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"Il marxismo è una visione rivoluzionaria del mondo che deve chiamare a lottare senza tregua per acquisire nuove conoscenze, che niente rigetta se non le forme stereotipate e definitive e che mette alla prova la sua forza vivente nel tintinnio delle armi dell'autocritica e sotto i tuoni della storia". (Rosa Luxemburg, Critica delle critiche)
La CCI ha tenuto nella primavera scorsa il suo 21° congresso. Quest’avvenimento ha coinciso con i 40 anni di esistenza della nostra organizzazione. Per tale motivo abbiamo deciso di dare a questo congresso un carattere eccezionale, con l’obiettivo centrale di gettare le basi di un bilancio critico delle nostre analisi e della nostra attività nel corso di questi quattro decenni. I lavori del congresso si sono dunque incentrati nell’identificare, nella maniera più lucida possibile, le nostre forze e le nostre debolezze, ciò che era valido nelle nostre analisi e gli errori che abbiamo fatto, al fine di armarci per superarli.
Questo bilancio critico s’inserisce in piena continuità con l’approccio che ha sempre adottato il marxismo lungo tutta la storia del movimento operaio. In questo modo Marx ed Engels, fedeli a un metodo al tempo stesso storico e autocritico, sono stati capaci di riconoscere che certe parti del Manifesto Comunista si erano rivelate erronee o superate dall'esperienza storica. È la capacità di fare la critica dei propri errori che ha sempre permesso ai marxisti di avanzare sul piano teorico e di continuare a portare il loro contributo alla prospettiva rivoluzionaria del proletariato. Così come Marx seppe trarre le lezioni dall'esperienza della Comune di Parigi e dalla sua sconfitta, la Sinistra comunista d'Italia è stata capace di riconoscere la profonda sconfitta del proletariato mondiale alla fine degli anni 20, di fare un "bilancio"[1] dell'ondata rivoluzionaria del 1917-23 e delle posizioni programmatiche della Terza Internazionale. Questo bilancio critico le ha permesso, nonostante i suoi errori, di fare degli avanzamenti teorici inestimabili sia sul piano dell'analisi del periodo di controrivoluzione che su quello organizzativo. Le ha permesso di comprendere il ruolo e i compiti di una frazione all’interno di un partito proletario in degenerazione e come ponte verso un futuro partito quando il precedente è guadagnato dalla borghesia.
Questo Congresso eccezionale della CCI si è tenuto nel contesto della nostra ultima crisi interna che ha reso necessario, un anno, tenere una conferenza internazionale straordinaria[2]. Tutte le delegazioni hanno preparato il Congresso con grande serietà e si sono inscritte nei dibattiti con una comprensione chiara della posta in gioco e della necessità, per tutte le generazioni di militanti, di impegnarsi in questo bilancio critico dei 40 anni di esistenza della CCI. Questo Congresso e i suoi testi preparatori hanno permesso ai militanti che non erano ancora membri della CCI all'epoca della sua fondazione (e in particolare ai più giovani) di apprendere dall'esperienza della CCI e, al tempo stesso, di parteciparvi attivamente prendendo posizione nei dibattiti.
Il bilancio critico della nostra analisi della situazione internazionale
La fondazione della CCI è stata una manifestazione della fine della controrivoluzione e della ripresa storica della lotta di classe che si è evidenziata in particolare in Francia attraverso il movimento del Maggio 68. La CCI è la sola organizzazione della Sinistra comunista ad aver analizzato questo avvenimento nel quadro dell’emergere della crisi aperta del capitalismo, iniziata nel 1967. Con la fine dei "30 gloriosi" e la corsa agli armamenti durante la guerra fredda, si poneva di nuovo l'alternativa "guerra mondiale o sviluppo delle lotte proletarie". Il Maggio 68 e l'ondata di lotte operaie che si sono sviluppate a livello internazionale hanno segnato l'apertura di un nuovo corso storico: dopo 40 anni di controrivoluzione, il proletariato rialzava la testa e non era disposto a lasciarsi reclutare in una terza guerra mondiale, dietro la difesa delle bandiere nazionali.
Il Congresso ha sottolineato che l'apparizione e lo sviluppo di una nuova organizzazione internazionale e internazionalista confermavano la validità del nostro quadro di analisi su questo nuovo corso storico. Armata di questo concetto, insieme all'analisi che il capitalismo era entrato nel suo periodo storico di decadenza con lo scoppio della prima guerra mondiale, la CCI ha continuato durante tutta la sua esistenza ad analizzare i tre aspetti della situazione internazionale - l'evoluzione della crisi economica, della lotta di classe e dei conflitti imperialisti – al fine di non cadere nell'empirismo e per trarne gli orientamenti per la sua attività. Tuttavia il Congresso si è concentrato nell’esaminare nella maniera più lucida possibile gli errori che abbiamo commesso in alcune nostre analisi per permetterci di identificare l'origine di questi errori e quindi di migliorare il nostro quadro di analisi.
Sulla base del rapporto sull'evoluzione della lotta di classe a partire dal 1968, il congresso ha sottolineato che una delle principali debolezze della CCI, sin dalle sue origini, è stata quella che abbiamo chiamato l'immediatismo: cioè una impostazione politica contrassegnata dall'impazienza e che si focalizza sugli avvenimenti immediati a scapito di una visione storica ampia della prospettiva nella quale si inscrivono questi avvenimenti. Sebbene abbiamo identificato, a giusta ragione, che la ripresa della lotta di classe alla fine degli anni 60 aveva segnato l'apertura di un nuovo corso storico, la caratterizzazione di questo corso storico come "corso verso la rivoluzione" è stata sbagliata e abbiamo dovuto correggerla con l'espressione "corso agli scontri di classe". Tuttavia, questa formulazione più appropriata non ha, a causa di una certa imprecisione, sbarrato la porta a una visione schematica, lineare della dinamica della lotta di classe insieme a una certa esitazione, al nostro interno, a riconoscere le difficoltà, le sconfitte e i periodi di riflusso del proletariato.
L'incapacità della borghesia di reclutare la classe operaia dei paesi centrali in una terza guerra mondiale non significava che le ondate internazionali di lotte sviluppatesi fino al 1989 sarebbero proseguite in modo meccanico e ineluttabile, fino all'apertura di un periodo rivoluzionario. Il congresso ha messo in evidenza che la CCI ha sottovalutato il peso della rottura della continuità storica col movimento operaio del passato e dell'impatto ideologico nella classe operaia in 40 anni di controrivoluzione, impatto che si manifesta particolarmente attraverso una diffidenza, se non un rigetto, delle organizzazioni comuniste.
Il Congresso ha sottolineato anche un'altra debolezza della CCI nelle sue analisi del rapporto di forze tra le classi: la tendenza a vedere il proletariato costantemente "all'offensiva" in ogni movimento di lotta, mentre finora le sue lotte sono state di difesa degli interessi economici immediati (per quanto importanti e significative) senza riuscire a dar loro una dimensione politica.
I lavori del congresso ci hanno permesso di costatare che queste difficoltà di analisi dell'evoluzione della lotta di classe hanno avuto alla base un’erronea visione del funzionamento del modo di produzione capitalista, con una tendenza a perdere di vista che il capitale è innanzitutto un rapporto sociale. Il che significa che la borghesia è costretta a tener conto della lotta di classe nell’attuazione delle sue politiche economiche e degli attacchi contro il proletariato. Il congresso ha anche posto l’accento su una certa mancanza di padronanza da parte della CCI della teoria di Rosa Luxemburg come spiegazione della decadenza del capitalismo. Secondo Rosa Luxemburg il capitalismo, per essere in grado di continuare la sua accumulazione, ha bisogno di trovare degli sbocchi nei settori extra capitalisti. La scomparsa progressiva di questi settori condanna il capitalismo a crescenti convulsioni. Quest’analisi è stata adottata nella nostra piattaforma, anche se una minoranza di nostri compagni si appoggia su un'altra analisi per spiegare la decadenza: quella della caduta tendenziale del tasso di profitto. La mancanza di padronanza da parte della CCI dell'analisi di Rosa Luxemburg (sviluppata in L'accumulazione del capitale) si è tradotta in una visione "catastrofistica", anzi apocalittica del crollo dell'economia mondiale. Il Congresso ha costatato che durante tutta la sua esistenza, la CCI ha sempre sopravvalutato il ritmo dello sviluppo della crisi economica. Ma in questi ultimi anni, e in particolare con la crisi dei debiti sovrani, le nostre analisi avevano come sottofondo l'idea soggiacente che il capitalismo potesse crollare da sé poiché la borghesia è "in un vicolo cieco" e avrebbe esaurito tutti i palliativi che le hanno permesso fino ad ora di prolungare in modo artificiale la sopravvivenza del suo sistema.
Questa visione "catastrofista" deriva, in buona parte, da una mancanza di approfondimento della nostra analisi del capitalismo di Stato, ad una sottovalutazione delle capacità della borghesia, che pure avevamo identificato da tempo, a trarre le lezioni dalla crisi degli anni 30 e accompagnare il fallimento del suo sistema con ogni tipo di manipolazioni, di imbrogli con la legge del valore e attraverso un intervento statale permanente nell'economia. Essa deriva anche da una comprensione ristretta e schematica della teoria economica di Rosa Luxemburg con l'idea erronea che il capitalismo avrebbe già esaurito tutte le sue capacità di espansione dal 1914 o negli anni 1960. In realtà, come sottolineava Rosa Luxemburg, la catastrofe reale del capitalismo sta nel fatto che questo sottomette l'umanità a un declino, a una lunga agonia facendo sprofondare la società in una barbarie crescente.
L’errore consistente nel negare ogni possibilità di espansione del capitalismo nel suo periodo di decadenza spiega le difficoltà che ha avuto la CCI nel comprendere la crescita e lo sviluppo industriale vertiginoso della Cina (e di altri paesi periferici) dopo il crollo del blocco dell'Est. Benché questo decollo industriale non rimette per niente in discussione la nostra analisi della decadenza del capitalismo[3], la previsione secondo la quale non ci sarebbe nessuna possibilità di sviluppo dei paesi del Terzo Mondo nel periodo di decadenza non si è verificata. Quest’errore, sottolineato dal Congresso, ci ha portato a non considerare che il fallimento del vecchio modello autarchico dei paesi stalinisti avrebbe potuto aprire nuovi sbocchi agli investimenti capitalisti[4] fino allora bloccati (ivi compresa l'integrazione nel salariato di una massa enorme di lavoratori che prima viveva al di fuori di rapporti sociali direttamente capitalisti e che sono stati sottoposti a un feroce super sfruttamento).
Sulla questione delle tensioni imperialiste, il Congresso ha evidenziato che la CCI ha sviluppato in generale un quadro di analisi molto solido sia all'epoca della guerra fredda tra i due blocchi rivali che dopo il crollo dell'URSS e dei regimi stalinisti. La nostra analisi del militarismo, della decomposizione del capitalismo e della crisi nei paesi dell'Est ci ha permesso di percepire le crepe che avrebbero determinato il crollo del blocco dell'Est. La CCI è stata così la prima organizzazione ad avere previsto la scomparsa dei due blocchi, quello diretto dall'URSS e quello diretto dagli Stati Uniti, così come il declino dell'egemonia americana e lo sviluppo della tendenza al "ciascuno per sé" sulla scena imperialista con la fine della disciplina dei blocchi militari[5].
La CCI è stata in grado di vedere correttamente la dinamica delle tensioni imperialistiche perché ha potuto analizzare lo spettacolare crollo del blocco dell'Est e dei regimi stalinisti come maggiori manifestazioni dell'entrata del capitalismo nella fase estrema della sua decadenza: quella della decomposizione. Questo quadro di analisi è stato l'ultimo contributo che il nostro compagno MC[6] ha lasciato alla CCI per permetterle di affrontare una situazione storica inedita e particolarmente difficile.
Da più di venti anni, l’ascesa del fanatismo e dell'integralismo religioso, lo sviluppo del terrorismo e del nichilismo, la moltiplicazione dei conflitti armati e il loro carattere sempre più barbaro, il riemergere dei pogrom (e, più in generale, di una mentalità alla ricerca di “capri espiatori”), confermano la validità di questo quadro di analisi.
La CCI ha ben analizzato come la classe dominante ha saputo sfruttare il crollo del blocco dell'Est e dello stalinismo per rivolgere questa manifestazione della decomposizione del suo sistema contro la classe operaia, scatenando le sue campagne sul "fallimento del comunismo". Ma abbiamo ampiamente sottovalutato la profondità del loro impatto sulla coscienza del proletariato e sullo sviluppo delle sue lotte.
Abbiamo sottovalutato che l'atmosfera deleteria della decomposizione sociale (così come la deindustrializzazione e le politiche di delocalizzazione in alcuni paesi centrali) contribuisce a minare la fiducia in sé, la solidarietà del proletariato ed a rafforzare la perdita della sua identità di classe. Sottovalutando le difficoltà del nuovo periodo aperto con il crollo del blocco dell'Est, la CCI ha avuto la tendenza a conservare l’illusione che l'aggravamento della crisi economica e degli attacchi contro la classe avrebbero necessariamente, e in modo meccanico, provocato delle "ondate di lotte" che si sarebbero sviluppate con le stesse caratteristiche e sullo stesso modello di quelle degli anni 1970-80. In particolare, sebbene abbiamo salutato a giusta ragione il movimento contro il CPE in Francia e quello degli Indignati in Spagna, abbiamo però sottovalutato le enormi difficoltà alle quali è confrontata oggi la giovane generazione della classe operaia per sviluppare una prospettiva alle sue lotte (in particolare il peso delle illusioni democratiche, la paura e il rigetto della parola "comunismo", il fatto che questa generazione non ha potuto beneficiare della trasmissione dell'esperienza viva della generazione di lavoratori, oggi pensionati, che hanno partecipato agli scontri di classe degli anni 70 e 80). Difficoltà che non colpiscono solo la classe operaia nel suo insieme ma anche i giovani elementi in ricerca che vogliono implicarsi in un'attività politica.
L'isolamento e l'influenza trascurabile della CCI (come di tutti i gruppi storici usciti dalla Sinistra comunista) nella classe operaia da quattro decenni, e particolarmente dopo il 1989, indicano che la prospettiva della rivoluzione proletaria mondiale è ancora molto lontana. All'epoca della sua fondazione la CCI non immaginava che quarant’anni dopo la classe operaia non avrebbe ancora rovesciato il capitalismo. Ciò non significa che il marxismo si sia sbagliato e che questo sistema è eterno. Il principale errore che abbiamo commesso è l’avere sottovalutato la lentezza del ritmo della crisi acuta del capitalismo, ricomparsa alla fine del periodo di ricostruzione del secondo dopoguerra, e le capacità della classe dominante a frenare il crollo storico del modo di produzione capitalista.
Peraltro, il Congresso ha evidenziato che la nostra ultima crisi interna (e le lezioni che ne abbiamo tratte) hanno permesso alla CCI di cominciare a riappropriarsi di un'esperienza fondamentale del movimento operaio già messa in luce da Engels: la lotta del proletariato contiene tre dimensioni. Una dimensione economica, una dimensione politica e una dimensione teorica. Il proletariato dovrà sviluppare questa dimensione teorica nelle sue lotte future per poter ritrovare la sua identità di classe rivoluzionaria, resistere al peso della decomposizione sociale e mettere avanti la propria prospettiva di trasformazione della società. Come affermava Rosa Luxemburg, la rivoluzione proletaria è innanzitutto un vasto "movimento culturale" perché la società comunista non avrà per obiettivo la sola soddisfazione dei bisogni materiali vitali dell'umanità, ma anche la soddisfazione dei suoi bisogni sociali, intellettuali e morali. A partire dalla presa di coscienza di questa lacuna nella nostra comprensione della lotta del proletariato (che rivela una tendenza "economicista" e materialista volgare) abbiamo potuto identificare non solo la natura della nostra ultima crisi ma anche comprendere che questa crisi "intellettuale e morale", che avevamo esaminato già alla Conferenza straordinaria del 2014[7], dura in realtà da più di trenta anni. E ciò è dovuto al fatto che la CCI ha sofferto di una mancanza di riflessione e di discussioni approfondite sulle radici di tutte le difficoltà organizzative alle quali è stata confrontata dalle sue origini, e in particolare dalla fine degli anni 80.
Il ruolo della CCI come una “sorta di frazione”
Per iniziare un bilancio critico dei quarant’anni di esistenza della CCI, il Congresso ha messo al centro dei suoi lavori la discussione non solo di un rapporto di attività generale ma anche di un rapporto sul ruolo della CCI "in quanto frazione".
La nostra organizzazione non ha avuto mai la pretesa di essere un partito (e ancor meno IL partito mondiale del proletariato).
Come già sottolineato dai nostri testi di fondazione "Lo sforzo della nostra corrente per costituirsi in polo di raggruppamento intorno alle posizioni di classe si inserisce in un processo che va verso la formazione del partito al momento di lotte intense e generalizzate. Non pretendiamo essere un partito" (Rivista Internazionale n.1 Report on the International Conference). La CCI deve fare un lavoro che comporta numerose similitudini con quello di una frazione, anche se non è una frazione.
Infatti, essa è sorta dopo una rottura organica con le organizzazioni comuniste del passato e non è stata generata da un'organizzazione preesistente. Non c'è dunque nessuna continuità organica con un particolare gruppo o un partito. Il solo compagno (MC) che veniva da una frazione del movimento operaio staccatasi dalla 3a Internazionale non poteva rappresentare la continuità di un gruppo, ma era il solo "legame vivente" col passato del movimento operaio. Poiché la CCI non si è consolidata e non è uscita da un partito degenerato, che ha tradito i principi proletari ed è passato nel campo del capitale, essa non è stata fondata nel contesto di una lotta contro la degenerazione di questo partito. Il compito primario della CCI, proprio per la rottura organica e la profondità di quarant’anni di controrivoluzione, è stato innanzitutto il riappropriarsi delle posizioni dei gruppi della Sinistra comunista che ci avevano preceduto.
La CCI doveva dunque costruirsi e svilupparsi a livello internazionale, in un certo qual modo, a partire da "zero". Questa nuova organizzazione internazionale doveva imparare “sul campo”, nelle nuove condizioni storiche e con una prima generazione di giovani militanti inesperti, usciti dal movimento studentesco del Maggio 68 e fortemente marcata dal peso della piccola borghesia, dell'immediatismo, del "conflitto generazionale" e della paura dello stalinismo che, fin dall'inizio, si è manifestato specialmente attraverso una diffidenza rispetto alla centralizzazione.
Dalla sua fondazione, la CCI si è riappropriata dell'esperienza delle organizzazioni del movimento operaio del passato (in particolare della Lega dei comunisti, dell’AIT o Prima internazionale, di Bilan, della GCF) dotandosi di Statuti, di principi di funzionamento che sono parte integrante della sua piattaforma. Ma contrariamente alle organizzazioni del passato, la CCI non si concepiva come un'organizzazione federalista, composta da una somma di sezioni nazionali con delle specificità locali. Costituendosi direttamente in organizzazione internazionale e centralizzata, la CCI si concepiva come un corpo unito internazionalmente. I suoi principi di centralizzazione erano il garante di quest’unità dell’organizzazione.
“Mentre per Bilan e la GCF - date le condizioni della controrivoluzione - era impossibile accrescersi e costruire un'organizzazione in parecchi paesi, la CCI ha intrapreso il compito di costruire un'organizzazione internazionale sulla base di posizioni solide (…) In quanto espressione del corso storico nuovamente aperto a scontri di classe (…), la CCI è stata internazionale e centralizzata internazionalmente fin dall'inizio, mentre le altre organizzazioni della Sinistra comunista del passato erano tutte confinate a uno o due paesi". (Rapporto sul ruolo della CCI come "frazione", presentato al Congresso).
Nonostante queste differenze con Bilan e la GCF, il Congresso ha sottolineato che la CCI ha un ruolo simile a quello di una frazione: costituire un ponte tra il passato (dopo un periodo di rottura) e il futuro. "La CCI definisce se stessa né come un partito, né come un ‘partito in miniatura’, ma come una “sorta di frazione” (ibidem). La CCI deve essere un polo di riferimento, di raggruppamento internazionale e di trasmissione delle lezioni dell'esperienza del movimento operaio del passato. Deve anche guardarsi da ogni approccio dogmatico, sapendo fare una critica, quando necessario, di posizioni sbagliate o diventate obsolete, per andare oltre e continuare a far vivere il marxismo.
Il processo di riappropriazione delle posizioni della Sinistra comunista nella CCI è stato fatto abbastanza velocemente, anche se la loro assimilazione è stata segnata fin dall'inizio da una notevole eterogeneità.
"Riappropriazione non voleva dire essere arrivati alla chiarezza e alla verità una volta per tutte, che la nostra piattaforma era diventata 'invariante' (…) La CCI ha modificato la sua piattaforma all'inizio degli anni 80 dopo un dibattito intenso" (Ibid.). Ed è sulla base di questa riappropriazione che la CCI ha potuto sviluppare delle elaborazioni teoriche a partire dall'analisi della situazione internazionale (per esempio, la critica della teoria di Lenin sugli "anelli deboli" dopo la sconfitta dello sciopero di massa in Polonia nel 1980[8], l'analisi della decomposizione come fase ultima della decadenza del capitalismo che annuncia il crollo dell'URSS)[9].
Fin dall'inizio la CCI ha adottato l’approccio di Bilan e della GCF che hanno insistito durante tutta la loro esistenza sulla necessità di un dibattito internazionale (anche nelle condizioni di repressione del fascismo e della guerra) finalizzato al chiarimento delle rispettive posizioni dei diversi gruppi con un’implicazione in polemiche sulle questioni di principio. Subito dopo la fondazione della CCI, nel gennaio 1975, abbiamo ripreso questo metodo impegnandoci in numerosi dibattiti pubblici e polemiche, non in vista di un raggruppamento precipitoso ma per favorire la chiarezza.
Dall'inizio della sua esistenza, la CCI ha sempre difeso l'idea che esiste un "campo politico proletario" delimitato da principi e si è impegnata a sostenere un ruolo dinamico nel processo di chiarimento all’interno di questo campo.
La traiettoria della Sinistra comunista d'Italia è stata segnata, dall'inizio alla fine, da lotte permanenti per la difesa dei principi del movimento operaio e del marxismo. Questa è stata anche una preoccupazione permanente della CCI durante tutta la sua esistenza, sia nei dibattiti polemici all'esterno che nelle lotte politiche che abbiamo dovuto affrontare all’interno dell'organizzazione, in particolare nelle situazioni di crisi.
Bilan e la GCF erano convinti che il loro ruolo era anche la "formazione di quadri". Benché questo concetto di "quadri" sia molto criticabile e possa prestarsi a confusioni, la loro principale preoccupazione era perfettamente valida: si trattava di formare la futura generazione di militanti trasmettendole le lezioni dell'esperienza storica affinché essa potesse riprendere il testimone e proseguire il lavoro della generazione precedente.
Le frazioni del passato non sono sparite unicamente a causa del peso della controrivoluzione. Anche le analisi erronee della situazione storica hanno contribuito alla loro scomparsa. La GCF si è sciolta in seguito all'analisi, non verificatasi, dello scoppio imminente e ineluttabile di una 3a guerra mondiale. La CCI è l'organizzazione internazionale che ha la vita più lunga nella storia del movimento operaio. A quarant’anni dalla sua fondazione esiste ancora. Non siamo stati spazzati via dalle nostre varie crisi. Nonostante la perdita di numerosi militanti, la CCI è riuscita a mantenere la maggior parte delle sue sezioni fondatrici e a costituirne nuove che permettono la diffusione della stampa in diverse lingue, paesi e continenti.
Tuttavia, il Congresso ha evidenziato lucidamente che la CCI è ancora sottoposta alla pressione del fardello delle condizioni storiche delle sue origini. A causa di queste condizioni storiche sfavorevoli, c'è stata al nostro interno una generazione "persa", dopo il 68, e una generazione "mancante", per l'impatto prolungato delle campagne anti-comuniste dopo il crollo del blocco dell'Est. Questa situazione ha costituito un handicap nel consolidare l'organizzazione nella sua attività sul lungo periodo. Le nostre difficoltà sono state inoltre aggravate, dalla fine degli anni 80, dal peso della decomposizione che colpisce l'insieme della società, ivi compresa la classe operaia e le sue organizzazioni rivoluzionarie.
Come Bilan e la GCF che hanno avuto la capacità di condurre la lotta "contro corrente", la CCI, per poter assumere il suo ruolo di ponte tra il passato e il futuro, deve sviluppare oggi questo stesso spirito di lotta sapendo che anche noi siamo "controcorrente", isolati e tagliati fuori dall'insieme della classe operaia (come le altre organizzazioni della Sinistra comunista). Anche se non siamo più in un periodo di controrivoluzione, la situazione storica aperta dal crollo del blocco dell'Est e le grandi difficoltà del proletariato a ritrovare la sua identità di classe rivoluzionaria e la sua prospettiva (così come tutte le campagne borghesi per screditare la Sinistra comunista) hanno rafforzato questo isolamento. "Il ponte alla cui costruzione dobbiamo contribuire sarà quello che passa al di sopra della generazione 'persa' del 1968 e al di sopra del deserto della decomposizione verso le future generazioni" (Ibid.).
Le discussioni del Congresso hanno sottolineato che la CCI col passare del tempo (e in particolare dopo la scomparsa del nostro compagno MC, avvenuta poco dopo il crollo dello stalinismo) ha perso abbondantemente di vista la necessità di continuare il lavoro delle frazioni della Sinistra comunista. Ciò si è manifestato nell’aver sottovalutato che il nostro compito principale è quello dell’approfondimento teorico[10] (che non deve essere lasciato a qualche "specialista") e la costruzione dell'organizzazione attraverso la formazione di nuovi militanti trasmettendo loro la cultura della teoria. Il Congresso ha costatato che, negli ultimi venticinque anni, la CCI ha fallito nel trasmettere ai nuovi compagni il metodo della Frazione. Invece di trasmettere il metodo col quale si costruisce sul lungo periodo un'organizzazione centralizzata, abbiamo teso a trasmettere la visione della CCI come un "mini-partito"[11] il cui compito principale sarebbe l'intervento nelle lotte immediate della classe operaia.
All'epoca della fondazione della CCI, una responsabilità immensa ricadeva sulle spalle di MC che era il solo compagno che poteva trasmettere a una nuova generazione il metodo del marxismo sulla costruzione dell'organizzazione e la difesa intransigente dei suoi principi. Oggi nell’organizzazione ci sono molti più militanti sperimentati (e che erano presenti all'epoca della fondazione della CCI), ma esiste sempre un pericolo di "rottura organica" date le nostre difficoltà a fare questo lavoro di trasmissione.
In effetti, le condizioni che hanno presieduto alla fondazione della CCI hanno costituito un enorme handicap per la costruzione dell'organizzazione sul lungo termine. La controrivoluzione stalinista è stata la più lunga e profonda di tutta la storia del movimento operaio. Non c’è mai stata prima, dalla Lega dei Comunisti, una discontinuità, una rottura organica tra le generazioni di militanti. C'è sempre stato un legame vivente da un'organizzazione all'altra e il lavoro di trasmissione dell'esperienza non è mai ricaduto sulle spalle di un solo individuo. La CCI è la sola organizzazione che abbia conosciuto questa situazione inedita. Questa rottura organica, che ha coperto parecchi decenni, ha costituito una debolezza molto difficile da superare ed è stata aggravata anche dalla resistenza della giovane generazione uscita dal Maggio 68 a "imparare" dall'esperienza della generazione precedente. Il peso delle ideologie della piccola borghesia in rivolta, dell’ambiente studentesco contestatario e fortemente contrassegnato dal "conflitto generazionale" (dovuto al fatto che la generazione precedente era stata proprio quella che aveva vissuto profondamente la controrivoluzione) ha rafforzato ulteriormente il peso della rottura organica con l'esperienza vivente del movimento operaio del passato.
Evidentemente la scomparsa di MC, all’inizio del periodo di decomposizione del capitalismo, non poteva che rendere ancora più difficile per la CCI avere la capacità di superare le sue debolezze congenite.
La perdita della sezione della CCI in Turchia è stata la manifestazione più evidente della difficoltà a trasmettere ai giovani militanti il metodo della Frazione. Il Congresso ha fatto una critica molto severa del nostro errore nell’avere integrato in modo prematuro e precipitoso questi ex-compagni quando non c’era da parte loro una reale comprensione degli Statuti e dei principi organizzativi della CCI (con una forte tendenza localista, federalista, che consisteva nel concepire l'organizzazione come una somma di sezioni "nazionali" e non come un corpo unito e centralizzato a livello internazionale).
Il Congresso ha anche sottolineato che il peso dello spirito di circolo e delle dinamiche claniche[12] che fanno parte delle debolezze congenite della CCI, hanno costituito un ostacolo permanente al suo lavoro di assimilazione e di trasmissione delle lezioni dell'esperienza del passato ai nuovi militanti.
Le condizioni storiche in cui la CCI ha vissuto sono cambiate dalla sua fondazione a oggi. Durante i primi anni della nostra esistenza potevamo intervenire in una classe operaia che stava conducendo delle lotte significative. Oggi, dopo venticinque anni di quasi stagnazione della lotta di classe a livello internazionale, la CCI deve impegnarsi in un compito simile a quello di Bilan alla sua epoca: comprendere le ragioni del fallimento della classe operaia a ritrovare una prospettiva rivoluzionaria circa mezzo secolo dopo la ripresa storica della lotta di classe alla fine degli anni 60.
"Il fatto che siamo quasi soli oggi a esaminare dei problemi colossali può pregiudicare a priori i risultati, ma non la necessità di una soluzione" (Bilan n.22, settembre 1935, "Progetto di risoluzione sui problemi dei collegamenti internazionali").
"Questo lavoro non deve essere solo sui problemi che abbiamo bisogno di risolvere oggi per stabilire la nostra tattica ma sui problemi che si porranno domani alla dittatura del proletariato" (Internationalisme n.1, gennaio 1945, "Risoluzione sui compiti politici").
La necessità di una "rinascita" morale e culturale
I dibattiti sul bilancio critico dei quarant'anni di esistenza della CCI ci hanno obbligati a considerare il pericolo di sclerosi e di degenerazione che hanno sempre minacciato le organizzazioni rivoluzionarie. Nessuna organizzazione rivoluzionaria è stata mai immune da questo pericolo. L’SPD (Partito Socialdemocratico della Germania) è stato incancrenito dall'opportunismo, fino ad una totale rimessa in causa dei fondamenti del marxismo, in gran parte perché aveva abbandonato ogni lavoro teorico a profitto di compiti immediati allo scopo di guadagnare influenza sulle masse operaie attraverso i successi elettorali. Ma il processo di degenerazione dell’SPD è cominciato molto prima di questo abbandono dei compiti teorici. È cominciato con la distruzione progressiva della solidarietà tra i militanti.
Dopo l'abolizione delle leggi antisocialiste (1878-1890) e con la legalizzazione dell’SPD, la solidarietà tra militanti, che era stata un'esigenza durante il periodo precedente, non era più una cosa ovvia perché non si rischiava più di essere sottoposti alla repressione e alla clandestinità. Questa distruzione della solidarietà (permessa grazie alle condizioni "confortevoli" della democrazia borghese) ha aperto la strada a una crescente depravazione morale all’interno dell’ SPD, che era comunque il partito faro del movimento operaio internazionale. Questa depravazione si è manifestata, per esempio, con la divulgazione di pettegolezzi nauseabondi contro la rappresentante più intransigente della sua ala sinistra, Rosa Luxemburg[13]. È quest’insieme di fattori, e non solamente l'opportunismo e il riformismo, ad aver aperto le porte a un lungo processo di degenerazione interna fino al tracollo dell’SPD nel 1914[14]. Per molto tempo, la CCI ha approcciato la questione dei principi morali solo da un punto di vista empirico, pratico, in particolare all'epoca della crisi del 1981 quando siamo stati confrontati, per la prima volta, a comportamenti teppistici come il furto del nostro materiale da parte della tendenza Chénier[15]. La CCI non ha affrontato questa questione da un punto di vista teorico essenzialmente perché all'epoca della fondazione della CCI esistevano un rigetto e una certa "fobia" del termine "morale". La giovane generazione uscita dal Maggio 68 non voleva (contrariamente a MC) che la parola "morale" comparisse negli Statuti della CCI, mentre l'idea di una morale proletaria era presente negli Statuti della GCF. Questa avversione per la "morale" rappresentava ancora una manifestazione dell'ideologia e dell’approccio della piccola borghesia studentesca dell'epoca.
Solo al ripetersi, nella crisi del 2001, di comportamenti teppistici da parte degli ex-militanti che costituiranno la FICCI, la CCI ha capito la necessità di una riappropriazione teorica delle acquisizioni del marxismo sulla questione della morale. Sono stati necessari diversi decenni per iniziare a capire l’importanza di colmare questa lacuna. Ed è a partire dalla nostra ultima crisi che la CCI ha cominciato una riflessione per meglio comprendere ciò che voleva dire Rosa Luxemburg quando affermava che "il partito del proletariato è la coscienza morale della rivoluzione".
Il movimento operaio nel suo insieme ha trascurato questa questione. Il dibattito all'epoca della Seconda Internazionale non è stato mai sviluppato sufficientemente (in particolare sul libro di Kautsky "Etica e concezione materialista della storia") e la perdita morale è stata un elemento decisivo nella sua degenerazione. Sebbene i gruppi della Sinistra comunista abbiano avuto il coraggio di difendere nella pratica i principi morali proletari, né Bilan, né la GCF hanno trattato questa questione in modo teorico. Le difficoltà della CCI su questo piano devono dunque essere viste alla luce delle insufficienze del movimento rivoluzionario nel corso del ventesimo secolo.
Oggi il rischio di degenerazione morale delle organizzazioni rivoluzionarie è aggravato dai miasmi della putrefazione e della barbarie della società capitalista. Questa questione non riguarda solamente la CCI ma anche gli altri gruppi della Sinistra comunista.
Dopo la nostra ultima Conferenza straordinaria che si era impegnata a identificare la dimensione morale della crisi della CCI, il Congresso si è dato l’obiettivo di discutere della sua dimensione intellettuale. Per tutta la sua esistenza, la CCI ha sempre segnalato regolarmente le sue difficoltà sul piano dell'approfondimento delle questioni teoriche. La tendenza a perdere di vista il ruolo che deve giocare la nostra organizzazione nel periodo storico presente, l'immediatismo nelle nostre analisi, le tendenze attiviste e operaiste nel nostro intervento, il disprezzo per il lavoro teorico e di ricerca della verità, hanno costituito il terreno fertile per lo sviluppo di questa crisi.
La nostra sottovalutazione ricorrente dell'elaborazione teorica (in particolare sulle questioni organizzative) trova le sue fonti nelle origini della CCI: l'impatto della rivolta studentesca con la sua componente accademica (di natura piccolo-borghese) alla quale si è opposta una tendenza attivista "operaista" (di natura gauchisteggiante) che confondeva l’anti-accademismo con il disprezzo della teoria. E ciò in un'atmosfera di contestazione infantile de "l’autorità" (rappresentata dal "vecchio" MC). A partire dalla fine degli anni 80, questa sottovalutazione del lavoro teorico dell'organizzazione è stata alimentata dall'ambiente deleterio della decomposizione sociale che tende a distruggere il pensiero razionale a profitto di credenze e pregiudizi oscurantisti, che sostituisce la cultura della teoria con la "cultura del pettegolezzo"[16]. La perdita delle nostre acquisizioni (e il pericolo di sclerosi che comporta) è una conseguenza diretta di questa mancanza di cultura della teoria. Di fronte alla pressione dell'ideologia borghese, le acquisizioni della CCI (sul piano programmatico, di analisi o organizzative) possono mantenersi solo se arricchite continuamente dalla riflessione e dal dibattito teorico.
Il Congresso ha rilevato che la CCI è ancora affetta dal suo "peccato di gioventù", l'immediatismo, che ci ha fatto perdere di vista, in modo ricorrente, il quadro storico e a lungo termine nel quale si inscrive la funzione dell'organizzazione. La CCI è stata costituita dal raggruppamento di giovani elementi che si sono politicizzati durante una ripresa spettacolare degli scontri di classe (nel Maggio 68). Molti tra questi avevano l'illusione che la rivoluzione fosse già in marcia. I più impazienti e immediatisti si sono demoralizzati e hanno abbandonato il loro impegno militante. Ma questa debolezza si è mantenuta anche tra coloro che sono restati nella CCI. L'immediatismo continua a impregnarci e si è manifestato in numerose occasioni. Il Congresso ha preso coscienza che questa debolezza può esserci fatale perché, associata alla perdita delle acquisizioni e al disprezzo della teoria, sfocia inevitabilmente nell'opportunismo, una deriva che va sempre a minare i fondamenti dell'organizzazione.
Il Congresso ha ricordato che l'opportunismo (e la sua variante, il centrismo) deriva dall'infiltrazione permanente dell'ideologia borghese e piccolo-borghese all’interno delle organizzazioni rivoluzionarie che richiedono una vigilanza e una lotta permanente contro il peso di queste ideologie. Sebbene l'organizzazione dei rivoluzionari sia un "corpo estraneo", antagonista al capitalismo, essa nasce e vive nella società di classe ed è dunque minacciata continuamente dall'infiltrazione di ideologie e pratiche estranee al proletariato, dalle derive che rimettono in causa le acquisizioni del marxismo e del movimento operaio. Durante questi quarant’anni di esistenza, la CCI ha dovuto difendere costantemente i suoi principi e ha dovuto combattere al suo interno, attraverso difficili dibattiti, tutte queste ideologie che si sono manifestate, tra l’altro, attraverso deviazioni gauchiste, moderniste, anarco-libertarie, consiliariste.
Il Congresso ha esaminato anche le difficoltà della CCI a superare un’altra grande debolezza risalente alle sue origini: lo spirito di circolo e la sua manifestazione più distruttrice, lo spirito di clan[17]. Lo spirito di circolo costituisce, come mostra tutta la storia della CCI, uno dei veleni più pericolosi per l'organizzazione. E questo per diversi motivi. Porta in sé la trasformazione dell'organizzazione rivoluzionaria in un semplice raggruppamento di amici, snaturando così la sua natura politica come emanazione e strumento di lotta della classe operaia. Attraverso la personalizzazione delle questioni politiche mina la cultura del dibattito e il chiarimento dei disaccordi attraverso il confronto, coerente e razionale di argomenti. La costituzione di clan o di circoli di amici che si scontrano con l’organizzazione o con alcune delle sue parti distrugge il lavoro collettivo, la solidarietà e l'unità dell'organizzazione. Essendo alimentato da comportamenti emozionali, irrazionali, da rapporti di forza, da animosità personali, lo spirito di circolo si oppone al lavoro del pensiero, alla cultura della teoria, a favore dell'infatuazione per i pettegolezzi, lo spettegolare "tra amici" e le calunnie, minando così la salute morale dell'organizzazione.
La CCI non è riuscita a sbarazzarsi dello spirito di circolo nonostante tutte le lotte fatte durante i suoi quarant’anni di esistenza. La persistenza di questo veleno si spiega con le origini della CCI che si è costituita a partire da circoli e in un ambiente "familista” dove gli affetti (simpatie o antipatie personali) prendono il sopravvento sulla necessaria solidarietà tra militanti che lottano per la stessa causa e sono raccolti intorno a uno stesso programma. Il peso della decomposizione sociale e la tendenza al "ciascuno per sé", ai comportamenti irrazionali, hanno ulteriormente aggravato questa debolezza originaria. E soprattutto, l'assenza di discussioni teoriche approfondite sulle questioni organizzative non ha permesso all'organizzazione nel suo insieme di superare questa "malattia infantile" della CCI e del movimento operaio. Il Congresso ha sottolineato (riprendendo la costatazione già fatta da Lenin nel 1904 in "Un passo avanti, due passi indietro") che lo spirito di circolo è veicolato essenzialmente dalla pressione dell'ideologia della piccola borghesia.
Per affrontare tutte queste difficoltà, e di fronte alla gravità della posta in gioco nell’attuale periodo storico, il Congresso ha evidenziato che l'organizzazione deve sviluppare uno spirito di lotta contro l'influenza dell'ideologia dominante, contro il peso della decomposizione sociale. Questo significa che l'organizzazione rivoluzionaria deve lottare continuamente contro la routine, la superficialità, la pigrizia intellettuale, lo schematismo, e sviluppare lo spirito critico identificando con lucidità i suoi errori e le sue insufficienze teoriche.
Nella misura in cui "la coscienza socialista precede e condiziona l'azione rivoluzionaria della classe operaia" (Internationalisme, "Natura e funzione del partito politico del proletariato"), lo sviluppo del marxismo è il compito centrale di tutte le organizzazioni rivoluzionarie. Il Congresso ha assunto come orientamento prioritario per la CCI il rafforzamento collettivo del suo lavoro di approfondimento e riflessione riappropriandosi della cultura marxista, della teoria in tutti i suoi dibatti interni.
Nel 1903, Rosa Luxemburg deplorava in questo modo l'abbandono dell'approfondimento della teoria marxista: "Solo nel campo economico possiamo trovare in Marx una costruzione quasi perfettamente compiuta. Al contrario, per quanto riguarda la parte dei suoi scritti che presenta il valore maggiore, la concezione materialista e la dialettica della storia, questa resta solo un metodo d’inchiesta, una coppia di linee guide generali che permettono di vedere un mondo nuovo (…) Eppure, anche su questo terreno, a parte piccole ricerche, l'eredità di Marx è restata incolta. Quest’arma meravigliosa viene lasciata arrugginire. La stessa teoria del materialismo storico è ancora oggi molto schematica, poco approfondita rispetto a quella lasciataci dal suo creatore. (…) Pensare che la classe operaia in piena lotta, possa, grazie al contenuto stesso della sua lotta di classe, esercitare all'infinito la sua attività creatrice nel dominio teorico, sarebbe farsi delle illusioni" ("Arresto e progresso del marxismo").
La CCI oggi si trova in un periodo di transizione. Grazie al bilancio critico che ha intrapreso, alla capacità di esaminare le sue debolezze, a riconoscere i suoi errori, essa sta facendo una critica radicale della visione dell'attività militante avuta fino ad ora, dei rapporti tra militanti e dei militanti con l'organizzazione, avente come linea guida la questione della dimensione intellettuale e morale della lotta del proletariato. È dunque in una vera e propria "rinascita culturale" che dobbiamo impegnarci per poter continuare a "imparare" e assumerci le nostre responsabilità. È un processo lungo e difficile, ma vitale per l'avvenire.
La difesa dell'organizzazione di fronte agli attacchi contro la CCI
Durante tutta la sua esistenza, la CCI ha dovuto combattere in permanenza per la difesa dei suoi principi contro la pressione ideologica della società borghese, contro i comportamenti anti-proletari e le manovre di avventurieri senza fede né legge. La difesa dell'organizzazione è una responsabilità politica e anche un dovere morale. L'organizzazione rivoluzionaria non appartiene ai militanti ma all'insieme della classe operaia. È un'emanazione della sua lotta storica, uno strumento della sua lotta per lo sviluppo della coscienza in vista della trasformazione rivoluzionaria della società.
Il Congresso ha insistito sul fatto che la CCI è un "corpo estraneo" in seno alla società, antagonista e nemico del capitalismo. È proprio per tale motivo che la classe dominante è molto interessata alla nostra attività, fin dall'inizio della nostra esistenza. Questa realtà non ha niente a che vedere con la paranoia o la "teoria del complotto". I rivoluzionari non possono avere l'ingenuità degli ignoranti della storia del movimento operaio e ancora meno cedere alle lusinghe della democrazia borghese (e della sua "libertà di espressione"). Se oggi la CCI non è sottoposta alla repressione diretta dello Stato capitalista, è perché le nostre idee sono molto minoritarie e non rappresentano nell’immediato alcun pericolo per la classe dominante. Proprio come Bilan e la GCF, noi nuotiamo "controcorrente". Tuttavia, anche se oggi la CCI non ha nessuna influenza diretta e immediata nel corso delle lotte della classe operaia, diffondendo le sue idee, sparge i semi per il futuro. Pertanto la borghesia è ben interessata alla scomparsa della CCI che è la sola organizzazione internazionale centralizzata della Sinistra comunista con sezioni in diversi paesi e continenti.
Questo alimenta anche l'odio degli elementi declassati[18] che sono sempre a caccia di "segni premonitori" della nostra scomparsa. La classe dominante non può che esultare nel vedere tutta una costellazione d’individui, che dicono di richiamarsi alla Sinistra comunista, agitarsi intorno alla CCI (attraverso blogs, siti, forum Internet, Facebook e altri network) per divulgare pettegolezzi e calunnie contro la CCI, attacchi osceni e metodi polizieschi che prendono di mira, in modo ripetuto e nauseante, alcuni nostri militanti.
Il Congresso ha evidenziato che la recrudescenza degli attacchi contro la CCI, da parte di quest’ambiente parassita[19] che cerca di recuperare e snaturare il lavoro militante dei gruppi della Sinistra comunista, è una manifestazione della putrefazione della società borghese.
Il Congresso ha preso consapevolezza della nuova dimensione raggiunta dal parassitismo dall'inizio del periodo di decomposizione. Il suo obiettivo, dichiarato o meno, mira oggi non solo a seminare scompiglio e confusione, ma soprattutto a sterilizzare le potenziali forze che potrebbero politicizzarsi intorno alle organizzazioni storiche della Sinistra comunista. Mira a creare un "cordone sanitario" (in particolare agitando lo spettro dello stalinismo che imperverserebbe ancora nella CCI!) per impedire ai giovani elementi in ricerca di avvicinarsi alla nostra organizzazione. Questo boicottaggio va oggi a completare le campagne anticomuniste scatenate dalla borghesia all'indomani del crollo dei regimi stalinisti. Il parassitismo è il migliore alleato della borghesia decadente contro la prospettiva rivoluzionaria del proletariato.
Mentre il proletariato ha enormi difficoltà a ritrovare la sua identità di classe rivoluzionaria e a ricongiungersi con il suo passato, le calunnie, gli attacchi e la mentalità nauseabonda di individui che si richiamano alla Sinistra comunista e che denigrano la CCI possono fare solamente il gioco della classe dominante e difendere il suo interesse. Assumendo la difesa dell'organizzazione, non difendiamo la nostra "cappella". Per la CCI si tratta di difendere i principi del marxismo, della classe rivoluzionaria e della Sinistra comunista che rischiano di essere inghiottiti dall'ideologia del "no future" che il parassitismo drena con sé.
Il rafforzamento della difesa pubblica e intransigente dell'organizzazione è un orientamento di cui si è dotato il Congresso. La CCI è pienamente consapevole che quest’orientamento, nell’immediato, ci può portare a non essere compresi, a essere criticati per la mancanza di "fair play" e dunque a un isolamento maggiore. Ma la cosa peggiore sarebbe lasciar fare al parassitismo il suo lavoro di distruzione senza reagire. Il Congresso ha messo in evidenza che, anche su questo piano, la CCI deve avere il coraggio di "nuotare contro corrente", così come ha avuto il coraggio in questo Congresso di fare una critica implacabile dei suoi errori e difficoltà e renderne conto pubblicamente.
"Per il movimento proletario, l'autocritica, un'autocritica senza sconti, crudele, che va fino in fondo alle cose, è l'aria, la luce senza le quali non può vivere (…) Ma non siamo ancora persi e vinceremo purché non avremo disimparato a imparare. E se mai la guida attuale del proletariato, la socialdemocrazia, non sapesse più imparare, allora perirebbe "per fare posto a uomini che siano all'altezza di un mondo nuovo" (Rosa Luxemburg, La crisi della socialdemocrazia).
CCI (dicembre 2015)
[1] Bilan era, tra il 1933 e il 1938, il nome della pubblicazione in lingua francese della Frazione di Sinistra del Partito comunista d'Italia divenuta, nel 1935, la Frazione italiana della Sinistra comunista.
[2] Conferenza internazionale straordinaria della CCI: la “notizia” della nostra scomparsa è ampiamente esagerata!
[3] Vedi in particolare il nostro articolo "Ressorts, contradictions et limites de la croissance en Asie de l’Est
[4] Quest’analisi è al momento oggetto di una discussione e di un approfondimento all’interno dell’organizzazione.
[5] Vedi in particolare After the collapse of the Eastern Bloc, destabilization and chaos Rivista Internazionale n.61, disponibile anche in francese e spagnolo.
[6] MC, Marc Chirik, è stato un militante della Sinistra comunista, nato a Kichinev (Bessarabia) nel 1907, deceduto a Parigi nel 1990. Suo padre era rabbino e suo fratello maggiore segretario del partito bolscevico della città. È al suo fianco che Marc ha assistito alle rivoluzioni di febbraio e ottobre 1917. Nel 1919, per sfuggire ai pogrom antiebraici degli eserciti bianchi rumeni, tutta la famiglia emigra in Palestina e Marc, appena tredicenne, diventa membro del Partito comunista della Palestina fondato da suo fratello e dalle sue sorelle maggiori. Molto presto entra in disaccordo con la posizione dell'Internazionale comunista di sostegno alle lotte di liberazione nazionale, cosa che gli vale una prima espulsione nel 1923. Nel 1924, mentre alcuni membri del gruppo famigliare ritornano in Russia, Marc e uno dei suoi fratelli vanno a vivere in Francia. Marc entra nel PCF dove, rapidamente, si batte contro la sua degenerazione e da cui è espulso nel febbraio 1928. Per un certo tempo membro dell'opposizione di Sinistra internazionale animata da Trotsky, inizia la lotta contro la deriva opportunista di quest’ultima e partecipa nel novembre 1933, in compagnia di Gaston Davoust (Chazé), alla fondazione dell'Unione Comunista che pubblica l’Internationale. Al momento della Guerra di Spagna, questo gruppo adotta una posizione ambigua sulla questione dell'antifascismo. Dopo essersi battuto contro questa posizione, MC raggiunge, all’inizio del ‘38, la Frazione italiana della Sinistra comunista con la quale era in contatto e che difende una posizione perfettamente proletaria e internazionalista su questa questione. Poco dopo, inizia una nuova lotta contro le analisi di Vercesi, principale animatore di quest’organizzazione, secondo il quale i differenti conflitti militari che si svolgevano all'epoca non erano dei preparativi per una nuova guerra mondiale ma avevano per scopo schiacciare il proletariato per impedirgli di lanciarsi in una nuova rivoluzione. Di conseguenza lo scoppio della guerra mondiale nel settembre 1939 crea uno sbandamento all’interno della Sinistra italiana. Vercesi teorizza una politica di ritiro politico durante il periodo di guerra mentre Marc raggruppa nel Sud della Francia i membri della Frazione che si rifiutavano di seguire Vercesi nel suo ritiro. Nelle peggiori condizioni, Marc e un piccolo nucleo di militanti proseguono il lavoro portato avanti dalla Frazione italiana dal 1928, ma nel 1945, appreso della costituzione in Italia del Partito comunista internazionalista che si richiama alla Sinistra comunista italiana, la Frazione decide il suo scioglimento e l'integrazione individuale dei suoi membri nel nuovo partito. Marc, in disaccordo con questa decisione che andava contro tutto l'orientamento che in precedenza aveva distinto la Frazione italiana, raggiunge la Frazione francese della Sinistra comunista (della quale già ispirava le posizioni) che diventerà, di lì a poco, la Sinistra comunista di Francia (GCF). Questo gruppo pubblicherà 46 numeri della sua rivista Internationalisme, proseguendo la riflessione teorica portata avanti precedentemente dalla Frazione, in particolare ispirandosi agli apporti della Sinistra comunista tedesco-olandese. Nel 1952, considerando che il mondo s’incamminava verso una nuova guerra mondiale di cui l'Europa sarebbe stata di nuovo il principale campo di battaglia, il che avrebbe minacciato la distruzione delle minuscole forze rivoluzionarie sopravvissute, la GCF decide che diversi suoi militanti si disperdano su altri continenti. Marc andrà a vivere in Venezuela. Questo è stato uno dei principali errori commessi dalla GCF e da MC, la cui conseguenza fu la scomparsa formale dell'organizzazione. Tuttavia, dal 1964, Marc raggruppa intorno a sé un certo numero di elementi molto giovani con i quali formerà il gruppo Internacionalismo. Nel maggio 1968, appena viene a sapere dello scoppio dello sciopero generalizzato in Francia, Marc va in questo paese per ricontattare i suoi vecchi compagni e assume un ruolo decisivo (insieme a un elemento che era stato membro di Internacionalismo in Venezuela) nella formazione del gruppo Révolution Internationale. Gruppo che darà impulso al raggruppamento internazionale da cui si costituirà, nel gennaio 1975, la Corrente comunista internazionale. Fino al suo ultimo respiro, nel dicembre 1990, Marc Chirik ha sostenuto un ruolo essenziale nella vita della CCI, specialmente nella trasmissione delle acquisizioni sul piano organizzativo dell’esperienza passata del movimento operaio e nei suoi avanzamenti teorici. Per maggiori elementi sulla biografia di MC, vedi i nostri articoli nei numeri 65 e 66 della Rivista Internazionale, in inglese, francese e spagnolo su questo sito
[7] Conferenza internazionale straordinaria della CCI: la “notizia” della nostra scomparsa è ampiamente esagerata!
[8] Vedi i nostri documenti pubblicati nella Rivista Internazionale: The Historic Conditions for the Generalization of Working Class Struggle (n.26)
The proletariat of Western Europe at the centre of the generalization of the class struggle (n. 31)
Debate: On the critique of the theory of the "weakest link" (n.37)
Disponibili anche in francese e spagnolo
[9] La decomposizione, fase ultima della decadenza del capitalismo
[10] Il che non significa affatto che questo approfondimento non sia di attualità all'epoca di un periodo rivoluzionario o di movimenti importanti della classe operaia dove l'organizzazione può esercitare un'influenza determinante sul corso delle lotte. Per esempio, Lenin ha scritto il suo lavoro teorico più importante, Stato e rivoluzione, nel corso stesso degli avvenimenti rivoluzionari del 1917. Marx ha pubblicato Il Capitale, nel 1867, quando dal settembre 1864 era pienamente implicato nell'azione dell’AIT.
[11] Questa nozione di "mini-partito" o "partito in miniatura" contiene l'idea che anche nei periodi in cui la classe operaia non sviluppa lotte di notevole portata, una piccola organizzazione rivoluzionaria potrebbe avere lo stesso impatto di un partito nel pieno senso del termine, anche se a scala ridotta. Una tale idea è in contraddizione totale con l'analisi sviluppata da Bilan che sottolineava la differenza qualitativa fondamentale tra il ruolo di un partito e quello di una frazione. Bisogna notare che la Tendenza comunista internazionalista, che pure si richiama alla Sinistra comunista italiana, non è chiara su questa questione poiché la sua sezione in Italia continua oggi a chiamarsi "Partito comunista internazionalista".
[12] Su questa questione, vedi in particolare il nostro testo The question of organisational functioning in the ICC Rivista Internazionale n.109 (anche in francese e spagnolo), in particolare il punto 3.1. e il paragrafo “I rapporti tra militanti”.
[13] Queste campagne abiette contro Rosa Luxemburg costituivano, in un certo senso, dei preparativi al suo assassinio su ordine del governo diretto dall’SPD durante la settimana di sangue a Berlino nel gennaio 1919 e più globalmente gli appelli al pogrom contro gli spartachisti lanciati da questo stesso governo.
[14] Le chemin vers la trahison de la Social-démocratie allemande, numero speciale della Rivista Internazionale dedicato alla Prima Guerra mondiale
[15] Su “l’affare Chénier” vedi The present convulsions in the revolutionary milieu, Rivista Internazionale n. 28, anche in francese e spagnolo, in particolare i paragrafi "Le difficoltà relative all’organizzazione" e "I recenti avvenimenti".
[16] “I diversi elementi che costituiscono la forza del proletariato si scontrano direttamente con i diversi aspetti di questa decomposizione ideologica:
- l’azione collettiva, la solidarietà, contro l’atomizzazione, il “ciascuno per sé”, l’“arrangiarsi individuale”;
- il bisogno di organizzazione contro la decomposizione sociale, la distruzione dei rapporti su cui poggia la vita sociale;
- la fiducia nell’avvenire e nelle sue proprie forze continuamente minate dalla disperazione generale che pervade la società, dal nichilismo, dalla “mancanza di futuro”;
- la coscienza, la lucidità, la coerenza e l’unità del pensiero, l’inclinazione per la teoria hanno difficoltà ad affermarsi di fronte alla fuga nelle chimere, la droga, le sette, il misticismo, il rigetto della riflessione e la distruzione del pensiero che caratterizzano la nostra epoca”. La decomposizione, fase ultima della decadenza del capitalismo
[17] Vedi nota 12.
[18] Vedi, Costruzione dell'organizzazione rivoluzionaria. Tesi sul parassitismo, in particolare il punto 20.
[19] Vedi "Tesi sul parassitismo", cf. nota precedente.