La Parmalat non rivela una mancanza di controlli, ma il marcio che c’è in tutto il capitalismo

Printer-friendly version

Il marchio Parmalat è conosciuto in tutto il mondo, non solo per i prodotti venduti ma anche per le sponsorizzazioni miliardarie sulle maglie dei calciatori e sulle auto da corsa. I suoi prodotti ancora oggi sono richiesti, le sue fabbriche continuano a funzionare, in breve non è in discussione la credibilità del marchio dal lato produttivo. Così come non era in discussione la credibilità dei pelati Cirio, altro marchio conosciuto a livello mondiale. L’importanza del caso Parmalat, che apre da più di un mese i telegiornali e le prime pagine dei giornali non solo in Italia, è data dalla scoperta di un buco contabile dalle dimensioni gigantesche, 14 miliardi di euro, vale a dire circa 28.000 miliardi delle vecchie lire, somma che in teoria dovrebbero riavere i vari creditori, banche, sottoscrittori di bond, etc.. Ma che non vedranno più.

La storia della Parmalat inizia a Collecchio, vicino a Parma nel 1962. La famiglia Tanzi passa da una piccola produzione locale di salumi alla vendita del latte prima in zona poi a scala planetaria. Una McDonald’s italiana. Gli affari vanno bene, ci sono appoggi da parte della ex Democrazia Cristiana. Il valore del gruppo procede lentamente per 30 anni fino alla fine degli anni ’80. Negli anni ’90 il valore segue una curva esponenziale passando da circa 500 milioni di euro a circa 7.800 milioni nel 2002! Questi salti erano possibili nell’800 quando il capitalismo in piena espansione poteva contare su un saggio di profitto elevato e su un mercato in piena espansione, che permetteva di ripagare in poco tempo i debiti emessi. Nell’epoca attuale, quando anche i prodotti innovativi ad alto valore tecnologico hanno una breve durata causa il restringimento del mercato, non è possibile che prodotti come latte e merendine diano la possibilità di questa espansione. A meno che…. , a meno che non si faccia ricorso a tante operazioni che noi comprendiamo solo in parte ma che alla fine hanno a che vedere con imbrogli, trucchi, false informazioni, spostamenti di capitali, ricorso a prestiti, i cosiddetti bond, che servono a coprire i debiti in scadenza, e questo se all’inizio è fatto da piccole cifre alla fine diventa un buco colossale di 13-14 miliardi di euro, almeno finora.

Il desiderio e il destino di ogni capitalista è diventare il leader mondiale del suo settore. E magari di altri. Desiderio perché il piccolo imprenditore che ha successo nei suoi affari investe i profitti nell’allargamento della sua impresa, e finché segue le regole questo allargamento va lentamente. Destino perché ogni capitalista per poter sopravvivere deve continuamente lottare contro la concorrenza, una volta a livello locale oggi a livello planetario, in quanto sono in molti a produrre le stesse cose. In questa lotta o si va indietro e si scompare o si avanti e si diventa leader. Lotta senza esclusione di colpi: spionaggio, tangenti, crimini vari. Lo dice persino il magistrato Borrelli in una intervista “Si è passati a un desiderio di ricchezza planetaria, del tutto sganciata dalla produzione. Qui si gioca sul denaro per produrre altro denaro, fino a cifre che danno il capogiro. Capisco la valigetta con 500 milioni di lire portata ad un partito per favorire i propri interessi, ma che vuol dire un buco di miliardi di euro? È una cifra che dà un senso di infinito, che ti fa pensare qualsiasi cosa. Che abbiano finanziato delle guerre, delle rivoluzioni.. Non invidio i magistrati che se ne stanno occupando” (L’espresso 29/2/04). A parte il fatto che i capitalisti non finanziano le rivoluzioni, semmai i colpi di stato, le cose dette dal magistrato sono pane di tutti i giorni per tutti i capitalisti in tutto il mondo.

La ricchezza sganciata dalla produzione è la ricchezza che deriva dall’uso dei cosiddetti strumenti finanziari, che ha come punti di riferimento non tanto la fabbrica o gli allevamenti quanto il casinò dove si deve sperare solo nella buona fortuna. E a questo gioco non partecipano solo i capitalisti alla Tanzi ma tutti i capitalisti degni di questo nome, e più di tutti gli Stati, grandi o piccoli, dall’enclave palestinese di Arafat agli Stati Uniti, che con il loro debito fanno impallidire qualsiasi Tanzi. I casi Parmalat, Cirio in Italia, Enron negli Usa, Vivendi in Francia e tanti altri, sono solo la punta dell’iceberg, quelli che esplodono, ma nella sostanza è tutto il capitalismo che sopravvive su una montagna di debiti statali, industriali e privati. Lo Stato italiano riesce a tirare avanti con il suo debito che è superiore al Prodotto Interno Lordo di un intero anno perché è ancora relativamente forte, per cui riesce a farsi rifinanziare il debito ma altrettanto non è accaduto per Messico e Corea, per i paesi del sud-est asiatico e tanti altri, per finire all’Argentina, che è crollata trascinando con sé tutta la popolazione, non solo i famosi “piccoli risparmiatori” di tutto il mondo. Queste crisi saranno sempre più numerose perché alla base non c’è l’avidità del singolo capitalista ma il funzionamento del sistema capitalista che non riesce più a valorizzare il capitale investito attraverso la vendita dell’intera produzione. Tutti quelli che criticano la mancanza di controllo da parte delle banche, le società di revisione, etc,. mentono perché sanno bene che è tutto il sistema che funziona così. Sanno bene che nel prossimo futuro aumenteranno i casi Parmalat e i casi Argentina, e le conseguenze saranno peggiori. La Cina, per esempio, ha un altissimo tasso di crescita economica e viene lodata per questo ma sarà l’Argentina moltiplicata per mille quando i suoi debiti arriveranno alla scadenza. Il magistrato Borrelli si metterà pure le mani nei capelli per la grandezza della cifra “scomparsa” ma non riuscirà mai a dire che è il sistema capitalista che non funziona e che quindi è necessario abbatterlo per costruire una società senza capitali e senza capitalisti, una società comunista.  

31/1/04 Oblomov

Geografiche: 

Situazione italiana: