Smascherato il mito della neutralità e del non allineamento

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La rapidità con cui Svezia e Finlandia hanno aderito alla NATO è un chiaro segnale del rapido sviluppo della militarizzazione nel Nord Europa dopo l'invasione dell’Ucraina nel febbraio scorso.

Questo processo, avviato dalla Finlandia, ha portato il governo svedese a uno storico cambio di rotta, abbandonando una politica di non allineamento vecchia di oltre 200 anni, che risaliva alla fine delle guerre napoleoniche.

Questa politica, così come la “neutralità” ufficiale della Svezia, in effetti non è mai stata altro che una cortina fumogena intesa a nascondere la sua appartenenza di lunga data al blocco occidentale dalla fine della Seconda Guerra mondiale.

Il rapido svolgersi degli eventi in seguito all’invasione russa dell'Ucraina ha portato a una grave intensificazione della propaganda militarista in entrambi i paesi, senza precedenti nella loro storia contemporanea. Il mito dei paesi nordici “pacifici” è chiaramente smascherato e la NATO ne approfitterà per rafforzare il proprio fronte settentrionale, il che avrà l’effetto di estendere l'accerchiamento della Russia e non potrà che portare a un ulteriore inasprimento dei conflitti imperialisti in Europa

Finlandia, una “neutralità” forzata controllata dalla Russia sovietica

La Finlandia, che condivide un ampio confine con la Russia (circa la stessa distanza tra Lubecca e Monaco), ha un’esperienza di “neutralità” completamente diversa rispetto alla Svezia. Dopo che la Svezia perse la Finlandia nei confronti della Russia, questa divenne un Granducato facendo parte della Russia zarista nel 1809 fino al 1917.

Le lotte rivoluzionarie in Finlandia nel 1917-1918, che presero la forma di una guerra civile tra il campo rivoluzionario e i Bianchi, furono schiacciate con l’aiuto dell'esercito tedesco. A causa dell’invasione della Russia nel 1939 e della “Guerra d'Inverno” del 1939-40, ma anche della guerra contro la Russia a fianco della Germania fino alla sconfitta del 1944, la Finlandia ha dovuto sottoporsi a pesanti riparazioni di guerra a partire da questo stesso periodo. Ciò significa che la Finlandia fu costretta, dopo la seconda guerra mondiale, a mantenere un “rapporto privilegiato” con la Russia sovietica e a portare avanti una politica di “neutralità” forzata, che durò quasi cinquant’anni, fino alla caduta del vecchio blocco dell’Est.

La Finlandia era un paese verso cui l’URSS esercitava un controllo significativo senza ricorrere al potere militare, come avveniva nei paesi baltici. La politica di “finlandizzazione” ha permesso all'URSS di avere l’ultima parola nell’elezione di governi e presidenti, sebbene la Finlandia avesse ufficialmente una democrazia di tipo occidentale.

Svezia: 200 anni di “neutralità” e non allineamento?

La perdita della Finlandia a profitto della Russia nel 1809 (considerata “la metà orientale del Regno di Svezia” sin dall’alto medioevo) assestò il colpo finale alle ambizioni della Svezia di mantenere il suo precedente status di grande potenza locale. Durante il 18° secolo, la Svezia perse gradualmente i suoi antichi possedimenti intorno al Mar Baltico e il nuovo re in carica, il generale francese Jean-Baptiste Bernadotte, dichiarò nel 1818 che la Svezia, per mantenere la pace con la Russia, doveva rimanere “neutrale” evitando di contrarre alleanze con altre potenze europee. Questa politica di “neutralità” fu rigorosamente applicata durante le due guerre mondiali, anche se la maggior parte della borghesia mostrava una netta preferenza per il campo tedesco.

Questo permise il trasporto delle truppe tedesche attraverso il paese nel nord della Norvegia e nella Finlandia settentrionale durante i primi anni della Seconda Guerra mondiale. Quando scoppiò la guerra in Finlandia, la Svezia sostenne il suo vicino inviando cibo, munizioni, armi e medicine. Fu solo verso la metà della guerra, dopo Stalingrado, che la borghesia svedese effettuò una svolta “opportunistica” iniziando a sostenere il campo alleato.

Mentre i settori tradizionali della borghesia svedese mantenevano stretti legami con la Germania, i socialdemocratici, sempre più influenti grazie alla loro egemonia al potere tra il 1933 e il 1976, svilupparono forti legami con gli Stati Uniti e la Gran Bretagna dopo la Seconda Guerra mondiale. La politica di “neutralità” ora significava che la Svezia (senza riconoscerlo ufficialmente) assisteva la NATO e il blocco occidentale nelle loro operazioni di intelligence contro l’Unione Sovietica durante gli anni 1950 e 1960. Fu solo all'inizio degli anni 2000 che questo “segreto di stato” fu scoperto, in seguito alla caduta del blocco dell’Est.

Il ruolo della Svezia negli anni ’60 e ‘70, al culmine della Guerra Fredda, può essere illustrato dal ruolo svolto da Olof Palme e dalla sua eloquente critica della politica americana in Vietnam.

Essere un “alleato essenziale” degli Stati Uniti era una risorsa importante per il blocco occidentale, poiché la presunta neutralità della Svezia poteva essere utilizzata per influenzare ex colonie che rischiavano di cadere nella sfera del blocco orientale. Dopo la caduta del blocco dell’Est, la Svezia ha riorganizzato le sue forze militari e abolito il servizio militare obbligatorio per più di due decenni, solo per ripristinarlo nel 2017.

Con la crescente minaccia dalla Russia nell’ultimo decennio, Svezia e Finlandia hanno sviluppato un’affiliazione militare con i paesi della NATO denominata “Partnership for Peace” e ci sono state discussioni su una possibile collaborazione militare tra Finlandia e Svezia, ma la questione dell’adesione esplicita alla NATO non era nell'agenda politica dei due paesi fino all’invasione dell’Ucraina. In meno di due mesi, i socialdemocratici svedesi hanno abbandonato la politica di “neutralità” e di non allineamento, nonostante le forti critiche all’interno del partito stesso.

Mentre la questione dell’allineamento con la NATO non era presente nell’agenda politica e veniva apertamente difesa solo da una minoranza di partiti in Parlamento, vale a dire il Partito Liberale, dopo l’invasione dell’Ucraina, una forte maggioranza del Parlamento svedese ha proclamato il suo sostegno al “processo NATO”.

La questione NATO non è stata neanche menzionata nelle campagne elettorali svedesi di quest’anno.

Dopo le elezioni la situazione non è cambiata. I socialdemocratici sono stati sostituiti da una coalizione di destra, nella quale i democratici di estrema destra avrebbero giocato un ruolo significativo. E quindi questo partito da una storia di posizioni e connessioni filo-russe, durante la primavera ha cambiato la sua posizione sulla NATO.

L’unico partito apertamente contrario all'adesione alla NATO è rimasto il partito di sinistra, l’ex Partito Comunista.

Allo stesso modo, quando il primo ministro finlandese Sanna Marin ha dichiarato che la Finlandia avrebbe dovuto aderire alla NATO, si è avuta una rottura completa con la politica di “neutralità” e con la precedente sottomissione alla vicina Russia perpetuata durante la Guerra Fredda.

Entrare a far parte della NATO non significa “pace e protezione”, ma crescente caos militare

Oggi, il rafforzamento della NATO sul suo fronte settentrionale presenta il rischio di un’escalation di un conflitto militare nel nord Europa. È un altro esempio della politica statunitense a lungo termine, tendente ad imporre il proprio ordine mondiale accerchiando i suoi principali rivali imperialisti. Una strategia che di fatto crea un caos ancora maggiore, come hanno dimostrato le guerre in Afghanistan, Iraq e Ucraina.

L’argomento principale per l’allineamento con la NATO è stato quello di “mantenere la pace e la sicurezza” e quindi alimentare una secolare paura della Russia, il nemico giurato dei paesi scandinavi.

L’affermazione del ministro degli Esteri svedese Ann Linde secondo la quale l’adesione alla NATO “eviterebbe i conflitti” e porterebbe a una situazione più pacifica e serena in Europa è palesemente falsa. Il rafforzamento della NATO sul fronte settentrionale significherà soprattutto un rafforzamento degli Stati Uniti attraverso un gigantesco scudo contro la Russia negli Stati nordici e baltici.

L’allineamento con la NATO e il conseguente, obbligato, aumento dei bilanci militari al 2% del PIL (che significa un impulso all’industria militare svedese, Bofors e SAAB), porterà a una maggiore instabilità e insicurezza per la classe operaia e per l’intera popolazione. Con la sua tattica ipocrita di apparire come un “difensore della pace”, mentre alimenta le fiamme della guerra e del caos, questo capovolgimento strategico delle classi dirigenti svedesi e finlandesi è un chiaro segno dell’escalation della situazione in pochi mesi.

La crescente militarizzazione della società nei paesi scandinavi (illustrata questa primavera dall’ex primo ministro svedese Magdalena Andersson in bella mostra con un elmetto in un carro armato durante un’operazione congiunta a guida NATO) porterà solo a una maggiore destabilizzazione e distruzione.

Edvin, 19 ottobre 2022

Rubric: 

Integrazione di Svezia e Finlandia nella NATO