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1. La questione del Partito Comunista e dei suoi rapporti con la classe deve essere affrontata nel quadro dei nostri testi di base sulla funzione dell’organizzazione dei rivoluzionari ed in coerenza con questa visione[1].
2. Il Partito Comunista è una parte della classe, un organismo che essa produce nel proprio movimento come strumento per lo sviluppo della sua lotta storica fino alla vittoria: la trasformazione radicale dell'organizzazione e dei rapporti sociali per fondare una società che realizzi l’unità della comunità umana: ognuno per tutti e tutti per uno.
3. In opposizione alla tesi difesa da Lenin nel “Che fare?” sul Partito “al servizio della classe” e contro le caricature stupide del “leninismo” di cui si sono fatte sostenitrici le diverse tendenze del bordighismo secondo cui “è il partito che fonda la classe”, affermiamo, con Rosa Luxemburg, che “il partito è un prodotto della classe stessa” nella misura in cui la costituzione del Partito traduce ed esprime sia il processo di presa di coscienza che avviene nella lotta di classe che il grado di coscienza cui la classe è giunta. Questa formulazione non ha nulla in comune con quell'altra concezione proveniente dal bordighismo rovesciato che durante gli anni 70 trovava la sua espressione più compiuta nella rivista Invariance, concezione secondo cui “il Partito è la classe”. Una simile concezione semplicista sostituisce il Tutto, l’Unità del Tutto ed il suo movimento reale con una stretta identificazione degli elementi, ignorando le differenze che esistono e si producono, ed il legame dialettico tra questi elementi nel seno stesso dell’unità di cui sono parte integrante.
4. Questa concezione che identifica partito e classe non può comprendere il ruolo che giocano i differenti elementi all’interno dell’unità di cui fanno parte. Essa non vede il movimento, è statica e fondamentalmente astorica. Questa concezione raggiunge l’idealismo ed il moralismo dei modernisti (gli epigoni moderni del consiliarismo in degenerazione) che operano con la vecchia dicotomia tra bianco e nero, bene e male e per i quali ogni organizzazione politica in seno alla classe è, per definizione, il male assoluto.
5. Il difetto principale del consiliarismo della sinistra olandese, sotto l’influenza di Pannekoek, sta nell’attribuire a correnti e gruppi che sorgono dalla classe una funzione unicamente educatrice e pedagogica. Nei fatti esso rifiuta il loro ruolo politico: quelle di costituire una parte cosciente militante in seno alla classe, che elabora e difende al suo interno posizioni comuniste coerenti cristallizzate in un programma, il programma comunista, in vista del quale questi gruppi agiscono in modo organizzato. Attribuendo loro una funzione educativa e non di difesa di un programma comunista, Pannekoek dà alla sua organizzazione comunista il ruolo di Consigliere della classe, raggiungendo cosi la visione di Lenin di un’organizzazione al servizio della classe. Le due concezioni si ritrovano così nella negazione dell’idea che il Partito fa parte della classe, è uno degli organismi attivi della classe.
6. La società politica è il mondo sociale unito dell’umanità che si è perduto, dividendosi in classi, ed al quale l’umanità, attraverso il proletariato e la sua lotta, cerca faticosamente di arrivare. In questo senso, la lotta del proletariato assume ancora necessariamente un carattere politico (in quanto si tratta ancora della lotta di una classe).
In effetti, la lotta del proletariato è fondamentalmente sociale nel senso pieno del termine. Essa conduce, nel suo trionfo, alla dissoluzione di tutte le classi e della stessa classe operaia nella comunità umana ricostituita a livello planetario. Tuttavia questa soluzione sociale passa necessariamente per la lotta politica - finalizzata a stabilire il potere del proletariato sulla società - per cui la classe operaia si dà gli strumenti che sono le organizzazioni rivoluzionarie, i partiti politici.
7. La formazione di forze politiche che esprimono e difendono interessi di classe non è una caratteristica esclusiva del proletariato.
Tutte le classi della storia producono forze politiche il cui grado di sviluppo, di strutturazione e definizione corrisponde all’immagine delle classi di cui sono emanazione. Queste forze trovano la loro forma più compiuta nella società capitalistica – l’ultima società di classi nella storia - in cui le classi sociali conoscono il loro sviluppo più completo, in cui gli antagonismi che le oppongono si manifestano con più chiarezza.
Tuttavia, se esistono innegabilmente punti comuni tra i partiti del proletariato e quelli delle altre classi - soprattutto della borghesia - le differenze che 1i contrappongono sono considerevoli.
Come per le altre classi storiche del passato, l’obiettivo della borghesia, nel fondare il suo potere sulla società, non era di abolire lo sfruttamento, ma di perpetuarlo sotto altre forme, non era di sopprimere la divisione della società in classi, ma di instaurare una nuova società di classi, non era di distruggere lo Stato, ma al contrario di perfezionarlo. Il tipo di organismi politici che la borghesia si dà, il loro modo di azione e di intervento nella società sono direttamente determinati da questi obiettivi. I partiti borghesi sono partiti statali che hanno per ruolo specifico la presa e l’esercizio del potere di Stato come emanazione e garante della perpetuazione della divisione della società in classi.
Il proletariato invece è l’ultima classe della storia, quella per cui la presa del potere politico ha come obiettivo l’abolizione della divisione della società in classi e l’eliminazione dello Stato, espressione di questa divisione. In questo senso, i partiti del proletariato non sono partiti statali. La loro vocazione non è la presa e l’esercizio del potere di Stato, il loro fine ultimo è invece la scomparsa dello Stato e delle classi.
8. Bisogna mettere in guardia contro le interpretazioni abusive della frase infelice del Manifesto Comunista (comprensibile solo nel contesto precedente al 1848) in cui è detto che “i comunisti non formano un partito distinto...”.
Presa alla lettera, questa frase è in contraddizione evidente con il fatto che questo era il manifesto di un’organizzazione che si denominava proprio Lega dei Comunisti, a cui serviva da programma. E’ tanto più sorprendente questa frase in quanto formulata da due uomini, Marx ed Engels, che sono stati durante la loro vita sia militanti del movimento generale della classe che uomini di partito e di azione politica.
IL LEGAME TRA LA VITA DELLA CLASSE E QUELLA DELLE SUE ORGANIZZAZIONI POLITICHE
9. In quanto parte del movimento generale della classe che li fa nascere, i partiti evolvono con lo sviluppo della lotta della classe. Come ogni organismo vivente, questi partiti politici del proletariato hanno una storia che è indissolubilmente legata alla storia del movimento generale della classe, con i suoi momenti alti di lotta ed i suoi riflussi momentanei.
Non si può studiare e comprendere la storia di questo organismo, il Partito, se non nel contesto generale delle differenti tappe percorse dal movimento della classe, dei problemi che si pongono al proletariato, della sua faticosa presa di coscienza, della sua capacità in un determinato momento di rispondere adeguatamente ai propri problemi, di trarre le lezioni della propria esperienza e di farne un nuovo trampolino per la lotta futura.
Se i partiti politici sono un fattore di prim’ordine dello sviluppo della classe, sono anche un’espressione dello stato reale di quest’ultima ad un dato momento della sua storia.
10. Lungo il suo movimento, la classe è stata sottomessa al peso dell’ideologia borghese, che tende a deformare, corrompere i partiti proletari, snaturare la loro vera funzione. A questa tendenza si sono opposte le frazioni rivoluzionarie, che si sono date il compito di elaborare, chiarificare, precisare le posizioni comuniste. Questo vale soprattutto per la Sinistra Comunista uscita dalla Terza Internazionale. La comprensione della questione del partito passa necessariamente per l’assimilazione dell’esperienza e degli apporti di questa Sinistra Comunista Internazionale.
Alla Frazione Italiana della Sinistra Comunista (FIGC) spetta però il merito specifico di aver messo in evidenza la differenza qualitativa che si pone nel processo di organizzazione dei rivoluzionari secondo i periodi: quello dello sviluppo della lotta di classe e quello delle sue sconfitte. La FIGC ha delineato con chiarezza, per ognuno dei due periodi, la forma presa dall’organizzazione dei rivoluzionari ed i compiti corrispondenti: nel primo caso, la forma del partito, in grado di esercitare un’influenza diretta ed immediata nella lotta della classe; nel seconde caso, quello di un’organizzazione numericamente ridotta, la cui influenza è ben più debole e poco attiva nella vita immediata della classe. Questo tipo di organizzazione, cui la FIGC dà il nome di Frazione, costituisce un legame ed una cerniera tra due periodi di sviluppo della lotta di classe, un ponte organico tra il vecchio ed il futuro Partito.
La Frazione italiana ha combattuto le incomprensioni di un Trotskij che credeva di poter creare un Partito ed un’Internazionale in qualsiasi situazione - ad esempio negli anni ‘30 - e che ha finito per produrre solo ulteriori scissioni e dispersioni delle forze rivoluzionarie. Nei fatti la Frazione risponde anche alle false posizioni sviluppate in seguito da Bordiga, il quale cade in astrazioni vuote di senso ed in sofismi quali “l’invarianza del programma” e la distinzione tra “partito formale” e “partito storico”[2].
Contro queste differenti aberrazioni, la Frazione italiana della Sinistra Comunista ha dimostrato la validità della sua tesi, fondandosi sulla solida base dell’esperienza di un secolo di storia del movimento operaio e delle sue organizzazioni.
11. La storia reale ci mostra che il partito di classe vive attraverso un movimento ciclico che conosce le fasi della nascita, dello sviluppo e dell’estinzione. Estinzione che si manifesta con la sua degenerazione interna, il suo passaggio al campo nemico o ancora la sua scomparsa pura e semplice e a cui seguono degli intervalli più o meno lunghi, fino a che non si presentano di nuovo le condizioni per la sua rinascita. Questo è vero sia per il periodo premarxista - a partire da Babeuf e dalla formazione in seguito di organizzazioni rivoluzionarie - sia durante la vita e l’attività di Marx ed Engels, sia dopo la loro morte, fino ai nostri giorni. La Lega dei Comunisti ha vissuto solo 5 anni (1847-1852), la Prima Internazionale 9 anni (1864-1873), la Seconda 25 anni (1889-1914), la Terza 8 anni (tenendosi larghi, 1919-1927). Se esiste un legame evidente di continuità (la loro continuità deriva dal fatto che erano tutti organismi della stessa classe, momenti successivi di questa unità che è la classe) non esiste invece alcuna stabilità, alcuna fissità di questo organismo chiamato Partito.
La pseudo teoria bordighista sul “Partito storico” ed il “Partito formale” è intrisa di misticismo. Secondo questa teoria, il “Partito storico” - proprio come il Programma – sarebbe un dato fisso, immutabile, invariante. Ma questo Partito non potrebbe manifestare la sua realtà che nel Partito “formale”.
Ma che accade quando il “formale” scompare? Diventa invisibile ed inoperante, ma tuttavia sussiste, non si sa dove, perché immortale. Ritroviamo qui i temi e gli interrogativi della filosofia idealista e religiosa che separa lo spirito e la materia, l’anima ed il corpo, l’uno nella beatitudine eterna e l’altro nella mortalità.
12. Nessuna teoria illuminista, volontarista, della generazione spontanea o dell’intelligenza geniale, potrebbe spiegare il fenomeno della nascita e dell’esistenza del Partito, ed ancor meno le ragioni della sua periodicità, dell’ordine di successione delle sue differenti fasi. Solo un dinamica che tiene conto del movimento reale della lotta di classe, esso stesso condizionato e determinato dall’evoluzione del sistema capitalista e dalle sue contraddizioni, può dare una risposta valida al problema del Partito, inserendolo nella realtà del movimento della classe.
13. Lo stesso criterio deve essere applicato quando si esamina la variabilità, constatata nella storia, di certe funzioni del Partito.
Allo stesso modo in cui la filosofia, nell’antichità, inglobava discipline diverse, il Partito, prodotto del movimento di classe del proletariato, assicura, ai suoi inizi nella storia, la realizzazione di un gran numero di compiti nella classe, in particolare:
- è il crogiuolo dell’elaborazione teorica della classe;
- rende espliciti gli obiettivi finali potenzialmente presenti nelle lotte proletarie;
- è un organo attivo, militante nella classe, in prima fila nella difesa dei suoi interessi immediati - economici e politici;
- è educatore, con una molteplicità e diversità di interventi nella classe che assicurano questa educazione a tutti i livelli, con la stampa e con conferenze, con 1’organizzazione di corsi serali, la creazione di università operaie etc.
- combatte con accanimento e senza sosta le idee, i pregiudizi dell’ideologia borghese che penetrano continuamente nelle teste degli operai per ostacolare la loro presa di coscienza;
- fa agitazione, organizzando e moltiplicando manifestazioni operaie, assemblee, riunioni ed altre azioni della classe;
- è organizzatore, creando, moltiplicando e sostenendo ogni tipo di associazioni operaie, culturali e di difesa delle condizioni materiali immediate (mutuo soccorso, cooperative di produzione, casse di sciopero, di solidarietà finanziaria) e soprattutto la formazione di organizzazioni unitarie e permanenti di difesa degli interessi immediati economici della condizione operaia: i sindacati;
- garantisce, soprattutto attraverso la presenza di rappresentanti operai nei parlamenti, la lotta per riforme politiche nell’interesse immediato degli operai.
QUATTRO GRANDI TAPPE NELLA VITA DEL PROLETARIATO 1848, 1870, 1914, 1917
14. La storia degli ultimi 140 anni ha visto quattro grandi sconvolgimenti del capitalismo:
- 1848: conclusione del ciclo delle rivoluzioni antifeudali della borghesia;
- 1870: conclusione, con la guerra franco-prussiana, della costituzione delle grandi unità economico-politiche del capitalismo, le nazioni, e apertura di una lunga epoca di espansione capitalista attraverso il mondo - il colonialismo;
- 1914: punto culminante della fase imperialista. L’inasprimento delle contraddizioni del sistema e la sua entrata nella fase di declino con la prima guerra mondiale;
- 1917: esplosione del sistema che pone la necessità della trasformazione sociale a breve termine.
15. Come ha reagito il proletariato a questi 4 avvenimenti capitali?
1848: dietro la borghesia appare l’ombra gigantesca del giovane proletariato (giornate di giugno, sollevamento degli operai di Parigi), avvenimento annunciato qualche mese prima dalla costituzione della Lega dei Comunisti.
Primo vero Partito del proletariato moderno, questa organizzazione, in rottura con il romanticismo delle società corporative, annuncia e dimostra in un Programma coerente, attraverso la critica del capitalismo (“II Manifesto”), 1’inevitabile crollo di questo sistema sotto il peso delle sue insormontabili contraddizioni interne. La Lega designa il proletariato come soggetto della soluzione storica, soggetto che, con la sua rivoluzione, dovrà mettere fine alla lunga divisione della società umana in classi antagoniste e dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo. In opposizione ad ogni fraseologia rivoluzionaria ed al volontarismo, la Lega riconosce, nel 1852, la vittoria del capitalismo sulle prime sollevazioni operaie in una situazione di immaturità storica delle condizioni essenziali per il trionfo della Rivoluzione Socialista. In questa situazione nuova di sconfitta la Lega deve inevitabilmente scomparire come organizzazione attiva e centralizzata.
1870: i militanti della Lega non sono scomparsi. Nell’attesa della maturazione delle condizioni di una nuova ondata di lotte operaie, essi hanno mantenuto un lavoro di elaborazione teorica, di assimilazione delle esperienze sviluppate nel seno della classe nella grande convulsione sociale del 1848. Da parte sua la borghesia, ripresasi da questa convulsione, ha proseguito a grandi passi il suo sviluppo e la sua espansione. Circa 15 anni dopo, ci troviamo di fronte ad un proletariato più numeroso, presente anche in altri paesi, più maturo e deciso ad intraprendere grandi battaglie, certo non ancora per una rivoluzione (per 1’immaturità delle condizioni oggettive necessarie per questo obiettivo) ma sicuramente per la difesa delle sue condizioni economiche di esistenza immediata. In questo contesto, per iniziativa degli operai di Francia e di Inghilterra, viene fondata nel 1864 la Prima Internazionale, che raggruppa decine di migliaia di operai di tutti i paesi industrializzati o in via di industrializzazione, dall’America alla Russia. I vecchi militanti della Lega dei Comunisti si ritroveranno naturalmente nelle file di questa Associazione Internazionale dei Lavoratori (A.I.T.), in cui occuperanno i posti di maggiore responsabilità, con Marx alla testa.
Di anno in anno, in tutti gli angoli del mondo, 1’Internazionale diventerà la bandiera di operai sempre più numerosi, sempre più combattivi, al punto di diventare una preoccupazione crescente per tutti i governi di Europa. In questa organizzazione generale della classe si scontreranno la corrente marxista, autentica espressione del proletariato, e la corrente anarchica di Bakunin, rappresentante dell’ideologia piccolo-borghese che ha ancora una grande influenza tra i proletari della prima generazione e gli artigiani semi-proletarizzati.
La guerra franco-prussiana, la sconfitta miserevole del secondo Impero e la sua caduta in Francia, il tradimento della borghesia repubblicana, la miseria e la fame degli operai parigini accerchiati da Bismarck, la provocazione del Governo... tutto spingeva gli operai parigini ad uno scontro armato prematuro per farla finita con il governo borghese e proclamare la Comune.
La sconfitta della Comune era inevitabile. Se da un lato essa testimoniava la combattività e la volontà esasperata della classe operaia all’assalto contro il capitale ed il suo Stato, lasciando alle generazioni operaie future un insegnamento inestimabile, la sua sconfitta in un immenso bagno di sangue aveva come conseguenza immediata 1’irrimediabile scomparsa dell’Internazionale.
1914: il sanguinoso trionfo del capitale, il massacro della Comune e la scomparsa successiva dell’Internazionale dovevano pesare per lunghi anni e segnare tutta una generazione di proletari. Solo dopo che le ferite si sono cicatrizzate, il proletariato riprende lentamente fiducia in sé stesso e nella sua capacità di affrontare il capitale.
A poco a poco si ricostituiscono le organizzazioni della classe: Borse di Lavoro, sindacati, partiti politici, che tenderanno a centralizzarsi, a livello nazionale prima e poi a livello internazionale, dando luogo nel 1889 (18 anni dopo la Comune) alla costituzione della Seconda Internazionale, organizzazione strettamente politica.
Ma il mondo capitalista si trova in quel momento all’apogeo del suo sviluppo a livello internazionale e trae il massimo profitto da un mercato che sembra illimitato. E’ l’età d’oro del colonialismo, dello sviluppo dei mezzi di produzione e del plusvalore relativo che si sostituisce al plusvalore assoluto.
La lotta del proletariato per la diminuzione della giornata di lavoro, per l’aumento dei salari, per riforme politiche, è notevolmente pagante. Questa situazione sembra dover continuare all’infinito, sfociando nell’illusione che, con una serie di riforme, il mondo capitalista potrebbe trasformarsi gradualmente in una società socialista. Questa illusione è il riformismo, malattia che penetrerà profondamente nella testa degli operai e nelle loro organizzazioni sia politiche che economiche (soprattutto economiche) rodendo la coscienza della classe e facendole perdere di vista il suo fine storico e la sua pratica rivoluzionaria.
Il trionfo del riformismo costituirà alla fine la sconfitta del proletariato. Sarà un trionfo per la borghesia averlo conquistato ai suoi valori, prima di tutto patriottici, nazionalisti, corrompendo definitivamente le sue organizzazioni, partiti e sindacati, passati senza possibilità di ritorno nel campo del capitale.
1917: addormentato, cloroformizzato, tradito dal passaggio delle sue organizzazioni nel campo borghese, ubriacato dal nazionalismo e dal patriottismo di cui la borghesia inietta dosi massicce, il proletariato, mobilitato nella guerra, si risveglierà nel fracasso assordante degli obici, al centro di milioni di cadaveri di suoi fratelli, immerso in un oceano di sangue, del suo sangue. Gli sono stati necessari tre anni di cataclisma di guerra imperialista per disintossicarsi e cominciare a prendere coscienza della realtà.
Il 1917 era la prima esplosione di un’ondata rivoluzionaria che durerà anni. Nel corso di questa esplosione il proletariato sarà condotto a ricostruire nuove organizzazioni di classe corrispondenti ai suoi nuovi compiti: non più i sindacati divenuti inadeguati ormai nel periodo di decadenza del capitalismo, ma i Consigli Operai. Nessuna rifondazione della Socialdemocrazia, ormai persa e passata nel campo nemico, ma un Partito Comunista mondiale (la Terza Internazionale) all’altezza del compito che si imponeva: contribuire alla marcia verso la rivoluzione mondiale del proletariato.
Saranno le Frazioni e le minoranze di sinistra uscite dalla Seconda Internazionale, che avevano combattuto per anni 1’ideologia riformista, denunciato il tradimento della vecchia Socialdemocrazia, lottato contro la guerra e 1’ideologia della difesa nazionale, in una parola che erano rimaste fedeli al marxismo ed alla rivoluzione proletaria, a costituire il nuovo Partito, la nuova Internazionale, 1’Internazionale Comunista.
LA PROVA DELLA CONTRORIVOLUZIONE
16. Questa grandiosa prima ondata della rivoluzione proletaria è stata sconfitta principalmente perché sorta durante la guerra, ciò che non è la condizione più favorevole per la rivoluzione. Ma un altro importante motivo è stata 1’immaturità della coscienza proletaria, che si è manifestata, tra 1’altro, con la sopravvivenza, in seno alla nuova Internazionale, di molte posizioni erronee ereditate dalla vecchia Socialdemocrazia:
- le false risposte sul ruolo del Partito nella rivoluzione ed il rapporto Partito-classe;
- l’assimilazione della dittatura del proletariato alla dittatura del Partito;
- la confusione, particolarmente pericolosa, sulla questione dello Stato nel periodo di transizione proclamato “Stato proletario” o “Stato socialista”.
Questi differenti errori, la sopravvivenza dello Stato sovietico proclamato “Stato operaio” e l’insufficienza delle analisi dell’“Opposizione di Sinistra” sulla sua degenerazione (la quale non avrebbe intaccato il carattere “proletario” e le “conquiste di Ottobre”), assieme alle sconfitte successive del proletariato negli altri paesi, hanno contribuito al ristabilimento di un rapporto di forze in favore della borghesia mondiale e sono all’origine di una sconfitta storica della classe. Tutti questi elementi comporteranno anche il decadimento, la degenerazione, infine il passaggio alla borghesia del Partito bolscevico, di tutti i partiti dell’Internazionale Comunista e la morte di quest’ultima.
La profondità della disfatta subita dal proletariato sarà direttamente proporzionale all’altezza dell’ondata rivoluzionaria che 1’ha preceduta. Né la grande crisi mondiale che scoppia nel ’29, né la seconda guerra mondiale, né il periodo di ricostruzione del dopoguerra vedranno lotte significative del proletariato. Anche nei rari paesi in cui la combattività operaia persisteva ancora perché non messa direttamente alla prova, questa combattività sarà facilmente dirottata dal suo terreno di classe dalle forze politiche della Sinistra in vista della seconda guerra mondiale.
Questo si è verificato soprattutto durante lo sciopero generale del ‘36 in Francia e, nello stesso anno, con la sollevazione del proletariato spagnolo rapidamente trasformata in guerra “civile” tra fascismo e antifascismo, preparazione e ripetizione generale per la seconda guerra mondiale. In altri paesi, come la Russia, la Polonia, la Romania, la Germania, l’Austria, 1’Italia, i paesi balcanici, la Spagna ed il Portogallo, i1 proletariato è sottoposto alla più nera repressione: a milioni, i proletari sono gettati nelle prigioni e nei campi di concentramento.
Ogni condizione per la formazione di un Partito di classe è assente. Solo il volontarismo e l’incomprensione totale della realtà porteranno Trotskij, nel 1936, a salutare l’inizio della rivoluzione in Francia e Spagna, ed a confondere il capitalismo di Stato in Russia con la “sopravvivenza delle conquiste di Ottobre”. Sono queste le basi che gli consentiranno di lanciarsi, con i suoi partigiani, nell’avventura della proclamazione di nuovi partiti e di un’Internazionale pretesa rivoluzionaria, dopo essere tornato, per un certo periodo, nei partiti socialisti della definita Seconda Internazionale di triste memoria.
Quello che caratterizza questo periodo non è un movimento centripeto di convergenza delle forze rivoluzionarie verso 1’unificazione e la formazione del Partito di classe, ma un movimento categoricamente centrifugo, di sparpagliamento e dispersione dei gruppi ed elementi rivoluzionari: la sinistra inglese scomparsa da molto tempo, la sinistra russa inesorabilmente sterminata fisicamente nelle galere di Stalin, la sinistra tedesca completamente liquidata. I gruppi rivoluzionari che sussistono si isolano o ripiegano su sé stessi, diminuendo via via che passano mesi ed anni.
La guerra del ‘36 in Spagna farà una selezione severa tra questi gruppi, quelli che sono presi nella trappola dell’antifascismo e quelli che si mantengono fermamente sul terreno di classe: le frazioni della Sinistra Comunista Internazionale. Queste proseguono e sviluppano un lavoro di comprensione teorica, sottoponendo, senza alcun ostracismo, le posizioni politiche dell’Internazionale Comunista al suo apogeo alla critica più severa, più feconda, fondata sull’esperienza reale del movimento dal ‘17 in poi.
La stessa Sinistra Comunista Internazionale subirà i contraccolpi degli avvenimenti. Una prima volta, nel ‘36, con la scissione di una minoranza che sceglie la partecipazione alla guerra di Spagna nel fronte repubblicano antifascista. Una seconda volta con 1’allontanamento, all’inizio della guerra, di una minoranza che proclama la “scomparsa sociale del proletariato” in tempo di guerra e, di conseguenza, 1’impossibilità di proseguire ogni attività e mantenere 1’organizzazione delle Frazioni. La terza crisi - che sarà definitiva - iniziò nel 1945 con la scissione della Frazione francese della Sinistra Comunista (la GCF) in opposizione alla decisione di scioglimento della Sinistra Comunista Internazionale e 1’assorbimento puro e semplice dei suoi membri, a titolo individuale, in un partito proclamato in Italia, di cui si ignorava tutto di piattaforma e posizioni, mentre era noto solo che era costituito attorno a O. Damen e Bordiga, due eminenti figure della Sinistra Italiana degli anni ‘20. Così fini tristemente la Frazione Italiana della Sinistra Comunista.
I PRINCIPALI INSEGNAMENTI DI DUE SECOLI DI STORIA SULLA NATURA E FUNZIONE DEL PARTITO
17. Questo rapido panorama della storia del movimento operaio ci insegna:
a) La necessaria esistenza di uno stretto legame tra la classe come un tutto ed il Partito come organismo particolare di questo tutto. Ci sono periodi in cui la classe esiste senza il Partito, ma non può mai esistere Partito senza classe.
b) La classe secerne il Partito come un organismo indispensabile con funzioni di cui la classe ha bisogno nella e per la sua maturazione e la sua presa di coscienza tale da metterla in grado di raggiungere la vittoria finale. E’ impossibile prevedere il trionfo finale del proletariato senza che esso abbia sviluppato gli organi che gli sono indispensabili: soprattutto 1’organizzazione generale della classe di tutti gli operai e l’organizzazione politica - il Partito - che si costituisce su un programma generale e le cui posizioni mostrano il fine ultimo della lotta del proletariato ed i mezzi per raggiungerlo.
c) Esiste una differenza sostanziale, nella loro evoluzione, tra le organizzazioni generali aperte a tutti gli operai e 1’organizzazione politica che è il Partito.
Nel periodo ascendente del capitalismo l’organizzazione generale che si dà come compito la difesa degli interessi economici immediati della classe ha, pur registrando modificazioni importanti della struttura, un’esistenza permanente. Diverso è il caso del Partito, che esiste solo nei periodi di sviluppo della lotta e della combattività della classe. Questa constatazione sottolinea con forza la stretta dipendenza dell’esistenza del Partito dallo stato della lotta di classe. Nel caso di un periodo di ascesa della lotta, ci sono le condizioni per la formazione e l’attività del Partito; nei periodi di riflusso, con la scomparsa di queste condizioni, il Partito tende a scomparire. Nel primo caso, vince la tendenza centripeta, nel seconde quella centrifuga.
d) Nel periodo di decadenza del capitalismo, in cui non sono neanche più possibili il mantenimento e miglioramento reali delle condizioni di vita della classe operaia, anche un’organizzazione permanente con questi fini non potrebbe più esistere. Per questo il sindacalismo è svuotato di ogni contenuto operaio. I sindacati non possono mantenere la loro esistenza e permanenza che come appendici dello Stato, incaricati di inquadrare, controllare e sviare ogni azione e lotta della classe. In questo periodo solo gli scioperi selvaggi che tendono verso lo sciopero di massa, controllati e diretti dalle assemblee generali, presentano la forma possibile di un contenuto di classe. Per questo motivo, queste assemblee non possono avere una vita permanente al loro inizio. Un’organizzazione generale della classe non può esistere e diventare permanente che quando la difesa degli interessi immediati si sposa con la possibilità della rivoluzione, nel periodo rivoluzionario. Questa è 1’organizzazione dei Consigli Operai. E’ il solo momento nella storia del capitalismo in cui la permanenza di questa organizzazione è veramente generale e costituisce una concretizzazione dell’unità reale della classe. Il discorso cambia per il Partito politico, che può senz’altro nascere prima di questo punto culminante che sono i Consigli Operai. Questo perché la sua esistenza non è condizionata dal momento finale, ma semplicemente da un periodo di ascesa della lotta di classe.
e) Abbiamo potuto constatare nel corso della storia come, con l’evoluzione della lotta di classe, si modificano alcune funzioni passate del Partito. Facciamo qualche esempio:
· via via che evolve la lotta di classe, gli operai accumulano esperienze ed elevano la loro cultura, il Partito perde gradualmente il suo ruolo di educatore generale;
· ciò vale ancora di più per quello che riguarda il suo ruolo di organizzatore della classe.
Una classe operaia come quella degli operai inglesi del 1864, che è capace di prendere l’iniziativa di fondare un’Associazione Internazionale dei Lavoratori, non aveva veramente bisogno di un tutore per organizzarla. La parola d’ordine “andare al popolo” o “verso gli operai” per organizzarli, aveva ancora un senso in un paese arretrato come la Russia della fine del 19° secolo, ma aveva perso ogni senso per paesi industrializzati come Inghilterra, Francia, etc.
La fondazione dell’AIT nel 1864 non era opera di nessun partito. Praticamente non ne esistevano, e nei casi in cui ne esistevano, come il cartismo in Inghilterra o il blanquismo in Francia, erano in piena decomposizione.
La Prima Internazionale è molto più vicina all’organizzazione generale che ad un’organizzazione sul tipo della Lega dei Comunisti, cioè del tipo Partito, strettamente selezionato sulla base di un programma teorico e politico coerente. Per questo potevano coesistere e scontrarsi al suo interno diverse correnti: marxista (collettivista), operaista, proudhoniana, anarchica ed anche, all’inizio, una corrente così particolare come quella mazziniana.
L’Internazionale era un crogiuolo in cui si decantavano le idee e le correnti. Un partito è già il prodotto di una decantazione. Per questo le correnti restano ancora informali al suo interno. Un solo partito politico nel senso vero del termine è nato dopo la dissoluzione della Lega dei Comunisti e durante 1’esistenza della Prima Internazionale nel 1868: il Partito Socialdemocratico eisenachiano, a tendenza marxista, sotto la direzione di W. Liebknecht e Bebel. Bisognerà aspettare il 1878, in occasione delle elezioni, perché nasca, sotto la direzione di Guesde e Lafargue, con la partecipazione diretta di Marx (che ne scrisse la piattaforma politica), il Partito Operaio in Francia.
Ma solo a partire dagli anni '80, con lo sviluppo accelerato del capitalismo e la ripresa della lotta di classe che si fanno sentire il bisogno e la possibilità di formazione di partiti politici per la lotta politica propriamente detta, distinti dalle organizzazioni di difesa degli interessi immediati sul piano economico, i sindacati. A partire dagli anni 1880, un po’ in tutti i paesi industrializzati o in via di industrializzazione si apre un vero processo di formazione di partiti, sul modello della Socialdemocrazia tedesca, che prenderà l’iniziativa della costituzione della Seconda Internazionale nel 1889.
La Seconda Internazionale sarà il risultato di una decantazione politica operata nel movimento operaio nel periodo successivo allo scioglimento della Prima Internazionale (16 anni) e di unificazione della corrente marxista a livello internazionale. Essa si richiamerà al “socialismo scientifico” cosi come è stato formulato 40 anni prima da Marx ed Engels nel Manifesto della Lega dei Comunisti nel 1848. Non sarà più tra i suoi compiti, come era stato per la Prima Internazionale, procedere ad un’inchiesta sulle condizioni della vita operaia in differenti paesi, né elaborare rivendicazioni economiche. Le attività di questo genere che all’inizio svolge ancora, saranno definitivamente lasciate ai sindacati. Invece sarà al centro la lotta per rivendicazioni politiche immediate: suffragio universale, diritto di riunione e libertà di stampa, partecipazione alle campagne elettorali, lotte per riforme politiche, contro la politica colonialista della borghesia, contro la sua politica estera, contro il militarismo, ecc., pur proseguendo un lavoro di elaborazione teorica e di difesa dei fini ultimi del movimento, la rivoluzione socialista.
Giustamente Engels (in una delle sue prefazioni al Manifesto Comunista) segnala, negli anni ‘80, che la Prima Internazionale aveva esaurito completamente i suoi compiti nel periodo storico in cui era nata. Ha torto però nel concludere frettolosamente che il movimento politico della classe, la formazione di differenti partiti in diversi paesi, ha preso un tale slancio che la classe operaia “non ha più bisogno di un’organizzazione internazionale”. Con tutte le sue insufficienze, con tutti i suoi errori, con tutta la penetrazione riformista – che trionferà al suo interno e la distruggerà come organizzazione della classe, introducendosi al suo interno soprattutto attraverso i sindacati - la Seconda Internazionale ha comunque compiuto un’opera altamente positiva nella classe, un’opera che resta un’acquisizione del movimento, se non altro perché è servita come terreno insostituibile di confronto e chiarificazione teorica, di scontro delle posizioni politiche della sinistra contro il revisionismo bernsteiniano ed il centrismo kautzkiano. Al suo interno vive e si agguerrisce la sinistra rivoluzionaria.
Quando i moralisti-modernisti di tutte le sfumature si compiacciono oggi di tracciare un bilancio unicamente negativo della storia – nella misura in cui ne sanno qualcosa - della Seconda Internazionale in una certa epoca e del suo apporto al movimento operaio, dimostrano solo la loro ignoranza totale di quello che è un movimento storico in sviluppo. Nella loro ingenuità essi non si rendono conto neanche che il poco che conoscono oggi 1’hanno imparato e lo devono alla storia, al passato di un movimento vivente della classe operaia! Quegli stessi che si affrettano a gettare il bambino con 1’acqua sporca non sospettano neanche che le loro idee e “invenzioni”, che credono originali, sono state semplicemente raccolte dai cestini dell’epoca utopistica del movimento operaio, perché ormai da tempo inutilizzabili. Anche i bastardi hanno i genitori, pur se ignoti.
Proprio come i modernisti, i bordighisti si compiacciono di ignorare la storia del movimento, la storia vivente di una classe in movimento ed in evoluzione, con i suoi momenti deboli e i suoi momenti forti. Invece di studiarla e comprenderla, la sostituiscono con divinità morte, eternamente immobili e mummificate dal Bene e dal Male assoluti.
18. II risveglio del proletariato dopo tre anni di massacro imperialista e la morte vergognosa della Seconda Internazionale con il marchio infame del tradimento, aprono un periodo di ascesa di lotte e ricostituzione del partito della classe. Questo nuovo periodo di intense lotte sociali - che vede crollare come volgari castelli di carta cittadelle e fortezze credute alla vigilia ancora imprendibili, che vede sprofondare nello spazio di pochi giorni un apparato militare considerevole, monarchie e imperi creduti invulnerabili come la Russia, l’Austria-Ungheria e la Germania prussiana, costituisce non un semplice momento ma un formidabile balzo qualitativo nell’evoluzione della storia e per il movimento operaio, perché pone direttamente la questione della rivoluzione, del suo processo e della strategia della presa del potere politico da parte della classe operaia. Per la prima volta nella storia la classe operaia ed i suoi partiti comunisti recentemente costituiti devono rispondere a tutta una serie di questioni cruciali, tutte poste in termini di vita o morte della rivoluzione. Per quanto riguarda le risposte a queste questioni, la classe ed i suoi partiti ne hanno un’idea estremamente vaga o non ne hanno del tutto, o ne hanno una visione anacronistica ed erronea. Solo nani minuscoli, ma dotati di incommensurabile megalomania - che non hanno mai visto una rivoluzione, neanche da lontano (e la rivoluzione proletaria è il più grande salto della storia fino a questo momento) - possono dalla loro infima statura puntare, sessanta anni dopo, il piccolo dito pieno di disprezzo e sufficienza contro gli errori ed i tentativi di questi giganti che hanno osato andare all’assalto del cielo capitalista impegnandosi risolutamente sulla via della rivoluzione.
E’ vero, la classe operaia, e prima di tutto i partiti e l’Internazionale Comunista, hanno spesso tentennato, improvvisato e commesso gravi errori che hanno largamente ostacolato la marcia della rivoluzione. Ma ci hanno lasciato non solo acquisizioni inestimabili, ma anche un’esperienza ricchissima che dobbiamo studiare minuziosamente per comprendere le difficoltà incontrate, evitare le trappole in cui sono caduti, superare gli errori commessi e, sulla base di queste esperienze, poter meglio rispondere ai problemi che solleva la rivoluzione.
Dobbiamo mettere a profitto il tempo di cui disponiamo per tentare di risolvere, anche se parzialmente, questi problemi, pur sapendo che la prossima rivoluzione porterà con sé problemi nuovi che non possiamo completamente prevedere.
19. Per tornare al problema specifico del partito e della sua funzione nel periodo presente e nella rivoluzione, possiamo prima di tutto vedere cosa non è per poi ricavarne quello che dovrebbe essere.
a) II Partito non può pretendere di essere il solo ed esclusivo portatore e rappresentante della coscienza della classe. Non è predestinato ad avere questo monopolio. La coscienza della classe è inerente alla classe come una totalità e nella sua totalità. Il Partito è l’organo privilegiato di questa coscienza e niente di più. Questo non implica che sia infallibile né che talvolta, in certi momenti, non sia indietro rispetto al livello di coscienza raggiunto da altri settori o frazioni della classe. La classe operaia non è omogenea, ma tende ad esserlo. Lo stesso avviene per quanto riguarda la coscienza di classe che tende ad omogeneizzarsi e generalizzarsi. E’ compito del Partito, una delle sue principali funzioni, contribuire coscientemente ad accelerare questo processo.
b) Pertanto, il Partito ha il compito di orientare la classe, fecondare la sua lotta; non è il dirigente nel senso di colui che decide da solo, al posto della classe.
c) Inoltre dobbiamo riconoscere la possibilità di formazione di gruppi (che si denominino o no Partito non cambia nulla) all’interno della classe e nella sua organizzazione unitaria che sono i Consigli Operai. Non solo il Partito Comunista non può, a nessun titolo, arrogarsi il diritto di proibire la loro esistenza o fare pressione in questo senso, ma deve anche combattere energicamente contro tali tentativi.
d) Allo stesso modo della classe che, come un tutto, può essere attraversata da molte correnti rivoluzionarie più o meno coerenti, il Partito, nel quadro del suo programma, prevede la possibilità di divergenze e di tendenze. Il Partito Comunista respinge categoricamente la concezione di un partito monolitico.
e) II Partito, sotto nessun pretesto, può pretendere di stabilire un elenco di ricette per rispondere dettagliatamente a tutte le questioni che possono porsi nelle lotte.
Non si tratta né di un organo esecutivo né amministrativo né tecnico della classe. Il Partito è e deve restare un organo politico. Questo principio si applica tanto alle lotte che precedono la rivoluzione quanto a quelle dello stesso periodo rivoluzionario, in cui il Partito non può assolutamente giocare un ruolo di “stato maggiore” dell’insurrezione.
f) La disciplina di organizzazione e di azione che il Partito esige dai suoi membri può essere reale solo con costante libertà di discussione e di critica, all’interno del quadro della piattaforma. Non sarebbe possibile esigere dai suoi membri, che sono in divergenza con alcune posizioni importanti, di presentare e difendere queste posizioni all’esterno, contro la loro convinzione, di farsene portavoce in nome del Partito. Lo scopo è rispettare la coscienza di questi compagni, ma soprattutto salvaguardare 1’interesse dell’organizzazione come un tutto. Affidare la difesa di posizioni importanti dell’organizzazione a militanti che non le condividono conduce ad una cattiva difesa. Sempre in questo senso, il Partito non può ricorrere a misure repressive per fare pressione sui suoi membri.
Per principio, il Partito respinge l’utilizzazione della forza e della violenza come mezzo di persuasione e convinzione al suo interno, così come respinge la pratica della violenza e dei rapporti di forza fisica nella classe e nel suo rapporto con la classe.
g) Il Partito in quanto tale non chiede alla classe di “dargli la sua fiducia”, di delegargli il potere di decisione. Per principio il Partito comunista è contro ogni delega del potere da parte della classe ad un organismo, gruppo o partito che non è sottoposto in quanto tale al suo controllo costante. Il principio comunista esige la pratica reale dei delegati eletti e revocabili in ogni momento, sempre responsabili davanti all’assemblea che li ha eletti; in questo senso, bandisce ogni tipo di elezioni per liste presentate dai partiti politici. Ogni altra concezione conduce inesorabilmente ad una pratica sostituzionista.
Se è diritto del Partito esigere le dimissioni di uno dei suoi membri da un posto, un comitato, un organismo o anche da un incarico statale, al quale il militante è stato eletto da un’assemblea di fronte alla quale è e resta responsabile, non è possibile imporre la sua sostituzione con un altro membro, con una decisione autonoma.
h) Infine, e a differenza dei partiti borghesi, il Partito proletario non è un organo destinato ad impadronirsi dello Stato o a gestirlo. Questo principio deriva sia da quanto detto prima, sia dalla necessaria indipendenza della classe operaia nei confronti dello Stato del periodo di transizione. L’abbandono di questo principio conduce ineluttabilmente alla perdita da parte del Partito del suo carattere proletario.
i) Da tutto quel che precede consegue che il Partito proletario della nostra epoca non può essere un partito di massa. Senza alcuna funzione statale o di inquadramento della classe, selezionato sulla base di un programma - il più coerente possibile - il Partito sarà necessariamente un’organizzazione minoritaria fino al periodo rivoluzionario e durante il suo corso. In questo senso, la concezione dell’Internazionale Comunista del “Partito rivoluzionario di massa”, che a quel tempo era già falsa e portava il segno di un periodo superato, deve essere rifiutata categoricamente.
VERSO IL FUTURO PARTITO
20. La CCI analizza il periodo aperto dalla ripresa delle lotte operaie a partire dal 1968 come un periodo di ripresa storica delle lotte della classe che risponde alla crisi aperta sviluppatasi alla fine della ricostruzione del secondo dopoguerra. Coerentemente con questa analisi, considera dunque che questo periodo pone le premesse per la ricostituzione del Partito. Tuttavia sono gli uomini che fanno la storia, anche se le condizioni non dipendono dalla loro volontà. Per questo la formazione del futuro Partito sarà il risultato di uno sforzo cosciente, deliberato, sforzo al quale i gruppi rivoluzionari esistenti devono dedicarsi già da ora.
Questo sforzo impone una comprensione chiara sia delle caratteristiche generali, valide in tutte le epoche, del processo di formazione del Partito, sia delle condizioni specifiche, inedite nella storia, che presiedono alla nascita di quelle di domani.
21. Una delle specificità maggiori della formazione del futuro Partito sta nel fatto che si formerà direttamente a livello mondiale contrariamente a quello che é successo nel passato.
Già le precedenti organizzazioni politiche del proletariato erano mondiali o tendevano verso l’unità mondiale. Tuttavia queste risultavano dal raggruppamento di formazioni più o meno costituite a livello nazionale o attorno ad una formazione proveniente da un settore nazionale particolare del proletariato in una posizione di avanguardia nell’insieme del movimento operaio.
Così, nel 1864, l’AIT si costituisce essenzialmente attorno al proletariato inglese (la Conferenza costitutiva si tiene a Londra, che é anche la sede del Consiglio Generale fino al 1872, le Trade Unions costituiscono a lungo il contingente più importante dell'AIT), cioè del paese più sviluppato dell’epoca, in cui il capitalismo é più potente e concentrato.
Allo stesso modo, nel 1889, la Seconda Internazionale si costituisce principalmente attorno alla Socialdemocrazia tedesca che é - in Europa e nel mondo - il partito operaio più vecchio, più sviluppato e più potente, prodotto del formidabile sviluppo del capitalismo tedesco nella seconda metà del 19° secolo.
Infine, la Terza Internazionale ha come polo indiscutibile il Partito bolscevico, non a causa di una qualsiasi preminenza del capitalismo russo (che, benché al quinto posto nel mondo, resta molto arretrato) ma perché il proletariato di questo paese è, per specifiche circostanze, il primo (ed il solo) a rovesciare lo Stato capitalista ed a prendere il potere durante la grande ondata rivoluzionaria del primo dopoguerra.
La situazione attuale si distingue notevolmente da quella che prevaleva in questi differenti momenti del passato. Da un parte, il periodo di decadenza del capitalismo non ha consentito la nascita di nuovi grandi settori del proletariato mondiale che avrebbero potuto costituire un nuovo polo per tutto il movimento operaio (come è stato per la Germania nel secolo scorso).
D’altra parte, il capitalismo - a causa sia della fase di decadenza che per l’estensione del commercio mondiale e dei mezzi di comunicazione - ha subito un livellamento considerevole delle sue caratteristiche economiche, sociali e politiche, in particolare nei paesi avanzati. Mai, nella storia del mondo capitalista, malgrado le insormontabili divisioni nazionali e di blocco, si è raggiunto un tale grado di omogeneità e di interdipendenza tra le sue differenti parti.
Questa rivoluzione si è tradotta, per la lasse operaia, in un livellamento senza confronti nel passato delle proprie condizioni di vita e, da certi punti di vista, della propria esperienza politica.
Infine, le circostanze attuali dello sviluppo storico della lotta di classe verso la rivoluzione (aggravamento simultaneo in tutti i paesi della crisi economica e non guerra imperialista come nel 1917, grado considerevole di unità della borghesia di fronte al proletariato), fa prevedere che si tenderà verso una simultaneità, unità e generalizzazione della lotta mai visti finora.
Tutte queste considerazioni spingono alla costituzione del futuro Partito mondiale non attorno a questo o quel settore nazionale del proletariato, ma direttamente a livello internazionale attorno alle posizioni ed al polo politico più chiari, coerenti e sviluppati.
Proprio per queste ragioni è fondamentale, ancora più oggi che in tutto il passato del movimento operaio, che i differenti gruppi comunisti esistenti mobilitino ed unifichino i loro sforzi in vista della costituzione di questo polo ed in primo luogo della chiarificazione delle posizioni politiche proletarie.
Questi compiti essenziali sono conseguenti all’assunzione cosciente e volontaria da parte dei rivoluzionari delle loro responsabilità nel processo di formazione del futuro Partito.
22. Conformemente a questa prospettiva, la CCI difende l’idea di rompere con 1’isolamento in cui si trovano i gruppi comunisti esistenti, di combattere lo spirito che fa della necessità (oggettiva) di ieri una virtù da difendere ancora oggi (con uno spirito di cappella e di setta), per aprire una vera discussione internazionale tra questi gruppi.
Questa discussione dovrà manifestare la ferma volontà di eliminare i malintesi, le incomprensioni, le false interpretazioni delle posizioni degli uni e degli altri - prodotto della polemica e dell’ignoranza di queste posizioni - per aprire un vero confronto delle divergenze politiche e permettere un processo di decantazione e di raggruppamento.
La CCI non ignora le enormi difficoltà che incontrerà la realizzazione di questo compito. Queste difficoltà sono legate in gran parte al peso della terribile controrivoluzione subita per 40 anni dalla classe operaia. Controrivoluzione che ha eliminato le frazioni di sinistra dell’Internazionale ed ha spezzato la continuità organica che esisteva tra le differenti organizzazioni politiche proletarie dalla metà dello scorso secolo. Per la rottura di questa continuità organica, il futuro Partito non potrà costituirsi secondo il processo messo in evidenza dalla Frazione italiana, processo in cui la Frazione costituiva un ponte tra il vecchio ed il nuovo Partito.
Tale situazione rende ancora più indispensabile il compito di confronto e decantazione in vista del raggruppamento delle organizzazioni del campo comunista. La CCI si è sforzata di contribuirvi mantenendo il contatto con questi gruppi; ha suggerito la convocazione di conferenze internazionali di gruppi del campo proletario e vi ha partecipato attivamente. Bisogna registrare lo scacco di questi primi tentativi, prima di tutto per lo spirito di setta dei gruppi - resti della Sinistra Italiana - alquanto sclerotizzati che, pur essendo in 4, si proclamano tutti “Partito storico”. Se mantengono questo atteggiamento, questi sedicenti “partiti” sono votati ad una sclerosi irreversibile.
Per quanto la riguarda, la CCI é convinta che non esiste altra via. E’ la via che ha sempre trionfato nella storia del movimento operaio, la via di Marx e di Engels, la via di Lenin e di R. Luxemburg, la via seguita dalla Sinistra Comunista Internazionale e da Bilan negli anni ‘30. E’ la sola via feconda e ricca di promesse, ed è questa la via che, più che mai, la CCI è decisa a perseguire fermamente.
CCI 1983
[1] Tra i testi a cui fare riferimento segnaliamo:
- punto 16 della Piattaforma della CCI;
- Contributo della CCI alla 2a Conferenza Internazionale dei gruppi della Sinistra Comunista;
- Opuscolo della CCI n°3: “Organisations Communistes et Conscience de Classe”.
[2] II fatto che Bordiga abbia sviluppato delle analisi aberranti - in particolare a partire dal 1945 - non può in alcun modo sminuire il suo contributo di primo piano nella fondazione del Partito Comunista d’Italia e nella lotta della Sinistra contro la degenerazione dell’Internazionale Comunista. Ugualmente, il fatto che queste analisi siano state sviluppate per tentare di rispondere a dei problemi reali - quale la natura non permanente dell’esistenza del partito - non toglie niente al fatto che non è al livello delle astuzie teoriche, dei giochi di parole, che si trova la soluzione a questi problemi, come lo ha largamente dimostrato il lavoro della Frazione Italiana. Il riconoscimento dell’importanza del contributo di Bordiga al movimento rivoluzionario non deve servire a giustificare l’adesione a queste aberrazioni, a considerarle come l’alfa e l’omega delle posizioni comuniste.