Trump 2.0: un nuovo passo nel caos capitalista

Printer-friendly version

Nei primi articoli scritti nei primi giorni della seconda presidenza di Donald Trump negli Stati Uniti, la CCI ha già spiegato che il pericoloso caos che ha scatenato nel mondo da quando si è insediato alla Casa Bianca non è un'aberrazione individuale in un sistema altrimenti stabile, ma l'espressione del collasso del sistema capitalista nel suo complesso e della sua maggiore potenza. L'imprevedibile gangsterismo dell'amministrazione Trump riflette un ordine sociale in rovina. Inoltre, la fazione liberaldemocratica della borghesia statunitense che sta resistendo con le unghie e con i denti alla nuova presidenza è altrettanto parte di questo collasso e in nessun senso un "male minore" o una soluzione alternativa al movimento populista MAGA (Make America Great Again) che dovrebbe essere sostenuta dalla classe operaia.

Qualunque sia la forma politica che il capitalismo assume oggi, solo la guerra, la crisi e l'impoverimento della classe operaia sono all'ordine del giorno. La classe operaia deve lottare per i suoi interessi di classe contro tutti i settori della classe dominante. La rinascita delle lotte dei lavoratori per difendere i loro salari e le loro condizioni, come è avvenuto di recente alla Boeing e nei porti della costa orientale degli Stati Uniti, insieme alla rinascita della combattività in Europa, sono l'unica promessa per il futuro.

In questo articolo vogliamo spiegare meglio perché e come Trump è stato eletto per un secondo mandato, perché è più estremo e pericoloso del primo mandato, al fine di mostrare più chiaramente il destino suicida che caratterizza l'ordine borghese e l'alternativa proletaria ad esso.

La prima amministrazione Trump, una sintesi

Alla fine del 2022, a metà del mandato di Biden alla Casa Bianca, la CCI ha fatto questo bilancio della prima presidenza Trump:

"L'irruzione del populismo nel paese più potente del mondo, che è stata coronata dal trionfo di Donald Trump nel 2016, ha portato quattro anni di decisioni contraddittorie e erratiche, denigrazione delle istituzioni e degli accordi internazionali, intensificando il caos globale e portando a un indebolimento e screditamento del potere americano e accelerando ulteriormente il suo declino storico".

La presidenza Biden, che ha seguito la prima amministrazione Trump, non è stata in grado di invertire questo peggioramento della situazione:

“... non importa quanto la squadra di Biden lo proclami nei suoi discorsi, non è una questione di desideri, sono le caratteristiche di questa fase finale del capitalismo che determinano le tendenze che è obbligato a seguire, portando inesorabilmente nell'abisso se il proletariato non riesce a porvi fine attraverso la rivoluzione comunista mondiale".[1]

Il principio guida del primo mandato di Trump e della sua campagna elettorale – "America First" – è proseguito nel suo secondo mandato. Questo slogan significa che l'America dovrebbe agire nel proprio interesse nazionale a scapito degli altri, sia "alleati" che nemici, usando la forza economica, politica e militare. Nella misura in cui invece che trattati con altri paesi si possono fare "accordi" (che possono essere rotti in qualsiasi momento secondo la "filosofia" che sta dietro questo slogan) significa che gli Stati Uniti fanno ai governi stranieri "un'offerta che non possono rifiutare" - secondo la famosa frase del film  Il Padrino. Come Marco Rubio, nominato da Trump a segretario di Stato americano, sembra aver detto ai governi stranieri: gli Stati Uniti non parleranno più con loro di interessi e ordine globale, ma solo dei propri interessi. Tuttavia "Might is right" (la legge del più forte), non è un grido di battaglia per la leadership americana.

America First corrisponde al riconoscimento da parte della borghesia statunitense nel 2016 che la politica estera che aveva seguito fino ad allora, essere il poliziotto mondiale al fine di creare un nuovo ordine mondiale dopo il crollo del blocco russo nel 1989, aveva portato solo a una serie di costosi, impopolari e sanguinosi fallimenti.

La nuova politica rifletteva la consapevolezza finale che la Pax Americana[2] istituita dopo il 1945 e che ha garantito agli Stati Uniti l'egemonia mondiale fino alla caduta del muro di Berlino, non poteva essere ristabilita in nessuna forma. Peggio ancora, secondo l'interpretazione di Trump, la continuazione della Pax Americana – cioè la dipendenza dei suoi alleati dalla protezione economica e militare degli Stati Uniti – significava che gli Stati Uniti venivano ora "ingiustamente" sfruttati da questi ex membri del loro blocco imperialista.

Il primo mandato di Trump: il retroterra

L'Operazione Desert Storm, nel 1990 nel Golfo Persico, costituì l'uso massiccio della forza militare da parte degli Stati Uniti volto a contrastare l'aumento del disordine geopolitico mondiale dopo la dissoluzione dell'URSS. Era diretto in particolare alle ambizioni indipendenti dei suoi ex principali alleati in Europa.

Ma solo poche settimane dopo questo orribile massacro, nell'ex Jugoslavia scoppiò un nuovo sanguinoso conflitto. La Germania, agendo da sola, riconobbe la nuova repubblica di Slovenia. E' stato solo con il bombardamento di Belgrado e gli accordi di Dayton del 1995 che gli Stati Uniti sono riusciti ad affermare la loro autorità nella situazione. Desert Storm aveva stimolato, non diminuito, le tendenze centrifughe dell'imperialismo. Di conseguenza, si è sviluppato il jihadismo islamico, Israele ha iniziato a sabotare il processo di pace in Palestina faticosamente progettato dagli Stati Uniti, e il genocidio in Ruanda ha lasciato un milione di cadaveri, guerra in cui le potenze occidentali hanno agito ognuna per i propri specifici interessi. Gli anni '90, nonostante gli sforzi degli Stati Uniti, hanno illustrato non la formazione di un nuovo ordine mondiale, ma l'accentuazione di un ognuno per sé in politica estera, e quindi l'indebolimento della leadership degli Stati Uniti.

La politica estera degli Stati Uniti dei "neoconservatori" guidati da George W. Bush, diventato presidente nel 2000, ha portato a fallimenti ancora più catastrofici. Dopo il 2001 è stata lanciata un'altra massiccia operazione militare in Medio Oriente con l'invasione statunitense dell'Afghanistan e dell'Iraq in nome della "guerra al terrorismo". Ma nel 2011, quando gli Stati Uniti si ritirarono dall'Iraq, nessuno degli obiettivi prefissati era stato raggiunto. Le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein – il pretesto inventato per giustificare l'invasione – si sono rivelate inesistenti. La democrazia e la pace non sono state stabilite in Iraq al posto della dittatura. Il terrorismo non si è ritirato: al contrario, Al Qaeda ha ricevuto uno stimolo massiccio che ha provocato sanguinosi attentati nell'Europa occidentale. Negli stessi Stati Uniti le avventure militari, costose sia in denaro che in sangue, erano impopolari. Soprattutto, la guerra al terrorismo non è riuscita a portare l'Europa e le altre potenze imperialiste in linea con gli Stati Uniti. Francia e Germania, a differenza del 1990, hanno scelto di non partecipare alle invasioni statunitensi.

Tuttavia, il ritorno al "multilateralismo" al posto dell'"unilateralismo" dei neo-conservatori, durante la presidenza di Barack Obama (2009-2016) non è riuscito a ripristinare la leadership mondiale degli Stati Uniti. È stato in questo periodo che sono esplose le ambizioni imperialiste della Cina, come esemplificato dallo sviluppo geostrategico della Nuova Via della Seta dopo il 2013. La Francia e la Gran Bretagna hanno perseguito le loro avventure imperialiste in Libia, mentre la Russia e l'Iran hanno approfittato del semi-ritiro degli Stati Uniti dalle operazioni siriane. La Russia ha occupato la Crimea e ha iniziato la sua aggressione nella regione ucraina del Donbass nel 2014.

Dopo il fallimento della mostruosa carneficina dei neoconservatori è arrivato il fallimento diplomatico della politica di "cooperazione" di Obama.

Come potrebbero peggiorare le difficoltà degli Stati Uniti nel mantenere la loro egemonia? La risposta è arrivata sotto forma del presidente Donald Trump.

Le conseguenze della prima presidenza Trump

Durante la sua prima presidenza, la politica “America First” di Trump ha iniziato a distruggere la reputazione degli Stati Uniti come alleato affidabile e come leader mondiale con una politica affidabile e una bussola morale. Inoltre, è stato durante la sua amministrazione che sono emerse serie divergenze all'interno della classe dirigente americana sulla politica estera vandalizzante di Trump. Nella borghesia statunitense sono apparse divergenze cruciali, su quale potenza imperialista fosse alleata e quale nemica nella lotta degli Stati Uniti per mantenere la loro supremazia mondiale.

Trump ha rinnegato il Patto Trans-Pacifico, l'Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e il Trattato nucleare con l'Iran; gli Stati Uniti sono diventati un'eccezione nella politica economica e commerciale nel G7 e nel G20, isolandosi così dai loro principali alleati su queste questioni. Allo stesso tempo, il rifiuto degli Stati Uniti di impegnarsi direttamente in Medio Oriente ha alimentato una serie di imperialismi regionali in quella regione: Iran, Arabia Saudita, Turchia, Israele,  Russia, Qatar, tutti hanno cercato separatamente di trarre profitto dal vuoto militare e dal caos.

La diplomazia di Trump ha di fatto esacerbato queste tensioni, come il trasferimento dell'ambasciata americana in Israele nella contesa città di Gerusalemme, sconvolgendo i suoi alleati occidentali e facendo arrabbiare i leader arabi che vedevano ancora gli Stati Uniti come un "mediatore onesto" nella regione.

Tuttavia, riconoscendo che la Cina è il contendente più probabile per usurpare il primato degli Stati Uniti, l'amministrazione Trump si è allineata al punto di vista del resto di Washington. L’impegno verso l'Asia già annunciato da Obama doveva essere aumentato, la guerra globale al terrorismo ufficialmente sospesa ed è stata inaugurata una nuova era di "competizione tra grandi potenze", secondo la Strategia di Difesa Nazionale del febbraio 2018. È stato annunciato un vasto programma decennale per aggiornare l'arsenale nucleare degli Stati Uniti e per "dominare lo spazio".

Tuttavia, sulla necessità di ridurre le ambizioni e le capacità militari della Russia – e di indebolire il potenziale di quest'ultima di aiutare le manovre globali della Cina – è apparsa una divergenza tra la politica ambigua di Trump nei confronti di Mosca e quella della fazione rivale della borghesia statunitense che aveva tradizionalmente visto la Russia come un nemico storico per quanto riguarda la sua minaccia all'egemonia statunitense in Europa occidentale.

Allo stesso tempo, in relazione alla questione della politica russa, è emerso un diverso atteggiamento nei confronti dell'importanza della NATO, l'ex alleanza centrale del blocco americano, in particolare per quanto riguarda l'obbligo, previsto dal trattato, per tutti i membri della NATO di venire in aiuto di tutti gli altri che fossero attaccati militarmente (in pratica, gli Stati Uniti li avrebbero protetti dall'aggressione russa). Trump ha messo in dubbio questa clausola cruciale. Le preoccupanti implicazioni che comportava l'abbandono degli alleati dell’Europa occidentale da parte degli Stati Uniti non sono sfuggite alle cancellerie di Londra, Parigi e Berlino.

Queste differenze in politica estera sarebbero emerse più chiaramente durante l'amministrazione Biden, che ha seguito la prima presidenza Trump.

L'interregno di Biden: 2020-2024

La sostituzione di Trump con Joe Biden alla Casa Bianca voleva significare un ritorno alla normalità nella politica statunitense, perchè segnata dal tentativo di ricucire vecchie alleanze e creare trattati con altri paesi, per cercare di riparare i danni causati dalle spericolate avventure di Trump. Biden dichiarò: "L'America è tornata". L'annuncio di uno storico patto di sicurezza tra Stati Uniti, Regno Unito e Australia nell'Asia-Pacifico nel 2021 e il rafforzamento del Quad Security Dialogue tra Stati Uniti, India, Giappone e Australia, hanno segnalato, tra le altre misure, il perseguimento della creazione di un cordone sanitario contro l'ascesa dell'imperialismo cinese in Estremo Oriente.

Una crociata democratica globale contro le potenze "revisioniste" e "autocratiche" – Iran, Russia, Corea del Nord e soprattutto Cina – fu invocata dalla nuova amministrazione.

L'invasione russa dell'Ucraina nel 2022 ha fornito a Joe Biden i mezzi per imporre ancora una volta l'autorità militare degli Stati Uniti alle recalcitranti potenze della NATO in Europa, obbligandole, in particolare la Germania, ad aumentare i bilanci della difesa e a fornire sostegno alla resistenza armata dell'Ucraina. Ha anche contribuito a esaurire il potere militare ed economico della Russia in una guerra di logoramento e a mostrare la superiorità militare mondiale degli Stati Uniti in termini di armamenti e logistica che ha fornito all'esercito ucraino. Soprattutto, gli Stati Uniti, contribuendo a trasformare gran parte dell'Ucraina in rovine fumanti, hanno dimostrato alla Cina il pericolo di vedere la Russia come un potenziale alleato e le pericolose conseguenze del proprio desiderio di annettere territori come Taiwan.

Tuttavia, era evidente al mondo che la borghesia statunitense non era del tutto d'accordo con la politica di Biden nei confronti della Russia, e il Partito Repubblicano al Congresso, ancora sotto il tallone di Donald Trump, ha espresso la sua riluttanza a fornire i necessari miliardi di dollari di sostegno allo sforzo bellico ucraino.

Se il sostegno dato all'Ucraina è stato un successo per la riaffermazione della leadership da parte dell'imperialismo americano, almeno a breve termine, il suo coinvolgimento nella guerra di Israele a Gaza dopo l'ottobre 2023 ha offuscato questo progetto. Gli Stati Uniti si sono trovati intrappolati tra la necessità di sostenere il loro principale alleato israeliano in Medio Oriente di fronte ai terroristi di Hamas, sostenuti dagli iraniani, e la sconsiderata determinazione di Israele a fare il proprio gioco e rinnegare una soluzione pacifica alla questione palestinese, accentuando così il caos militare nella regione.

Il massacro di decine di migliaia di palestinesi indifesi a Gaza, per gentile concessione delle munizioni e dei dollari statunitensi, ha completamente smentito l'immagine della rettitudine morale degli Stati Uniti che Biden aveva promosso con la difesa dell'Ucraina.

Se il crollo del regime di Assad in Siria e la sconfitta di Hezbollah in Libano hanno inflitto un duro colpo al regime iraniano, nemico dichiarato degli Stati Uniti, questo non ha diminuito l'instabilità della regione, non da ultimo nella stessa Siria. Al contrario, gli Stati Uniti hanno dovuto continuare a schierare una parte considerevole della loro marina nel Mediterraneo orientale e nel Golfo Persico, rafforzare i loro contingenti in Iraq e Siria e fare i conti con la drammatica opposizione alla politica statunitense da parte della Turchia e dei paesi arabi.

Soprattutto, la minaccia di ulteriori convulsioni militari in Medio Oriente significa che l’orientamento verso l'Asia, l'obiettivo principale degli Stati Uniti, è ostacolato.

Secondo mandato di Trump: 2025-

Abbiamo descritto come la difficoltà ad orientarsi nel caos imperialista che si è sviluppato dopo il 1989 abbia portato a divisioni all'interno della classe dominante americana sulla politica da perseguire, e abbiamo tracciato la crescita della politica populista dell'America First contro un corso più razionale che cercava di preservare le alleanze del passato. La rielezione di Trump al potere nonostante i disastri della sua prima presidenza è un segno che queste divisioni interne non sono state dominate dalla borghesia e stanno ora tornando a compromettere seriamente la capacità degli Stati Uniti di perseguire una politica estera coerente, fino al punto di mettere a repentaglio la loro principale preoccupazione di bloccare o prevenire l'ascesa della Cina.

Alla pericolosa incertezza di questo effetto boomerang del caos politico sulla politica imperialista si aggiunge il fatto che il margine di manovra degli Stati Uniti sulla scena imperialista mondiale è notevolmente diminuito dal primo mandato di Trump, e il suo secondo mandato avviene mentre due grandi conflitti infuriano nell'Europa orientale e nel Medio Oriente.

Non entreremo nelle cause più profonde del disordine politico all'interno della borghesia americana e del suo Stato che le prime azioni di Trump hanno drammaticamente dimostrato, questo sarà spiegato in un ulteriore articolo.

Ma in meno di un mese Trump ha dimostrato che la tendenza della sua politica America First a svelare la natura della pax americana, base della supremazia mondiale degli Stati Uniti dopo il 1945, sta per accelerare molto più rapidamente e profondamente di quanto non abbia fatto nel suo primo mandato, anche perché il nuovo presidente è intenzionato a superare le salvaguardie che a quel tempo limitavano il suo campo d'azione nominando alla testa dei dipartimenti di Stato i suoi scagnozzi, che siano competenti o meno.

La principale preoccupazione della borghesia statunitense dopo il 1989 – impedire la fine del suo dominio mondiale nel tutti contro tutti del mondo post-blocco – è stata capovolta: la "guerra di tutti contro tutti" è diventata, in effetti, la "strategia" della nuova amministrazione. Una strategia che sarà più difficile da invertire da parte di una nuova amministrazione più intelligente di quanto sia stata quella dopo il primo mandato di Trump.

L'obiettivo di riprendere il controllo di Panama; la proposta di "comprare" la Groenlandia; la barbara proposta di fare pulizia etnica dei palestinesi dalla Striscia di Gaza e di trasformarla in una Costiera turistica; tutte queste prime dichiarazioni del nuovo presidente sono dirette tanto contro i suoi ex alleati quanto contro i suoi nemici strategici. Nel caso della proposta di Gaza, che andrebbe a beneficio del suo alleato Israele eliminando la soluzione a due stati per la Palestina, non farebbe altro che infiammare l'opposizione delle altre potenze arabe più la Turchia e l'Iran. Gran Bretagna, Francia e Germania si sono già dichiarate contrarie alla proposta di Trump per Gaza.

Ma è probabile che gli Stati Uniti sotto Trump imporranno un accordo di pace all'Ucraina che probabilmente la costringerà a cedere il 20% del suo territorio alla Russia, ipotesi a cui le potenze dell'Europa occidentale si sono già opposte con veemenza. Una tale soluzione frantumerà ulteriormente l'alleanza NATO, in precedenza l'asse del dominio internazionale degli Stati Uniti. Il nuovo presidente chiede che le stagnanti economie europee della NATO raddoppino le loro spese militari al fine di difendersi da sole, senza gli Stati Uniti.

Una buona parte del “potere morbido” dell'imperialismo americano, cioè la sua pretesa morale di egemonia, viene spazzato via quasi in un colpo solo: l'USAID, la più grande agenzia mondiale di aiuti al "sud del mondo", è stata data in pasto alle cesoie di Elon Musk. Gli Stati Uniti si sono ritirati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e hanno persino proposto un procedimento contro la Corte Penale Internazionale per i suoi pregiudizi nei confronti degli Stati Uniti e di Israele.

La guerra commerciale protezionistica proposta dalla nuova amministrazione statunitense sferrerebbe anche un duro colpo alla stabilità economica residua del capitalismo internazionale e senza dubbio si ripercuoterà sulla stessa economia statunitense sotto forma di inflazione ancora più elevata, crisi finanziarie e riduzione del proprio commercio. La deportazione in massa dagli Stati Uniti di manodopera immigrata a basso costo avrebbe conseguenze economiche negative controproducenti per la sua economia e per la stabilità sociale.

Al momento in cui scriviamo non è possibile sapere se la valanga di proposte e decisioni del nuovo presidente sarà attuata o se si tratta di stravaganti strumenti di contrattazione che potrebbero portare ad accordi temporanei o concessioni ridotte. Ma la direzione della nuova politica è chiara. L'incertezza stessa delle misure ha già l'effetto di allarmare e inimicarsi gli ex e futuri potenziali alleati e di costringerli ad agire da soli e a cercare sostegno altrove. Questo di per sé aprirà maggiori possibilità per i principali nemici degli Stati Uniti. L'accordo di pace proposto in Ucraina sta già avvantaggiando la Russia. La guerra commerciale è un regalo alla Cina, che può posizionarsi come un partner economico migliore degli Stati Uniti.

Ciononostante, nonostante la politica autolesionista a lungo termine dell'"America First", gli Stati Uniti non cederanno la superiorità militare al loro principale nemico, la Cina, che è ancora lontana dall'essere in grado di affrontare direttamente gli Stati Uniti ad armi pari. E la nuova politica estera sta già creando una forte opposizione all'interno della stessa borghesia statunitense.

La prospettiva è quindi una massiccia corsa agli armamenti e un ulteriore aumento caotico delle tensioni imperialiste in tutto il mondo, con grandi conflitti di potere che si spostano verso i centri del capitalismo mondiale e infiammano ulteriormente i suoi punti strategici globali.

Conclusione: Trump e la questione sociale

Il movimento MAGA di Donald Trump è salito al potere promettendo all'elettorato più posti di lavoro, salari più alti e la pace nel mondo, al posto dell'abbassamento del tenore di vita e delle "guerre senza fine" dell'amministrazione Biden.

Il populismo politico non è un'ideologia di mobilitazione per la guerra come lo era il fascismo.

In realtà la crescita e i successi elettorali del populismo politico nell'ultimo decennio o giù di lì, di cui Trump è l'espressione americana, si basano essenzialmente sul crescente fallimento dell'alternanza al governo dei vecchi partiti di democrazia liberale nell'affrontare la profonda impopolarità della crescita vertiginosa del militarismo da un lato, e gli effetti pauperizzanti di una crisi economica irrisolvibile sulle condizioni di vita della massa della popolazione dall'altro.

Ma le promesse populiste del burro al posto delle armi sono state e saranno sempre più contraddette dalla realtà, e si scontreranno con una classe operaia che sta cominciando a riscoprire la sua combattività e la sua identità.

La classe operaia, in contrasto con i deliri xenofobi del populismo politico, non ha patria, non ha interessi nazionali ed è di fatto l'unica classe internazionale con interessi comuni al di là dei confini e dei continenti. La sua lotta per difendere le sue condizioni di vita oggi, che ha una portata internazionale – come confermato in particolare dalle attuali lotte in Belgio - fornisce quindi la base per un polo alternativo di attrazione al futuro suicida del capitalismo del conflitto imperialista tra le nazioni.

Ma in questa prospettiva di classe il proletariato dovrà confrontarsi anche con le forze anti-populiste della borghesia che propongono alla popolazione un ritorno alla forma democratica del militarismo e dell'impoverimento. La classe operaia non deve farsi coinvolgere da queste false alternative, né seguire le forze più radicali che dicono che la democrazia liberale è un male minore di quella del populismo. Deve, invece, combattere sul proprio terreno di classe.

Il New York Times, che è il portavoce solitamente sobrio della borghesia liberale americana, ha lanciato questo appello radicale alla mobilitazione della popolazione per difendere lo Stato democratico borghese contro lo Stato autocratico di Trump in un editoriale dell'8 febbraio 2025:

"Non distrarti. Non lasciarti sopraffare. Non fatevi paralizzare e trascinare nel caos che il presidente Trump e i suoi alleati stanno creando di proposito con il volume e la velocità degli ordini esecutivi; lo sforzo per smantellare il governo federale; gli attacchi agli immigrati, alle persone transgender e al concetto stesso di diversità:  le richieste che gli altri paesi accettino gli americani come i loro nuovi padroni: e la vertiginosa sensazione che la Casa Bianca possa fare o dire qualsiasi cosa in qualsiasi momento. Tutto questo ha lo scopo di mantenere il paese fermo in modo che il presidente Trump possa andare avanti nella sua corsa per il massimo potere esecutivo, in modo che nessuno possa fermare l'agenda audace, mal concepita e spesso illegale avanzata dalla sua amministrazione. Per l'amor del cielo, non stategli dietro".[3]

Questa è solo una conferma che l'intera borghesia sta usando le proprie serie divisioni per dividere la classe operaia nella scelta di una forma di guerra e di crisi capitalistica contro un'altra, al fine di farle dimenticare i propri interessi di classe.

La classe operaia non deve essere trascinata nelle guerre interne o esterne della classe dominante, ma deve lottare per sé stessa.

Como

 

[2] La Pax Americana dopo la Seconda Guerra Mondiale non è mai stata un'epoca di pace, ma di guerra imperialista quasi permanente. Questo termine si riferisce invece alla relativa stabilità del conflitto imperialista mondiale, prima del 1989, con gli Stati Uniti come maggiore potenza, nella preparazione dei due blocchi alla guerra mondiale.

[3] Nel 2003, il New York Times, che ha la reputazione di essere un giornale obiettivo, riprese comunque la menzogna secondo cui Saddam Hussein aveva armi di distruzione di massa, pretesto per l'invasione statunitense dell'Iraq.

Sviluppo della coscienza e dell' organizzazione proletaria: 

Questioni teoriche: 

Rubric: 

Conseguenze elezioni americane