Inviato da RivoluzioneInte... il
Ormai tutti sanno che dire legge Finanziaria e dire stangata è la stessa cosa. E quella 2005 di Berlusconi non smentisce questa convinzione. Dietro la cortina di fumo della riduzione dell’IRPEF, che è irrisoria e tutta a favore dei redditi medio-alti, c’è tutta una serie di aumenti di tasse e bolli (che superano le riduzioni dell’IRPEF) e di tagli di spesa che significheranno servizi sociali sempre peggiori, possibili aumenti di tasse comunali e regionali, e il sicuro licenziamento di decine di migliaia di lavoratori del pubblico impiego mascherato sotto la forma del blocco del turn over o della mancata conferma dei lavoratori precari (in particolare nella scuola).
L’opposizione di sinistra subito strilla che è tutta colpa della natura di questo governo, un governo di destra poco sensibile alle ragioni dei lavoratori e per giunta guidata da uno che pensa solo ai suoi affari e non sa mettere mano all’economia.
Certo, è vero, la sinistra ha dimostrato, in otto e passa anni di governo, di saper difendere gli interessi del capitale nazionale meglio di Berlusconi e compagni, ma a quale prezzo? Sempre e soprattutto a spese dei redditi dei lavoratori, con i tagli ai servizi sociali, con la precarizzazione dei posti e dei contratti di lavoro. Se oggi la sinistra cerca di buttare tutto addosso a Berlusconi non è solo per salvare se stessa, ma, e soprattutto, per cercare di nascondere la vera ragione delle politiche di sacrifici che tutti i governi del mondo, poco importa se di destra o di sinistra, mettono in piedi ormai da anni.
In Germania, per esempio, è il governo socialdemocratico di Schroeder che in un programma di austerità battezzato “Agenda 2010” (il che è praticamente una minaccia) ha cominciato a mettere in atto una diminuzione dei rimborsi per le spese sanitarie, un aumento dei contribuiti per la cassa malattia, l’aumento dei contributi previdenziali e l’abolizione del limite d’età per il pensionamento che già oggi è di 65 anni.
Questo perché la vera ragione di tutti i piani di austerità, delle ristrutturazioni, dei licenziamenti, è la crisi storica del capitalismo, che porta questo sistema a togliere poco alla volta ai lavoratori tutte quelle poche sicurezze che con decenni di lotte e di sacrifici i lavoratori si erano conquistati: la sicurezza di un salario, di un posto di lavoro, di una pensione, di una cassa mutua, e così via.
Né ci si può illudere che prima o poi finirà: questa crisi non ha soluzione e tutti i sacrifici richiesti oggi non servono a una ripresa per domani (quanti decenni sono ormai che cercano di illuderci con questa prospettiva?), ma solo a mantenere un margine di profitto alle aziende e la sopravvivenza dello Stato borghese (nella sua funzione di capitalista collettivo e di garante della pace sociale).
La sola strada per difendersi da tutto questo è la lotta. Una lotta che lentamente sta riprendendo un po’ in tutto il mondo: in Italia, con i ferrotranvieri e gli operai di Melfi nell’inverno scorso; in Germania, dove i lavoratori del settore automobilistico hanno dato luogo a scioperi e manifestazioni contro i piani di licenziamenti e di riduzione salariali, riuscendo a instaurare manifestazioni di solidarietà tra lavoratori contro i tentativi di divisione del sindacato (1); in Spagna, dove sono gli operai dei cantieri navali che si battono contro la riduzione dei posti di lavoro.
Tutte queste lotte si svolgono ancora sotto le costrizioni dei lacci sindacali, e anche per questo non riescono ancora a superare il livello di un solo settore lavorativo (laddove la generalizzazione degli attacchi richiederebbe una risposta unita di tutti i lavoratori). Ma per poter dare una minima efficacia alle loro lotte i lavoratori saranno costretti a liberarsi di questi lacci, di questi agenti sabotatori delle lotte, che vengono sostenuti dallo Stato borghese proprio per questo scopo. E saranno le esigenze stesse della lotta, in primo luogo quello di ritrovare il senso della solidarietà e della unità di classe, che spingerà i lavoratori a riconoscere questo ruolo dei sindacati e cercare strade autonome per evitare nuove sconfitte e nuove delusioni.
Helios, 16/12/2004
1. Nel senso che i lavoratori delle fabbriche che avrebbero dovuto accogliere la produzione delle officine che venivano chiuse, si sono opposti anche essi ai piani di ristrutturazione. Tutto il contrario insomma di quanto fatto dai sindacati italiani che hanno invitato i lavoratori del settore aeronautico della Campania a sollevarsi contro l’intenzione di far costruire il prossimo modello di aereo europeo in Puglia.