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Da lungo tempo, e contro ogni visione propria all'individualismo borghese, il marxismo ha mostrato che non sono gli individui che fanno la storia ma che, a partire dall'apparizione delle classi sociali: “La storia di tutte le società, fino ad oggi, è storia di lotta tra le classi”. Ciò vale, ed in modo particolare, anche per la storia del movimento operaio il cui principale protagonista è giustamente la classe che, più di tutte le altre, lavora in modo associato e lotta in modo collettivo. All'interno del proletariato, le minoranze comuniste da questo prodotte come manifestazione del suo divenire rivoluzionario lavorano anch'esse, conseguentemente, in maniera collettiva. In questo senso l’azione delle sue minoranze riveste un carattere soprattutto anonimo e non ha niente da sacrificare al culto delle personalità. I loro membri, in tanto che militanti rivoluzionari, non hanno ragione di esistere che come parte di un tutto, l’organizzazione comunista. Tuttavia, se l’organizzazione deve poter contare su tutti i suoi militanti, è chiaro che non tutti vi apportano lo stesso contributo. La storia individuale, l’esperienza, la personalità di certi militanti nonché le circostanze storiche li conducono a giocare nelle organizzazioni in cui militano un ruolo particolare, divenendo elemento di stimolo delle attività di queste organizzazioni ed in particolare dell’attività che si trova alla base del loro stesso motivo di esistenza: l’elaborazione e l’approfondimento delle posizioni politiche rivoluzionarie.
Marc era appunto uno di questi. Apparteneva a quella piccola minoranza di militanti comunisti, tra cui Anton Pannekoek, Henk Canne-Meijer, Amadeo Bordiga, Onorato Damen, Paul Mattick, Jan Appel o Munis, per citarne solo alcuni tra i più noti[1], che è sopravvissuta alla terribile controrivoluzione che si è abbattuta sulla classe operaia tra gli anni ‘20 e gli anni ‘60. In più, oltre alla sua fedeltà assoluta alla causa del comunismo, egli ha saputo conservare la sua piena fiducia nelle capacità rivoluzionarie del proletariato, trasmettendo alle nuove generazioni di militanti tutta la sua esperienza passata, senza per questo restare fermo ad analisi e posizioni di cui il corso della storia esigevano il superamento. In questo senso tutta la sua attività di militante costituisce un esempio concreto di ciò che vuol dire il marxismo: il pensiero vivente ed in continua elaborazione della classe rivoluzionaria, portatrice dell’avvenire dell'umanità.
Naturalmente questo ruolo d’impulso del pensiero e dell’azione dell’organizzazione politica Marc l’ha giocato in maniera particolare nella CCI. E questo fino alle ultime ore della sua vita. Tutta la sua vita militante è animata dallo stesso spirito, dalla stessa volontà di difendere con le unghie e con i denti i principi comunisti, pur conservando in permanenza uno spirito critico ben desto per essere capace, ogni qual volta fosse necessario, di rimettere in discussione ciò che a molti sembravano dei dogmi intoccabili ed “invarianti”. Una vita militante di più di settant’anni che ha trovato la sua fonte di energia nel calore della rivoluzione.
L’impegno nella lotta rivoluzionaria
Marc è nato il 13 maggio 1907 a Kichinev, capitale della Bessarabia (Moldavia), in un’epoca in cui questa regione faceva parte dell’antico regno zarista. Quando scoppia la rivoluzione del 1917 egli non ha ancora dieci anni. Ecco come lui stesso, in occasione del suo ottantesimo compleanno, descrive questa formidabile esperienza che ha marcato tutta la sua vita:
“Ho avuto la fortuna di vivere e di conoscere, anche se da ragazzo, la rivoluzione russa del 1917, sia del febbraio che di ottobre. L’ho vissuta intensamente. Bisogna sapere e capire cosa è un Gavroche, cosa è un bambino in un periodo rivoluzionario, quando si passano le giornate nelle manifestazioni, dall’una all’altra, da una riunione all’altra; quando si passano le nottate nei circoli dove stanno i soldati, gli operai, dove qua si parla, là si discute e là ancora ci si scontra; quando in ogni angolo della strada, improvvisamente, bruscamente, un uomo si mette sul davanzale di una finestra e incomincia a parlare: immediatamente si avvicinano 1000 persone e si incomincia a discutere. È qualche cosa di indimenticabile, un ricordo che ha marcato tutta la mia vita, evidentemente. Ho avuto la fortuna di avere il fratello maggiore che faceva il soldato e che era bolscevico, segretario del partito nella città, e con il quale io potevo correre, mano nella mano, da una riunione all'altra dove lui difendeva le posizioni dei bolscevichi.
Ho avuto la fortuna di essere l'ultimo figlio -il quinto- di una famiglia dove tutti furono, uno dopo l’altro, militanti del Partito, fino ad essere uccisi o espulsi. Tutto questo mi ha permesso di vivere in una casa che era sempre piena di gente, di giovani, dove c’erano sempre delle discussioni dato che, all’inizio, uno solo dei fratelli era bolscevico mentre gli altri erano più o meno socialisti. Era un dibattito continuo con tutti i loro compagni, con tutti i loro colleghi. Ed era una fortuna enorme per la formazione di un bambino.”
Nel 1919, durante la guerra civile, quando la Moldavia viene occupata dalle truppe bianche rumene, tutta la famiglia di Marc, minacciata dai pogrom (il padre era rabbino), emigra in Palestina. Sono i fratelli e le sorelle maggiori di Marc all’origine della fondazione del partito comunista di questo paese. Ed è allora, all’inizio del 1921, che Marc (che non aveva ancora 13 anni) diventa militante entrando nella gioventù comunista (nei fatti ne è uno dei fondatori) e nel partito. Molto presto si scontra con la posizione dell’Internazionale Comunista sulla questione nazionale che, usando le sue parole, “era difficile da inghiottire”. Questo disaccordo gli vale la prima espulsione dal partito comunista nel 1923. Da questo momento, anche se ancora adolescente, Marc esprime già quella che sarà una delle sue maggiori qualità per tutta la sua lunga vita di militante: una intransigenza indefettibile nella difesa dei principi rivoluzionari, anche se questa difesa doveva portarlo ad opporsi alle “autorità” più prestigiose del movimento operaio, come lo erano a quell’epoca i dirigenti dell’Internazionale Comunista, in particolare Lenin e Trotsky[2]. La sua adesione totale alla causa del proletariato, la sua implicazione militante nell'organizzazione comunista e la stima profonda che aveva per i grandi nomi del movimento operaio non gli hanno mai fatto rinunciare alla lotta per le proprie posizioni quando pensava che quelle dell’organizzazione si scostavano dai principi del marxismo o erano superate dalle nuove circostanze storiche. Per lui, come per tutti i grandi rivoluzionari come Lenin o Rosa Luxemburg, l’adesione al marxismo, teoria rivoluzionaria del proletariato, non era un’adesione alla lettera di questa teoria ma al suo spirito ed al suo metodo. Nei fatti, l’audacia di cui ha sempre dato prova il nostro militante, all’immagine degli altri grandi rivoluzionari, era il rovescio, l’altra faccia della sua adesione totale e tenace alla causa ed al programma del proletariato. Proprio perché era profondamente attaccato al marxismo non ha mai avuto paura di allontanarsene quando criticava, sulla base dello stesso marxismo, ciò che era diventato caduco nelle posizioni delle organizzazioni operaie. La questione del sostegno delle lotte di liberazione nazionale, che nella seconda e nella terza internazionale era diventata una specie di dogma, fu dunque il primo terreno sul quale ebbe modo di sperimentare questo modo di procedere[3].
La lotta contro la degenerazione dell’Internazionale
Nel 1924 Marc, insieme ad uno dei suoi fratelli, si trasferisce in Francia. Entra a far parte della sezione ebrea del Partito Comunista, ritornando così ad essere membro di quella stessa Internazionale dalla quale era stato espulso poco prima. Immediatamente fa parte dell’opposizione che combatte il processo di degenerazione dell’IC e dei partiti comunisti. È così che, insieme ad Albert Treint (segretario generale del PCF dal 1923 al 1926) e Suzanne Girault (anziana tesoriera del Partito), partecipa alla fondazione dell’Unità leninista nel 1927. Quando arriva in Francia la piattaforma dell’Opposizione russa redatta da Trotsky, egli si dichiara in accordo con questa. Al tempo stesso, e contrariamente a Treint, rigetta la dichiarazione di Trotsky secondo cui, su tutte le questioni su cui c’erano stati dei disaccordi tra lui e Lenin prima del 1917, avrebbe avuto ragione Lenin. Marc pensava che un tale atteggiamento non era affatto corretto, innanzitutto perché Trotsky non era veramente convinto di quello che diceva, e poi perché una tale dichiarazione non poteva che bloccare Trotsky in alcune delle posizioni sbagliate difese da Lenin in passato (in particolare al momento della rivoluzione del 1905 sulla questione della “dittatura democratica del proletariato e dei contadini”). Di nuovo si manifesta questa capacità del nostro compagno di conservare un atteggiamento critico e lucido di fronte alle grandi “autorità” del movimento operaio. L’appartenenza all’Opposizione di sinistra internazionale, dopo la sua esclusione dal PCF nel febbraio 1928, non significava un’adesione a tutte le posizioni del suo principale dirigente, nonostante tutta l’ammirazione che comunque aveva per lui. È in particolare grazie a questo spirito che riesce in seguito a non lasciarsi trascinare nella deriva opportunista del movimento trotskista contro il quale inizia la lotta agli inizi degli anni ‘30. In effetti, dopo la sua partecipazione, con Treint, alla formazione del “Redressement communiste” (Raddrizzamento comunista), aderisce nel 1930 alla “Ligue communiste” (l’organizzazione che rappresenta l’opposizione in Francia) della quale diviene, insieme a Treint, membro della commissione esecutiva nell’ottobre 1931. Ma tutti e due, dopo avervi difeso una posizione minoritaria di fronte all’avanzata dell’opportunismo, lasciano questa formazione nel maggio 1932 prima di partecipare alla costituzione della “Fraction communiste de gauche” (Frazione comunista di sinistra), detta Gruppo di Bagnolet. Nel 1933 questa organizzazione si scinde e Marc rompe con Treint che inizia a difendere un’analisi dell’URSS simile a quella sviluppata più tardi da Burnham e Chaulieu (“Socialisme bureaucratique”). Partecipa allora, nel novembre 1933, alla fondazione dell’Union communiste assieme a Chazè (Gaston Davoust, morto nel 1984), con il quale aveva conservato uno stretto contatto fin dall’inizio degli anni ‘30 quando quest’ultimo era ancora membro del PCF (fu espulso nell’agosto 1932) e animava il “15° Rayon” (periferia occidentale di Parigi) che difendeva delle posizioni di opposizione.
Le grandi lotte degli anni ‘30
Marc è rimasto membro dell’Union Communiste fino al momento della guerra di Spagna. Viviamo uno dei periodi più tragici del movimento operaio: secondo i termini usati da Victor Serge, “è la mezzanotte del secolo”. Come Marc stesso dice: “Passare questi anni di isolamento terribile, vedere il proletariato francese inalberare la bandiera tricolore, la bandiera di Versailles e cantare "la Marsigliese", e tutto ciò in nome del comunismo, era, per tutte le generazioni che erano rimaste rivoluzionarie, fonte di orribile tristezza”. Ed è giustamente al momento della guerra di Spagna che questo sentimento di isolamento raggiunge il massimo quando parecchie organizzazioni che erano riuscite a mantenere delle posizioni di classe vengono trascinate dall’ondata “antifascista”. È in particolare il caso dell’Union Communiste che vede, negli avvenimenti di Spagna, una rivoluzione proletaria dove la classe operaia aveva l’iniziativa della lotta. Questa organizzazione non arriva certo a sostenere il governo del “Fronte popolare”. Ma caldeggia comunque l’arruolamento nelle milizie antifasciste e allaccia relazioni politiche con l’ala sinistra del POUM, una organizzazione antifascista che partecipa al governo della “Generalidad” della Catalogna.
Difensore intransigente dei principi di classe, Marc non può evidentemente accettare una tale capitolazione davanti all’ideologia antifascista, anche se questa si ammanta di giustificazioni tipo la “solidarietà con il proletariato di Spagna”. Dopo aver condotto una lotta di minoranza contro una tale deriva, lascia l’Union Communiste e raggiunge individualmente, all’inizio del 1938, la Frazione di sinistra italiana con la quale era rimasto in contatto. Questa a sua volta aveva dovuto fare i conti con una minoranza favorevole all’arruolamento nelle milizie antifasciste. Nella tormenta della guerra di Spagna, con tutti i tradimenti che questa provoca, la Frazione italiana, fondata a Pantin nella periferia parigina nel maggio 1928, è una delle rare organizzazioni capaci di resistere su dei principi di classe. Essa basa le sue posizioni di rigetto intransigente di tutte le sirene antifasciste sulla comprensione del corso storico dominato dalla controrivoluzione. In un tale momento di profondo arretramento del proletariato mondiale, di vittoria della reazione, gli avvenimenti di Spagna non potevano essere interpretati come l’inizio di una nuova ondata rivoluzionaria, ma come una nuova tappa della controrivoluzione. Come conclusione della guerra civile, che oppone non la classe operaia alla borghesia ma la Repubblica borghese (alleata al campo imperialista “democratico”) contro un altro governo borghese (alleato al campo imperialista “fascista”), non può esserci la rivoluzione, ma la guerra mondiale. Il fatto che gli operai di Spagna abbiano preso spontaneamente le armi di fronte al putsch di Franco nel luglio 1936 (il che è naturalmente salutato dalla Frazione) non apre alcuna prospettiva rivoluzionaria nella misura in cui questi, imbrigliati dalle organizzazioni antifascista come il PS, il PC e la CNT anarco-sindacalista, rinunciano alla lotta sul proprio terreno di classe per trasformarsi in soldati della Repubblica borghese diretta dal “fronte popolare”. E una delle migliori prove dello stallo tragico in cui si trova il proletariato in Spagna è dato, per la Frazione, dal fatto che in questo paese non c’è nessun partito rivoluzionario[4].
Marc continua dunque la sua lotta rivoluzionaria come militante della Frazione italiana (esiliata in Francia ed in Belgio)[5]. In particolare si lega molto a Vercesi (Ottorino Perrone) che ne è il principale animatore. Molti anni dopo Marc ha spesso spiegato ai giovani militanti della CCI quanto avesse imparato a fianco di Vercesi, per il quale aveva grande stima e ammirazione. “È da lui che ho capito veramente cosa era un militante”, ha detto spesso. In effetti, la grande fermezza dimostrata dalla Frazione era in gran parte dovuta a Vercesi che, militante sin dalla fine della prima guerra mondiale nel PSI e poi nel PCI, ha combattuto sempre per la difesa dei principi rivoluzionari contro l’opportunismo e la degenerazione di queste organizzazioni. Diversamente da Bordiga, principale dirigente del PCd’I in occasione della sua fondazione nel 1921 e animatore della sinistra di questo partito successivamente, ma che si era ritirato dalla vita militante dopo la sua esclusione dal partito nel 1930, egli ha messo la sua esperienza al servizio del proseguimento della lotta di fronte alla controrivoluzione. In particolare, egli ha dato un contributo decisivo all’elaborazione della posizione relativa al ruolo delle frazioni nella vita delle organizzazioni proletarie, particolarmente nei periodi di degenerazione del Partito[6]. Ma il suo contributo è ancora più grande. Sulla base della comprensione dei compiti che gravano sui rivoluzionari dopo il fallimento della rivoluzione e la vittoria della controrivoluzione, fare un bilancio (da cui il nome della pubblicazione della Frazione in lingua francese, Bilan) dell’esperienza passata al fine di preparare “i quadri per i nuovi partiti del proletariato” e ciò senza “alcuna censura o ostracismo” (Bilan, n.1), egli dà impulso nella Frazione a tutto un lavoro di riflessione e di elaborazione teorica che ne fa una delle organizzazioni più feconde della storia del movimento operaio. In particolare, benché di formazione “leninista”, egli non ha paura di rifarsi alle posizioni di Rosa Luxemburg rigettando il sostegno alle lotte di liberazione nazionale e sull’analisi delle cause economiche dell’imperialismo. Su quest’ultimo punto egli trae vantaggio dai dibattiti con la Ligue des Communistes Internationalistes (LCI) del Belgio (una formazione uscita dal trotskismo ma che se ne era poi allontanata) la cui minoranza assume le posizioni della Frazione quando scoppia la guerra di Spagna per costituire insieme a questa, alla fine del 1937, la Gauche communiste internationale. Inoltre Vercesi (insieme a Mitchell, membro della LCI), basandosi sugli insegnamenti tratti dal processo di degenerazione della Rivoluzione in Russia e dal ruolo dello stato sovietico nella controrivoluzione, elabora la posizione secondo la quale non può esserci identificazione tra la dittatura del proletariato e lo stato che sorge dopo la rivoluzione. Infine, riguardo all’organizzazione, egli è di esempio, all’interno della Commissione Esecutiva della Frazione, rispetto al modo di condurre un dibattito quando sorgono delle divergenze gravi. Infatti, di fronte alla minoranza che rompe ogni disciplina organizzativa andando ad arruolarsi nelle milizie antifasciste e che rifiuta di pagare le quote all’organizzazione, egli combatte l’idea di una scissione organizzativa affrettata (mentre conformemente alle regole organizzative della Frazione, i membri della minoranza potevano perfettamente essere espulsi) al fine di favorire al massimo lo sviluppo della maggiore chiarezza possibile nel dibattito. Per Vercesi, come per la maggioranza della Frazione, la chiarezza politica è una priorità essenziale nel ruolo e l’attività delle organizzazioni rivoluzionarie.
Tutti questi insegnamenti, che in larga parte corrispondevano già alla sua pratica politica precedente, sono stati pienamente assimilati da Marc negli anni di militanza a fianco di Vercesi. Ed è proprio su questi insegnamenti che Marc si baserà quando Vercesi, a sua volta, comincerà a dimenticarli e ad allontanarsi dalle posizioni marxiste. Infatti quest’ultimo, quando si costituisce la GCI, in cui “Bilan” viene sostituito da “Octobre”, inizia a sviluppare una teoria dell’economia di guerra come antidoto definitivo alla crisi del capitalismo. Disorientato dal successo momentaneo delle politiche economiche del New Deal e del nazismo, conclude che la produzione di armi, che non ricade su di un mercato capitalista soprasaturo, permette al capitalismo di superare le sue contraddizioni economiche. Secondo lui, la formidabile produzione di armamenti realizzata da tutti i paesi alla fine degli anni ‘30 non corrisponde dunque ai preparativi della futura guerra mondiale ma costituisce al contrario un mezzo per evitarla eliminando la sua causa di fondo: lo stallo economico del capitalismo. In questo contesto le diverse guerre locali che si sono sviluppate, in particolare la guerra di Spagna, non devono essere considerate come le premesse di un conflitto generalizzato, ma come un mezzo per la borghesia di schiacciare la classe operaia di fronte all’avanzata di lotte rivoluzionarie. È per questo che la pubblicazione del Bureau International (Ufficio Internazionale) della GCI si chiama “Octobre”, proprio perché si sarebbe entrati in nuovo periodo rivoluzionario. Tali posizioni costituiscono una specie di vittoria postuma per la vecchia minoranza della Frazione.
Di fronte ad un tale sbandamento, che rimette in causa l’essenziale dell’insegnamento di “Bilan”, Marc si impegna nella lotta per la difesa delle posizioni classiche della Frazione e del marxismo. Per lui è una prova molto difficile dato che deve combattere gli errori di un militante di cui ha una grande stima. In questa lotta egli è in minoranza in quanto la maggioranza dei membri della Frazione, acceca-ti dall’ammirazione per Vercesi, lo seguono in questo vicolo cieco. In fin dei conti questa concezione conduce la Frazione italiana, e la Frazione belga, ad una totale paralisi nel momento in cui scoppia la guerra mondiale, rispetto alla quale Vercesi valuta che non è più il caso di intervenire dato che il proletariato è “scomparso socialmente”. In questo momento Marc, reclutato dall’esercito francese (benché apolide), non può reagire immediatamente[7]. Solo nell’agosto del 1940 a Marsiglia, nel sud della Francia, egli può ritornare all’attività politica per raggruppare gli elementi della Frazione italiana che si erano ritrovati in questa città.
Di fronte alla guerra imperialista
Questi militanti, in larga parte, rifiutano lo scioglimento delle frazioni annunciata, sotto l’influenza di Vercesi, dal Bureau International di queste. Essi indicono nel 1941 una conferenza della ricostituita Frazione che si basa sul rigetto della deriva introdotta a partire dal 1937: teoria dell’economia di guerra come superamento della crisi, guerre “localizzate” contro la classe operaia, “scomparsa sociale del proletariato”, etc. Inoltre, la Frazione abbandona la sua vecchia posizione sull’URSS come “Stato operaio degenerato”[8] e ne riconosce la natura capitalista. Durante tutta la guerra, nelle peggiori condizioni di clandestinità, la Frazione tiene delle conferenze annuali raggruppando i militanti di Marsiglia, Tolosa, Lione e Parigi mentre, nonostante l’occupazione tedesca, stabilisce dei legami con gli elementi del Belgio. Pubblica un Bollettino interno di discussione dove si affrontano tutte le questioni che hanno portato al fallimento del 1939. Leggendo i differenti numeri di questo bollettino, si può constatare che la maggior parte dei testi di fondo di critica alle posizioni di Vercesi o di elaborazione di nuove posizioni richieste dall’evoluzione della situazione storica sono firmati Marco. Il nostro compagno, che aveva raggiunto la Frazione italiana solo nel 1938 e che era il solo membro “straniero”, ne è il principale animatore durante tutta la guerra.
Nello stesso tempo Marc ha iniziato un lavoro di discussione con un circolo di giovani elementi, provenienti per la maggior parte dal trotskismo, con i quali, nel maggio 1942, fonda il Noyau français de la Gauche communiste (Nucleo francese della Sinistra comunista) sulle basi politiche dalla GCI. Questo nucleo ha come prospettiva la formazione della Frazione francese della Sinistra comunista ma, rigettando la politica delle “campagne di reclutamento” e di “formazione di nuclei” praticata dai trotskisti, si rifiuta, sotto l’influenza di Marc, di proclamare in maniera precipitosa la costituzione immediata di una tale frazione.
La Commissione Esecutiva della ricostituita Frazione italiana, di cui Marc fa parte, e il nucleo francese, sono portati a prendere posizione rispetto agli avvenimenti in Italia del 1942-1943, dove delle lotte di classe molto importanti portano al rovesciamento di Mussolini il 25 luglio 1943 e alla sua sostituzione con l’ammiraglio Badoglio, che è pro-alleati. Un testo firmato Marco per la CE afferma che: “le rivolte rivoluzionarie che arresteranno il corso della guerra imperialista creeranno in Europa una situazione caotica delle più pericolose per la borghesia” mettendo in guardia contro i tentativi del “blocco imperialista anglo-americano-russo” di liquidare queste rivolte dall’esterno e contro quelli dei partiti di sinistra di “imbavagliare la coscienza rivoluzionaria”. La conferenza della Frazione che nonostante l’opposizione di Vercesi si tiene nell’agosto del 1943, dichiara, in base all’analisi degli avvenimenti in Italia, che “la trasformazione della frazione in Partito” è all'ordine del giorno in questi paesi. Tuttavia, a causa delle difficoltà materiali e anche dell’inerzia che Vercesi oppone a tale riguardo, la Frazione non riesce a rientrare in Italia per intervenire nelle lotte che sono iniziate a svilupparsi. In particolare, essa ignora che alla fine del 1943 si è costituito nel nord Italia, sotto l’impulso di Onorato Damen e di Bruno Maffi, il Partito Comunista Internazionalista (PCInt), al quale partecipano vecchi membri della Frazione.
In questo stesso periodo, la Frazione ed il Nucleo hanno portato avanti un lavoro di contatti e di discussione con altri elementi rivoluzionari e particolarmente con dei rifugiati tedeschi e austriaci, i Revolutionäre Kommunisten Deutschlands (RKD), che si sono staccati dal trotskismo. Insieme ad essi portano avanti, soprattutto il Nucleo francese, un’azione di propaganda diretta contro la guerra imperialista indirizzata agli operai ed ai soldati di tutte le nazionalità, compresi i proletari tedeschi in uniforme. Si tratta evidentemente di un’attività estremamente pericolosa perché bisogna affrontare non salo la Gestapo ma anche la Resistenza. È infatti proprio quest’ultima a dimostrarsi più pericolosa per il nostro compagno che, fatto prigioniero insieme alla sua compagna dall’FFI (Forces Françaises de l’Intérieur) dove brulicavano gli stalinisti, scappa alla morte promessagli da questi ultimi riuscendo ad evadere all’ultimo momento. Ma la fine della guerra suona le campane a morto per la Frazione.
A Bruxelles, alla fine del 1944, dopo la “Liberazione”, Vercesi sull’onda delle sue aberranti posizioni gira le spalle ai principi che aveva difeso in passato e si mette a capo di una “Coalizione antifascista” che pubblica “L'Italia di domani”, un giornale che, con la scusa di dare un aiuto ai prigionieri ed agli emigrati italiani, si situa chiaramente a fianco dello sforzo di guerra degli alleati. Dal momento in cui verifica la realtà di questo fatto, dopo un primo momento di incredulità, la CE della Frazione, sotto la spinta di Marc, espelle Vercesi il 25 gennaio 1945. Tale decisione non scaturisce dai disaccordi sui differenti punti di analisi che esistevano tra quest’ultimo e la maggioranza della Frazione. Come con la vecchia minoranza del 1936-37, la politica della CE, e di Marc al suo interno che riprendeva il metodo di Vercesi, era quella di portare avanti il dibattito nella massima chiarezza. Ma nel 1944-45, ciò che era rimproverato a Vercesi non erano semplicemente dei disaccordi politici, ma la sua partecipazione attiva, addirittura da dirigente, ad un organismo della borghesia implicato nella guerra imperialista. Comunque quest’ultima manifestazione di intransigenza da parte della Frazione italiana non era che il canto del cigno.
Avendo scoperto l’esistenza del PCInt in Italia, la maggioranza dei suoi membri decide, alla conferenza del maggio 1945, per l’autodissoluzione della Frazione e l’integrazione individuale dei suoi militanti nel nuovo “partito”. Marc combatte con tutte le sue ultime forze ciò che considera come una completa negazione di tutta la pratica politica su cui si era fondata la Frazione. Chiede che la Frazione resti in vita fino ad una verifica delle posizioni politiche di questa nuova formazione che erano poco note. Ed il futuro darà perfettamente ragione alla sua prudenza quando si constaterà che il partito in questione, al quale si erano uniti gli elementi vicini a Bordiga del sud Italia (e tra i quali c’era chi praticava l’entrismo nel PCI), era evoluto verso posizioni completamente opportuniste fino a compromettersi con il movimento dei partigiani antifascisti (vedi The ambiguities of the Internationalist Communist Party over the ‘partisans’ in Italy in 1943 in lingua inglese o Les ambiguïtés sur les «partisans» dans la constitution du parti communiste internationaliste en Italie in lingua francese nella Rivista Internazionale n. 8, 4° trimestre 1976, e The origins of the ICP(Communist Programme): what it claims to be, and what it really is in lingua inglese o Le parti communiste international (Programme Communiste) à ses origines, tel qu’il prétend être, tel qu’il est in lingua francese nella Rivista Internazionale n. 32, l° trimestre 1983). Marc, in segno di protesta, annuncia le sue dimissioni dalla CE e lascia la conferenza, la quale si rifiuta di riconoscere la Fraction Française de la Gauche communiste (FFGC) che era stata costituita alla fine del 1944 dal Nucleo francese e che aveva fatte sue le posizioni di base della Gauche Communiste Internationale. Dal canto suo, Vercesi aderisce al nuovo “Partito” che non gli chiede alcun conto della sua partecipazione alla coalizione antifascista di Bruxelles. È la fine di tutti gli sforzi che lo stesso Vercesi aveva fatto per anni e anni per far sì che la Frazione potesse servire da “ponte” tra il vecchio partito passato al nemico e il nuovo partito che doveva costituirsi con il risorgere delle lotte di classe del proletariato. Lungi dal riprendere la lotta per queste posizioni, egli oppone al contrario una ostilità feroce, e con lui l’insieme del PCInt, alla sola formazione che sia rimasta fedele ai principi della Frazione italiana e della Sinistra Comunista Internazionale: la FFGC. Egli incoraggia d’altra parte una scissione all’interno di questa, che forma una FFGC-bis[9]. Questo gruppo pubblica un giornale che ha lo stesso nome di quello della FFGC, “L'Étincelle”, e raccoglie tra i suoi ranghi i membri dell’ex-minoranza di “Bilan”, contro i quali aveva combattuto all’epoca Vercesi, ed anche vecchi militanti dell’Union Communiste. La FFGC-bis sarà riconosciuta dal PCInt e dalla Frazione belga (ricostituitasi dopo la guerra intorno a Vercesi rimasto a Bruxelles) come “sola rappresentante della Sinistra Comunista”.
Ormai, Marc resta il solo militante della Frazione italiana a continuare la lotta e mantenere le posizioni che erano la vera forza e la chiarezza politica di questa organizzazione. È all’interno della Gauche Communiste de France, nuovo nome che si è dato la FFGC, che egli inizierà questa nuova tappa della sua vita politica.
“Internationalisme”
La Gauche Communiste de France (GCF) tiene la sua seconda conferenza nel luglio 1945, dove adotta un rapporto sulla situazione internazionale scritto da Marc (ripubblicato nella Revue Internationale, n. 59, 4° trimestre 1989 con il titolo 50 years ago: The real causes of the Second World War in inglese e Il y a 50 ans : les véritables causes de la 2eme guerre mondiale in lingua francese) che fa un bilancio globale degli anni della guerra. Nel richiamarsi alle posizioni classiche del marxismo sulla questione dell’imperialismo e della guerra, in particolare contro le aberrazioni sviluppate da Vercesi, questo documento costituisce un reale approfondimento nella comprensione dei principali problemi affrontati dalla classe operaia nella decadenza del capitalismo. Questo rapporto rispecchia un po’ tutto il contributo dato dalla GCF al pensiero rivoluzionario ed i cui differenti articoli pubblicati nella sua rivista teorica "Internationalisme" ce ne danno un’idea[10]. In effetti, “L'Enticelle” cessa di essere pubblicato nel 1946. E ciò corrisponde alla comprensione da parte della GCF che le sue previsioni circa un’uscita rivoluzionaria dalla guerra imperialista (come era avvenuto nella prima guerra mondiale) non si sono affatto verificate. Grazie alle lezioni tratte dal passato, la borghesia dei paesi “vincitori”, come previsto dalla Frazione nel 1943, è riuscita ad impedire una ripresa del proletariato. La “Liberazione” non è un passo avanti verso la rivoluzione ma, al contrario, il culmine della controrivoluzione. La GCF ne tira le conseguenze e valuta che la costituzione del partito non è all’ordine del giorno così come non lo è l’agitazione nella classe operaia di cui “L'Enticelle” si voleva fare strumento. Il lavoro da fare è tipo quello di “Bilan”. Pertanto la GCF consacra le sue forze ad uno sforzo di chiarificazione e di discussione teorico-politica al contrario del PCInt che, per anni, sarà pervaso da un attivismo febbrile che lo porterà alla scissione del 1952 tra la tendenza Damen, più attivista, e quella di Bordiga, con la quale stava Vercesi.
Da parte sua, la GCF conserva lo spirito di apertura che aveva caratterizzato la Sinistra italiana prima e durante la guerra. Ma, contrariamente al PCInt che si apre ai quattro venti senza stare tanto a guardare la natura di chi frequenta, i contatti stabiliti dalla GCF si basano, come quelli di “Bilan”, su dei criteri politici ben precisi che permettono di distinguersi chiaramente dalle organizzazioni non proletarie. Così, nel maggio 1947, la GCF partecipa ad una conferenza internazionale organizzata per iniziativa del Communistenbond dei Paesi Bassi (di tendenza consiliarista) in compagnia, tra gli altri, del gruppo Le Proletaire uscito dall’RKD, della Frazione belga e della Federazione autonoma di Torino che si era scissa dal PCInt per i suoi disaccordi sulla partecipazione alle elezioni. Durante i preparativi di questa conferenza, alla quale Communistenbond aveva invitato anche la Federazione anarchica, la GCF insiste sulla necessità di criteri di selezione più precisi che scartino i gruppi, come gli anarchici ufficiali, che avevano partecipato al governo della Repubblica spagnola e alla Resistenza[11].
Tuttavia, l’essenziale dell’apporto della GCF alla lotta del proletariato, in questo periodo dominato dalla controrivoluzione, si situa nel campo dell’elaborazione programmatica e teorica. Il considerevole sforzo di riflessione realizzato dalla GCF la porta a precisare la funzione del partito rivoluzionario superando le concezioni “leniniste” classiche, o a riconoscere la definitiva ed irreversibile integrazione dei sindacati e del sindacalismo nello stato capitalista. Su queste questioni, la Sinistra tedesco-olandese aveva fatto, fin dagli anni ‘20, una seria critica delle posizioni errate di Lenin e dell’Internazionale Comunista. Il confronto della Frazione italiana, prima della guerra, e della GCF, dopo, con le posizioni di questa corrente, hanno permesso alla GCF di riprenderne alcune critiche fatte all’IC, senza però cadere nelle esagerazioni di questa sulla questione del partito (al quale finisce col negare ogni funzione). La GCF si dimostra inoltre capace di andare oltre sulla questione sindacale (dato che accanto al rigetto del sindacalismo classico, la Sinistra tedesco-olandese preconizzava una forma di sindacalismo di “base”, basandosi per esempio sulle “Unions”). Sulla questione sindacale, in particolare, si manifesta tutta la differenza tra la Sinistra tedesca e la Sinistra italiana. La prima riesce a comprendere molto rapidamente, nel corso degli anni ‘20, gli assi essenziali di una questione (per esempio sulla natura capitalista dell’URSS o sulla natura dei sindacati) ma non facendo una riflessione sistematica nell’elaborazione delle nuove posizioni, finisce per rimettere in discussione alcuni dei fondamenti del marxismo o a precludersi qualsiasi approfondimento ulteriore di queste questioni. La Sinistra italiana, da parte sua, è molto più prudente. Prima delle sbandate di Vercesi a partire dal 1938, ha la continua preoccupazione di sottomettere ad una critica sistematica i passi che fa nella riflessione per verificare se questi non si discostino dal quadro del marxismo. Così facendo è stata capace di andare molto più lontano nella riflessione e di elaborare delle analisi ben più audaci, per esempio sulla fondamentale questione dello Stato. È questa dinamica, acquisita all’interno della Frazione italiana, che permette a Marc di dare impulso all’enorme lavoro di riflessione fatto dalla GCF. Un lavoro che porta questa organizzazione a continuare l’elaborazione della posizione della Frazione sulla questione dello Stato nel periodo di transizione dal capitalismo al comunismo, e a dare alla questione del capitalismo di Stato una visione più ampia che la sola analisi dell’URSS per evidenziare il carattere universale di questa manifestazione fondamentale della decadenza del modo di produzione capitalista.
Questa analisi è sviluppata, in particolare, nell'articolo “L’evoluzione del capitalismo e la nuova prospettiva” pubblicato su “Internationalisme” n.46 (e ripubblicato nella Revue Internationale, n.21). Questo testo, scritto da Marc nel maggio 1952, costituisce, in qualche modo, il testamento politico della GCF. Infatti, Marc lascia la Francia nel giugno 1952 per andare in Venezuela. Questa par-tenza corrisponde ad una decisione collettiva della GCF la quale, di fronte alla guerra di Corea, valuta che è ormai inevitabile e a breve scadenza, lo scoppio di una terza guerra mondiale tra il blocco americano e il blocco russo (come viene spiegato nel testo). Una tale guerra che avrebbe colpito principalmente l’Europa rischiava di distruggere completamente i pochi gruppi comunisti - ed in particolare la GCF - che erano sopravvissuti a quella precedente. “Mettere in salvo” al di fuori dell’Europa un certo numero di militanti non corrispondeva dunque alla preoccupazione personale di salvare la pelle (per tutta la seconda guerra mondiale Marc ed i suoi compagni hanno dato prova di essere pronti ad esporsi a rischi enormi per difendere le posizioni rivoluzionarie nelle peggiori condizioni possibili), ma allo scopo di assicurare la sopravvivenza dell’organizzazione stessa. Tuttavia, il trasferimento in un altro continente del suo militante più formato e sperimentato dà un colpo fatale alla GCF, i cui militanti rimasti in Francia, nonostante l’assidua corrispondenza con Marc, non riescono a mantenere in vita l’organizzazione nel periodo di profonda controrivoluzione. Per delle ragioni che non possiamo qui sviluppare, la terza guerra mondiale non c’è stata. È chiaro che questo errore di analisi è costato la vita alla GCF (e probabilmente, tra gli errori commessi dal nostro compagno nel corso della sua lunga militanza, questo è quello che ha avuto le conseguenze più gravi). Comunque la GCF aveva lasciato tutto un bagaglio politico e teorico sul quale si sarebbero basati i gruppi che hanno dato origine alla CCI.
La “Corrente Comunista Internazionale”
Per più di dieci anni, mentre la controrivoluzione continua a pesare sulla classe operaia, Marc conosce un isolamento particolarmente penoso. Egli segue le attività delle organizzazioni rivoluzionarie che si sono mantenute in Europa e resta in contatto con esse ed alcuni dei suoi membri. Allo stesso tempo continua una riflessione su un certo numero di questioni che la GCF non aveva potuto chiarire sufficientemente. Ma, per la prima volta nella sua vita, rimane privato di questa attività organizzata che costituisce il quadro per eccellenza di una tale riflessione. È una prova molto dolorosa, come lo esprime lui stesso:
“Il periodo di reazione del dopoguerra è stato una lunga marcia nel deserto, in particolare in seguito alla scomparsa del gruppo Internationalisme dopo 10 anni di esistenza. È stato il deserto dell’isolamento per una quindicina di anni.”
Questo isolamento durò fino al momento in cui riuscì a raccogliere intorno a sé un piccolo gruppo di liceali che costituiranno il nucleo di una nuova organizzazione:
“Ed è nel 1964 che si costituisce in Venezuela un gruppo di elementi molto giovani. E questo gruppo continua ancora oggi. Vivere quarant’anni nella controrivoluzione, nella reazione, e sentire all’improvviso la speranza, sentire di nuovo che la crisi del capitale è tornata a bussare, che i giovani sono lì e, a partire da ciò, sentire questo gruppo crescere un po’ alla volta, svilupparsi attraverso il 1968, attraverso la Francia e allargarsi poi in dieci paesi, tutto ciò è veramente una gioia per un militante. Questi anni, questi ultimi venticinque anni, sono certamente i miei anni più felici. È in questi anni che ho potuto realmente sentire la gioia di questo sviluppo e la convinzione che si ricominciava, che si era finalmente usciti dalla sconfitta e che la classe operaia andava ricostituendosi, che le forze rivoluzionarie si riprendevano. Avere la gioia di partecipare in prima persona, di dare tutto ciò che si ha, il meglio di sé stessi a questa ricostruzione, è una gioia enorme. È questa gioia io la devo alla CCI...”.
A differenza di quanto fatto per le altre organizzazioni nelle quali Marc aveva militato, non rievocheremo qui la storia della CCI su cui abbiamo fornito degli elementi in occasione del suo decimo anniversario (vedi Rivista Internazionale n.9). Ci limiteremo a segnalare alcuni fatti mettendo in rilievo l’enorme contributo del nostro compagno al processo che ha condotto alla formazione dell’organizzazione. Così, prima ancora della costituzione formale della CCI, è a lui che va attribuita essenzialmente la chiarezza politica di quel piccolo gruppo venezuelano che pubblicava Internacionalismo (lo stesso nome della rivista della GCF); in particolare sulla questione della liberazione nazionale, tema a cui risultava molto sensibile questo paese e sul quale sussistevano enormi confusioni nello stesso campo proletario. Allo stesso tempo la politica di ricerca di contatti con gli altri gruppi di questo ambiente che conduceva Internacionalismo, sul continente americano ed in Europa, era perfettamente in linea con quella della GCF e della Frazione. E ancora, nel gennaio 1968, quando non si parlava che della “prosperità” del capitalismo e della sua capacità di eliminare le crisi (finanche tra alcuni rivoluzionari), quando fiorivano le teorie di Marcuse sulla “integrazione della classe operaia”, quando i rivoluzionari che Marc aveva incontrato nel corso di un viaggio in Europa nell’estate ‘67 avevano dato prova, per la maggior parte, di un totale scetticismo sulle potenzialità della lotta del proletariato che secondo loro si trovava ancora in piena controrivoluzione, il nostro compagno non ebbe paura di scrivere, nel n.8 di Internacionalismo:
“Non siamo dei profeti e non abbiamo la pretesa di indovinare quando e in che modo si svilupperanno gli avvenimenti futuri. Ma la cosa di cui noi siamo effettivamente sicuri e coscienti è che non è possibile fermare quel processo nel quale è immerso attualmente il capitalismo (...) e che questo lo porta direttamente alla crisi. E siamo anche sicuri che il processo inverso di sviluppo della combattività della classe, che si vede ora in maniera generale, condurrà la classe operaia ad una lotta sanguinosa e diretta per la distruzione dello stato borghese.”
Una conferma eclatante di ciò si avrà alcuni mesi dopo con lo sciopero generalizzato del maggio ‘68 in Francia. Evidentemente non è ancora il momento di “una lotta diretta per la distruzione dello stato borghese”, ma è sicuramente quella di una ripresa storica del proletariato mondiale stimolata dalle prime manifestazioni della crisi aperta del capitalismo dopo la più profonda controrivoluzione della storia. Una tale previsione non è frutto di chiaroveggenza, ma più semplicemente della padronanza del marxismo del nostro compagno e della sua fiducia verso le capacità rivoluzionarie della classe, che non crolla anche nei peggiori momenti della controrivoluzione. Immediatamente Marc parte per la Francia, percorrendo l’ultima parte del suo viaggio in autostop in quanto i trasporti in questo paese erano paralizzati. Riprende contatto con i suoi vecchi compagni della GCF e entra in discussione con tutta una serie di gruppi e di elementi dell'ambiente politico[12]. Questo lavoro, assieme a quello di un giovane militante di Internacionalismo venuto in Francia fin dal 1966, sarà determinante per la formazione e lo sviluppo del gruppo Revolution Internationale, che giocherà il ruolo di polo di raggruppamento attorno a cui si formerà la CCI.
Ugualmente non potremo rendere conto di tutti gli apporti politici e teorici del nostro compagno all’interno della nostra organizzazione a partire dalla sua costituzione. Basti dire che, su tutte le questioni essenziali che si sono poste nella CCI, e dunque all’insieme della classe, su tutti i passi avanti che abbiamo realizzato, il contributo del nostro compagno è stato decisivo. In genere era Marc per primo che sollevava i punti nuovi su cui era importante soffermarsi. Questa vigilanza permanente, questa capacità di identificare rapidamente - e in profondità - le questioni nuove alle quali era necessario dare una risposta, e quelle vecchie sulle quali potevano sussistere delle confusioni all’interno dell’ambiente politico, si sono espresse attraverso i primi 64 numeri della Revue Internationale. Gli articoli pubblicati su queste questioni non erano sempre scritti direttamente da Marc perché, non avendo mai studiato e soprattutto costretto ad esprimersi in delle lingue, come il francese, che aveva imparato solo da adulto, scrivere rappresentava per lui un grande sforzo. Tuttavia è sempre stato il principale ispiratore dei testi che hanno permesso alla nostra organizzazione di far fronte alla responsabilità di attualizzazione permanente delle posizioni comuniste. Come per esempio in occasione del crollo del blocco dell’Est e dello stalinismo.
Ma il contributo di Marc alla vita della CCI non si è limitato all’elaborazione ed all’approfondimento delle posizioni politiche e delle analisi teoriche. Fino agli ultimi istanti della sua vita, pur continuando a riflettere sull’evoluzione della situazione mondiale e a trasmettere, nonostante lo sforzo enorme che ciò gli comportava, queste riflessioni ai compagni che si recavano a fargli visita in ospedale, si è preoccupato anche dei minimi dettagli della vita e del funzionamento della CCI. Per lui non sono mai esistite funzioni “subalterne” che potevano essere riservate a dei compagni meno formati teoricamente. Come si è sempre preoccupato che l’insieme dei militanti dell’organizzazione fosse capace della più grande chiarezza politica possibile, che le questioni teoriche non fossero riservate a degli “specialisti”, così non ha mai esitato a prendere parte a tutte le attività pratiche e quotidiane. Marc ha sempre dato ai giovani militanti della CCI l’esempio di un militante completo, impegnato con tutte le sue capacità nella vita di questo organo indispensabile del proletariato che è la sua organizzazione rivoluzionaria. Il nostro compagno ha saputo trasmettere alle nuove generazioni di militanti tutta l’esperienza che aveva accumulato sui vari piani nel corso di una vita militante di una lunghezza e di una intensità eccezionali. E una tale esperienza i giovani la potevano acquisire non soltanto attraverso la lettura dei suoi testi politici ma anche nella vita quotidiana dell'organizzazione e con la presenza di Marc.
Per questi motivi Marc ha occupato un posto del tutto eccezionale nella vita del proletariato. Mentre la controrivoluzione ha eliminato, o ha portato alla sclerosi, le organizzazioni politiche che la classe operaia aveva prodotto nel passato, egli ha costituito un ponte, un anello insostituibile tra le organizzazioni che avevano partecipato alla ondata rivoluzionaria del primo dopoguerra e quelle che saranno confrontate alla prossima ondata rivoluzionaria. Nella sua Storia della rivoluzione russa Trotsky viene spinto a chiedersi quale posto particolare ed eccezionale abbia ricoperto Lenin al suo interno. Pur rifacendo sue le tesi classiche del marxismo sul ruolo degli individui nella storia, Trotsky conclude che, senza Lenin che era riuscito a imprimere il raddrizzamento e l’“armamento” politico del partito bolscevico, la rivoluzione o non avrebbe potuto avere luogo o si sarebbe conclusa con un fallimento. È chiaro che, senza Marc, la CCI non esisterebbe affatto, o per lo meno non nella sua forma attuale di organizzazione più importante del campo politico rivoluzionario internazionale (senza parlare della chiarezza delle sue posizioni sulla quale, evidentemente, altri gruppi rivoluzionari possono avere un punto di vista differente dal nostro). In particolare la sua presenza e la sua attività hanno permesso che tutto l’enorme e fondamentale lavoro effettuato dalle frazioni di sinistra escluse dall’IC, ed in particolare quello della frazione italiana, non solo non sparisse, ma che al contrario fosse messo a fruttificare. In questo senso, se il nostro compagno non ha mai avuto, all’interno della classe operaia, una notorietà neanche lontanamente paragonabile a quelle di Lenin, di Rosa Luxemburg, di Trotsky o anche di Bordiga o di Pannekoek, e non poteva essere altrimenti visto che la maggior parte della sua vita militante si è svolta nel periodo della controrivoluzione, non bisogna aver timore di affermare che il suo contributo alla lotta del proletariato si situa allo stesso livello di quello di altri rivoluzionari.
Il nostro compagno si è sempre mostrato refrattario a questo tipo di confronti. Ed è sempre con la più grande semplicità che egli ha compiuto i suoi compiti militanti, non rivendicando mai un “posto d’onore” all’interno dell’organizzazione. La sua grande fierezza lui non l’ha posta nel contributo eccezionale che ha dato quanto nel fatto che, fino alla fine, è rimasto fedele, con tutto il suo essere, alla lotta del proletariato. Ed anche questo è stato un insegnamento prezioso per le nuove generazioni di militanti che non hanno avuto l'occasione di conoscere l’enorme dedizione alla causa rivoluzionaria delle generazioni del passato. È anzitutto su questo piano che noi vogliamo essere all’altezza della lotta che, senza ormai la sua presenza vigile e lucida, calorosa e appassionata, siamo determinati a proseguire.
CCI
[1] I militanti qui menzionati sono solo i più noti tra quelli che riuscirono a superare il periodo della controrivoluzione senza abbandonare le loro convinzioni comuniste. Bisogna notare che, a differenza di Mark, la maggior parte di loro non è riuscita a fondare o mantenere in vita organizzazioni rivoluzionarie. È il caso, per esempio, di Mattick, Pannekoek e Canne-Meijer, figure di spicco del movimento “consiliarista” paralizzate dalle loro concezioni organizzative o addirittura, come nel caso di quest’ultimo (vedi nella nostra Rivista Internazionale n. 37, The bankruptcy of councilism in lingua inglese o La faillite du conseillisme in lingua francese) dall’idea che il capitalismo sarebbe capace di superare indefinitamente le sue crisi, escludendo ogni possibilità di socialismo. Allo stesso modo Munis, valoroso e coraggioso militante proveniente dalla sezione spagnola della corrente trotskista, non avendo mai potuto rompere completamente con le concezioni delle sue origini e rinchiuso in una visione volontarista che rigettava il ruolo della crisi economica nello sviluppo della lotta di classe, non è stato in grado di dare ai nuovi elementi che si sono uniti a lui nel Fomento Obrero Revolucionario (FOR) un quadro teorico che permettesse loro di continuare seriamente l’attività di questa organizzazione dopo la scomparsa del suo fondatore. Bordiga e Damen, da parte loro, si sono mostrati capaci di animare formazioni che sono sopravvissute alla loro morte (il Partito Comunista Internazionale e il Partito Comunista Internazionalista); tuttavia, essi hanno avuto grandi difficoltà (soprattutto Bordiga) a superare le posizioni dell’Internazionale Comunista, ormai obsolete, cosa che ha costituito un handicap per le loro organizzazioni e che ha portato ad una crisi gravissima all’inizio degli anni ‘80 (nel caso del PCInt bordighista) o a un’ambiguità permanente su questioni vitali come quelle del sindacalismo, del parlamentarismo e delle lotte nazionali (nel caso del PCInternazionalista, come si è visto in occasione delle conferenze internazionali della fine degli anni ‘70). Fu inoltre un po’ il caso di Jan Appel, uno dei grandi nomi del KAPD, che rimase segnato dalle posizioni di questa organizzazione senza riuscire realmente ad aggiornarle. Tuttavia, appena si è formata la CCI, questo compagno si è riconosciuto nell’orientamento generale della nostra organizzazione e le ha apportato tutto l’appoggio che le sue forze gli permettevano. Bisogna notare che nei riguardi di tutti questi militanti, nonostante dei disaccordi talvolta molto importanti che lo separavano da loro, Marc nutriva la più grande stima e provava per la maggior parte di loro un profondo affetto. Questa stima e questo affetto non si limitavano d’altra parte a questi soli compagni, ma si estendevano a tutti quei militanti meno noti ma che avevano, agli occhi di Marc, l’immenso merito di essere rimasti fedeli alla causa rivoluzionaria nei momenti peggiori della storia del proletariato.
[2] A Marc era caro quell’episodio della vita di Rosa Luxemburg quando, in occasione del congresso dell’Internazionale socialista, nel 1896 -lei aveva 26 anni- Rosa osa scagliarsi contro tutte le “autorità” dell’Internazionale per combattere ciò che sembrava essere divenuto un principio intangibile del movimento operaio: la rivendicazione dell’indipendenza della Polonia.
[3] Modo di procedere che è opposto a quello di Bordiga, per il quale il programma del proletariato è “invariante” dal 1848. Non ha però, naturalmente, niente a che vedere con quello dei “revisionisti” alla Bernstein o, più recentemente, alla Chaulieu, mentore del gruppo “Socialisme ou Barbarie” (1949-1965). È anche completamente diverso da quello del movimento consiliarista che, poiché la rivoluzione russa del 1917 era sfociata in una variante del capitalismo, pensa che fu una rivoluzione borghese, o che si rivendica ad un “nuovo” movimento operaio in opposizione al “vecchio” (la seconda e la terza internazionale) che avrebbe fatto fallimento.
[4] Rispetto all’atteggiamento della Frazione di fronte agli avvenimenti di Spagna, vedi in particolare la Rivista Internazionale n° 1.
[5] Sulla Frazione italiana vedi il nostro libro “La Sinistra Comunista d'Italia.”
[6] Sulla questione delle relazioni partito-frazione si veda la nostra serie di articoli nella Rivista Internazionale (1989-91):
n° 59, The Italian Left, 1922-1937 in lingua inglese o Polémique avec Battaglia Comunista : le rapport fraction-parti dans la tradition marxiste (1° partie) in lingua francese;
n° 61, The international communist left, 1937-52 in lingua inglese o Polémique avec Battaglia Comunista : le rapport fraction-parti dans la tradition marxiste (2° partie);
n° 64, The Fraction-Party from Marx to Lenin, 1848-1917 in lingua inglese o Polémique avec Battaglia Comunista : le rapport fraction-parti dans la tradition marxiste (3° partie - I. De Marx à la 2e Internationale);
n° 65, The Bolsheviks and the Fraction in lingua inglese o Polémique avec Battaglia Comunista : le rapport fraction-parti dans la tradition marxiste (3° partie - II. Lénine et les bolcheviks).
[7] Per quindici anni il nostro compagno, come documento ufficiale riuscì ad ottenere solo un ordine di espulsione dal territorio francese, per cui ogni due settimane doveva chiedere alle autorità competenti di rimandare l’esecuzione di quest’ordine. Era una spada di Damocle che il democratico governo di Francia, “terra d’asilo e dei diritti dell’uomo”, aveva sospeso sulla sua testa, in quanto Marc era obbligato costantemente ad impegnarsi a non svolgere attività politica, cosa che naturalmente non osservava. Allo scoppio della guerra, questo stesso governo decide che questo “indesiderabile apolide” è comunque utile come carne da cannone per la difesa della patria. Fatto prigioniero dall’esercito tedesco, riesce a fuggire prima che le autorità di occupazione scoprano che è un ebreo. Va, insieme alla sua compagna Clara, a Marsiglia dove la polizia, riscoprendo la sua situazione di prima della guerra, rifiuta di rilasciargli qualsiasi certificazione. Paradossalmente, saranno proprio le autorità militari a obbligare le autorità civili a cambiare opinione in favore di questo “servitore della Francia”, tanto più “meritevole”, ai loro occhi, perché non era la sua patria.
[8] Bisogna notare che questa analisi, simile a quella dei trotskisti, non ha mai portato la Frazione a chiamare alla “difesa dell'URSS”. Sin dagli inizi degli anni ‘30, e gli avvenimenti di Spagna hanno perfettamente illustrato questa posizione, la Frazione considerava lo Stato “sovietico” come uno dei peggior nemici del proletariato.
[9] Va sottolineato che, nonostante i passi falsi di Vercesi, Marc lo ha sempre tenuto in grande stima personale. Questa stima si estendeva, inoltre, a tutti i membri della Fazione Italiana, di cui parlava sempre nei termini più calorosi. Bisogna averlo sentito parlare di questi militanti, quasi tutti operai, il Piccino, Tulio, Stefanini, di cui ha condiviso la lotta nelle ore più buie di questo secolo, per misurare l’attaccamento che provava per loro.
[10] Gli articoli di Internationalisme pubblicati nella Rivista Internazionale sono i seguenti:
n°21, 2° trim. 1980: Internationalisme 1952: The evolution of capitalism and the new perspective in inglese e L’évolution du capitalisme et la nouvelle perspective - 1952 Internationalisme in francese.
n°32, l° trim. 1983: The task of the hour: formation of the party or formation of cadres in inglese e La tache de l'heure formation du parti ou formation des cadres. Internationalisme (août-1946) in francese.
n°33, 2° trim. 1983: Against the concept of the "brilliant leader" in inglese e Problèmes actuels du mouvement ouvrier - Extraits d'Internationalisme n°25 (août-1947) - La conception du chef génial in francese
n°34, 3° trim. 1983 : Republication: Current problems of the workers' movement - Internationalisme (August 1947) in inglese e Problèmes actuels du mouvement ouvrier (Internationalisme n°25 août-1947) - Contre la conception de la discipline du PCI in francese.
n°36, l° trim. 1984: The Second Congress of the Internationalist Communist Party in inglese e Le deuxième congres du parti communiste internationaliste (Internationalisme n°36, juillet 1948) in francese.
N°59, 4° trimestre 1989 : 50 years ago: The real causes of the Second World War in inglese e Il y a 50 ans : les véritables causes de la 2eme guerre mondiale in lingua francese, dove è riprodotto anche il Manifesto de L’Etincelle del gennaio 1945;
n°61, 2° trim. 1990: The Russian Experience: Private Property and Collective Property in inglese
n°25, 2° trim, 1981: Critique of Pannekoek’s Lenin as Philosopher by Internationalisme, 1948 (part 1) in inglese e Critique de «LÉNINE PHILOSOPHE» de Pannekoek (Internationalisme, 1948) (1ère partie) in francse ;
n°27, 4° trim. 1981: Critique of Pannekoek’s Lenin as Philosopher by Internationalisme, 1948 (part 2) in inglese e Critique de «LÉNINE PHILOSOPHE» de Pannekoek (Internationalisme, 1948) (2ème partie) in francese ;
n°28, 1° trim. 1982: Critique of Pannekoek’s Lenin as Philosopher by Internationalisme, 1948 (part 3) in inglese e Critique de «LÉNINE PHILOSOPHE» de Pannekoek (Internationalisme, 1948) (3ème partie) in francese ;
n°30, 3° trim. 1982: Critique of Pannekoek’s Lenin as Philosopher by Internationalisme, 1948 (part 4) in inglese e Critique de «LÉNINE PHILOSOPHE» de Pannekoek (Internationalisme, 1948) (4ème partie) in francese.
[11] Questa stessa preoccupazione di stabilire dei criteri precisi nella convocazione delle conferenze dei gruppi comunisti è stata manifestata dalla CCI contro la vaghezza in cui indulgeva il PCInt/Battaglia Comunista all’epoca della 1a conferenza del maggio 1977. Vedi a questo riguardo nella Rivista Internazionale i seguenti articoli:
n°10, 3° trim. 1977: International Conference called by the PCI (Battaglia Comunista) in inglese e Rencontre internationale convoquée par le P.C.I. "Battaglia Comunista" mai 1977 in francese;
n°13, 2° trim. 1978: Reply to the Internationalist Communist Party (Battaglia Comunista) in inglese e Réponse au P.C. Internazionalista "Battagua Comunista" in francese;
n°17, 2° trim. 1979: Second International Conference in inglese e 2eme conférence internationale in francese;
n°22, 3° trim. 1980 : Sectarianism, an inheritance from the counter-revolution that must be transcended in inglese e Le sectarisme, un héritage de la contre- révolution à dépassé in francese;
n°40, 1° trim. 1985: The Constitution of the IBRP: An Opportunist Bluff, Part 1 in inglese e La constitution du BIPR : un bluff opportuniste – 1° partie in francese;
n°41, 2° trim. 1985: The Constitution of the IBRP: An Opportunist Bluff, Part 2 in inglese e La constitution du BIPR : un bluff opportuniste – 2° partie in francese;
n°53, 2° trim. 1988: 20 years since May 68: Evolution of the political milieu (1st part: 1968-77) in inglese e Vingt ans depuis mai1968 : évolution du milieu prolétarien (1° partie) (1968-1977) in francese;
n°54, 3° trim. 1988: 20 years since 1968: The evolution of the proletarian political milieu, II in inglese e L’évolution du milieu politique depuis 1968 (2eme partie) in francese ;
n°55, 4° trim. 1988: Decantation of the PPM and the Oscillations of the IBRP in inglese e Décantation du milieu politique prolétarien et oscillations du BIPR in francese ;
n°56, 1° trim. 1989: 20 years since 1968: The evolution of the proletarian political milieu, III in inglese e Vingt ans depuis 1968: l'évolution du milieu politique depuis 1968 (3ème partie) in francese.
[12] Si manifesta in questa occasione uno dei tratti del suo carattere che non ha niente a che vedere con quello di un “teorico da salotto”: presente in tutti i luoghi in cui si svolgeva il movimento, nelle discussioni ma anche nelle manifestazioni, trascorse una notte intera dietro una barricata ben deciso, con un gruppo di giovani elementi, a “resistere fino al mattino” contro la polizia ... proprio come aveva fatto la capretta del signor Seguin di fronte al lupo nel racconto di Alphonse Daudet.