Non esistono governi amici: i lavoratori possono contare solo sulle proprie forze

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Il “non ci sono governi amici e governi nemici“ gridato da un operaio della FIAT di Mirafiori al segretario della CGIL, Guglielmo Epifani, coglie una questione che gira nella testa di molti lavoratori, soprattutto di quelli che hanno votato per l’attuale maggioranza. La domanda è “perché li abbiamo votati, se devono fare una politica uguale a quella di Berlusconi?” Ed è una domanda giusta, perché effettivamente la legge finanziaria che l’attuale maggioranza si appresta a votare chiede ancora una volta sacrifici a quelli che già ne fanno da anni e che fanno sempre più fatica ad arrivare alla fine del mese (1). Quello che c’è di ingenuo nella maniera di porre la questione è che quello di Prodi potesse essere un governo amico dei lavoratori. Non lo è, e non potrebbe esserlo, perché nel capitalismo “ogni governo costituisce il comitato d’affari della borghesia”, come diceva il vecchio Marx, verità che è stata più e più volte confermata in Italia come nel resto del mondo dai vari Blair, Schroeder, e Prodi vari. Del resto sono stati i vari governi di centrosinistra succedutisi dal 1992 (primo governo Amato) al 2001 (con la breve parentesi del primo governo Berlusconi durato meno di un anno) a portare avanti il più massiccio attacco alle condizioni di vita dei lavoratori che l’Italia ricordi. E se ogni governo non può che fare gli interessi della propria borghesia, oggi questo significa che l’unica politica possibile è quella dei sacrifici, vista la situazione di crisi che vive il sistema capitalista nel suo complesso (2).  

Una questione però resta, e ci è stata posta da alcuni compagni: se, nell’attuale fase di capitalismo decadente, la differenza fra destra e sinistra sta solo nel diverso ruolo che i diversi apparati politici della borghesia svolgono nei confronti dei lavoratori (con la destra che deve principalmente portare avanti le ideologie liberiste, e la sinistra che deve invece mistificare gli operai per impedire che essi prendano coscienza del futuro che il capitalismo riserva all’umanità), perché la borghesia italiana ha voluto far vincere la sinistra, visto che la politica che doveva per forza di cose portare avanti ne avrebbe indebolito l’immagine nei confronti dei lavoratori stessi? La questione è legittima e impone una risposta.

La prima risposta sta nel fatto che la “alternanza” al governo tra destra e sinistra è il principale puntello della mistificazione democratica: se la borghesia lasciasse governare sempre la destra, su cosa potrebbe basarsi l’illusione, di cui è principale portatrice proprio la sinistra, che con lo strumento democratico, con le elezioni, i lavoratori possono cambiare i loro destini? Il secondo argomento è più legato alle vicende italiane e in particolare alle conseguenze che qui si sono avute con il crollo del blocco sovietico (e la conseguente disgregazione del blocco occidentale). Il crollo dell’URSS provocò abbastanza velocemente il disfacimento del suo blocco imperialista e, venendo meno questo, anche il blocco avversario, quello costruito intorno agli USA, non aveva più senso di esistere, per cui anche nel campo occidentale si aprì una fase di allontanamento dal leader di blocco (diventata in poco tempo contestazione di questa leadership e tendenza, da parte di ogni paese occidentale, a portare avanti i propri interessi nel mondo anche in contrasto con l’antico capo). Questo venir meno dell’interesse da parte dell’Italia per l’alleanza con gli USA ebbe anche delle conseguenze sul piano degli equilibri politici interni: l’Italia infatti, per la sua posizione geografica strategicamente importante e per la presenza di un forte partito “comunista” filosovietico, era sempre stata sotto un controllo particolare da parte degli USA, che si esercitava centralmente attraverso la Democrazia Cristiana, partito che impersonava l’alleanza con gli Stati Uniti. Venuta meno le necessità di questa alleanza, anche i partiti ad essa legati furono messi in crisi e abbandonati dalla stessa borghesia italiana (o per meglio dire da una parte di essa): è questa la motivazione di “tangentopoli” (altrimenti conosciuta come operazione “Mani Pulite”), una delle più grosse operazioni di “pulizia” politica (e non morale, come si è cercato di far credere!!) che un paese occidentale abbia conosciuto. Con la messa in evidenza delle ruberie che i partiti al governo avevano portato avanti (e la DC era stata al governo ininterrottamente dal dopoguerra), questi partiti furono spazzati via, e con essi fu messa in crisi l’alleanza con gli USA. Ma questa operazione, che aveva una sua logica, ebbe come conseguenza la distruzione, o la disgregazione, di tutti i partiti che avevano occupato il centro e la destra della politica (3). Questo ha significato che la sinistra rischiava di dover reggere le sorti di governo per chissà quanto tempo. A questo ha supplito la “discesa in campo” di Berlusconi, un uomo che, mettendo a disposizione la sua azienda e i suoi mezzi economici, è stato capace di costruire un partito in grado di ereditare (almeno in parte) la forza elettorale della DC e di creare così un polo di centrodestra) che, grazie anche alla svolta democratica dell’MSI di Fini, potesse proporsi come alternativo alla sinistra così da ricreare il gioco dell’alternanza senza il quale la mistificazione della democrazia non sta in piedi. Ma la discesa in campo di Berlusconi non è avvenuta solo per volontà di una parte della borghesia italiana di ricostruire un partito di centrodestra, è stata anche l’espressione degli interessi USA di mantenere un’influenza sul suolo italiano. E Berlusconi si era e si è dimostrato ampiamente amico degli USA. Nei fatti Berlusconi si è dimostrato troppo appiattito sulle scelte americane, come dimostrato in particolare dalla infelice e poco redditizia missione in Iraq, e in più di essere troppo impegnato a difendere i propri interessi personali (vedi le varie leggi ad personam varate dal suo governo) per badare a quelli più generali del capitale nazionale. Così, durante il governo Berlusconi, il capitalismo italiano si è trovato diviso dalla maggior parte degli altri paesi europei, sul piano imperialista, e sul piano economico ha perso diverse posizioni sullo scacchiere mondiale, mentre è tornato a salire il deficit pubblico (senza che migliorassero le prestazioni sociali). E’ toccato quindi alla coalizione di centrosinistra provare a mettere riparo ai danni provocati da Berlusconi. Dopo aver messo mano alla politica estera (missione in Libano in accordo con gli altri paesi europei e con una forza mistificatoria ben superiore a quella della missione in Iraq), adesso il governo Prodi prova a rimettere in ordine i conti del proprio capitale e per farlo non può che ricorrere ad altri sacrifici per i lavoratori E’ solo riducendo la parte di ricchezza che ritorna alla classe operaia (cioè il salario diretto ed indiretto) che lo Stato italiano può sperare di riuscire a mantenere la sua competitività sul mercato mondiale ed a finanziare le spese militari che gli consentono di avere un posto sullo scacchiere imperialista. Naturalmente il fatto che sia un governo di sinistra ad attaccare i lavoratori non è senza rischi. E’ ben difficile, ad esempio, per una forza come Rifondazione Comunista stare con due piedi in una scarpa: essere una “forza di governo responsabile” (cioè che lavora per le esigenze dello Stato), ed al tempo stesso mantenere l’immagine di chi sta “dalla parte dei lavoratori” e che è “contro la guerra”. Questa schizofrenia a cui è costretta RC rischia effettivamente di suscitare una riflessione tra i proletari e delle reazioni esplicite di sfiducia e rabbia come quelle a Mirafiori. Non esistono quindi governi amici della classe operaia, viceversa esiste uno scontro di classe che vede la borghesia attaccare sempre di più i livelli di vita della classe operaia. Non è che riconoscendo questo stato di fatto che i proletari potranno cominciare a difendersi veramente, sviluppando le loro armi per contrapporsi agli attacchi della borghesia. E le armi dei lavoratori sono le loro lotte, condotte in maniera autonoma e senza il controllo dei sindacati, primi alleati della borghesia (e non solo dei governi di sinistra). E’ questa la strada che in molti paesi i lavoratori stanno intraprendendo, è questa la sola strada che anche i lavoratori italiani hanno per potersi difendere veramente, lasciando da parte ogni illusione su “governi amici” o “sindacati rappresentativi”.

10/12/2006                            Helios

1. Per i dettagli vedi Rivoluzione Internazionale n. 147

2. Il che non vuol dire che qualche paese capitalista non possa “avanzare” a scapito di altri. Anzi, è proprio il detto “mors tua vita mea” che caratterizza la vita del capitalismo dell’ultimo secolo, un secolo di guerre, di scontri e di concorrenza spietata, in un mondo diventato ormai troppo piccolo per consentire un qualsivoglia sviluppo del mercato, come era stato nei secoli precedenti. Le cifre che esibiscono paesi come la Cina o anche l’India in questi ultimi tempi sono essenzialmente l’espressione di una politica di sottrazione di mercati ad altri paesi capitalisti (il nord Africa all’Europa, ad esempio) e a condizioni di vita e di lavoro sempre più miserevoli in cui è stata ridotta la classe operaia cinese e indiana che non può che esprimere la prospettiva verso cui ci spinge questo barbaro sistema a livello mondiale. 3. In effetti fu scompaginato anche il PSI, partito storicamente di sinistra, ma che aveva governato per diversi anni con tutte le compagini di centro e di destra (DC, PRI, PSDI, PLI). Comunque il vero vuoto venne a costituirsi al centro e alla destra dello schieramento politico borghese.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Situazione italiana: