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Non è certo la prima volta che la borghesia italiana vive una forte crisi del suo apparato politico che si ripercuote sulla capacità di formare un governo, come ad esempio per il Governo Monti nel 2011 e il Governo Letta nel 2013, che durerà solo 10 mesi. Tuttavia, la travagliata gestazione del governo Lega-5Stelle ha assunto una dimensione e un significato politico particolarmente gravi tali da rischiare finanche una crisi costituzionale, con la minaccia di richiesta di impeachment per il capo dello Stato da parte del Movimento 5 Stelle e di Fratelli d’Italia.
Dopo una campagna elettorale caratterizzata da uno scontro durissimo tra le forze politiche in campo, in cui ognuno affermava che mai avrebbe accettato di governare con gli altri, dove sono fioccate le promesse più ardite in nome della “difesa delle famiglie, dei precari, dei giovani”, il risultato elettorale ha visto il trionfo del populismo, ma senza una chiara maggioranza di governo e una serie di veti incrociati (La Lega mai con PD, il PD mai con la Lega, il M5S mai con Berlusconi, etc.). Dopo vari tentativi da parte di Mattarella, distinguo, rifiuti, passi indietro e patteggiamenti da parte dei partiti in gioco, finalmente si riesce a trovare un accordo per formare un governo politico, scongiurando lo spettro di un ritorno immediato alle urne che avrebbe costituito un ulteriore problema per la borghesia italiana sia perché avrebbe prolungato la situazione di forte instabilità con ripercussioni economiche importanti, sia perché l’esito di questa nuova votazione non era certo prevedibile e rischiava solo di rimandare il problema. Come spiegare questa bufera?
Il populismo: un problema per la borghesia a livello internazionale…
Un primo problema importante è che la borghesia è confrontata a livello internazionale allo sviluppo del populismo. Come abbiamo già argomentato in altri testi[1], questo sviluppo del populismo è una conseguenza della fase storica attuale. Larghi strati della popolazione, e soprattutto il proletariato, vivono quotidianamente un aumento dell’instabilità economica, dell’immiserimento, dell’insicurezza sociale rispetto ai quali c’è una enorme difficoltà a comprenderne le cause. Questo genera molta rabbia ma anche un profondo smarrimento, un senso di impotenza e una paura rispetto a tutto quello che sembra mettere ancora di più in pericolo la propria condizione presente e futura. Inoltre i partiti “storici”, che per la loro esperienza politica hanno rappresentato per la borghesia uno strumento essenziale per deviare e contenere il malcontento nel gioco dell’alternanza democratica, hanno subito una forte erosione del loro credito. In particolare i partiti socialdemocratici, visti storicamente come i difensori dei lavoratori, hanno dovuto assumere da tempo, in prima persona, tutte le misure e le riforme economiche che hanno degradato pesantemente la situazione della classe lavoratrice, rivelando così la loro natura antiproletaria.
Come abbiamo detto a proposito della vittoria della Brexit “Il populismo non è un altro attore nei giochi tra i partiti di sinistra e di destra; esso esiste a causa del malcontento diffuso che non riesce a trovare alcun modo di esprimersi. È interamente sul terreno politico della borghesia, ma si basa sull'opposizione alle élite e ‘all'establishment’, sull'antagonismo verso l'immigrazione, sulla diffidenza verso le promesse di sinistra e l'austerità di destra, che esprimono una perdita di fiducia nelle istituzioni della società capitalista, ma non vedono, per ora, l'alternativa rivoluzionaria della classe operaia”[2].
In una tale situazione, dove i lavoratori si vedono come cittadini, come popolo, e non come parte di una classe, assumono forza quelle formazioni politiche che, pur essendo parte integrante del sistema capitalista, si fanno portatrici del malcontento di strati popolari, tra cui molti proletari, che non si sentono più garantiti dallo Stato di fronte agli effetti devastanti della crisi economica. Queste forze riescono ad avere un’influenza importante anche sui proletari perché sono quelle che più sanno sfruttare il malcontento, la rabbia e le paure presenti nella società e tra i lavoratori proponendosi come difensori dell’ordine, dei diritti del cittadino contro la pressione dello Stato o contro l’ingerenza delle potenze straniere, dell’autoctono contro lo straniero.
Da questo punto di vista queste forze, in una certa misura, possono anche svolgere un utile servizio alla borghesia perché convogliano la rabbia e la sfiducia sul terreno democratico-istituzionale. Come ha rivendicato Di Maio in questi giorni, è stato il M5S a riportare sul terreno della protesta democratica e al voto gran parte di quelli che se ne stavano allontanando perché disgustati, disillusi e arrabbiati verso la classe politica e le istituzioni. Ma, a differenza dei partiti “storici” della borghesia (di destra o di sinistra) che, nonostante tutto, conservano ancora un certo senso dello Stato, la visione delle forze populiste si traduce nel concreto in politiche che spesso vanno contro gli stessi interessi globali delle borghesie nazionali sia sul piano di politica economica e internazionale, che su quello ideologico della democrazia[3] e per questo costituiscono un pericolo per la stessa classe dirigente.
La presenza del fenomeno populista e il discredito dei partiti storici spiegano anche la difficoltà crescente per la borghesia internazionale e, in particolare in Italia, a pilotare il gioco elettorale e prevederne l’esito. Questa difficoltà di previsione la si è vista per esempio con il PD dove Renzi, basandosi sul 40,8% ottenuto alle elezioni del 2014, si è lanciato nel referendum sulla costituzione nel 2016 ricevendo una sonora batosta che anticipava il crollo attuale. Nel passato l’elettorato manteneva una certa fedeltà ai partiti perché questo corrispondeva anche a degli “ideali politici” e a dei programmi che, almeno a parole, prospettavano delle scelte diverse. La destra e la sinistra del capitale esprimevano opzioni di gestione diverse della società e l’elettore, seppure in maniera critica, si riconosceva in questo o quel partito. Oggi questa distinzione non esiste più perché la crisi economica non consente opzioni globalmente alternative. Ogni partito o coalizione al governo non può che portare avanti una politica di impoverimento per la stragrande maggioranza della popolazione, né può eliminare il degrado sugli altri piani (precarietà, insicurezza sociale, degrado ambientale, ecc.). Il voto viene quindi dato a quella forza politica che in quel momento sembra il “meno peggio”, quella che forse almeno una promessa la porta avanti o a quella che più risponde in quel momento alla sua incazzatura. Non a caso il cavallo vincente per il M5S è stato il “reddito di cittadinanza” e il taglio dei vitalizi, soprattutto nel sud Italia dove la miseria, la precarietà e la mancanza di prospettive pesano nel quotidiano della maggior parte della popolazione. Per la Lega sono stati invece la sicurezza sociale, con la cacciata dei migranti e più polizia nelle strade, il diritto all’autodifesa e la Flat tax che agevola i piccoli e medi imprenditori particolarmente presenti al Nord.
Un fenomeno simile lo abbiamo già visto recentemente con le difficoltà della borghesia inglese a gestire gli effetti della Brexit, di quella americana a contenere le politiche irresponsabili di Trump, di quella tedesca a formare un governo di coalizione che, pur dovendo includere il Cdu anti europeista, mantenesse una politica interna e internazionale rispondente agli interessi dello Stato tedesco. Solo in Francia, di fronte al pericolo di una possibile vittoria di Le Pen, la borghesia è riuscita a trovare la soluzione Macron che assicurava la continuità delle scelte politiche interne e internazionali e che, al contempo, si presentava come “il nuovo”, “né di destra, né di sinistra”, sapendo così rispondere alla sfiducia e al malcontento dilagante.
Questo spiega anche perché, rispetto alle elezioni in Italia (nella fase pre-elettorale e durante la crisi politica), c’è stata una forte preoccupazione - in particolare da parte dei paesi Europei - e tutta una pressione da parte di personaggi influenti dell’UE e del mondo imprenditoriale, sul fatto che, qualunque fosse stata la composizione del nuovo governo, questo non doveva mettere in discussione i risultati ottenuti dall’Italia con le riforme messe in opera negli ultimi anni, con la forte raccomandazione quindi a non cambiare rotta verso politiche avventuristiche e irresponsabili per il capitale italiano che creerebbero instabilità internazionale.
… e per la borghesia italiana
Diamo adesso un’occhiata più da vicino alla situazione italiana per capire une serie di passaggi importanti nella politica della borghesia nazionale. Ad esempio, perché il presidente della repubblica Mattarella si è rifiutato di sottoscrivere la nomina di Savona come ministro dell’economia? Come mai questo braccio di ferro su un solo nome?
In realtà Mattarella, che rappresenta la parte della borghesia nazionale più responsabile e con una visione più ampia e a lungo termine degli interessi globali del capitale nazionale e degli strumenti necessari per difenderli, si è trovato a dover gestire una situazione caratterizzata da:
- La vittoria elettorale di due forze che, seppure in maniera diversa, sono espressione di un populismo caratterizzato da una forte irresponsabilità associato all’assenza di esperienza e spessore politico. Il M5S, nato con lo slogan “vaffanculo” contro “la casta”, i buffoni parlamentari eil malaffare, una volta in parlamento ha dovuto assumere una veste più moderata e istituzionale, ma resta una forza totalmente priva di esperienza nella gestione dello Stato e fortemente caratterizzata da una politica che si basa sugli umori viscerali immediati della gente per allargare il suo consenso e arrivare nelle stanze del potere. Questo significa che è una forza altalenante, sulla quale è difficile fare affidamento in una situazione che richiede rigore e responsabilità nel prendere misure anche drastiche e impopolari. Del resto basta vedere la reazione infantile e irresponsabile di Di Maio e Di Battista (in buona compagnia della Meloni) immediatamente dopo la bocciatura di Mattarella della loro proposta di governo. Le ripetute minacce di impeachment espresse in varie interviste e nel comizio di Napoli, insieme alle dichiarazioni della Lega per bocca di Salvini, hanno alimentato sul web un clima di attacco alle istituzioni ed in particolare verso Mattarella, massima carica dello Stato, del tipo «dovremmo fargli fare la fine del pezzo di merda del fratello»[4]. Infine, nonostante le rassicurazioni attuali, il M5S si è sempre caratterizzato contro l’ingerenza dell’UE nella politica economica dell’Italia e per il ritorno alla moneta nazionale.
La Lega, avendo assunto già in passato delle responsabilità di governo con Bossi, si presenta meno ballerina e più coerente e - abbandonato il suo carattere regionalista (la Lega Nord) - si pone come forza nazionale. Tuttavia resta una forza con una forte connotazione antieuropeista (“l’Italia non deve essere al guinzaglio della Germania”), filo russa e xenofoba (“se vado al governo la prima cosa “ripulire, mettere regole, blindare e proteggere i confini dalle Alpi alla Sicilia”[5]).
Entrambi questi partiti potrebbero mettere in discussione le scelte di alleanza imperialista dell’Italia essendo entrambe orientate, più o meno esplicitamente, ad una “apertura” alla Russia.
- Un Programma di governo (il Contratto di governo di Lega e M5S) che dietro un fiume di parole cela l’inconsistenza totale su alcuni nodi centrali di politica economica, quali l’occupazione, mentre su altri prospetta misure come il reddito di cittadinanza, la Flat tax e l’abolizione della riforma Fornero sulle pensioni che non solo non hanno alcuna copertura finanziaria, ma mettono pericolosamente in discussione quei risultati scarsi, ma positivi dal punto degli interessi del capitale italiano, ottenuti dallo Stato negli ultimi anni. Un Contratto che comunque sottintende chiaramente una demarcazione dalla Comunità europea e al quale era stato associato un ministro per l’economia come Savona che, seppure oggi rassicuri di non voler proporre di uscire subito dall’EU, essendo un dichiarato e fervido antieuropeista avrebbe certamente impostato la sua politica in questa direzione con evidenti problemi per lo Stato italiano all’interno dell’Unione.
- Un rimanente apparato politico fortemente screditato (PD e Forza Italia, quest’ultima vincente solo come coalizione insieme alla Lega e a Fratelli d’Italia) incapace di costruire una reale alternativa alle forze populiste, anche perché dilaniato da scontri, distinguo e scissioni interne.
Tutto questo in un contesto in cui, al di là delle belle frasi sulla “difesa degli interessi degli italiani”, ognuno ha cercato di difendere i propri interessi, di mantenere e rafforzare il posto raggiunto sulla scena politica a danno degli altri. Come ad esempio nel caso del rifiuto del PD di scendere a patti con il M5S, cosa che probabilmente lo avrebbe screditato ancora di più, o della Lega, che si è giocata al meglio il successo elettorale sia nella contrattazione con il M5S che all’interno della coalizione di centro destra.
Dato questo quadro e data la priorità assoluta per lo Stato italiano di assicurare una relativa stabilità ai suoi conti, la capacità contrattuale acquisita faticosamente all’interno dell’UE e il rispetto delle attuali alleanze imperialiste, è chiaro che la compagine di governo che si prefigurava destava molte preoccupazioni alla classe dirigente. Da qui il veto su Savona di Mattarella che ha assolto pienamente il ruolo conferito dalla Costituzione al presidente della repubblica quale garante della difesa degli interessi nazionali. Di Maio in effetti ha ragione quando nel comizio a Fiumicino ha detto “In questo Paese puoi essere un criminale condannato, un condannato per frode fiscale, … puoi avere fatto reati contro la pubblica amministrazione, puoi essere una persona sotto indagine per corruzione e il ministro lo puoi fare. Ma se hai criticato l’Europa non puoi permetterti neanche di fare il ministro dell’Economia”. Nei fatti è così che funziona perché, contrariamente a quanto vogliono farci credere lui, Grillo, Salvini, la Meloni, Travaglio e tutti gli altri, la Costituzione italiana, così come quella di ogni altro Stato, non è altro che uno strumento nelle mani della classe dirigente per controllare e gestire al meglio il suo dominio, in veste democratica, sulla società per la salvaguardia del capitale nazionale sul piano economico e di politica internazionale.
Tuttavia la borghesia, in Italia così come in Germania, in Gran Bretagna o negli USA, ha anche un altro problema: non può escludere dalla formazione di governo le forze populiste che escono vincitrici dalla consultazione elettorale perché questo demolirebbe tutta la mistificazione democratica che costituisce l’arma più potente del suo dominio. Da qui l’andamento estremamente cauto, paziente e di attesa di Mattarella nel tentativo di formare un governo quanto più affidabile possibile, così come ha cercato di fare la Merkel in Germania. Il problema ulteriore nell’attuale situazione in Italia è che qui non c’è stata la possibilità di affiancare a Salvini e Di Maio una terza forza da mettere in campo. Non è un caso che il primo tentativo di Mattarella sia stato quello di provare a formare un governo dell’intero centro-destra con il M5S perché, nonostante tutto il discredito subito, Berlusconi, nella sua esperienza di governo, ha comunque dimostrato fedeltà sia alla NATO che all'UE, e quindi la presenza nel governo di FI avrebbe garantito un po' di più la borghesia.
Il governo Conte, partorito alla fine, mantiene tutta la sua problematicità e dovrà essere comunque tenuto sotto controllo, ma la fermezza di Mattarella sul ministero dell’economia e sul ruolo istituzionale del presidente della repubblica hanno per lo meno costretto M5S e Lega a retrocedere rispetto a precedenti atteggiamenti di contestazione irresponsabile ed a pronunciarsi esplicitamente sulla collocazione dell’Italia sul piano internazionale.
Quali conseguenze per i proletari?
Come abbiamo già detto il programma di questo nuovo governo non ha nulla che possa migliorare realmente una situazione in cui l’aumento della povertà e della precarietà, la mancanza di prospettiva, il degrado sociale sono vissuti drammaticamente dalla stragrande maggioranza delle persone che non riescono neanche più a vendere l’unica cosa che hanno, la propria forza lavoro, o se ci riescono è solo a condizioni di schiavitù che spesso non consente neanche la sopravvivenza. Le grandi conquiste sarebbero il “reddito di cittadinanza” e la Flat tax. Il primo, già ampiamente ridimensionato rispetto alle promesse preelettorali, nella sostanza non è molto di più degli 80 euro di Renzi con in più un aumento della condizione di ricatto perché o accetti qualsiasi tipo di lavoro a qualsiasi salario o non avrai più niente. In realtà significa che devi vivere con 780 euro al mese, una cifra che non copre neanche l’affitto per un tetto sulla testa. La Flat tax, da parte sua, non toglie e non mette nulla per i bassi redditi ma fa risparmiare parecchio agli alti redditi. Paradossalmente favorisce i Berlusconi vari, certamente non i redditi da salario. E’ certo che, a giudicare dai primi passi del governo Conte, il risanamento dei conti pubblici e le politiche internazionali non potranno che farsi a spese dei lavoratori che sono i produttori della ricchezza nazionale.
Comunque la ricaduta più pesante per i proletari di tutta questa farsa elettorale e degli ultimi avvenimenti è sul piano ideologico.
La democrazia all’opera contro il proletariato
E’ indubbio che gli avvenimenti di questi mesi suscitano incredulità, confusione, ma anche discredito e disillusione nei confronti di una classe politica che si mostra divisa, balbuziente e incapace rispetto a una situazione drammatica. E’ anche indubbio che questo susciti una riflessione, un porsi delle domande per cercare di capire il perché di tutto questo, al di là della contingenza della formazione di questo governo. Ma questo processo di riflessione viene ostacolato e deviato da tutta una serie di mistificazioni utilizzate in particolare da Lega e 5Stelle che spingono i proletari a ricercare la causa delle proprie sofferenze in questo o quel soggetto, questa o quella istituzione, ma mai nel sistema economico capitalista che, basato sullo sfruttamento, la concorrenza, la lotta tra Stati nazionali, non può che favorire una ristretta minoranza dominante a scapito del resto dell’umanità. Così i profughi, gli immigrati diventano gli invasori da cui proteggerci, la Germania quella che ci fa tartassare di tasse, i vitalizi e le auto blu le cose che ci fanno perdere il posto di lavoro, ci costringono a vivere con salari da fame e tolgono alla nuova generazione ogni possibilità di una vita decente.
Tuttavia, le mistificazioni più dannose che in questo ultimo mese hanno ritrovato pieno vigore sono la difesa della democrazia e il nazionalismo. Il no di Mattarella su Savona ha scatenato un coro altisonante dai 5Stelle, Lega, Fratelli d’Italia e tutta una serie di esponenti dei media come Travaglio, secondo i quali si sarebbe calpestata la democrazia, volendo impedire ai partiti liberamente scelti dal “popolo sovrano” di governare. Per questo Mattarella e compagni sarebbero dei fantocci agli ordini di altre nazioni che vogliono dettare legge al popolo italiano.
Questa campagna ha avuto una certa eco nella popolazione ed anche tra i proletari, provocando una divisione tra due schieramenti contrapposti, tra chi si è fatto difensore delle istituzioni (rappresentate da Mattarella in questo caso) e chi si è fatto difensore della sovranità del “popolo italiano” contro l’ingerenza degli Stati stranieri. Una contrapposizione solo apparente perché l’idea che unisce entrambi i posizionamenti è la difesa dello Stato democratico come espressione degli interessi dei “cittadini” di una data nazione che decidono le proprie sorti attraverso il voto.
Ma è esattamente il peso di questa mistificazione che ostacola lo sviluppo di una presa di coscienza sulla natura di fondo di questo sistema e dei suoi apparati da parte della classe lavoratrice. La democrazia porta in sé l’idea che la base della società non sono le classi ma il singolo l’individuo e che questi, in quanto come cittadino, può agire solo delegando ad un insieme più ampio (partito, sindacato, o istituzione) la difesa dei tuoi interessi. Ed è questo che porta milioni di proletari alle urne, ad illudersi ancora che questo o quel partito possa cambiare qualcosa, nonostante la disillusione e lo sdegno crescenti per i partiti, nonostante la rabbia per le condizioni di vita imposte e la consapevolezza che la stessa dignità di essere umano viene calpestata in questa società. Il nazionalismo rafforza questa idea presentandosi come unico ambito di difesa per l’individuo come parte di un insieme nazionale, dove i tuoi interessi di sfruttato possono trovare un compromesso con chi ti sfrutta e ti opprime, per salvaguardare un minimo di sicurezza di fronte ad un nemico comune che potrebbe metterla in discussione (le ingerenze delle altre potenze o l’afflusso di migranti). Questo contribuisce alla difficoltà per i proletari di concepirsi come parte di una classe dagli interessi distinti dal resto della società, una classe mondiale dove milioni di lavoratori si trovano nelle stesse condizioni e devono difendersi dagli stessi attacchi del capitale, sia che si trovino in Italia, in Germania, in Cina o in America. Entrambi gli aspetti di questa mistificazione tendono quindi a mantenere legati i lavoratori allo Stato e alle sue istituzioni, ma soprattutto ostacolano il concepirsi come una forza che in prima persona può non solo difendersi realmente ma anche cambiare concretamente e radicalmente la società.
Il populismo alimenta con forza queste mistificazioni che costituiscono le principali armi del dominio della borghesia.
E’ solo riappropriandosi di questa identità di classe, una classe al tempo stesso sfruttata e rivoluzionaria, è solo riacquistando fiducia nella propria forza che il proletariato potrà costituire un ostacolo alla crescita del populismo, ma soprattutto combattere alla radice il sistema capitalista e le sue conseguenze nefaste per l’umanità.
Eva, 13-6-2018
[1] Sul problema del populismo e Risoluzione sulla situazione internazionale del 22° Congresso della CCI, Italia: il Populismo non è una risposta ai problemi dei lavoratori
[3] Trump con i suoi “muri”, Le Pen e la stessa Lega contro gli immigrati, che mal si conciliano con i dettami dei diritti democratici.
[4] Dalla pagina facebook del M5S. Piersanti Mattarella, esponente della Democrazia Cristiana assassinato da Cosa nostra nel 1980, quando era presidente della Regione Siciliana.
[5] Intervista a Salvini di Fatti e Misfatti del 29/1/2018 https://www.facebook.com/salviniofficial/videos/10155498209483155/