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Misure di austerità senza precedenti in una situazione di vicolo cieco per la borghesia
L’ultimo treno di misure imposte dalla “troika” (Fondo Monetario Internazionale, Unione Europea e Banca Centrale Europea) è proprio inammissibile. Tutti i manifestanti lanciavano lo stesso grido: non è più possibile nutrire la nostra famiglia né curare i nostri bambini, non siamo più disposti a farci strangolare.
Il tasso di disoccupazione ufficiale nel novembre 2011 era del 20,9%, aumentato del 48,7% in un anno. Il tasso di disoccupazione dei giovani tra i 18 e 25 anni rasenta il 50%.
In due anni il numero dei senza-tetto è aumentato del 25% ed incombe la carestia: la fame è diventata una preoccupazione quotidiana per molti, come al tempo dell’occupazione subita dal paese durante la Seconda Guerra mondiale.
Nel quotidiano Libération del 30 gennaio 2012 viene riportata la testimonianza di un medico di un’ONG: “Ho cominciato a preoccuparmi quando nel consultorio ho visto uno, poi due, poi dieci bambini che venivano a farsi curare il ventre vuoto, e che non avevano pranzato il giorno prima”
Il numero di suicidi è raddoppiato in due anni, soprattutto tra i giovani, una persona su due soffre di depressione, il super indebitamento delle case esplode.
Il rigetto quasi unanime dell’ultimo piano di austerità è stato tale che al momento del voto, un centinaio di deputati si sono astenuti o si sono opposti, compresi una quarantina appartenenti alle due grandi formazioni maggioritarie di destra e di sinistra, dissociandosi così dalla disciplina di voto del loro partito. In questo clima generale, la borghesia sta avendo enormi difficoltà ad organizzare le prossime elezioni legislative annunciate per il mese di aprile.
Tanto che la decisione di sbloccare i 130 miliardi di euro previsti dal piano di aiuto che doveva corredare il voto delle misure di austerità da parte del parlamento greco, è stata rinviata dai ministri delle finanze dell’UE alla settimana seguente. Questo perché le pressioni e le reticenze dei 3 paesi dell’UE ancora dotate della tripla A, in particolare la Germania che preferirebbe vedere la Grecia dichiararsi in fallimento e lasciare l’UE piuttosto che trascinarsela come una palla al piede, si fanno sempre più forti.
E la Grecia non è che un anello di questa catena di austerità brutale che strangola già numerosi paesi europei. Non c’è nessuna illusione da farsi! Dopo la Grecia, la “troika” si è già spostata in Portogallo per inviare lo stesso ultimatum. L’Irlanda sarà tartassata in corsa. Poi sarà la volta della Spagna e dell’Italia; anche il nuovo presidente del Consiglio italiano Monti, andato al potere per far ingoiare la stessa pozione amara, si preoccupava per l’avvenire riservato all’Italia quando ha contestato la “durezza con cui la Grecia viene trattata”. La Francia, la cui economia vacilla sempre più, prossimamente si troverà presto sull’elenco. Nella stessa Germania, di cui si vantano la salute e la solidità economica, una parte crescente della sua popolazione, specialmente gli studenti, affonda nella precarietà. L’Europa non è e non sarà la sola zona colpita ed nessun paese nel mondo sarà risparmiato. Non c’è soluzione ad una crisi mondiale che mostra apertamente il fallimento totale del sistema capitalista.
Come battersi contro gli attacchi?
Un’insegnante esasperata dichiarava: “Prima della crisi, arrivavo a 1200 euro, oramai arrivo a 760. Ad ogni giorno di sciopero, mi prelevano 80 euro e le misure sono retroattive: questo mese non ho percepito che 280 euro. Non vale più la pena lavorare, tanto vale manifestare e rompere tutto affinché comprendano che non siamo disposti a farci sconfiggere”.
Questa esasperazione e questa collera si sono diffuse e si sono rafforzate di fronte alla sterilità accertata e l’impotenza nel fare arretrare i piani di rigore con le giornate di sciopero generale di 24 o 48 ore indette a ripetizione da 2 anni dai sindacati che in perfetto accordo lavorano per dividere i lavoratori, per controllarli e far sfogare il loro malcontento.
In questa situazione, l’agitazione sociale in Grecia è intensa e la solidarietà tenta di organizzarsi. Nei quartieri vengono organizzate assemblee, nelle città e nei villaggi vengono costituite mense e centri di distribuzioni di cibo, l’occupazione dell’università di Novicki si è data come scopo servire da luogo di scambio e di dibattiti. Ci sono state occupazioni di ministeri (Lavoro, Economia, Salute), di consigli regionali (nelle isole Ioniche o in Tessaglia), della centrale elettrica di Megalopolis, del municipio di Holargos, mentre alcuni produttori hanno distribuito latte e patate alla popolazione.
Tuttavia, la reazione più significativa, quella che mostra la determinazione del movimento in Grecia, illustra anche in modo concentrato tutte le sue debolezze e le sue illusioni. Ci riferiamo a quanto avvenuto all’ospedale di Kilkis in Macedonia centrale nel nord del paese, dove il personale ospedaliero riunito in assemblea generale ha deciso di mettersi in sciopero e di occupare l’ospedale per richiedere gli stipendi non pagati pur prendendo l’iniziativa di continuare a far funzionare le emergenze ed a prodigare cure gratuite ai più indigenti. Questi lavoratori hanno lanciato un appello[1]1 diretto agli altri lavoratori con cui si proclamava che “la sola autorità legittima per prendere le decisioni amministrative sarà l’assemblea generale dei lavoratori”. Abbiamo riprodotto sul nostro sito la traduzione di questo appello perché manifesta una chiara volontà di non restare isolati chiamando, non solo gli altri ospedali ma tutti i lavoratori di tutti i settori a raggiungerli nella lotta. Tuttavia, quest’appello traduce anche molte illusioni democratiche laddove si vuole appoggiare su di “una reazione cittadina” e su un’indistinta “unione popolare”, “con la collaborazione di tutti i sindacati ed organizzazioni politiche progressiste ed i media di buona volontà”. L’appello è anche pesantemente impregnato di patriottismo e di nazionalismo: “Siamo determinati a continuare finché i traditori che hanno venduto il nostro paese se ne vadano”, che sono dei veri veleni per l’avvenire della lotta. Sono questi, in effetti, i principali fattori di deterioramento di questo movimento “popolare” in Grecia che resta arenato ed invischiato nella trappola del nazionalismo e delle divisioni nazionali tesa e sostenuta con ogni mezzo dai politici e dai sindacati. Al centro delle manifestazioni si vedono ovunque sventolare bandiere greche. Tutti i partiti ed i sindacati spingono ad inasprire un sentimento di “fierezza nazionale offesa”. Al vertice di questa demagogia populista, il Partito comunista greco, il KKE, che gioca lo stesso ruolo della Lega nostrana e di varie frange di destra e di sinistra, continua a diffondere questa propaganda sciovinista largamente attizzata dai principali partiti, spingendo verso il vicolo cieco della difesa degli interessi del paese: il governo è accusato di vendere, ed anche di svendere, il paese all’estero, di essere un traditore della difesa della nazione. Si inocula l’idea che il responsabile della situazione non è il sistema capitalista in sé ma che la colpa sarebbe dell’Europa, della Germania o degli Stati Uniti. Questo autentico veleno che devia la lotta di classe sul campo putrido delle divisioni nazionali, dove si esercita a pieno la concorrenza capitalista, rappresenta non solo un vicolo cieco ma anche uno dei maggiori ostacoli all’indispensabile sviluppo dell’internazionalismo proletario.
Noi non abbiamo interessi nazionali da difendere. La nostra lotta deve svilupparsi ed unificarsi al di là delle frontiere. E per questo è vitale che i proletari degli altri paesi entrino in lotta dimostrando nel concreto che la risposta degli sfruttati del mondo intero di fronte agli attacchi del capitalismo non è e non può avvenire sul campo nazionale.
W. (8 febbraio)
[1] “L’ospedale di Kilkis in Grecia sotto il controllo dei lavoratori”, https://it.internationalism.org/node/1156