Inviato da RivoluzioneInte... il
Più di un anno fa, in Francia, mentre il movimento dei giovani faceva ritirare al governo un progetto di legge che aumentava la precarietà dei lavoratori1, la classe dominante ha lanciato una campagna elettorale assordante in vista delle elezioni presidenziali … della primavera del 2007! Come in Italia nel 2005-2006 la campagna ha imperversato per un anno, con tutto l’aiuto della “suspense” sul possibile esito, e di attori ed altri artisti che si sono battuti per convincere tutti che bisognava votare, che la “vera” vittoria era nelle urne. In particolare cantanti e sportivi hanno fatto tutta una pressione verso i giovani, soprattutto delle periferie, per farli iscrivere alle liste elettorali e andare a votare per non perdere l’occasione di decidere “loro stessi” del proprio destino! Quest’anno le elezioni in Francia sono al centro di tutte le preoccupazioni, onnipresenti alla televisione, alla radio e sulla stampa (i lavoratori italiani possono smettere di illudersi di essere stati i soli ad avere questo privilegio!). Votare, questo “atto civico” è oggi sentito dalla grande maggioranza della popolazione come un vero dovere. In questo clima, chi osa confessare ai propri colleghi o a quelli che conosce che lui non vota, si attira immediatamente i fulmini e la disapprovazione generale. L’interesse suscitato da tutto questo lavorio sembra ben reale visto l’elevato tasso di partecipazione alle presidenziali. Dopo il primo turno tutta la classe dirigente si è felicitata di questa alta partecipazione, come “vittoria della democrazia, che non si è smentita al secondo turno.
Ufficialmente la posta in gioco di queste elezioni era molto importante: tutti i candidati parlavano di “rottura” radicale, di cambiamenti che avrebbero fatto uscire la Francia dal marasma economico. Per la classe operaia, inquietarsi per il futuro, voler mettere fine al degrado continuo delle proprie condizioni di vita è certamente legittimo. O, per dire meglio, è una necessità. Ma veramente è mobilitandosi massicciamente sul terreno elettorale che i lavoratori potevano far fronte insieme a tutti questi attacchi? Per la borghesia il diritto al voto è un bene prezioso. Grazie ad esso ogni cittadino ha il potere di decidere la politica che si deve fare nel suo comune, nella sua provincia, nella sua regione, nella sua nazione. Questo è il fondamento della democrazia. Ma questo “potere” non è in realtà una farsa? Ad ogni elezione formalmente si scontrano progetti differenti per l’avvenire della società. Ma in realtà in Francia i due grandi partiti in lizza si sono alternati al potere in questi ultimi anni ed hanno, in tutta evidenza, condotto la stessa politica di attacchi contro le condizioni di vita della classe operaia, con il risultato di una disoccupazione crescente, condizioni sempre più precarie per tutti i lavoratori, espulsioni di immigrati, e così via.
Nell’attuale campagna c’è stata una drammatizzazione degli obiettivi: la destra ha messo avanti l’insicurezza che avrebbe regnato in Francia se lei avesse perso, la sinistra ha polarizzato l’attenzione sull’ultra-liberalismo, l’autoritarismo, e addirittura il fascismo del candidato di destra. Però è stata la sinistra che indicando di votare Chirac nel 2002 per “sbarrare la strada all’estrema destra” ha favorito la promozione di Sarkosy. Oggi essa avanza lo stesso scenario con il suo “tutto, meno che Sarkosy”! La realtà è che gli attacchi antioperai non sono affatto legati alle personalità. E’ la logica stessa del capitalismo che spinge i suoi politici ad adottare questa o quella misura. Tanto è vero che tutti gli attacchi annunciati dal nuovo governo Fillon facevano parte anche del “piano d’azione” di Ségolène Royal: riforma delle pensioni e dei regimi speciali, smantellamento progressivo della copertura sanitaria, aumento dei carichi di lavoro…
E non poteva essere altrimenti. Tutte queste misure sono necessarie per la competitività dell’economia nazionale e quindi ogni frazione al potere deve metterle in atto. Ancora una volta l’esperienza ci mostra che destra e sinistra agiscono in perfetta continuità. E’ sempre la borghesia che vince le elezioni e i proletari non hanno niente da aspettarsi da questa mascherata. Se la borghesia si da tanto da fare per spingere i cittadini a votare, è per deviare l'attenzione della classe operaia su un falso terreno, ed in particolare le giovani generazioni che hanno mostrato la loro preoccupazione per il futuro della società nelle lotte della primavera 2006. Nella democrazia borghese, una volta ogni cinque anni, la società fa finta di mettere su un grande dibattito collettivo in cui tutti sono coinvolti. Nella lotta, al contrario questa implicazione di tutti è reale. Nelle assemblee generali autenticamente proletarie, la parola è data a tutti, i dibattiti sono aperti e fraterni, e, soprattutto, i delegati sono revocabili. Il terreno elettorale è IL terreno della borghesia. Su questo terreno tutte le armi sono nelle mani della classe dominante. E’ essa che ne esce ogni volta vittoriosa e il proletariato ogni volta vinto. Invece nelle manifestazioni, nelle fabbriche, nelle assemblee generali, gli operai possono unirsi, organizzarsi e battersi collettivamente. La solidarietà della classe operaia è una delle chiavi dell’avvenire, contrariamente a questi piccoli pezzi di carta chiamati schede elettorali! Il risultato delle elezioni rappresenta un successo per la borghesia francese, ma essa non potrà impedire che si continui a sviluppare tutta una preoccupazione sul proprio avvenire nella classe operaia, perché le manifestazioni del fallimento del capitalismo si amplificano e spingono sempre più gli operai del mondo intero a lottare per un’altra prospettiva.
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1. Vedi le “Tesi sul movimento degli studenti in Francia”, su Rivista Internazionale n. 28