull’importanza di questa parte (capirete l’importanza di qualche decina di trotzkisti nel “GRANDE sollevamento popolare”!). Ci basta per testimonianza soprattutto il contenuto politico di una tale felicitazione.

Qual è il criterio che deve guidare l’atteggiamento dei rivoluzionari nella guerra imperialista?

Il rivoluzionario parte dalla constatazione dello stadio imperialista raggiunto dall’economia mondiale. L’imperialismo non è un fenomeno nazionale. La violenza della contraddizione fra il grado di sviluppo delle forze produttive – del capitale sociale totale – e lo sviluppo del mercato determina la violenza delle contraddizioni interimperialiste. In questo stadio non ci possono essere guerre nazionali. La struttura imperialista mondiale determina la struttura di ogni guerra; in questa epoca imperialista non ci sono guerre “progressive”. L’unico progresso sta nella rivoluzione sociale. L’alternativa storica che posta all’umanità è la rivoluzione socialista, oppure la decadenza, la caduta nella barbarie attraverso l’annientamento delle ricchezze accumulate dall’umanità, la distruzione delle forze produttive e il massacro continuo del proletariato in una serie interminabile di guerre locali e generalizzate. Dunque il criterio che il rivoluzionario pone è un criterio di classe in rapporto all’analisi dell’evoluzione storica della società.

Vediamo in che maniera lo pone teoricamente il trotzkismo:

“… Ma non tutti i paesi del mondo sono imperialisti. Al contrario, la maggioranza dei paesi sono vittime dell’imperialismo. Certi paesi coloniali o semi-coloniali cercheranno, senza alcun dubbio, di utilizzare la guerra per respingere il giogo della schiavitù. Dalla loro parte la guerra non sarà imperialista, ma di emancipazione. Il dovere del proletariato internazionale sarà quello di aiutare i paesi oppressi in guerra contro gli oppressori …” (Il programma di transizione, capitolo: La lotta contro l’imperialismo e la guerra).

Così il criterio trotzkista non parte dal periodo storico che viviamo, ma crea e si riferisce a una nozione astratta e quindi falsa dell’imperialismo. E’ imperialista unicamente la borghesia di un paese dominante. L’imperialismo non è uno stadio politico-economico del capitalismo mondiale ma strettamente del capitalismo di certi paesi, mentre gli altri paesi capitalisti che sono la “maggioranza” non sono imperialisti. A meno di ricorrere a una distinzione formale, priva di senso, tutti i paesi del mondo sono attualmente di fatto dominati economicamente da due paesi: Stati Uniti e Russia. Bisogna allora concludere che solo la borghesia di questi due paesi è imperialista e che l’ostilità del  proletariato alla guerra non deve esercitarsi che unicamente verso questi due paesi?

E ancora meglio, se si continua a seguire il ragionamento trotzkista si trova che la Russia è, per definizione, “non  imperialista”, per cui si arriva all’assurdità mostruosa che non c’è che un solo  paese imperialista al mondo: gli Stati Uniti. Il che ci porta alla sconfortante conclusione che tutti gli altri paesi del mondo – dal momento che sono tutti “non imperialisti” ed “oppressi” – il proletariato deve aiutarli.

Vediamo concretamente come questa distinzione trotzkista si traduce nella pratica.

Nel 1939 la Francia è un paese imperialista: disfattismo rivoluzionario.

Nel 1940-45 la Francia è occupata: da paese imperialista essa diventa un paese oppresso; la sua guerra è “emancipatrice”, “il dovere del proletariato è di sostenere la sua lotta”. Perfetto. Ma, all’improvviso, è la Germania che diventa, nel 1945, un paese “occupato” e “oppresso”: il dovere del proletariato diventa quello di sostenere una eventuale emancipazione della Germania contro la Francia. E quello che è vero per la Francia e la Germania lo è ugualmente per qualsiasi altro paese: il Giappone, l’Italia, il Belgio, ecc. Non ci si venga a parlare dei paesi coloniali o semi-coloniali: ogni paese, nell’epoca imperialista, che nella competizione feroce tra gli imperialismi non ha la fortuna ola forza di essere un vincitore diventa, nei fatti, un paese “oppresso”.

Il proletariato dovrà allora passare il suo tempo a danzare da un piatto della bilancia imperialista all’altro, seguendo i comandamenti trotzkisti, e a farsi massacrare per quello che i trotzkisti chiamano “Aiutare una guerra giusta e progressista” (Vedi il Programma di transizione, stesso capitolo).

Il carattere fondamentale del trotzkismo, in tutte le situazioni e secondo tutte le sue posizioni correnti, è di offrire al proletariato una alternativa non di opposizione e di soluzione di classe contro la borghesia, ma la SCELTA tra due formazioni, due forze ugualmente capitaliste “oppresse …”: tra la borghesia fascista e quella antifascista, tra “reazione” e “democrazia”, tra monarchia e repubblica, tra guerra imperialista e guerre “giuste e progressiste”.

E’ partendo da questa eterna scelta del”male minore” che i trotzkisti hanno partecipato alla guerra imperialista, e non solo in funzione della necessità di difendere l’URSS. Prima di difendere questa essi avevano partecipato alla guerra di Spagna (1936-38), per la difesa della Spagna repubblicana contro Franco. Seguita poi dalla difesa della Cina di Chang Kai-Sheck contro il Giappone.

La difesa dell’URSS appare dunque non come il punto di partenza delle loro posizioni, ma come un punto di arrivo, manifestazione tra altre della loro piattaforma fondamentale, piattaforma per cui il proletariato non ha una propria posizione di classe in una guerra imperialista ma che esso può e deve fare una distinzione tra le diverse formazioni capitaliste nazionali, momentaneamente antagoniste, che esso deve proclamare “progressiste” e accordare il suo aiuto, in regola generale a quella delle formazioni più debole, più ritardataria, la borghesia “oppressa”.

Questa posizione, sulla questione così cruciale (e centrale) della guerra, piazza immediatamente il trotzkismo in quanto corrente politica al di fuori del campo del proletariato e giustifica da sola la necessità di rottura totale con esso da parte di ogni elemento rivoluzionario proletario.

I trotzkisti mettono il proletariato a rimorchio della borghesia proclamata “progressista”

Comunque noi abbiamo messo in evidenza solo una delle radici del trotzkismo. In una maniera più generale, la  concezione trotzkista è basata sull’idea che l’emancipazione del proletariato non è il risultato della lotta globale, che pone il proletariato in quanto classe di fronte all’insieme del capitalismo, ma sarà il risultato di una serie di lotte politiche, nel senso stretto del termine e in cui, alleato successivamente a diverse frazioni politiche della borghesia, eliminerà alcune altre frazioni e giungerà, così, per gradi, per tappe, gradualmente, a indebolire la borghesia, a trionfare su di lei dividendola e battendola a pezzetti.

Che questa non sia solo una visione strategica, molto sottile e maliziosa, che ha trovato la sua formulazione nello slogan “avanzare separatamente e colpire insieme …”, ma anche una delle basi della concezione trotzkista, trova conferma nella teoria della “rivoluzione permanente” (nuova maniera), che sostiene che la permanenza della rivoluzione consideri la rivoluzione stessa come uno sviluppo permanente di avvenimenti politici che si succedono,e in cui la presa del potere da parte del proletariato è uno fra tanti altri avvenimenti intermedi, ma che non pensa che la rivoluzione sia un processo di liquidazione economica e politica di una società divisa in classi e, infine e soprattutto, che l’edificazione socialista sia possibile solo dopo la presa del potere da parte del proletariato.

E’ vero che questa concezione della rivoluzione resta, in parte, “fedele” allo schema di Marx. Ma è solo una fedeltà formale. Marx ha concepito questo schema nel 1848, all’epoca in cui la borghesia costituiva ancora una classe storicamente rivoluzionaria,  e  nel fuoco delle rivoluzioni borghesi che scoppiavano in tutta una serie di paesi d’Europa, che Marx sperava che non si arrestassero allo stadio borghese, ma scavalcate dal proletariato per proseguire il cammino fino alla rivoluzione socialista.

Se la realtà ha confutato la speranza di Marx,  essa costituiva per lui una visione rivoluzionaria spinta, in anticipo sulle possibilità storiche. Altra cosa è la rivoluzione permanente trotzkista. Fedele alla lettera, ma infedele nello spirito, il trotzkismo attribuisce, UN secolo dopo la fine delle rivoluzioni borghesi, nell’epoca dell’imperialismo mondiale, mentre la società capitalista è entrata nel suo insieme nella fase decadente, esso attribuisce a certe frazioni del capitalismo, a certi paesi capitalisti (e, come dice espressamente il Programma di Transizione, alla maggioranza dei paesi) un ruolo progressista.

Marx, già nel 1848, intendeva mettere il proletariato davanti, alla testa della società; i trotskysti, da parte loro, mettono, un secolo dopo, il proletariato a rimorchio della borghesia proclamata “progressista”. Difficilmente si potrebbe immaginare una caricatura più grottesca, una deformazione più forte di quella data dai trotskysti dello schema della  rivoluzione permanente di Marx.

Nella forma in cui Trotskij l’aveva ripresa e riformulata nel 1905, la teoria della rivoluzione permanente conservava ancora tutto il suo significato rivoluzionario. Nel 1905, all’inizio dell’era imperialista, quando il capitalismo sembrava avere avanti a sé begli anni di prosperità, in un paese fra i più arretrati dell’Europa, dove permaneva ancora tutta una superstruttura politica feudale, in cui il movimento operaio faceva i suoi primi passi, di fronte a tutte le frazioni della socialdemocrazia russa che annunciavano l’avvento della rivoluzione borghese, di fronte a Lenin che, molto condizionato, non osava andare più lontano dell’assegnare alla futura rivoluzione il compito di riforme borghesi sotto una direzione rivoluzionaria democratica degli operai e dei contadini, Trotskij aveva il merito incontestabile di proclamare che la rivoluzione sarebbe stata o  socialista – la dittatura del proletariato – o non sarebbe stata affatto.

La teoria della rivoluzione permanente insisteva sul ruolo del proletariato, ormai unica classe rivoluzionaria. Essa era una proclamazione rivoluzionaria audace, interamente diretta contro i teorici socialisti piccolo-borghesi, spaventati e scettici, e contro i rivoluzionari esitanti, che mancavano di fiducia nel proletariato.

Oggi, quando l’esperienza dei quaranta anni ha pienamente confermato questi dati teorici, in un mondo interamente capitalista e già decadente, la teoria della rivoluzione permanente “nuova maniera” è unicamente diretta contro le “illusioni” rivoluzionarie di questi irriducibili dell’ultrasinistra, la bestia nera del trotzkismo.

Oggi, l’accento è messo sulle illusioni ritardatarie del proletariato, sull’inevitabilità delle tappe intermedie, sulla necessità di una politica realista e positiva, su governi operai e contadini, su guerre giuste e rivoluzioni di emancipazione nazionale progressiste.

Questa è ormai la sorte della teoria della rivoluzione permanente tra le mani dei discepoli che non hanno saputo riprendere e assimilare che le debolezze, e niente di quella che fu la grandezza, la forza e il valore rivoluzionario del maestro.

Sostenere le tendenze e le frazioni “progressiste” della borghesia e rafforzare il cammino rivoluzionario del proletariato basandosi sullo sfruttamento della divisione e dell’antagonismo intercapitalisti, sono le due mammelle della teoria trotzkista. Abbiamo visto cosa implica la prima, vediamo ora il contenuto della seconda.

In cosa consistono le divergenze nel campo capitalista?

Innanzitutto nel come assicurare meglio l’ordine capitalista. Cioè come meglio assicurare lo sfruttamento del proletariato.

In secondo luogo nell’antagonismo degli interessi economici dei diversi gruppi componenti della classe capitalista. Trotskij, che si è spesso lasciato prendere dal suo stile immaginifico e dalle sue metafore, al punto di perdere il loro contenuto sociale reale, ha molto insistito su questo secondo aspetto. “E’ sbagliato considerare il capitalismo come un tutto unificato”, ci insegnava. “Anche la musica è un tutto, ma sarebbe un ben misero musicista quello che non sapesse distinguere una nota dalle altre.” E questa metafora egli l’applicava ai movimenti e alle lotte sociali. A nessuno può venire l’idea di non riconoscere l’esistenza di opposizione di interessi in seno alla classe capitalista e delle lotte che ne risultano. La questione è sapere il posto che occupano, nella società, le diverse lotte. Sarebbe un ben mediocre marxista rivoluzionario quello che mettesse sullo stesso piano la lotta fra le classi e la lotta tra gruppi in seno alla stessa classe.

La storia di ogni società finora esistita è storia di lotta di classe Questa tesi fondamentale del Manifesto Comunista non nega evidentemente l’esistenza di lotte secondarie dei diversi gruppi e individualità economiche all’interno delle classi, e la loro importanza relativa. Ma il motore  della storia non sta in questi fattori secondari, quanto piuttosto nella lotta tra la classe dominante e la classe dominata. Quando una nuova classe è chiamata dalla storia a sostituirsi a quella vecchia, diventata inadatta ad assicurare la direzione della società, cioè in un periodo storico di trasformazione e di rivoluzione sociale, la lotta fra queste due classi determina e domina, in maniera assoluta, categorica, ogni avvenimento sociale e ogni conflitto secondario. In tali periodi storici, come il nostro, insistere sui conflitti secondari, attraverso i quali si vuole determinare e condizionare il cammino del movimento della lotta di classe, la sua direzione e la sua ampiezza, mostra con estrema chiarezza che non si è capito niente delle questioni più elementari della sociologia marxista. Non si fa che giocare con delle astrazioni su delle note di musica, e si subordina, nei fatti, la lotta sociale storica del proletariato alle contingenze dei conflitti politici intercapitalisti.

Fondamentalmente questa politica poggia su una singolare mancanza di fiducia nelle forze del proletariato. Certamente gli ultimi tre decenni di sconfitte continue hanno tragicamente illustrato l’immaturità e la debolezza del proletariato. Ma si sbaglierebbe a cercare la fonte di questa debolezza nell’auto isolamento del proletariato, nell’assenza di una linea di condotta sufficientemente flessibile verso le altre classi, strati e formazioni politiche antiproletarie. E’ tutto il contrario. Dopo la fondazione dell’internazionale Comunista non si è fatto altro che gridare alla malattia infantile della sinistra, si è elaborata la strategia irrealista della conquista di larghe masse, della conquista dei sindacati, l’utilizzazione rivoluzionaria della tribuna parlamentare, del fronte unico politico con “il diavolo e sua madre” (Trotskij), della partecipazione al governo operaio della Sassonia …

Con quali risultati?

Disastrosi. Ad ogni nuova conquista della strategia di flessibilità seguiva una sconfitta più grande, più profonda. Per ovviare a questa debolezza del proletariato, per  “rafforzarlo”, ci si appoggiava non solo su forze politiche extraproletarie (socialdemocrazia), ma anche su forze sociali ultrareazionarie. Partiti contadini “rivoluzionari”; Conferenza internazionale dei contadini; Conferenza internazionale dei popoli coloniali. Più le catastrofi si accumulavano sulla testa del proletariato, più la malattia delle alleanze e la politica speculativa trionfava nell’I.C. Certamente si deve cercare l’origine di tutta questa politica nell’esistenza dello Stato russo, che trova la sua ragion d’essere in se stesso, non avendo per natura niente in comune con la rivoluzione socialista, opposto ed estraneo come [lo Stato] è e resta al proletariato e al suo fine di classe.

Lo Stato, per la sua conservazione e il suo rafforzamento, deve cercare e può trovare delle alleanze nelle borghesie “oppresse”, nei “popoli” e paesi coloniali e “progressisti”, perché queste categorie sociali sono per natura chiamate a costruire esse stesse lo Stato. Esso può speculare sulla divisione e i conflitti fra altri Stati e gruppi capitalisti, perché condivide con essi la stessa natura sociale e di classe.

In questi conflitti l’indebolimento di uno degli antagonisti può diventare la condizione per il suo proprio rafforzamento. Per il proletariato e la rivoluzione non è la stessa cosa. Esso non può contare su nessuno di questi alleati, non può appoggiarsi su nessuna di queste forze. Esso è solo e, cosa ancora più importante, è sempre in opposizione, in opposizione storica e irriducibile con l’insieme di queste forze ed elementi che, di fronte a lui si presentano come una unità indivisibile.

Rendere cosciente il proletariato della sua posizione della sua missione storica, non nascondergli niente sulle estreme difficoltà della sua lotta, e allo stesso tempo insegnargli che non ha scelta, che, a prezzo della sua esistenza umana e fisica, esso deve e può vincere malgrado le difficoltà, è l'unica maniera per armare il proletariato per la vittoria.

Ma cercare di sminuire le difficoltà, cercando per il proletariato dei possibili (anche temporaneamente) alleati, presentando altre classi come forze “progressiste”, su cui poter appoggiare la propria lotta,  significa ingannarlo per consolarlo, disarmarlo, fuorviarlo.

Ed è effettivamente questa la funzione del movimento trotzkista all’ora attuale.

Marc

“Bravo Abd-El-Krim” ovvero la piccola storia del trotzkismo (Internationalisme n°24 – luglio 1947)

Certe persone soffrono di un sentimento di inferiorità, altre di un sentimento di colpa, altre ancora di mania di persecuzione. Il trotzkismo, da parte sua, è afflitto da una malattia che si potrebbe chiamare il “difensismo”. Tutta la storia del trotzkismo gira intorno alla “difesa” di qualche cosa. E quando disgraziatamente succede che passano delle settimane vuote in cui i trotzkisti non trovano niente o nessuna persona da difendere, diventano letteralmente malati. Li si vede allora con l’espressione triste, abbattuta, con gli occhi stralunati, che guardano dappertutto come i tossicomani che cercano la loro dose quotidiana: una causa o una vittima di cui poter prendere la difesa.

Grazie a Dio esiste una Russia che un giorno ha conosciuto la rivoluzione. Così potrà servire ai trotzkisti per alimentare fino alla fine dei giorni il loro bisogno di difesa. Qualunque cosa diventi la Russia, i trotzkisti resteranno assolutamente per la “difesa dell’URSS” perché essi hanno trovato nella Russia una fonte inesauribile per soddisfare il loro vizio “difensista”.

Ma non ci sono solo le grandi cause che contano. Per riempire la vita del trotzkismo, gli ci vuole, in aggiunta alla grande, immortale, incondizionata “difesa dell’URSS” – che resta il fondamento e la ragion d’essere del trotzkismo – la piccola “difesa giornaliera”

Il capitalismo, nella sua fase di decadenza, scatena una distruzione generalizzata, tale che oltre che sul proletariato, vittima di sempre del regime, la repressione e il massacro si ripercuotono, moltiplicandosi, in seno alla stessa classe capitalista. Hitler massacra i borghesi repubblicani, Churchill e Truman impiccano e fucilano i Goering e compagni, Stalin mette tutti d’accordo massacrando gli uni e gli altri. Il caos sanguinoso generalizzato, lo scatenamento di una bestialità perfezionata e di un sadismo raffinato, sconosciuto prima, sono la conseguenza inevitabile dell’impossibilità del capitalismo di superare le sue contraddizioni, e dell’assenza di una volontà cosciente del proletariato per farlo morire. Che Dio sia lodato! Che fortuna per i nostri ricercatori di cause da difendere! I nostri trotzkisti sono a loro agio. Ogni giorno si presentano nuove occasioni per i nostri moderni cavalieri, che  permettono loro di manifestare apertamente la loro generosa natura di raddrizzatori di torti e di vendicatori degli offesi.

Gettiamo un colpo d’occhio sulla storia del trotzkismo

Nell’autunno del 1935 l’Italia comincia una campagna militare contro l’Etiopia. Si tratta indubbiamente di una guerra imperialista di conquista coloniale che oppone un paese capitalista avanzato, l’Italia, ad un paese arretrato, l’Etiopia, economicamente e politicamente ancora semi-feudale. L’Italia, è il regime di Mussolini, l’Etiopia è il regime del Negus, il “re dei re”. Ma la guerra italo - etiopica è qualcosa di più di una semplice guerra coloniale di tipo classico. E’ la preparazione, il preludio alla guerra mondiale che si annuncia. Ma i trotzkisti non hanno bisogno di guardare così lontano. A loro basta sapere che Mussolini è il “cattivo aggressore” con il “povero regno” del Negus per prendere immediatamente la difesa “incondizionata” dell’indipendenza nazionale dell’Etiopia. E in che modo! Essi si uniscono al coro generale (soprattutto il coro del blocco “democratico” anglosassone che è in formazione e che si cerca) per reclamare sanzioni internazionali contro “l’aggressione fascista”. Più difensori di chiunque altro, senza aver bisogno di lezioni da nessuno, essi rimproverano e denunciano la difesa insufficiente, a loro avviso, da parte della Società delle Nazioni[9], e chiameranno gli operai del mondo ad assicurare la difesa dell’Etiopia e del  Negus. E’ vero che la difesa trotzkista non ha portato granché al Negus, che nonostante questa difesa è stato battuto. Ma, per essere giusti, non si può imputare questa sconfitta ai trotzkisti, perché quando si tratta di difesa, anche quella di un Negus, essi non si risparmiano, sono sempre e convintamente là!

Nel 1936 la guerra si scatena in Spagna. Sotto forma di “guerra civile” interna, dividendo la borghesia spagnola in clan franchista e clan repubblicano, si ha la ripetizione generale in vista della guerra mondiale imminente con la vita e il sangue degli operai. Il governo repubblicano-stalinista-anarchico è in una posizione di inferiorità militare manifesta. I trotskysti naturalmente volano in soccorso della repubblica “in pericolo contro il fascismo”. Una guerra non può evidentemente proseguire con l’assenza di combattenti e senza materiali. Rischia di fermarsi. Turbati da una tale prospettiva, che avrebbe eliminato la possibilità di una difesa, i trotzkisti impiegano tutte le loro forze per reclutare dei combattenti per le brigate internazionali e si impegnano a fondo per l’invio “dei cannoni in Spagna”. Ma il governo repubblicano significa gli Azana, i Negrin, gli amici di ieri e di domani di Franco contro la classe operaia. I trotzkisti non fanno tanta attenzione! Essi non mercanteggiano il loro aiuto. Si è o a favore o contro la Difesa. Noi trotzkisti siamo neo—difensori. Un punto vale per tutto.

Nel 1938 la guerra si scatena in Estremo Oriente. Il Giappone attacca la Cina di Chang Kai-Sheck. Ah! Allora non ci sono esitazioni possibili: “Tutti come un sol uomo per la difesa della Cina”. Trotskij stesso spiegherà che non è il momento di ricordarsi il sanguinoso massacro di migliaia e migliaia di operai di Shangai e di Canton da parte degli eserciti di questo stesso Chang Kai-Sheck durante la rivoluzione del 1927. Non fa niente che il governo di Chang Kai-Sheck è un governo capitalista al soldo dell’imperialismo americano e che, nello sfruttamento e la repressione degli operai, non ha niente da invidiare al regime giapponese, questo non importa davanti al superiore principio dell’indipendenza nazionale. Il proletariato internazionale mobilitato per l’indipendenza del capitalismo cinese resta pur sempre dipendente … dall’imperialismo yankee, ma il Giappone ha effettivamente perso la Cina ed è stato battuto. I trotzkisti possono essere contenti. Hanno realizzato almeno la metà dei loro obiettivi. È vero che questa vittoria antigiapponese[10] è costata qualche decina di milioni di operai massacrati per 7 anni su tutti i fronti del mondo durante l’ultima guerra mondiale. E’ vero che gli operai in Cina come dappertutto continuano ad essere sfruttati e massacrati ogni giorno. Ma questo conta di fronte all’indipendenza (tutta relativa) assicurata alla Cina?

1939 – la Germania di Hitler attacca la Polonia. Avanti nella difesa della Polonia! Ma ecco che lo Stato “operaio” russo attacca anch’esso la Polonia, in più fa la guerra alla Finlandia e strappa con la forza dei territori alla Romania.  Questo inceppa un po’ i cervelli trotskysti che, come gli stalinisti, non ritrovano completamente i loro sensi che dopo l’apertura delle ostilità tra la Russia e la Germania. Allora tutto diventa semplice, troppo semplice, tragicamente semplice. Per 5 anni i trotzkisti chiameranno i proletari di tutti i paesi a farsi massacrare per la “difesa dell’URSS”. Essi combatteranno il governo di Vichy che vuole mettere al servizio della Germania l’impero coloniale francese e rischia così “la sua unità”. Combatteranno Petain e gli altri Quisling[11]. Negli Stati Uniti essi reclameranno il controllo dell’esercito da parte dei sindacati al fine di meglio assicurare la difesa degli Stati Uniti contro la minaccia del fascismo tedesco. Parteciperanno a tutti i gruppi della Resistenza, in tutti i paesi. Questo sarà il periodo dell’apogeo della “difesa”.

La guerra può anche finire, mentre il profondo bisogno della “difesa” per i trotzkisti è infinito. I diversi movimenti di nazionalismo esasperato, i sollevamenti nazionalisti borghesi nelle colonie, tutte espressioni del caos mondiale che ha seguito la cessazione ufficiale della guerra e che sono utilizzati e fomentati un po’ dappertutto dalle grandi potenze per i loro interessi imperialisti, continueranno a fornire a sufficienza materia da difendere per i trotzkisti. Sono soprattutto i movimenti borghesi coloniali, in cui, sotto le bandiere della “liberazione nazionale” e della “lotta contro l’imperialismo” (tutta verbale), si continua a massacrare decine di migliaia di lavoratori, che  segneranno il culmine dell’esaltazione della difesa da parte dei trotzkisti.

In Grecia i due blocchi russo e angloamericano si affrontano per il dominio dei Balcani, sotto il colore locale di una guerra partigiana contro il governo ufficiale: i trotzkisti partecipano alla danza. “Giù il cappello davanti alla Grecia! ” urlavano, e annunciano la buona notizia ai proletari della costituzione delle brigate internazionali sul territorio jugoslavo del “liberatore” Tito[12] in cui essi invitano gli operai a irreggimentarsi per liberare la Grecia.

Con non meno entusiasmo, essi rinnovano i loro eroici fatti d’armi in Cina, nei ranghi dell’esercito cosiddetto comunista e che di comunista ha lo stesso del governo russo di Stalin di cui è l’emanazione.

L’Indocina, in cui i massacri sono ugualmente ben organizzati, sarà un’altra terra di elezione per la difesa trotzkista della “indipendenza nazionale del  Vietnam”. Con lo stesso slancio generoso, i trotzkisti sosterranno e difenderanno il partito nazionale borghese del Destur, in Tunisia, dal partito nazionale borghese, PPA, algerino. Essi scopriranno le virtù liberatrici del MDRM, movimento borghese nazionalista del Madagascar. L’arresto, da parte dei loro compari del governo capitalista francese, dei consiglieri della Repubblica e dei deputati del Madagascar, suscita l’indignazione dei trotskysti. Ogni settimana La Verité sarà riempita dagli appelli per la difesa dei “poveri” deputati malgasci, “Liberate Ravoahanguy, liberate Raharivelo, liberate Roseta! “ Le colonne del giornale saranno insufficienti per contenere tutte le “difese” che i trotzkisti devono sostenere. Difesa del partito stalinista minacciato negli Stati Uniti! Difesa del movimento pan-arabo contro il sionismo colonizzatore ebreo in Palestina, e difesa degli oltranzisti della colonizzazione nazionalista ebrea, i leader terroristi dell’Irgun, contro l’Inghilterra! Difesa della Gioventù Socialista contro il Comitato Dirigente della SFIO.

Difesa della SFIO contro il neo-socialista Ramadier.

Difesa della CGT contro i suoi capi.

Difesa delle “libertà …” contro le minacce “fasciste” di De Gaulle.

Difesa della Costituzione contro la Reazione.

Difesa del governo PS-PC-CGT contro il MRP.

E, sopra tutto, difesa della “povera” Russia di Stalin, MINACCIATA DI ACCERCHIAMENTO (!) dagli Stati Uniti.

Poveri, poveri trotzkisti, sulle cui deboli spalle pesa il pesante carico di tante “difese” !

Il 31 maggio scorso si è prodotto un avvenimento alquanto sensazionale: Abd-El-Krim, il vecchio capo del Rif[13], bruciava la gentilezza del governo francese, evadendo nel corso del suo trasferimento in Francia. Questa evasione fu preparata ed eseguita con la complicità di re Faruk d’Egitto, che gli ha dato un asilo, lo si può dire, regale e anche con l’indifferenza benevolente degli Stati Uniti. La stampa e il governo francese sono costernati. La situazione della Francia nelle sue colonie è poco sicura, per potervi aggiungere dei motivi di turbamento. Ma più che un pericolo reale, l’evasione di Abd-El-Krim è soprattutto un avvenimento che ridicolizza un po’ di più la Francia il cui prestigio nel mondo è già sufficientemente indebolito. Da qui le recriminazioni di tutta la stampa che si dispiaceva dell’eccesso di fiducia verso Abd-El-Krim del  governo democratico francese, con una evasione a dispetto della parola d’onore data.

Avvenimento “formidabile” per i nostri trotskysti, trepidanti di gioia e di entusiasmo. La Verité del 6 giugno, con il titolo “Bravo Abd-El-Krim” si intrattiene su quello che “… conduceva l’eroica lotta del popolo marocchino …”  e per spiegare la grandezza rivoluzionaria del suo gesto. “Se voi avete, scrive La Verité, ingannato questi signori dello Stato Maggiore e del Ministero delle Colonie, voi avete fatto bene. Bisogna saper ingannare la borghesia, mentirle, giocare d’astuzia con essa, insegnava Lenin ….” Ecco Abd-El-Krim trasformato in allievo di Lenin, nell’attesa di diventare un membro d’onore del Comitato Esecutivo della IV Internazionale!

I trotzkisti assicurano al “vecchio combattente del Rif, che come per il passato vuole l’indipendenza del suo paese” che “finchè Abd-El-Krim si batterà, tutti i comunisti del mondo gli presteranno aiuto ed assistenza”. E concludono: “Quello che ieri dicevano gli stalinisti, noi trotzkisti lo ripetiamo oggi”.

In effetti, in effetti non lo si poteva dire meglio!

Noi non rimproveriamo ai trotzkisti di “ripetere oggi quello che gli stalinisti dicevano ieri” e fare quello che gli stalinisti hanno sempre fatto. Non vogliamo contestare ai trotskysti di “difendere” quelli che vogliono. Questo è senz’altro il  loro ruolo.

Ma che ci sia permesso di esprimere un auspicio, uno solo. Dio mio! Che il bisogno di difesa dei trotzkisti non si rivolga mai al proletariato. Perché con questo tipo di difesa, il proletariato non si risolleverebbe mai più.

L’esperienza dello stalinismo gli basta ampiamente!

Marc



[1] Leggere la nostra brochure La Gauche Communiste de France.

[2] Leggere il nostro articolo, La Gauche Communiste et la continuité du marxisme.

[3] Leggere in proposito il primo capitolo de La Gauche Communiste de France: I tentativi abortiti di creazione di una Sinistra Comunista di Francia.

[4] [Nota della redazione] Un riferimento particolare deve essere fatto a Munis che romperà con il trotskysmo sulla base della difesa dell’internazionalismo proletario. Vedere in proposito il nostro articolo della Révue internationale n° 58, A la mémoire de Munis, un militant de la classe ouvrière.

[5] [Nota della redazione] Si tratta dell’offensiva russa del 1939 che, oltre alla Finlandia, ha riguardato anche la Polonia (già invasa da Hitler), i paesi Baltici e la Romania.

[6] E’ del tutto caratteristico che il gruppo Johnson-Forest, che si è appena scisso dal partito di Schachtman e che si considera “molto a sinistra” per il fatto che rigetta sia la difesa dell’URSS che le posizioni antirusse di Schachtman, poi critichi severamente i trotzkisti francesi che non avrebbero partecipato abbastanza attivamente alla “Resistenza”. Ecco un esempio della coerenza del trotzkismo.

[7] [Nota della redazione] Forze Francesi dell’Interno, insieme di raggruppamenti militari della Resistenza interna francese che si erano costituite nella Francia occupata e poste, nel marzo del 1944, sotto il comando del generale Koenig e l’autorità politica del generale De Gaulle.

[8] [Nota della redazione] Partito Comunista Internazionalista, risultato del raggruppamento, nel 1944, fra il Partito Operaio internazionalista e Comitato Comunista Internazionalista.

[9] [Nota della Redazione] Società delle nazioni, precursore nell’anteguerra delle Nazioni Unite.

[10] Leggere, per esempio, ne La Verité del 20/06/1947, in “La lotta eroica dei trotzkisti cinesi”: “Nella provincia del Cantung, i nostri compagni divennero i migliori combattenti della guerriglia … Nella provincia del Kiang-Si,… i trotzkisti sono salutati dagli stalinisti come ‘i più leali’ combattenti antigiapponesi …”.

[11] [Nota della Redazione] Vidkun Quisling fu il dirigente del Nasjonal Samling (partito nazista) norvegese e dirigente del governo fantoccio messo su dai Tedeschi dopo l’invasione della Norvegia.

[12] [Nota della Redazione] Josip Broz Tito, fu uno dei principali responsabili della resistenza jugoslava, e prese il potere in Jugoslavia alla fine della guerra.

[13] [Nota della Redazione] Abd-el-Krim El Khattabi, (nato verso il 1882 a Ajdir in Marocco, morto il 6 febbraio 1963 al Cairo in Egitto) condusse una lunga resistenza contro l’occupazione coloniale del Rif – regione montagnosa del nord del Marocco – prima degli spagnoli, poi dei francesi e riuscì a costituire una “Repubblica confederata delle tribù del Rif” nel 1922. La guerra per schiacciare questa nuova repubblica fu condotta da un esercito di 450.000 uomini messo su dai governi francese e spagnolo. Vedendo la sua causa persa, Abd-El-Krim si consegnò prigioniero di guerra per risparmiare le vite dei civili, cosa che non impedì ai francesi di bombardare i villaggi con gas tossico provocando così 150.000 morti civili. Abd-El-Krim è esiliato alla Réunion a partire dal 1926 in cui visse in una residenza sorvegliata, ma riceve il permesso di venire a vivere in Francia nel 1947. Quando la sua nave fece scalo in Egitto, riuscì a sfuggire alla sorveglianza dei suoi guardiani, e finì la sua vita al Cairo.

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